quinta-feira, 3 de março de 2011

Echi Romani: la presentazione del libro di Don Bux



Questo pomeriggio a Roma, presso la Sala Convegni S. Marta, il prof. Don Nicola Bux ha presentato il suo ultimo libro: “Come andare a Messa e non perdere la fede”. Erano presenti e sono intervenuti S.E.R. il Cardinale Raymond Leo Burke, S.E.R. il Cardinale Antonio Canizares Llovera, il Dott. Ettore Gotti Tedeschi e, ultimo ma non ultimo (anzi!), don Bux.
Non intendiamo donare una recensione precisa degli interventi; è nostra intenzione offrire ai nostri dieci lettori qualche spunto.
Il Cardinale Burke ha presentato il libro come un ottimo strumento di autentica catechesi liturgica; egli ha richiamato l’importanza dello Ius divinum, come elemento fondante del Culto. Ha parlato con agio delle due forme del Rito Romano, auspicando un recupero della tradizione liturgica della Chiesa; ha espressamente usato il termine “riforma della riforma”, dando l’impressione di parlare di un processo ormai deciso che attende di essere realizzato.
Ben differente, duole dirlo, il tenore dell’intervento del Cardinal Canizares. Egli non ha mai usato l’espressione “riforma della riforma”; il rinnovamento della liturgia parte dal “di dentro”, dal cuore, e si realizza in una piena recezione del Vaticano II. Alcune imprecisioni linguistiche del Cardinale, dovute al fatto che a tratti egli parlava a braccio, ci hanno forse impedito di seguire integralmente il filo del discorso, lo confessiamo; tuttavia, sembra doversi escludere alcun intervento puntuale della Congregazione al fine di “riformare” il Messale di Paolo VI. È noto che don Bux, all’interno dei propri libri, avanza talora proposte molto concrete per la mutua “fecondazione delle due forme” (prassi della distribuzione dell’Eucaristia, riti di introduzione recitati ai piedi dell’Altare, ampliamento del silenzio, etc.). Su tale punto il Cardinale si è rivolto direttamente all’autore: “Non expedit”. Queste precisazioni sono apparse ancor più strane se confrontate con la risposta del Cardinal Prefetto alla domanda del vaticanista Sandro Magister. Quest’ultimo ha domandato come si giustifica l’esistenza de facto di un “rito neocatecumenale”; il Cardinale risponde perentorio che, non solo il “rito neocatecumenale” non esiste de iure (cosa di per sé evidente), ma che neppure sussisterebbe nella prassi, eccezion fatta per alcune piccole modifiche autorizzate dalla Congregazione. Questa risposta fa sorgere spontaneamente un’ulteriore domanda: l’Eminentissimo ha mai assistito ad una celebrazione “neocat”? Può affermare egli in tutta coscienza che tali celebrazioni corrispondono allo spirito liturgico della Chiesa? Lasciamo sospese tali domande.
Non ci dilunghiamo sul brillante intervento del dott. Gotti Tedeschi che ci ha lasciati molto favorevolmente impressionati, sebbene non fosse (ovviamente) direttamente attinente al tema liturgico.
Don Bux ha concionato l’assembla con il consueto ammirevole coraggio; ha notato che il carattere sacrificale, e perciò drammatico, della celebrazione eucaristica è assente da molte liturgie; l’eclissi della dimensione sacrificale della Messa è manifestata dal progressivo allontanamento della Croce che, dapprima traslata dal centro al lato dell’Altare, è infine divenuta per molti una suppellettile ingombrante. Ha notato come il termine “evento” sia inadeguato ad esprimere il valore della celebrazione. L’ “evento”, infatti, cessa col finire dell’azione medesima; al contrario, il “Sacro” è una dimensione che valica i confini della celebrazione, innestando il tempo nell’Eternità. Il luogo del “permanere” del Sacro è il Tabernacolo che non a caso, nota don Bux, tende a scomparire da molte Chiesa facendo sì che, terminata la celebrazione, l’edificio sacro divenga un semplice auditorium. Don Bux ha invocato la necessità di una “riforma della riforma”, pur consapevole del fatto che essa è un lungo processo, non realizzabile in poco tempo; ha notato che la “ritrosia” nell’utilizzo di questa espressione (riforma della riforma) è poco comprensibile in quanto essa fu usata anche dall’allora Cardinal Ratzinger. Infine, citando il Beato John Henri Newman, ha sottolineato che ogni autentica riforma liturgica (la quale, nel pensiero dell’autore, si declina anche in forme pratiche) deve trovare il proprio supporto “dal basso”, cioè deve essere sostenuta da un generoso impegno dei fedeli. Centro e cardine di ogni riforma è la riscoperta del senso dell’adorazione.

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