quarta-feira, 7 de dezembro de 2011

Mons. Gherardini sull’importanza e i limiti del Magistero autentico



Disputationes Theologicae ha chiesto a Mons. Brunero Gherardini un contributo sulla nozione di Magistero autentico e sui suoi eventuali limiti. L’illustre docente emerito all’Università del Papa, decano della facoltà di teologia, che già è intervenuto su queste colonne qualificando l’insegnamento costituito dal Concilio Vaticano II, apporta ora più ampiamente, in maniera agile e profonda, alcune precisazioni, richiamando l’attenzione su alcune distinzioni spesso omesse. Tale richiamo è in consonanza con quanto rilevato negli anni ‘70 da S. Ecc. Mons. De Castro Mayer, allora ordinario di Campos, a conclusione dello studio teologico sulla libertà religiosa da lui inviato a S.S. il Papa Paolo VI (che non lo condannò): c’è un caso specifico in cui un insegnamento non è vincolante in coscienza, pur essendo un atto di Magistero autentico, quando vi sia una dissonanza rispetto a quanto già dalla Chiesa lungamente insegnato. La Redazione

Chiesa-Tradizione-Magistero di Mons. Brunero Gherardini

La grande celebrazione cinquantenaria è iniziata. Non s’è ancor al tam-tam, ma lo s’avverte nell’aria. Il cinquantenario del Vaticano II darà la stura a quanto di più superlativo, in fatto di giudizi elogiativi, sarà possibile escogitare.
Della sobrietà ch’era stata richiesta, come atteggiamento e come momento di riflessione e d’analisi per una valutazione più criticamente approfondita dell’evento conciliare, neanche l’ombra.
Già si procede a ruota libera nel dir e ripetere quello che da cinquant’anni si va dicendo e ripetendo: il Vaticano II è il punto culminante della Tradizione e la sua stessa sintesi. Congressi internazionali sul più grande e più significativo fra tutt’i Concili ecumenici son già programmati; altri, di maggiore o di minore portata, lo saranno strada facendo. E, sull’argomento, la saggistica s’arricchisce di giorno in giorno.
L’Osservatore Romano, ovviamente, fa la sua parte e batte soprattutto sul tasto dell’adesione dovuta al Magistero (2/12/2011, p. 6): il Vaticano II è un atto di Magistero, quindi… La ragione addotta è che ogni atto di Magistero va recepito da Pastori che, a motivo della successione apostolica, parlano con il carisma della verità (DV 8), con l’autorità di Cristo (LG 25), alla luce dello Spirito Santo (ibid.).
A parte il fatto di provare il Magistero del Vaticano II con il Vaticano II, che un tempo si chiamava petitio principii, sembra evidente che un tal modo di procedere parte dalla premessa del Magistero come assoluto, soggetto indipendente da tutto e da tutti, tranne che dalla successione apostolica e dall’assistenza dello Spirito Santo. Ora, se della successione apostolica garantisce la legittimità della sacra ordinazione, difficile appare stabilire chi garantisca l’intervento dello Spirito Santo, nei termini in cui se ne parla.

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( Foto : Il Coetus Internationalis Patrum in piazza S. Pietro)