domingo, 18 de julho de 2010

Card.Siri: Sacerdozio secondo il Vangelo : Il nostro ufficio, quello che ci è intrinsecamente proprio, è di attendere alle Cose Sante.Le Cose Sante sono: il Divin Sacrificio, i Santi Sacramenti (tra i quali il più difficile ad amministrarsi, il più impegnativo è quello della Penitenza), i Sacramentali, l'Ufficiatura Divina, la preghiera dei singoli fedeli e di tutto il popolo, che noi dobbiamo incessantemente promuovere, guidare, elevare. Questa è la nostra parte. Con essa si dà il necessario alla redenzione, al perdono dei peccati, alla salvezza eterna. In tale parte nessuno che non abbia il sacerdozio ci può sostanzialmente sostituire. In tale parte nessuno può mettersi alla pari con noi.


(…) Non riteniamo mai che il miglior bene delle anime possa essere il frutto di un patteggiamento col diavolo. Rimaniamo sulla predella dell'Altare e se dovesse accadere a noi di trattare di cose umane che all'Altare direttamente non appartengono, facciamolo sempre senza abbandonare, quanto a intenzione, a dirittura ed a stile, la predella dell'Altare....


Intendeteci bene. Non diremo mai che non dovrete occuparvi d'altre cose quando ciò fosse anche solo indirettamente richiesto od ammesso dal bene delle anime. Diciamo solo - e ripetiamo - che quanto a INTENZIONE, DIRITTURA e STILE dovete comportarvi come se foste sempre all'Altare, tra le cose sante, nell'esercizio del Rito Sacro.
Perché questo appello?
La materializzazione della vita, l'inflazione della tentazione, la organizzazione del male è giunta ad un punto tale, che solo la netta distinzione dal mondo, la totale adesione a Gesù Cristo e solamente a Lui potrà salvarci dall'essere noi stessi inghiottiti o sminuiti e potrà mantenerci la piena efficienza di servire i nostri fratelli.
Il mondo ha una tentazione collettiva: non dobbiamo caderci.
Il mondo sta facendo esperienze illusorie: non dobbiamo essere irretiti.
Gli eletti stessi sono talvolta tratti in inganno: non dobbiamo in questo seguirli.
Il nostro ufficio proprio
Il nostro ufficio, quello che ci è intrinsecamente proprio, è di attendere alle Cose Sante. Noi siamo «in his quae sunt ad Deum» (Ebrei, V. 1).
Le Cose Sante sono: il Divin Sacrificio, i Santi Sacramenti (tra i quali il più difficile ad amministrarsi, il più impegnativo è quello della Penitenza), i Sacramentali, l'Ufficiatura Divina, la preghiera dei singoli fedeli e di tutto il popolo, che noi dobbiamo incessantemente promuovere, guidare, elevare.
Questa è la nostra parte.
Con essa si dà il necessario alla redenzione, al perdono dei peccati, alla salvezza eterna.
In tale parte nessuno che non abbia il sacerdozio ci può sostanzialmente sostituire.
In tale parte nessuno può mettersi alla pari con noi.
Il carattere concreto del Divino Messaggio
(…) L'avvicinamento al mondo non può esser fatto sacrificando la verità di Dio, la legge morale e la sua perfezione, ma solo e sempre ricorrendo al nostro sacrificio - serio nutrimento dell'amore -, alla nostra rinuncia, ossia dev'essere come quello attuato da Gesù Cristo.
Distacco
(…) Nessuna questione, sia pure terrena o piccola, è mai affrontata con verità, quando entra in campo la componente del nostro egoismo. (…)
Splendori, fama, popolarità sono strumenti pericolosi al par del danaro, e sarebbe ben insipiente la condanna su questo, quando fosse accompagnata dalla ricerca di quelli. Non è vero che gli uomini non abbiano più bisogno di argomenti razionali per essere guidati alla fede e che sia morta la funzione apologetica; ma è pur vero che spesso gli uomini si accontentano della sincerità dimostrata col distacco del nostro cuore da ogni bene terreno.
(…) Guardate quanti si disputano i lavoratori e i poveri per farsene in verità dei tappeti su cui camminare agiatamente!
Purezza
Volgiamoci un momento alla purezza.
Non parliamo soltanto di quella, indiscutibile e sovrana, per la quale restiamo limpidamente fedeli ai nostri sacri voti. Quella non si discute nemmeno.
Parliamo anche dell'altra che rende noi alieni da ogni mescolanza e contaminazione.
Affari umani, carriere di persone, fazioni concorrenti sotto spoglie mentite o in vesti sincere, libidine di potere, giuochi di menzogne ed orpelli illusori, passioni da basso impero e intrighi bizantini, accanimenti di vendette e di odi indarno accreditati sono per noi facili contaminazioni per le quali si perderebbe spesso la giusta linea del nostro sacerdozio. Stiamocene attenti. «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Matteo, Vili, 22).
Perché questo richiamo?
(…) Nessuno creda che l'altezza morale del sacerdozio sia una questione da pura sfera emotiva, magari da energie volitive, ma estranea allo splendore dell'intelligenza. No. L'elevatezza del sacerdozio ha un singolare commento a questo proposito nell'ultima parte del discorso fatto da Gesù a Nicodemo (Giov. III, 19 segg.), là ove afferma che la capacità d'intendere le cose di Dio diminuisce se cresce la colpa. (…)
Non abbiamo a benedire nulla di quello che si perde tra le umane passioni. Ma siamo sacerdoti: andiamo più in alto.
Noi dobbiamo salvaguardare la dottrina sociale, che corre un grosso pericolo. Il pericolo è che, per talune coincidenze tra rotte diverse, molti fedeli pensino di essere sulla rotta di Cristo e si trovino di fatto sulla rotta di Marx.
Nulla quanto le coincidenze tra rotte diverse può causare equivoci e nefaste deviazioni.
Per salvare tutta la dottrina sociale cristiana, dobbiamo salvare tutto il Credo. L'unità della verità in Cristo è tale che tutto è legato e non c'è posto per l'eclettismo. (…)
Guardatevi intorno: anime che si vanno perdendo dovunque! Occorrono missionari nei nostri Paesi.
Dobbiamo formare non dei pigri detrattori di sacrestia, non dei queruli ed orgogliosi sostituti della Sacra Gerarchia; dobbiamo formare dei cristiani che abbiano la stoffa dei santi, nella Fede, nella umiltà, nella integrità, nella purezza del contegno, nella fervorosa dedizione alla salvezza dei propri fratelli.
Tutto questo lo faremo solo se saremo all'altezza del sacerdozio evangelico. Non c'è tempo da perdere. (…)
Per dare agli altri bisogna prima essere.
…per parlare in nome di Dio - è quello che oggi veramente occorre a tutti noi in tutte le occasioni correnti e possibili - bisogna non avere addosso nulla del fango della terra.

stralci tratti da Lettera Pastorale al Clero 1962