segunda-feira, 27 de dezembro de 2010

dom Prosper Guéranger : Diamo il nome di Tempo di Natale ai quaranta giorni che vanno dalla Natività di Nostro Signore (25 dicembre) alla Purificazione della Santa Vergine (2 febbraio).L'usanza di celebrare con quaranta giorni di festa o di memoria speciale la solennità della Nascita del Salvatore è fondata sul santo Vangelo stesso, che ci riferisce come la purissima Maria, trascorsi quaranta giorni nella contemplazione del dolce frutto della sua gloriosa maternità, si recò al tempio per compiervi, nell'umiltà più perfetta, tutto ciò che la legge prescriveva a tutte le donne d'Israele quando fossero diventate madri.

Antonello Cannarozzo


 L'anno liturgico
di dom Prosper Guéranger


TEMPO DI NATALE


Capitolo Primo
STORIA DEL TEMPO DI NATALE

 Diamo il nome di Tempo di Natale ai quaranta giorni che vanno dalla Natività di Nostro Signore (25 dicembre) alla Purificazione della Santa Vergine (2 febbraio). Questo periodo forma, nell'Anno Liturgico, un tutto speciale, come l'Avvento, la Quaresima, il Tempo Pasquale, ecc. Vi domina completamente la celebrazione d'uno stesso mistero, e né le feste dei Santi che si susseguono in questa stagione, né l'occorrenza abbastanza frequente della Settuagesima con i suoi colori tristi, sembrano distrarre la Chiesa dal gaudio immenso che le hanno evangelizzato gli Angeli (Lc 2,10) nella notte radiosa così a lungo attesa dal genere umano, e la cui commemorazione liturgica è stata preceduta dalle quattro settimane che formano l'Avvento.

L'usanza di celebrare con quaranta giorni di festa o di memoria speciale la solennità della Nascita del Salvatore è fondata sul santo Vangelo stesso, che ci riferisce come la purissima Maria, trascorsi quaranta giorni nella contemplazione del dolce frutto della sua gloriosa maternità, si recò al tempio per compiervi, nell'umiltà più perfetta, tutto ciò che la legge prescriveva a tutte le donne d'Israele quando fossero diventate madri.
La commemorazione della Purificazione di Maria è dunque indissolubilmente legata a quella della Nascita stessa del Salvatore; e l'usanza di celebrare questi santi e lieti quaranta giorni sembra risalire ad una remota antichità della Chiesa. Innanzitutto, per ciò che riguarda la Natività del Salvatore il 25 dicembre, san Giovanni Crisostomo, nella sua omelia su tale Festa, pensa che gli Occidentali l'avessero fin dall'origine celebrata in questo giorno. Si ferma anche a giustificare questa tradizione, facendo osservare che la Chiesa Romana aveva avuto tutti i modi di conoscere il vero giorno della nascita del Salvatore, poiché gli atti del censimento eseguito per ordine di Augusto in Giudea si conservavano negli archivi pubblici di Roma. Il santo Dottore propone un secondo argomento, ricavato dal Vangelo di san Luca, facendo notare che, secondo lo scrittore sacro, dovette essere nel digiuno del mese di settembre che il sacerdote Zaccaria ebbe nel tempio la visione in seguito alla quale la sposa Elisabetta concepì san Giovanni Battista: donde consegue che la santissima Vergine Maria avendo essa pure, secondo il racconto dello stesso san Luca, ricevuto la visita dell'Arcangelo Gabriele e concepito il Salvatore del mondo al sesto mese della gravidanza di Elisabetta, cioè in marzo, doveva partorirlo nel mese di dicembre [1]
Le Chiese d'Oriente, tuttavia, non cominciarono se non nel quarto secolo a celebrare la Natività di Nostro Signore nel mese di dicembre. Fino allora l'avevano celebrata ora il 6 gennaio, confondendola, sotto il nome generico di Epifania, con la Manifestazione del Salvatore ai Gentili nella persona dei Magi, ora - secondo la testimonianza di Clemente Alessandrino - il 25 del mese Pachon (15 maggio), o il 25 del mese Pharmuth (20 aprile). San Giovanni Crisostomo nell'omelia che abbiamo citata, e che egli pronunciò nel 386, attesta che l'usanza di celebrare con la Chiesa Romana la Nascita del Salvatore il 25 dicembre datava appena da dieci anni nella Chiesa d'Antiochia. Questo cambiamento sembra essere stato intimato dall'autorità della Sede Apostolica, alla quale venne ad aggiungersi, verso la fine del quarto secolo, un editto degli Imperatori Teodosio e Valentiniano, che decretava la distinzione delle due feste della Natività e dell'Epifania. La sola Chiesa scismatica d'Armenia ha conservato l'usanza di celebrare il 6 gennaio il duplice mistero; e ciò senza dubbio perché quella nazione era indipendente dall'autorità degli Imperatori, e fu molto presto sottratta dallo scisma e dall'eresia agli influssi della Chiesa Romana [2].
La festa della Purificazione della Santa Vergine, che chiude i quaranta giorni di Natale, è una delle quattro più antiche feste di Maria: avendo fondamento nel racconto stesso del Vangelo, è possibile che sia stata celebrata fin dai primi secoli del Cristianesimo. Ma per ciò che riguarda la Chiesa orientale, non vi troviamo definitivamente stabilita la festa del 2 febbraio se non sotto l'impero di Giustiniano, nel VI secolo [3].
Se ora passiamo a considerare il carattere del tempo di Natale nella Liturgia Latina, siamo in grado di riconoscere che questo tempo è dedicato in special modo alla letizia che suscita in tutta la Chiesa la venuta del Verbo divino nella carne, e particolarmente consacrato alle lodi dovute alla purissima Maria per l'onore della sua maternità. Questo duplice pensiero d'un Dio figlio e d'una Madre vergine si trova espresso ad ogni istante nelle preghiere e nelle usanze della Liturgia.
Così, nei giorni di Domenica e in tutte le feste che non sono di rito doppio, per l'intera durata di questi quaranta giorni, la Chiesa ricorda la feconda verginità della Madre di Dio, con tre Orazioni nella celebrazione del santo Sacrificio. Negli stessi giorni, alle Laudi e ai Vespri, implora il suffragio di Maria, proclamando altamente la sua qualità di Madre di Dio e la purezza inviolabile che resta in lei anche dopo il parto. Infine, l'usanza di terminare ogni Ufficio con la solenne Antifona del monaco Ermanno Contratto in lode della Madre del Redentore, continua fino al giorno stesso della Purificazione.
Queste sono le manifestazioni d'amore e di venerazione con le quali la Chiesa, onorando il Figlio nella Madre, testimonia la sua religiosa letizia nella stagione dell'Anno Liturgico che designiamo con il nome di Tempo di Natale.
Tutti sanno che il Calendario Ecclesiastico contiene fino a sei domeniche dopo l'Epifania, per gli anni in cui la festa di Pasqua tocca i limiti estremi nel mese di aprile. I quaranta giorni dal Natale alla Purificazione racchiudono talvolta fino a quattro di queste domeniche. Spesso non ne contengono che due, e talvolta perfino una sola, quando l'anticipazione della Pasqua in alcuni anni costringe a far risalire a Gennaio la Domenica di Settuagesima, e anche quella di Sessagesima. Nulla tuttavia è stato innovato, come abbiamo detto, nei riti di questi lieti quaranta giorni, fuorché il colore viola e l'omissione dell'Inno angelico, nelle domeniche che precedono la Quaresima.
La santa Chiesa onora, per tutto il corso del Tempo di Natale, con una religiosità particolare, il mistero dell'Infanzia del Salvatore. Ma quando il corso del Calendario, anche negli anni in cui la festa di Pasqua è più inoltrata, da meno di sei domeniche per la celebrazione dell'intera opera della nostra salvezza, cioè dal Natale alla Pentecoste, obbliga la stessa Chiesa ad anticipare, nelle letture del Santo Vangelo, i fatti della vita attiva di Cristo. La liturgia non resta tuttavia meno fedele nel ricordarci le bellezze del divino Bambino e la gloria incomunicabile della Madre sua, fino al giorno in cui verrà a presentarlo al tempio.
I Greci fanno anche, nei loro Uffici, frequenti Memorie della maternità di Maria, per tutto questo tempo; ma hanno soprattutto una speciale venerazione per i dodici giorni che vanno dalla festa di Natale a quella dell'Epifania: periodo designato nella loro Liturgia sotto il nome di Dodecameron. In questo periodo, essi non osservano alcuna astinenza dalla carne; e gli Imperatori d'Oriente avevano perfino stabilito che, per il rispetto dovuto a un sì grande mistero, fossero proibite le opere servili, e i tribunali stessi vacassero fino al 6 gennaio.
Queste sono le particolarità storiche e i fatti positivi che servono a determinare il carattere speciale di quella seconda parte dell'Anno Liturgico che designiamo con il nome di Tempo di Natale. Il capitolo seguente svolgerà le intenzioni mistiche della Chiesa, in questo periodo così caro alla pietà dei suoi figli.


[1] Il più antico documento che ci permette di concludere che la festa di. Natale era celebrata il 25 dicembre fin dal 336, è il calendario filocaliano redatto nel 354. È infatti poco dopo il Concilio di Nicea  (325) che la Chiesa romana istituì una festa commemorativa della Nascita del Salvatore. Se gli storici moderni sono concordi nel dire che le date del 25 dicembre e 6 gennaio non sono basate su una tradizione storica, è legittimo pensare che la Chiesa le abbia scelte per qualche serio motivo.
[2] Anche Gerusalemme non conobbe che la testa del 6 gennaio, sino alla fine del IV secolo.
[3] Gli studi recenti del Liturgisti hanno mostrato che questa festa cominciò a essere celebrata a Gerusalemme non il 2 febbraio, come lo fu più tardi a Roma, ma il 14 febbraio, quaranta giorni dopo la festa della Natività che gli Orientali celebravano il 6 gennaio. La Peregrinatio Sylviae (del 400 circa) rileva che la festa era celebrata nel 380 a Betlemme e a Gerusalemme nella basilica dell'Anastasi, con la stessa solennità di quella di Pasqua. La Cronaca di Teofane ci dice che fu introdotta a Costantinopoll, fra il 534 e il 542, e celebrata il 2 febbraio. Di qui passò a Roma. Il Liber Pontificalis indica che Sergio (687-701) istituì una litania per le quattro feste della Vergine (Purificazione, Dormizione, Natività e Annunciazione), donde si conclude che esistevano già, benché non si possa sapere da quando.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 93-96

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