Dostoevskij, il mondo salvato dal «sottosuolo», di Alessandro D’Avenia
- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /09 /2015 - 14:11 pm | Permalink
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Riprendiamo da Avvenire del 20/3/2015 un articolo di Alessandro D’Avenia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il primo Dostoevskij è come il primo Van Gogh: ci racconta l’uomo in modo romantico, quasi melodrammatico, il mondo dei poveri. Lo guarda con la compassione di colui che è già salvo, infatti lo fa dall’esterno. In Siberia è stato a contatto con i poveri, è stato lui stesso spogliato di tutto. E dopo esser tornato alla vita, scrive le Memorie del sottosuolo, in cui quello che fa è proprio quello che hanno fatto Dante con la Divina Commedia e Agostino con le Confessioni.
Ha scoperto il principio trasformante della vita, a partire da sé, la prima compassione l’ha sperimentata su di sé. Leggendo il Vangelo, ha scoperto che Cristo ha passato trent’anni della sua vita a essere uno qualunque, a lavorare, a fare il falegname. Scopre che ogni storia umana può diventare quella narrazione divina, perché Dio si è fatto carne e ha assunto, come Dio, tutta la condizione umana: pianto, sudore, incomprensione, dolore, fatica, sorriso, gioia, festa.
Tutto. Tutto il ventaglio, tutta la polifonia dell’umano, da quando Dio si è fatto uomo, è dentro Dio. Si è soprattutto fatto carico di una cosa che l’uomo non vede o non vuole vedere, e da cui si ripara con le sue narrazioni auto-fondanti: il peccato. Questo è fondamentale per capire il Dostoevskij del Sottosuolo.leggere...
Il Centro culturale Gli scritti (6/9/2015)
Ha scoperto il principio trasformante della vita, a partire da sé, la prima compassione l’ha sperimentata su di sé. Leggendo il Vangelo, ha scoperto che Cristo ha passato trent’anni della sua vita a essere uno qualunque, a lavorare, a fare il falegname. Scopre che ogni storia umana può diventare quella narrazione divina, perché Dio si è fatto carne e ha assunto, come Dio, tutta la condizione umana: pianto, sudore, incomprensione, dolore, fatica, sorriso, gioia, festa.
Tutto. Tutto il ventaglio, tutta la polifonia dell’umano, da quando Dio si è fatto uomo, è dentro Dio. Si è soprattutto fatto carico di una cosa che l’uomo non vede o non vuole vedere, e da cui si ripara con le sue narrazioni auto-fondanti: il peccato. Questo è fondamentale per capire il Dostoevskij del Sottosuolo.leggere...