sexta-feira, 30 de agosto de 2013

Se tocchi la Messa crolla il papato

Se tocchi la Messa crolla il papato


Gran parte del cattolicesimo cosiddetto “conservatore” sta commettendo un errore gravissimo: per salvare ciò che resta della presenza cattolica nel mondo, per rendere più forte la missione della Chiesa nella società secolarizzata, per tentare un sussulto di orgoglio cattolico di fronte alla stanchezza dilagante di molti settori ecclesiali, sta puntando tutto sul Papa. Inoltre gestisce questa attenzione sul Papa esattamente come fanno giornali, televisione e siti internet, che esaltano la figura umana del pontefice sottolineando con orgoglio l'attenzione popolare sulla sua persona. Si comportano esattamente come fa il mondo senza fede o non preoccupato della fede, che parla dei raduni oceanici intorno al vicario di Cristo, dei suoi gesti eclatanti, delle scelte controcorrente che sembra fare.

No, non è dal Papa che occorre partire, per salvare la vita cattolica tra di noi, non è proprio dal Papa, bensì dalla Santa Messa, dalla Santa Eucarestia.

Per spiegarci ricorriamo ad un autore spirituale tra i più importanti del '900, Dom Chautard, abate della Trappa di Sept-Fons. In un suo testo in cui spiega la vocazione cistercense, Les cisterciens Trappistes, l'ame cistercienne, ad un certo punto l'abate benedettino racconta di un suo colloquio con il primo ministro francese Clemenceau, il famoso “Tigre”. Si era negli anni delle soppressioni degli ordini religiosi, e Dom Chautard era incaricato del delicato compito di salvare la presenza monastica in Francia. Così si trovò a colloquio con il radicale e anticlericale “Tigre”.

Crediamo molto utile tradurre e trascrivere ciò che l'abate riferisce del loro parlare:

Mi accingerò - è Dom Chautard che parla a Clemenceau - a rispondere alla vostra domanda: Che cos'è un Trappista? Perché vi siete fatto Trappista? E per non allargarmi oltre misura, mi accontenterò di questo argomento: una religione che ha per base l'Eucarestia, deve avere dei monaci votati all'adorazione e alla penitenza.

L'Eucarestia è il dogma centrale della nostra religione. Lo si è chiamato il dogma generatore della pietà cattolica.

Non lo è il papato, come sembrate credere.

Il papato non è che il porta parola di Cristo. Grazie ad esso i fedeli custodiscono intatto il dogma e la morale insegnata da Gesù Cristo. Esso è la protezione che ci mantiene sulla strada tracciata in modo preciso dal nostro divino fondatore. Ma è solo Cristo che resta Via, Verità e Vita.

Ora, il Cristo non è un essere scomparso dove non sappiamo, né un essere lontano al quale pensiamo. Egli è vivente; abita in mezzo a noi; è presente nell'Eucarestia. Ed è per questo che l'Eucarestia è la base, il centro, il cuore della religione. Da là parte ogni vita. Non da altrove.

Voi non ci credete. Ma noi ci crediamo, noi. Crediamo fermamente, risolutamente, nel fondo del nostro essere, che nel tabernacolo di ognuna delle nostre chiese, Dio risiede realmente sotto l'apparenza dell'Ostia.

E' chiaro, il dogma centrale del cristianesimo è la Santa Eucarestia, tutto parte da lì, non da altrove... e se diminuisce la fede nel dogma centrale, nella Santa Eucarestia, tutto crolla nel cristianesimo, nella Chiesa. E non è stato forse così in questi anni? Pensiamo alle nostre chiese, con dentro Cristo “abbandonato”. Si è fatto di tutto per nascondere il tabernacolo, e quando non lo si è nascosto in qualche antro secondario, con la scusa che lì i fedeli avrebbero adorato meglio, quando lo si è lasciato centrale nella chiesa, lo si è coperto con tutto e di più: con i tavoli per celebrare la nuova Messa e con tutto un ciarpame di cose che rivelano solo, oltre il cattivo gusto, il disordine mentale del cattolicesimo di questi anni, che non ha certo fatto dell'Eucarestia il dogma centrale della fede. Pensiamo alla quasi scomparsa nelle chiese della genuflessione e del raccoglimento: in chiesa bisogna custodire il silenzio, sempre, perché Dio è presente nel tabernacolo: è Lui che fa vera la nostra preghiera, e non il nostro agitarci e il nostro fare baccano.

Ma Dom Chautard nel suo lungo discorso a Clemenceau, arriva a parlare della Messa, ascoltiamolo:
La Messa, è il sacrificio divino del Calvario che si riproduce ogni giorno in mezzo a noi. Tutti i giorni, il Cristo offre a Dio la sua morte per le mani del prete, esattamente come in cielo nella Messa di gloria egli presenta a suo Padre le cicatrici gloriose delle sue piaghe per perpetuare l'efficacità redentrice della croce. Tutti i giorni, alla Messa, il Cristo rinnova l'opera immensa della redenzione del mondo.

E a questo avvenimento, il più grande che possa accadere sulla terra, più importante che il rumore degli eserciti, più salutare che la più feconda delle scoperte scientifiche, voi pensate che potremmo assistervi senza un fremere di tutto il nostro essere... non ci si abitua alla Messa. O allora che sarebbe la nostra fede?

(…) All'Amore crocifisso, noi cerchiamo di rispondere con un amore crocifiggente... Voi vi scandalizzate del nostro genere di vita; lo trovate contro natura. Sì, lo sarebbe se noi non avessimo la fede nell'Eucarestia. Ma crediamo al divino Crocifisso e l'amiamo; e vogliamo vivere come lui, noi che per la comunione partecipiamo alla sua vita.

Carissimi, ma è ancora questa la fede realmente vissuta nella maggioranza delle nostre chiese. La Messa è ancora intesa così? Come il sacrificio divino del Calvario? Chi parla con questa chiarezza della Messa? Al di là dei cosiddetti “tradizionalisti”, c'è ancora qualcuno che si esprime in questo modo parlando dell'Eucarestia?

È avvenuto uno spaventoso mutamento nella fede e nel vissuto di quasi tutti i cattolici, e si chiama protestantizzazione: come dicevano i Cardinali Ottaviani e Bacci a Paolo VI nel loro Breve esame critico: “il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i «canoni» del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del magistero.”

Anche qui è ribadito ciò che è stato detto da Dom Chautard: il centro del cattolicesimo è l'Eucarestia, è la Messa; il Concilio di Trento fissando definitivamente i canoni del rito aveva eretto una barriera per salvare l'integrità del magistero...

Così è drammaticamente avvenuto che toccando i canoni del rito tutto è andato insieme, nulla sta più in piedi nel “nuovo” cattolicesimo. Martin Lutero lo aveva detto, non perdete tempo ad attaccare il papato, combattete la Messa cattolica e il papato crollerà con essa.

 Per questo, per amore alla Chiesa tutta, della sua dottrina e della sua disciplina, per amore del Papa Vicario di Cristo in terra, siamo chiamati semplicemente a custodire il rito della Messa così come fissato da Trento e da San Pio V. Non c'è nulla di più urgente perché la Chiesa, il Papa, possano vivere.
 

quinta-feira, 29 de agosto de 2013

Chiara Lubich : La preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell'uomo, proprio del suo essere uomo.

Centro Chiara Lubich Movimento dei Focolari



www.centrochiaralubich.org



1

(Trascrizione)

Rocca di Papa, 28 settembre 1998

Tratti tipici della preghiera

del Movimento dei Focolari


(…) La preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell'uomo, proprio del suo essere uomo.

Creato, infatti, da Dio a sua immagine e somiglianza, egli ha la possibilità di un rapporto con lui da tu a

Tu.

Che sia congeniale all'uomo pregare, lo si può capire venendo a conoscere i nostri fratelli di

altre religioni. Fra essi, si scoprono testi di preghiera di una meravigliosa bellezza, che testimoniano

un'azione segreta, ma efficace, di Dio che sempre spinge l'uomo a pregare. L'uomo è veramente tale se

prega.

E così facciamo anche noi cristiani. Fratelli di Gesù per la grazia, troviamo in lui il modello per

poter rapportarci con il Padre. Gesù, infatti, non predicava soltanto, non faceva unicamente miracoli, non

chiamava solo discepoli a seguirlo; s'immergeva anche nella preghiera. Anzi, come Gesù era sempre in

comunione col Padre suo, sempre di fronte a lui, così dovrebbe essere dei suoi seguaci.

Come è noto, i cristiani pregano in maniere varie: i benedettini così, i francescani colà. Si

possono, quindi, evidenziare i tratti tipici e salienti della preghiera di chi è investito del carisma dell'unità.

Essi emergono - questi principi - chiaramente se si confronta la nostra preghiera con quella che

praticavano i cristiani, anche i meglio preparati, almeno nei nostri paesi, quando il Movimento ebbe

inizio. Ricordo che si diceva come in essa, nella preghiera, "devono lavorare la mente, la volontà e il

cuore. Con la mente occorreva riflettere sulle parole pronunciate; con la volontà bisognava sforzarsi di

fare propositi su di esse; con il cuore amare quanto si prometteva, in modo da poterlo eseguire."

Ed erano senz'altro ottimi consigli.

Tuttavia, nel Movimento, la preghiera è stata subito un'altra cosa. Si è sottolineato, ad esempio,

dall'inizio, fin dai primi mesi, il dovere di "pregare sempre" richiesto da Gesù. Ma come fare a pregare

sempre? Era chiaro che ciò non poteva verificarsi moltiplicando gli atti di preghiera... Si poteva pregare

sempre essendo Gesù. Gesù, infatti, prega sempre. Se in qualsiasi nostra azione non fossimo stati noi a

vivere, ma Cristo in noi, attraverso l'amore, la giornata nostra sarebbe stata una preghiera continua. E ciò

era possibile se avessimo impostato la vita sull'amore, essendo una viva espressione della parola "amore",

sintesi di tutta la Legge e i Profeti.

Un altro modo di "pregare sempre" - lo si praticò più tardi - è stato quello di offrire azione per

azione a Dio, durante la giornata, con brevi espressioni d'amore, come: "Per te; per te, Gesù". Tutto il

nostro agire si trasformava così in un'azione sacra. E si era e siamo convinti che offrendo in tal modo, ad

esempio, il lavoro a Dio e facendolo bene, si coopera con lui alla creazione del mondo, si è concreatori.

E' questa una preghiera molto sentita ai giorni nostri, in cui si vede il mondo e tutto il cosmo in

evoluzione e si ricorda all'uomo il suo dovere di "soggiogare la terra."

E ancora, lavorando per un'opera di Dio, e quindi per la Chiesa, si partecipa con Cristo alla

redenzione del mondo.

Nel Movimento si pensa che alla preghiera - un punto importante - occorre dare un posto

privilegiato. La grande attività, che ha caratterizzato da sempre il Movimento, avrebbe potuto

compromettere la preghiera, renderla imperfetta e non degna d'essere offerta a Dio. Ma ecco cosa si

scrisse in un commento alla Parola: "Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi

perderà la sua anima?"

"Per noi, membri dell'Opera di Maria - è scritto -, tale Parola può avere anche questo

significato: che importa darsi tanto da fare per conquistare molte persone alla causa di Dio, quando la

nostra anima rimane piccola e imperfetta perché non trova un'ora veramente tranquilla per quel suo tipico

nutrimento che è la preghiera? O quando quelle preghiere, che sono per noi un sacrosanto dovere, sono

Centro Chiara Lubich Movimento dei Focolari



www.centrochiaralubich.org



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fatte in mezzo a tante distrazioni, sono dette superficialmente ed in fretta, o vengono abbreviate?"

Le prime focolarine avevano coniato un detto: "pregare come angeli, lavorare come facchini".

E, a proposito dei difetti che potrebbe avere la nostra preghiera, scrivevo ancora:

"Poter stare in comunione con l'Onnipotente e farlo così poco, così di fretta e spesso

svogliatamente. Alla fine della vita ci pentiremo d'aver dato tanto poco tempo alla preghiera."

Un altro ostacolo alla preghiera potrebbe essere uno stato di aridità spirituale. Ma in chi è

impegnato a vivere la spiritualità dell'unità si nota una certa facilità nel superare l'aridità nella preghiera.

Essa non è che un volto, un aspetto di Gesù abbandonato, un suo volto, e, come si sa passare dalla croce

alla risurrezione in altri casi, così qui.

Noi vediamo assai provvidenziale il fatto che si possa, in genere, vincere l'aridità; in mezzo al

mondo, come la maggior parte di noi siamo, è bene che certe prove spirituali non si protraggano.

Abbiamo altre tentazioni da superare.

Si ritiene importante ancora per la preghiera la condizione fisica. Infatti, cerchiamo di non

stancarci troppo prima del suo momento, per non arrivare davanti a Dio privi di forze, di capacità di

concentrazione, per non dare a lui i momenti meno felici della nostra giornata.

Si è convinti ancora - sempre attraverso un'analisi di questi scritti, dove Dio ci educava -, si è

convinti ancora che la preghiera vada preparata. Dicono gli esperti che essa ha bisogno di una

preparazione remota e una prossima. E' preparazione remota il mantenersi col cuore distaccati da tutto. E

a questo, mi sembra, siamo tutti più o meno impegnati. La nostra vita, infatti, è un continuo amare Gesù

crocifisso e abbandonato. Tanto spesso parliamo di tagli, di "potature" e soprattutto di quel distacco che

porta con sé l'essere proiettati nell'amore verso i fratelli, il vivere gli altri e non noi stessi.

Sì, questa preparazione speriamo ci sia. Almeno, è la nostra quotidiana tensione: "Sei tu,

Signore, l'unico mio bene", che taglia tutto il resto.

Poi c'è una preparazione prossima, essa consiste in un momento di raccoglimento prima di

iniziare. Cioè non partire subito, un momento ci si raccoglie.

Si è avvertito poi, e si avverte, tutta l'imprescindibilità della preghiera, il suo valore.

"In Cielo - scrivevo nell'89 -, dove speriamo di andare, la vita non sarà tanto apostolato o altro,

quanto lode, adorazione, ringraziamento a Dio, Trinità Santissima. Dobbiamo imparare fin da adesso a

vivere come si vivrà lassù."

Ma c'è nel Movimento una preghiera che - con le infinite e divine ricchezze che contiene - è

tutta racchiusa in una parola, in una sola parola, che Gesù pronunciava e ci ha insegnato, che lo Spirito

mette sulle nostre labbra. Gesù pregava, pregava il Padre suo. Per Lui il Padre era "Abbà" e cioè il babbo,

il papà, cui si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore. Lo pregava essendo nel

seno della Trinità, dove egli è la seconda divina Persona. Ma, giacché era venuto in terra per amore

nostro, non gli è bastato essere lui in questa situazione privilegiata di preghiera. Morendo per noi,

redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, come lui, fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito, la

possibilità d'essere introdotti nel seno della Trinità, in lui, assieme a lui, per mezzo di lui. Cosicché anche

a noi è stata resa possibile quella divina invocazione: "Abbà, Padre!" - "Papà, babbo mio! nostro" - con

tutto ciò che essa comporta: totale abbandono al suo amore, certezza della sua protezione, sicurezza,

consolazioni divine, forza, ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato...

E' questa la tipica preghiera cristiana, una preghiera straordinaria. Non si riscontra in altri

luoghi, né in altre religioni. Al più, se si crede in una divinità, la si venera, la si adora, la si supplica

stando, per così dire, all'esterno di essa. Qui no, qui si entra nel Cuore di Dio.

Naturalmente, si può dire "Abbà, Padre!", con tutto il significato che questa parola comporta,

solo se lo Spirito Santo la pronuncia in noi. E, perché ciò sia, occorre anche qui - come richiede il carisma

dell'unità - essere Gesù, null'altro che Gesù. (…)

Chiara Lubich

fonte

quarta-feira, 28 de agosto de 2013

VENERÁVEL PIO XII : E assim como as suas acerbas dores constituem o mistério principal de que provém a nossa salvação, é conforme às exigências da fé católica, colocar isto na sua máxima luz, porque é como o centro do culto divino, por ser o sacrifício eucarístico a sua cotidiana representação e renovação, e estarem todos os sacramentos unidos com estreitíssimo vínculo à cruz.

VENERÁVEL PIO XII : E assim como as suas acerbas dores constituem o mistério principal de que provém a nossa salvação, é conforme às exigências da fé católica, colocar isto na sua máxima luz, porque é como o centro do culto divino, por ser o sacrifício eucarístico a sua cotidiana representação e renovação, e estarem todos os sacramentos unidos com estreitíssimo vínculo à cruz. Assim o ano litúrgico é,antes, o próprio Cristo, que vive sempre na sua Igreja e que prossegue o caminho de imensa misericórdia por ele iniciado, piedosamente, nesta vida mortal, quando passou fazendo o bem!(151) com o fim de colocar as almas humanas em contato com os seus mistérios e fazê-las viver por eles, mistérios que estão perenemente presentes e operantes, são exemplos ilustres de perfeição cristã e fonte de graça divina pelos méritos e intercessão do Redentor; e porque perduram em nós no seu efeito, sendo cada um deles, de modo consentâneo à própria índole, a causa da nossa salvação.



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CARTA ENCÍCLICA DO VENERÁVEL PAPA PIO XII "MEDIATOR DEI " SOBRE A SAGRADA LITURGIA



147. De quanto foi exposto aparece claramente, veneráveis irmãos, quanto estejam longe do verdadeiro e genuíno conceito da liturgia escritores modernos, que, enganados por uma pretensa disciplina mística mais alta, ousam afirmar que não nos devemos concentrar no Cristo histórico mas no Cristo "pneumático e glorificado"; e não duvidam asseverar que na piedade dos fiéis se tenha verificado certa mudança, pela qual Cristo foi como que destronado com o apegamento de Cristo glorificado que vive e reina nos séculos dos séculos, assentado à direita do Pai, enquanto em seu lugar foi colocado o Cristo da vida terrena. Alguns, por isso, chegam ao ponto de querer tirar das Igrejas as imagens do divino Redentor que sofre na cruz.

148. Mas essas falsas opiniões são de todo contrárias à sagrada doutrina tradicional. "Crê em Cristo nascido na carne - diz santo Agostinho - e chegarás a Cristo nascido de Deus, Deus de Deus".(148) A sagrada liturgia, ademais, nos propõe todo o Cristo, nos vários aspectos de sua vida; isto é, Cristo que é Verbo do Eterno Pai, que nasce da virgem Mãe de Deus, que nos ensina a verdade, que cura os enfermos, que consola os aflitos, que sofre, que morre; que, enfim, ressurge triunfante da morte; que, reinando na glória do céu, nos envia o Espírito Paráclito e vive sempre na sua Igreja: "Jesus Cristo ontem e hoje: ele por todos os séculos". (149) E, além disso, não no-lo apresenta somente como um exemplo a imitar mas ainda como um mestre a ouvir, um pastor a seguir, como mediador da nossa salvação, princípio da nossa santidade e Cabeça mística de que somos membros, vivendo da sua própria vida.

149. E assim como as suas acerbas dores constituem o mistério principal de que provém a nossa salvação, é conforme às exigências da fé católica, colocar isto na sua máxima luz, porque é como o centro do culto divino, por ser o sacrifício eucarístico a sua cotidiana representação e renovação, e estarem todos os sacramentos unidos com estreitíssimo vínculo à cruz.(150)
 As150. Assim o ano litúrgico, que a piedade da Igreja alimenta e acompanha, não é uma fria e inerte representação de fatos que pertencem ao passado, ou uma simples e nua evocação da realidade de outros tempos. É, antes, o próprio Cristo, que vive sempre na sua Igreja e que prossegue o caminho de imensa misericórdia por ele iniciado, piedosamente, nesta vida mortal, quando passou fazendo o bem!(151) com o fim de colocar as almas humanas em contato com os seus mistérios e fazê-las viver por eles, mistérios que estão perenemente presentes e operantes, não de modo incerto e nebuloso, de que falam alguns escritores recentes, mas porque, como nos ensina a doutrina católica e segundo a sentença dos doutores da Igreja, são exemplos ilustres de perfeição cristã e fonte de graça divina pelos méritos e intercessão do Redentor; e porque perduram em nós no seu efeito, sendo cada um deles, de modo consentâneo à própria índole, a causa da nossa salvação. Acresce que a pia Madre Igreja, enquanto propôs à nossa contemplação os mistérios de Cristo, invoca com as suas preces os dons sobrenaturais pelos quais os seus filhos se compenetram do espírito desses mistério por virtute de Cristo. Por influxo e virtude dele podemos, com a colaboração da nossa vontade, assimilar a força vital como ramos da árvore, como membros da cabeça, e progressiva e laboriosamente transformar-nos "segundo a medida da idade plena de Cristo".(152)

Sua Santidade Bento XVI: Santo Agostinho, a busca da Verdade e o silêncio.


CIDADE DO VATICANO, quarta-feira, 25 de agosto de 2010 (ZENIT.org) – Apresentamos o discurso de Bento XVI na audiência geral desta quarta-feira, no pátio da residência pontifícia de Castel Gandolfo, em que, na presença dos peregrinos, o Papa falou sobre Santo Agostinho, a busca da Verdade e a importância do silêncio.
* * * 
Caríssimos irmãos e irmãs,
na vida de cada um de nós existem pessoas muito queridas, que sentimos particularmente próximas, algumas já estão nos braços de Deus, outras ainda partilham conosco o caminho da vida: são os nossos pais, os parentes, os educadores, as pessoas a quem fizemos bem ou de quem recebemos o bem; são pessoas com quem sabemos que podemos contar. É importante, entretanto, ter também alguns “companheiros de viagem” no caminho de nossa vida cristã: penso no Diretor espiritual, no Confessor, nas pessoas com quem se pode compartilhar a experiência de fé, mas penso também na Virgem Maria e nos Santos. Todos devem ter algum santo que lhe seja familiar, para senti-lo próximo por meio da oração e intercessão, mas também para imitá-lo. Gostaria de convidar, então, a um maior conhecimento dos Santos, começando por aquele de quem se leva o nome, lendo sua vida, seus escritos. Tenham certeza de que eles se tornarão bons guias para amar ainda mais o Senhor e uma válida ajuda para o crescimento humano e cristão.
Como sabem, eu mesmo estou ligado de modo especial a algumas figuras dos Santos: entre eles, estão São José e São Bento, de quem levo o nome, e outros, como Santo Agostinho, que tive o grande dom de conhecer, por assim dizer, muito de perto, através do estudo e da oração, e que se tornou um bom “companheiro de viagem” na minha vida e no meu ministério.
Gostaria de sublinhar uma vez mais um aspecto importante da sua experiência humana e cristã, atual mesmo em nossa época, em que parece que o relativismo é, paradoxalmente, a “verdade” que deve guiar o pensamento, as escolhas, os comportamentos. Santo Agostinho é um homem que nunca viveu com superficialidade; a sede, a busca inquieta e constante da Verdade é uma das características fundamentais de sua existência; não, porém, das “pseudo verdades” incapazes de levar paz duradoura ao coração, mas daquela Verdade que dá sentido à existência e é “a morada” em que o coração encontra serenidade e alegria.
O caminho dele não foi fácil, nós sabemos: pensava em encontrar a Verdade no prestígio, na carreira, na posse das coisas, nas vozes que lhe prometiam felicidade imediata; cometeu erros, atravessou a tristeza, enfrentou insucessos, mas nunca parou, nunca se satisfez com aquilo que lhe dava apenas um vislumbre de luz; soube perscrutar o íntimo de si e percebeu, como escreve nas Confissões, que aquela Verdade, que o Deus que buscava com suas próprias forças era mais íntimo de si que ele próprio, ele sempre esteve ao seu lado, nunca o tinha abandonado, estava à espera de poder entrar de modo definitivo na sua vida (cf. III, 6, 11; X, 27, 38). Como dizia ao comentar o recente filme sobre sua vida, Santo Agostinho compreendeu, em sua busca inquieta, que não era ele quem havia encontrado a Verdade, mas a própria Verdade, que é Deus, tinha-o buscado e encontrado (cf. L’Osservatore Romano, quinta-feira, 4 de setembro de 2009, p. 8). Romano Guardini, comentando uma passagem do terceiro capítulo das Confissões, afirma: Santo Agostinho percebe que Deus é “glória que se ajoelha, bebida que mata a sede, o amor que traz felicidade, [... ele era] a pacificante certeza de que finalmente tinha compreendido, mas também a beatitude do amor que sabe: isto é tudo e me basta” (Pensatori religiosi, Brescia 2001, p. 177).
Também nas Confissões, no livro nono, nosso Santo reporta uma conversa com a mãe, Santa Mônica, cuja memória se celebra na próxima sexta-feira, depois de amanhã. É uma cena muito bonita: ele e sua mãe estão em Ostia, em um hotel, e da janela veem o céu e o mar, transcendem céu e mar, e por um momento tocam o coração de Deus no silêncio das criaturas. E aqui surge uma ideia fundamental no caminho para a Verdade: as criaturas devem silenciar, deve prevalecer o silêncio, em que Deus pode falar. Isso é verdade ainda mais em nosso tempo: há uma espécie de medo do silêncio, do recolhimento, do pensar as próprias ações, do sentido profundo da própria vida, frequentemente se prefere viver o momento fugaz, iludindo-se de que traz felicidade duradoura, prefere-se viver assim pois parece mais fácil, com superficialidade, sem pensar; há medo de buscar a Verdade ou talvez haja medo de que a Verdade seja encontrada, que agarre e mude a vida, como aconteceu com Santo Agostinho.
Caríssimos irmãos e irmãs, gostaria de dizer a todos, também àqueles que vivem um momento de dificuldade no seu caminho de fé, aos que participam pouco da vida da Igreja ou aos que vivem “como se Deus não existisse”, que não tenham medo da Verdade, não interrompam o caminho para ela, não deixem de buscar a verdade profunda sobre si e sobre as coisas, com os olhos interiores do coração. Deus não falhará em oferecer a Luz para fazer ver e Calor para fazer sentir, ao coração que ama e que deseja ser amado.
A intercessão da Virgem Maria, de Santo Agostinho e de Santa Mônica os acompanhe neste caminho.
[Traduzido do original italiano por Alexandre Ribeiro.
Após a audiência, o Papa dirigiu-se aos peregrinos em diferentes idiomas. Em português, disse:]
Queridos peregrinos vindos do Brasil e de Portugal, a minha saudação amiga para todos vós, em especial para os grupos paroquiais de Unhos, Catujal e Viseu. Recordamos nestes dias Santo Agostinho e sua mãe, Santa Mônica, testemunhas de como Jesus Cristo Se deixa encontrar por quantos O procuram. E, com Ele, a vossa vida não poderá deixar de ser feliz.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

terça-feira, 27 de agosto de 2013

LA REFORMA LITÚRGICA DEL VATICANO II : EN LOS ABUSOS LITÚRGICOS VIO PABLO VI EL HUMO DE SATANÁS EN LA IGLESIA

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    Es difícil olvidar el eco -inmenso, y no sólo irónico, sino a veces hasta rabioso- que suscitó Pablo VI con su alocución durante la audiencia general del 15 de noviembre de 1972. En ella volvía sobre lo que ya había expresado el 29 de junio precedente en la Basílica de San Pedro refiriéndose a la situación de la Iglesia: “¿Cómo se ha podido llegar a esta situación?” Ésta es la pregunta que se hacía el Papa Pablo VI, algunos años después de la clausura del Concilio Vaticano II, a la vista de los acontecimientos que sacudían a la Iglesia. “Se creía que, después del Concilio, el sol habría brillado sobre la historia de la Iglesia. Pero en lugar del sol, han aparecido las nubes, la tempestad, las tinieblas, la incertidumbre.”

    Sí, ¿cómo se ha podido llegar a esta situación?
    La respuesta de Pablo VI es clara y neta: “Una potencia hostil ha intervenido. Su nombre es el diablo, ese ser misterioso del que San Pedro habla en su primera Carta. ¿Cuántas veces, en el Evangelio, Cristo nos habla de este enemigo de los hombres?”. Y el Papa precisa: “Nosotros creemos que un ser preternatural ha venido al mundo precisamente para turbar la paz, para ahogar los frutos del Concilio ecuménico, y para impedir a la Iglesia cantar su alegría por haber retomado plenamente conciencia de ella misma, sembrando la duda, la incertidumbre, la problemática, la inquietud y la insatisfacción”.

    Ya ante aquellas primeras alusiones se levantaron en el mundo murmullos de protesta. Pero ésta explotó de lleno —durante meses y en los medios de comunicación del mundo entero— en aquel 15 de noviembre de 1972 que se ha hecho famoso: “El mal que existe en el mundo es el resultado de la intervención en nosotros y en nuestra sociedad de un agente oscuro y enemigo, el Demonio. El mal no es ya sólo una deficiencia, sino un ser vivo, espiritual, pervertido y pervertidor. Terrible realidad. Misteriosa y pavorosa. Se sale del marco de la enseñanza bíblica y eclesiástica todo aquel que rehúsa reconocerla como existente; e igualmente se aparta quien la considera como un principio autónomo, algo que no tiene su origen en Dios como toda creatura; o bien quien la explica como una pseudorrealidad, como una personificación conceptual y fantástica de las causas desconocidas de nuestras desgracias”.
    Tras añadir algunas citas bíblicas en apoyo de sus palabras, Pablo VI continuaba: “El Demonio es el enemigo número uno, es el tentador por excelencia. Sabemos que este ser oscuro y perturbador existe realmente y sigue actuando; es el que insidia sofísticamente el equilibrio moral del hombre, el pérfido encantador que sabe insinuarse en nosotros por medio de los sentidos, de la fantasía, de la concupiscencia, de la lógica utópica, o de las confusas acciones sociales, para introducir en nosotros la desviación…
    El Papa lamentaba luego la insuficiente atención al problema por parte de la teología contemporánea: “El tema del Demonio y la influencia que puede ejercer sería un capítulo muy importante de reflexión para la doctrina católica, pero actualmente es poco estudiado”.

    Sobre este tema, y obviamente en defensa de la doctrina repetidamente expuesta por el Papa, intervino también la Congregación para la Doctrina de la Fe con su documento de junio de 1975: “Las afirmaciones sobre el Diablo son asertos indiscutidos de la conciencia cristiana”; si bien, “la existencia de Satanás y de los demonios no ha sido nunca objeto de una declaración dogmática”, es precisamente porque parecía superflua, ya que tal creencia resultaba obvia “para la fe constante y universal de la Iglesia, basada sobre su principal fuente, la enseñanza de Cristo, y sobre la liturgia, expresión concreta de la fe vivida, que ha insistido siempre en la existencia de los demonios y en la amenaza que éstos constituyen”.
    Un año antes de su muerte, Pablo VI volvió sobre este tema en otra audiencia general: “No hay que extrañarse de que nuestra sociedad vaya degradándose, ni de que la Escritura nos advierta con toda crudeza que “todo el mundo (en el sentido peyorativo del término) yace bajo el poder del Maligno”, de aquel al que la misma Escritura llama “el Príncipe de este mundo”.
    El porqué incluimos estas dramáticas intervenciones de Pablo VI en el tema de la reforma litúrgica del Vaticano II y los abusos que posteriormente se dieron no es caprichoso ni inventado por nosotros, sino que la pista nos viene del cardenal Virgilio Noé, que trabajó por muchos años en la entonces Sagrada Congregación para los sacramentos y el Culto divino durante el pontificado del Pablo VI, llegando a ser secretario de dicho dicasterio, y después ya con Juan Pablo II fue arcipreste de la Basílica Vaticana hasta su jubilación. Pues bien, el anciano purpurado, ha hablado abiertamente, en una entrevista al portal Roma Petrus, sobre la famosa frase del Papa Montini acerca del humo de Satanás. En la entrevista también asegura que Pablo VI aceptó con sumo placer la reforma litúrgica que tuvo lugar tras el Vaticano II, pero vio con enorme preocupación la propagación de abusos litúrgicos que no respetaban dicha reforma.
    El prelado ha comentado que el Papa Montini, por naturaleza era un hombre poco dado a la tristeza, acabó sus años muy triste por que la Curia le dejó solo a la hora de poner fin a dichos abusos. Noé asegura saber cuál era la intención de Pablo VI cuando afirmó que el “humo de satanás” había infiltrado la Iglesia Católica. El cardenal italiano asegura que el Papa se refería a “todos esos sacerdotes, obispos y cardenales que no adoraban correctamente a Dios al celebrar mal la Santa misa debido a una interpretación equivocada de lo que quiso implementar el Concilio Vaticano II. El Papa habló del humo de Satanás porque él sostenía que aquellos sacerdotes que convirtieron la Santa Misa en basura en nombre de la creatividad, en realidad estaban poseídos de la vanagloria y el orgullo del maligno. Por tanto, el humo de Satanás no era otra cosa que la mentalidad que quería distorsionar los cánones litúrgicos de la ceremonia eucarística”.
    Añade además el Cardenal a este respecto: “Él condenaba la sed de protagonismo y el delirio de omnipotencia que siguieron a nivel litúrgico al Concilio. La Misa es una ceremonia sagrada, repetía con frecuencia, todo debe ser preparado y estudiado adecuadamente respetando los cánones, nadie es “dominus” de la Misa. Desgraciadamente, muchos, después del Vaticano II no lo han entendido y Pablo VI sufría viendo el fenómeno como un ataque del demonio.”

    Cardeal Darío Castrillón destacou que Bento XVI oferece com este documento "a todos os sacerdotes a possibilidade de celebrar a Missa também na forma tradicional e aos fiéis permite exercitar o direito de ter este rito quando existirem as condições especificadas no motu proprio".



    Motu Proprio sobre Missa Tridentina não é volta ao passado, precisa Cardeal Castrillón
    01.04.2008 - ROMA - Em uma entrevista concedida ao jornal oficioso do Vaticano, L'Osservatore Romano ), o Cardeal Darío Castrillón Hoyos, Presidente da Pontifícia Comissão Ecclesia Dei explicou que o Motu Proprio Summorum Pontificum do Papa Bento XVI que liberaliza a Missa em latim não é uma volta ao passado e gerou além disso o retorno à plena comunhão de muitos irmãos separados.

    Na entrevista realizada por Gianluca Biccini, o Cardeal explicou que "a carta apostólica de Bento XVI Summorum Pontificum sobre o uso da liturgia romana anterior à reforma efetuada em 1970 está fazendo voltar inclusive alguns não católicos à plena comunhão com Roma. Solicitam-no dessa forma logo que o Papa renovasse a possibilidade de celebrar segundo o antigo rito".

    O Cardeal Castrillón pôs como exemplo o seguinte caso: "na Espanha, o Oásis de Jesus Sacerdote, um inteiro monastério de clausura com 30 irmãs guiadas por seu fundador, já foi reconhecido e regularizado pela Pontifícia Comissão".

    "De outro lado existem grupos de americanos, alemães e franceses e alguns leigos que nos contactam, escrevem-nos e chamam para procurar uma reconciliação e de outra parte há muitos outros fiéis que manifestam sua gratidão ao Papa pela promulgação do motu proprio", prosseguiu.

    Para o Presidente da Pontifícia Comissão Ecclesia Dei "é necessário deixar algo em claro: não se trata de um retorno ao passado mas sim de um progresso, porque se têm agora duas riquezas, em vez de uma só. E desta forma se oferece esta riqueza, respeitando o direito de quem está particularmente ligado à antiga liturgia".

    Embora admitiu que podem surgir alguns problemas práticos no momento da aplicação do motu proprio, o Cardeal indicou que a Pontifícia Comissão que preside "está pensando em organizar uma forma de ajuda aos seminários, dioceses e conferências episcopais. Outra perspectiva em estudo é a de promover subsídios multimídia para o conhecimento e a aprendizagem da forma extraordinária com toda a riqueza teológica, espiritual e artística ligada também à antiga liturgia".

    "Além disso parece importante que existam sacerdotes que já usam a forma extraordinária e que se ofereçam para celebrar ou para ilustrar a celebração segundo o missal de 1962", explicou.

    Depois de precisar que com este motu proprio "o Papa foi claro" e que "é um engano de algumas pessoas e de alguns jornalistas, afirmar que o uso da língua latina só lhe pertence ao antigo rito, já que se estiver previsto no missal de Paulo VI", o Cardeal colombiano destacou que Bento XVI oferece com este documento "a todos os sacerdotes a possibilidade de celebrar a Missa também na forma tradicional e aos fiéis permite exercitar o direito de ter este rito quando existirem as condições especificadas no motu proprio".

    "O Papa oferece à Igreja uma riqueza que é espiritual, cultural, religiosa e católica. recebemos cartas de consenso também de prelados das Igrejas ortodoxas, dos anglicanos e protestantes. Também há alguns sacerdotes da Fraternidade São Pio X que, individualmente, estão procurando regularizar sua posição. Alguns deles já assinaram a fórmula de adesão. Sabemos também que existem leigos tradicionalistas, próximos à Fraternidade, que começaram a frequentar as missas no rito antigo oferecidas nas Igrejas das dioceses", continuou o Cardeal.

    Ao perguntar-se o como é possível um retorno à "plena comunhão" para pessoas excomungadas?", o Cardeal respondeu que "a excomunhão só recaiu sobre os quatro bispos" ordenados pelo bispo cismático francês Marcel Lefebvre, entre os que se encontra o actual líder da Fraternidade São Pio X, Dom Bernard Fellay, "porque foram ordenados sem o mandato do Papa e contra sua vontade, enquanto que os sacerdotes estão somente suspensos".

    Precisando um dado mais sobre estes sacerdotes suspensos, o Cardeal acrescentou que "a Missa que celebram é sem dúvida válida, mas não lícita e; por essa razão, não se aconselha a participação nela, a menos que no domingo não exista outra possibilidade. Certamente nem os sacerdotes nem os fiéis estão excomungados. Queria a propósito deles esclarecer importância das coisas para poder as julgar correctamente".

    De outro lado o Cardeal Castrillón comentou também algumas coisas de sua experiência pessoal com a liturgia. "Eu gosto muito do novus ordo que celebro quotidianamente. Não celebrei mais segundo o missal de 1962, logo depois da reforma litúrgica. Hoje ao retomar algumas vezes o rito extraordinário, também eu redescobri a riqueza da antiga liturgia que o Papa quer manter viva, conservando aquela forma secular da tradição romana".

    "Não devemos esquecer nunca que o ponto supremo de referência na liturgia, como na vida, é sempre Cristo. Não temos então medo, também no rito litúrgico, de nos voltar para Ele, para o crucificado, juntos aos fiéis, para celebrar o santo sacrifício, em modo incruento, como o Concílio de Trento definiu a Missa", concluiu.

    Fonte: ACI

    Cardeal Alfons Stickler: UMA DESGRAÇA PASTORAL. O ABANDONO DO LATIM COMO LÍNGUA DO CULTO.O LECCIONÁRIO DE TRÊS ANOS, UM CRIME CONTRA A NATUREZA. SENTENÇA DE MORTE PARA AS MELODIAS GREGORIANAS. A "CRIATIVIDADE", OUTRA ABERTA VIOLAÇÃO DO CONCÍLIO.

    Artigo do cardeal Alfons Stickler


    UMA DESGRAÇA PASTORAL. O ABANDONO DO LATIM COMO LÍNGUA DO CULTO

    Uma segunda e maior fonte de desgraça pastoral, novamente contra a vontade explícita do Concílio, resultou de abandonar o latim como língua do culto. O latim desempenha um papel de linguagem universal que unifica o culto público da Igreja sem ofender nenhuma língua vernácula.
    Reveste-se isto da maior importância, hoje, em um tempo em que o desenvolvimento do conceito de Igreja encadeia a todo o Povo de Deus, no único corpo Místico de Cristo, ressaltado em outro lugar da reforma.
    Ao introduzir o uso exclusivo da língua vernácula, a reforma deixa fora da unidade da Igreja a várias pequenas Igrejas, separadas e isoladas. Onde está a possibilidade pastoral para os católicos, através de todo o mundo, de encontrar sua Missa, para vencer diferenças raciais através de uma língua comum de culto, ou, pelo menos, em um mundo cada vez menor, poder simplesmente rezar juntos, como o pede explicitamente o Concílio? Onde está agora a factibilidade pastoral de que um sacerdote exerça o ato mais altamente sacerdotal –a Santa Missa–- em todas parte, sobretudo em um mundo onde faltam sacerdotes?

    Uma pessoa não pode surpreender-se quando descobre que em cada paróquia parece reinar um Ordo diferente

    O LECCIONÁRIO DE TRÊS ANOS, UM CRIME CONTRA A NATUREZA

    Na Constituição Conciliar não se fala em nenhuma parte da introdução de um lecionário de três anos. Através disto a Comissão de reforma se tornou culpada de um crime contra a natureza. Um simples ano calendário teria bastado para todos os desejos de mudança. O Concilium podia ter se mantido dentro de um ciclo anual, enriquecendo as leituras com tantas y tão variadas possibilidades de escolha como quereriam, sem alterar o curso normal do ano. Nessa mudança, foi destruída a velha ordem de leituras, e foi introduzida uma nova ordem, com uma grande carga e gasto em livros, nos quais se podiam instalar tantos textos quanto fosse possível, não somente do mundo da Igreja como também –como se praticou amplamente– do mundo profano. A parte das dificuldades pastorais por parte dos fregueses para compreender textos que necessitam exegeses especiais, resultou ser uma oportunidade –que foi aproveitada– para manipular os textos com o fim de introduzir novas verdades em lugar das velhas. Passagens pastoralmente impopulares –freqüentemente de significado teológico e moral fundamentais– foram simplesmente eliminadas. Um exemplo clássico é o texto de 1 Cor. 11 :27-29: aqui, na narração da instituição da Eucaristia, foi deixada fora continuamente a séria exortação final sobre as graves conseqüências de recebê-la impropriamente, ainda que na festa de Corpus Christi. A necessidade pastoral desse texto, tendo em vista a atual recepção da comunhão, sem confissão e sem reverência, é óbvia.
    Os desatinos que se podem cometer com as novas leituras, especialmente em suas palavras introdutórias e conclusivas, são exemplificados pela nota de Klaus Gamber ao final da leitura do primeiro domingo da Quaresma do Ciclo A, que fala das conseqüências do Pecado Original : ¨Então os olhos de ambos se abriram e souberam que estavam nus¨. Logo após o que o povo, exercendo sua vívida e ativa participação deve responder: ¨Graças a Deus¨.
    Indo mais além, por que era necessária a alteração da seqüência das festas sacras? Se algum cuidado era necessário, era aqui por interesse pastoral e consciência do apego do povo às festas de suas Igrejas locais, cuja desordem temporária tinha que ter uma muito má influência na piedade popular. Os que implementaram a reforma litúrgica parecem não ter sentido a menor comiseração com essas considerações, apesar dos artigos 9, 12, 13 e 37da Constituição para a liturgia.
    SENTENÇA DE MORTE PARA AS MELODIAS GREGORIANAS.
    Umas breves palavras devem ser ditas ainda sobre as regulamentações conciliares sobre música litúrgica. Nossos reformadores certamente não compartilhavam dos grandes elogios ao canto gregoriano, que expressavam, mais e mais, os observadores seculares e os entusiastas. A abolição radical (sobretudo pela criação de novas partes corais para a Missa) do Intróito, Gradual, Tracto, Alleluia, Ofertorio, Comunhão (e isto especialmente como uma oração especial da comunidade), a favor de outras de duração consideravelmente maior, foi uma sentença de morte silenciosa para as maravilhosas e variáveis melodias gregorianas, com a exceção das simples melodias das partes fixas da Missa, a saber o Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus/ Benedictus, e Agnus Dei, e isto só para umas poucas Missas. As instruções do Concílio sobre a proteção e respaldo a este antigo canto da Igreja se encontraram na prática com uma epidemia fatal.
     
    O ÓRGÃO

    O tão apreciado instrumento da Igreja, o órgão, experimentou um destino similar com a abundante substituição por instrumentos, cuja enumeração e caracterização deixarei à vossa rica experiência pessoal, com a única observação de que prepararam o caminho para a entrada de elementos diabólicos na música da Igreja.

    A "CRIATIVIDADE", OUTRA ABERTA VIOLAÇÃO DO CONCÍLIO

    A laxitude permitida para inovar representa um último tema importante nesta lista de elementos práticos da reforma. Essa laxitude está presente no Ordo da Missa em seu original latino. Entre os vários Ordos nacionais, o Ordo Alemão da Missa sobressai por mostrar muitas mais concessões deste tipo. Praticamente elimina o estrito, absoluto edito de art. 22, &3,da constituição Conciliar, que diz que ninguém, nem sequer um sacerdote, pode por sua própria autoridade agregar, saltar ou alterar nada. As violações durante todo o processo da Missa que estão se levantando mais e mais contra esse edito do Concílio, estão sendo a causa de uma desordem rumorosa, que o velho Ordo Latino, com sua tão lamentada rigidez, impediu com tanto êxito. O novo garantidor do ordo contribui assim para a desordem, e uma pessoa não pode, então, surpreender-se quando, uma e outra vez, descobre que em cada paróquia parece reinar um Ordo diferente.

    CRÍTICAS À REFORMA

    Com isso, chegamos às públicas, ainda que limitadas, críticas sobre a reforma da Missa. O próprio Arcebispo Bugnini as expõe com notável honestidade nas páginas 108 - 121 de suas memórias da reforma, sem poder refutá-las. Em suas memórias e nas de Monsenhor Wagner, a insegurança do Consilium sobre as reformas que tão apressadamente levaram a cabo é óbvia. Também ali aparece pouca sensibilidade.
    Até as prévias investigações ¨teológicas, históricas e pastorais¨ ordenadas pelo Concílio como necessárias antes de qualquer alteração [Falha no texto: não se levaram em conta???]. Por exemplo, a competente capacidade de Monsenhor Gamber, o historiador de liturgia alemão, foi completamente ignorada. A pressa incompreensível com que se deu forma à reforma, e com que foi tornada obrigatória fez com que Bispos influentes, que estavam de todo menos apegados à tradição, a reconsideraram. Um monsenhor que tinha acompanhado o Cardeal Döpfner como secretário em Salzburgo, para sancionar uma resolução dos Bispos de língua alemã, para a ativação do Novo Ordo da Missa em seu país, contou-me que o Cardeal estava muito reticente, quando de sua viagem de retorno a Munich. Nesse momento, expressou brevemente seu medo de que um assunto pastoral tão delicado tivesse sido tratado com tanto pressa.

    VALIDEZ DOGMÁTICA E JURÍDICA DO NOVUS ORDO

    Com o fim de evitar qualquer mal entendido, quereria enfatizar que nunca coloquei em dúvida a validade dogmática ou jurídica do Novus Ordo Missae, apesar de que na ordem jurídica me assaltassem sérias dúvidas em vista de meu intenso trabalho com os canonistas medievais. Eles têm a unânime opinião de que os papas podem mudar qualquer coisa, com exceção do que prescrevem as Sagradas Escrituras, ou o que concerne as decisões doutrinais do mais alto nível tomadas previamente, e o status ecclesiae. Não há perfeita clareza com respeito a esse conceito. O apego à tradição no caso de coisas fundamentais que influíram em forma concludente sobre a Igreja no curso dos tempos, certamente pertence a esse status fixo, imutável, do qual o Papa não tem direito de dispor. O significado da liturgia para o íntegro conceito da Igreja e seu desenvolvimento, que foi também enfatizado pelo Concílio Vaticano II como imutável em sua natureza, nos leva a crer que, de fato, deveria pertencer ao status ecclesiae.


     

    domingo, 25 de agosto de 2013

    LIVROS DE OURO SOBRE A ESPIRITUALIDADE E MÍSTICA CATÓLICA



    - Collane complete di specifici Autori -TUTTI I LIBRI DI:
    - Catalina Rivas- Santa Caterina da Siena

    -
    Padre Pio: l'Epistolario
    (e altri volumi integrali)

    -
    Justine Klotz (mistica tedesca) e l' "Atto d'Amore"








    VOLUMI INTEGRALI
    IN FORMATO html:

    - Il libro della fiducia
    - Imparare a pregare di P. Martìn
    - Gli scritti di San Francesco d' Assisi
    - Il cuore del mondo di H. U. Von Balthasar
    - La radice della guerra è la paura di Thomas Merton
    - L'abbandono alla divina Provvidenza di Jean-Pierre De Caussade
    - La preghiera giorno dopo giorno di Anthony Bloom
    - Il diario di Fra Leopoldo Maria Musso - Diario della serva di Dio Edvige Carboni
    - DIARIO della BEATA ELISABETTA CANORI, sposa, madre e mistica
    - La rivelazione dell' Amore Divino - Maria Graf -

















    VOLUMI INTEGRALI IN FORMATO PDF:

    Testi integrali sulle rivelazioni del Santo Rosario e circa l'amore a Maria Ss."Vita interna di Gesù Cristo", rivelata da Gesù alla serva di Dio Maria Cecilia Baij
    - benedettina badessa del monastero di S. Pietro di Montefiascone -
    Testi integrali circa la Sacra Scrittura e il Deposito della fede
    "La rivelazione dell'Amore Divino" - diario e rivelazioni alla mistica Maria Graf
    "
    Dizionario di Teologia Biblica" di LEON-DUFOUR
    "
    Il Cuore di Gesù al mondo" Messaggi di Gesù a Suor Consolata Bretone

    "La Pace del cuore" di Padre Jacques Philippe
    "Abbandonatevi totalmente a Me" di P. Tomislav Vlagié e P. Slavko Barbarié
    "Dario spirituale" di Anonimo Napoletano
    "Il libro della fiducia" di Padre Thomas de Saint Laurent
    "Abbandono alla Divina Provvidenza" di Padre Jean Pierre de Caussade
    "Quando il Maestro parla al cuore" di Padre Gaston Courtois
    Libri della collana sulla Piccolezza evangelica di Don Liborio Tambè

    Libri antichi e rari
    Libri circa demoni, inferno, guarigioni dalla magia, spiritismo, satanismo, etc.
    "Dottrina spirituale"
    di Padre Louis Lallemant
    "
    Divina Volontà" Opera Omnia -completa - in 36 Volumi della mistica Luisa Piccarreta
    Sante Piaghe di Nostro Signore di Gesù Cristo - Libri rivelazioni


    Conquista la pace interiore e una moltitudine troverà salvezza presso di te”
    (San Serafino di Sarov )







    I libri della collana sulla Piccolezza Evangelica

    curati da Don Liborio Tambè- in formato .PDF -








    Libri integrali sulla Pace del cuore

    - in formato .PDF -

    "La Pace del cuore" di Padre Jacques Philippe
    "Abbandonatevi totalmente a Me" di P. Tomislav Vlagié e P. Slavko Barbarié
    "Dario spirituale" di Anonimo Napoletano
    "Il libro della fiducia" di Padre Thomas de Saint Laurent
    "Abbandono alla Divina Provvidenza" di Padre Jean Pierre de Caussade
    "Quando il Maestro parla al cuore" di Padre Gaston Courtois



    - Vita e virtù della venerabile serva di Dio suor Florida Cevoli.pdf
    Scritto dal sacerdote Don Francesco Gemelli postulatore della causa, II Edizione, Ed. Roma 1840

    - Vita e opere di Santa Maria Maddalena dei Pazzi.pdf
    Compilata dal sacerdote Placido Fabrini, Ed. Firenze 1852

    - Vita e morte della venerabile madre Teresa dello Spirito Santo.pdf
    Scritta dal sacerdote Eugenio di San Giuseppe, Ed. Napoli 1669




    Pace del cuore
    Maria Santissima e le Sue promesse

    San Giuseppe e le Sue promesseRivelazioni sugli Angeli

    Magia & DemonologiaRivelazioni sui Santissimi Sacramenti

    Biblioteca gratuita

    Dossier Halloween

    La vera vita di S. Maria Maddalena
    Preghiere sconosciute rivelate dal Cielo

    Altre ineffabili rivelazioni



    Il terzo segreto di Fatima occultato
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