domingo, 7 de abril de 2019

Don Divo Barsotti e il Concilio Vaticano II

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Il servo di Dio don Divo Barsotti (1914-2006) attentamente il Vaticano II e i suoi
documenti, rimanendone turbato – pur non mettendone mai in discussione la
legittimità –, come scrisse nei suoi diari.
Se c’è qualcuno che non può essere accusato di “turpe” tradizionalismo o di “becero”
conservatorismo è il servo di Dio don Divo Barsotti (1914-2006), fondatore della Comunità
dei figli di Dio. Anch’egli si fece travolgere dal “folle vento delle novità” fin dagli anni ’40-
’50, quando cominciò ad avere vari incontri e rapporti epistolari con illustri personalità
della nouvelle theologie (Henri de Lubac, Jean Danielou, Hans Urs von Balthasar, Louis
Bouyer), nonché con esponenti del “cattolicesimo democratico” (Giorgio La Pira e
Giuseppe Dossetti) e con quelli del “cattolicesimo del dissenso” (David Maria Turoldo e
Ernesto Balducci), pur rimanendo indipendente da essi.
Don Divo fu infatti duramente “bastonato” dall’ex Sant’Uffizio quando fu bocciato un suo
libro degli anni ’50. A differenza di molti dei nomi citati poc’anzi, egli non si mise mai
contro la Chiesa, né pensò ad una ribellione “interna” e “nascosta” in attesa di tempi
migliori, così – se pur con amarezza, perché riteneva che le sue ragioni e il suo pensiero
non fossero stati sufficientemente esaminati – prese la penna in mano e riconobbe «[...] che
alcune espressioni del libro possono indurre in errore... [...] In ragione di questi errori o di quelle
espressioni che possono indurre in errore, ho creduto mio dovere far ritirare dal commercio il
libro»1. Chinando dolcemente il capo e accettando l’umiliazione, don Divo capì – dirà in
seguito – «che amavo la Chiesa più di me stesso»2. Fu proprio per il suo sincero amore alla
Chiesa che, secondo noi, il Signore lo mise al riparo da quel “folle vento delle novità” che
prese il sopravvento nel mondo cattolico negli anni ’60.
Lettera e spirito del Concilio
Come fu riconosciuto dallo stesso papa Paolo VI, dopo il Vaticano II, non arrivò la
“primavera” che egli e il suo predecessore, Giovanni XXIII, avevano sperato, ma un
rigidissimo “inverno”3. Come fu possibile tutto ciò? Per molti è dovuto al fatto che ha
trionfato, nel mondo cattolico, non il vero e proprio insegnamento del Vaticano II (cioè i
documenti, la “lettera del Concilio”), ma il “folle vento delle novità” (ovvero il celeberrimo
e nefasto “spirito del Concilio”)4
.

È davvero una “diagnosi” giusta? Lettera e spirito non sono forse le due facce della stessa
medaglia?

1 Divo Barsotti. Il sacerdote, il mistico, il padre (P. Serafino Tognetti, Ed. San Paolo, 2012, pagg. 187-191).
2 Ibidem.
3 «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di
nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, d’incertezza» (Paolo VI, omelia della solennità dei Santi Pietro e Paolo del 29 giugno
1972).
4 Posizione sostenuta da papa Benedetto XVI quando, durante il discorso alla Curia romana del 22 dicembre del 2005,
parlò di due ermeneutiche conciliari: la prima è quella corretta (riforma nella continuità), la seconda è quella erronea
(rottura e discontinuità).

Certamente, col Vaticano II, i novatores non ottennero tutto quello che volevano, ma il fatto
che adesso occupino la Gerarchia dalla più alta cattedra significa che, da allora in poi,
hanno trovato più porte aperte che chiuse.
Don Divo Barsotti studiò attentamente il Vaticano II e i suoi documenti e ne rimase
turbato – pur non mettendone mai in discussione la legittimità5 –, come scrisse nei suoi
diari. «Sono perplesso nei riguardi del Concilio medesimo: la pletora dei documenti, la loro
lunghezza, spesso il loro linguaggio, mi fanno paura. [...]»6. Riguardo i documenti del Concilio
aggiungerà che «[...] non sono stati impediti gli equivoci, l’ambiguità e soprattutto non è stata
impedita la presunzione, non l’ambizione e il risentimento, non la superficialità e la volontà di un
rinnovamento che voleva essere uno scardinamento, uno sradicamento della tradizione dogmatica,
una diminuzione della tradizione spirituale»7. Per don Divo, il Vaticano II, «forse perché ha
voluto dir troppo, non ha detto molto»8.
Questo significa che, per il sacerdote toscano, il Vaticano II è stato un errore? «No di certo»,
rispose. «La Chiesa aveva bisogno di confrontarsi con la cultura del mondo, e lo Spirito Santo ha
impedito che nei documenti si insinuasse l’errore; ma anche se tutto è giusto, nel Vaticano II, non è
detto che tutto sia stato opportuno»9.
Infatti, il documento che più lo allibiva era la costituzione pastorale Gaudium et Spes in
quanto «l’ambiguità si manifesta evidente, ed è estremamente grave, nel fatto che il rapporto
Chiesa-Mondo non si risolve nel martirio. La Croce non è al centro della teologia del Concilio, non è
la soluzione e il compimento della missione della Chiesa»10. Da questo non può che derivarne
che il Vaticano II «[...] È ben povera cosa nei confronti dei concili che l’hanno preceduto. Il
numero stesso dei documenti più che dire la sua grandezza, dice la presunzione dei vescovi, dice la
povertà del suo insegnamento»11.
La presunzione dei padri e dei periti conciliari
Don Divo non ha mancato di rimproverare duramente i padri e i periti conciliari. Li mise
“a nudo” affermando che «la difesa ad oltranza del Concilio dice la cattiva coscienza di chi lo
difende... Se è opera di Dio, non ha bisogno di essere difeso. [...]»12.
Ai padri conciliari e ai vescovi del post-concilio rinfacciava: «Non hanno voluto condannare
l’errore e hanno preteso di “rinnovare” la Chiesa, quasi che il “loro” Concilio potesse essere il nuovo
fondamento di tutto»13

. Per questo il sacerdote toscano dichiarò: «[...] Io non so che farmene di
una Chiesa che nasca oggi. Se si rompe l’unità la Chiesa è già morta. La Chiesa è viva soltanto se,
senza soluzione di continuità, io sono nella Chiesa uno con gli Apostoli per essere uno con
Cristo»14. Perciò non esitò a richiamare severamente i successori degli Apostoli al loro
5 «Il Concilio era certamente legittimo, ma non aveva messo che solo delle virgole al discorso continuo della Tradizione. Ed ero
incapace di capire perché si citasse quasi esclusivamente questo Concilio ultimo» (Don Divo Barsotti, Nel Figlio al Padre, pag. 257)
6 Don Divo Barsotti, Battesimo di fuoco, pag. 58.
7 Don Divo Barsotti, La Presenza donata, pag. 103.
8 Don Divo Barsotti, Nel cuore di Dio. Diario 11 febbraio 1984 – 12 marzo 1985, pag. 284.
9 Un filosofo, un mistico, un teologo suonano l’allarme alla Chiesa (Sandro Magister, 07-02-2005).
10 Don Divo Barsotti, L’Attesa. Diario 1973-1975, pag. 213-214
11 Don Divo Barsotti, Nel Figlio al Padre, pag. 257.
12 Don Divo Barsotti, Battesimo di fuoco, op. cit., 272.
13 Don Divo Barsotti, Fissi gli occhi nel sole, pag. 117.
14 Don Divo Barsotti, Le responsabilità dei Preti. Prediche al Papa, 2010, pagg. 105-106

compito più importante: confermare nella Fede. I vescovi «[...] mi dicano quello in cui devo
credere e quello che devo rigettare»15.
Con i periti conciliari e i teologi loro discepoli non fu meno tenero: «[...] Ma soprattutto mi
indigna il comportamento dei teologi. Crederò loro quando li vedrò veramente bruciati, consumati
dallo zelo per la salvezza del mondo. [...] Tutto il resto è retorica. Soltanto la santità salva la
Chiesa. E i santi dove sono? Nessuno sembra crederci più»16

. Difatti «la novità di una teologia – ha

scritto don Divo – che rinnega la teologia del passato, non è più una novità cristiana»17.
Don Divo in particolare mise in guardia dai teologi “discepoli” del gesuita Pierre Teilhard
de Chardin († 1955), poiché questi è «il pensatore che sta dietro a molti degli errori che
inquinano la teologia (e la mentalità) moderna. È stato il maestro di certi periti ed esperti
conciliari»18. Proprio verso di essi sentiva un «senso di rivolta che mi agita e mi solleva fin dal
profondo contro la facile ubriacatura dei teologi acclamanti al Concilio. Si trasferisce
all’avvenimento la propria vittoria personale, un’orgogliosa soddisfazione che non ha nulla di
evangelico»19.
Inoltre non riusciva a capire «come si potesse essere così duri con Lefevbre (che sbagliava, ma pur
sempre sul piano disciplinare) e lasciar correre chi, come Kung, Curran, Schillebeeckx, metteva in
discussione il Dogma»20
.

I responsabili e la causa della crisi della Chiesa
Per don Divo Barsotti i veri responsabili della crisi della e nella Chiesa sono i teologi21 (oggi
molti dei quali siedono in molte cattedre episcopali). Egli individuava infatti la causa di
questa terribile crisi nella superba «leggerezza di aver voluto provocare e tentare il Signore»22.
Poiché «tutti gli insegnamenti del Concilio, tutta l’azione della Chiesa, tutto è sospeso nel vuoto –
ha spiegato il sacerdote toscano – se la Chiesa non ha più il coraggio di rendere testimonianza
della divinità del Cristo»23.

BIBLIOGRAFIA
Divo Barsotti. Il sacerdote, il mistico, il padre (P. Serafino Tognetti, Ed. San Paolo, 2012).
Sentinelle nel post-Concilio. Dieci testimoni controcorrente (Francesco Agnoli e Lorenzo
Bertocchi, Cantagalli, 2011).

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15 Don Divo Barsotti, I cristiani vogliano essere cristiani, a cura di P. Canal, pag. 272.
16 Don Divo Barsotti, Battesimo di fuoco, pag. 58.
17 Don Divo Barsotti, Dopo il Concilio, 1970, pag. 90.
18 Don Divo Barsotti, I cristiani vogliano essere cristiani, a cura di P. Canal, pag. 164.
19 Don Divo Barsotti, Battesimo di Fuoco, pag. 58.
20 Don Divo Barsotti, I cristiani vogliano essere cristiani, a cura di P. Canal, pag. 183-184.
21 Citato in S. Albertazzi, Sull’orlo di un duplice abisso, Edizioni San Paolo, Milano 2009, pag. 37.
22 Don Divo Barsotti, Battesimo di fuoco, pag. 27.
23 Citato in S. Albertazzi, Sull’orlo di un duplice abisso, Edizioni San Paolo, Milano 2009, pag. 37.