La distrazione
1984
Al mio Clero, e, se è possibile, anche al popolo.
Questa lettera vi sembrerà strana. Vedrete che non lo è. Credo che solo alla fine capirete perché l’ho scritta.
Per il momento dico solo che il movente primo è la giustizia: deve rispondere a questa domanda «nel nostro mondo c’è solo e tutto peccato o c’è qualche attenuante nella condotta degli uomini?». Poiché Dio è giusto, dobbiamo essere giusti anche noi. Non nego che il mondo «totus in maligno positus est», ma questo non mi impedisce di chiedere se, per caso, non ci sia qualcosa che non è più propriamente «mundus» e venga a trovarsi sotto un giudizio meno implacabile.
Del resto per qualunque delitto e per qualunque criminale possono trovarsi degli attenuanti. Non accade pertanto che ci sia qualche ragione per la quale il mondo sia meno brutto e deforme? Questa è la domanda.
Ora cominciamo ad intenderci; che cosa è la distrazione? Si chiama distrazione, nel senso proprio, quel fatto per il quale la mente devia dall’oggetto al quale dovrebbe attendersi per correre dietro a cose, fantasmi, fatti che non riguardano il suo dovere e che sono esterni per lo più, effimeri, casuali, variabili, inconsistenti.
La pigrizia e l’amore della comodità sono formidabili alleati della distrazione.
L’origine
Cause perenni e dovunque presenti sono la rumorosità, la mobilità di tutto, l’affollarsi delle notizie.
Se mancano questi primi elementi, a sostituirli in qualunque momento bastano i mass media: televisione, giornali, radio, telefoni, satelliti. Si ha così l’assorbimento, che può essere perfettamente involontario, disordinato e caotico, della politica, di tutte le convulsioni della vita civile, di tutte le oscillazioni del mondo economico.
Questa continua cinematografia, spinge naturalmente a fare castelli (anche in aria), a moltiplicare voglie, pseudoideali, tifo, e dà la spinta a movimenti dello spirito in tutte le direzioni.
Il tempo per molti non basta e porta a tensioni di ogni genere, dove la confusione, la fretta, la incoerenza, l’assenza di logica e cose simili diventano quasi passatempo. Al fondo ci sta un tale vuoto, che un facile istinto spinge a cercare motivi di trattenimento fuori dell’anima, là dove non sempre si ha quel che si cerca ed allora il vuoto genera la noia: il male del secolo.
La distrazione ha molte e copiosissime sorgenti.
Non bisogna dimenticare gli impegni «sociali». Tutto il mondo si raggruppa e tiene adunanze, convegni, conferenze a non finire. Il mondo educativo, tende a riempire i tempo dei ragazzi e dei giovani, per esercitazioni fisiche ed atletiche in modo che i genitori non abbiano più il tempo di occuparsi dei figli, i quali pertanto, specialmente nella libertà della adolescenza avanzata, volitano per l’aria come nubi leggere e mobilissime. Le deviazioni dei giovani staccati dal cerchio affettivo familiare, dall’influsso educativo della pratica religiosa, diventano così le cause delle più grandi distrazioni, capaci di disorientare una vita nel suo principio.
Per quelli che hanno mezzi ci sono le settimane bianche o..., che strappano di casa la gente persino a Natale e nelle ferie pasquali, col che non funziona più nell’anima giovanile il più grande influsso della magnificenza liturgica.
Il mondo lo si direbbe organizzato per mantenere in stato di distrazione tutti gli uomini. Si salvano ancora quelli che noi ci fissiamo a chiamare incivili, abitanti delle giungle, delle tundre, sul margine dei deserti o su quello dei ghiacci eterni...
La distrazione ha la maggior forza sugli istinti attivi e passivi della nostra psiche, i più maneggevoli, i più scivolosi.
C’è da meravigliarsi se nel mondo non esistono più grandi scuole di filosofia e fucine di pensiero? Anche perché i più invece di pensare fanno delle ricerche e spesso danno la impressione dei cani randagi che vediamo razzolare in tutte le spazzature. La distrazione è come la droga: diventa imperiosa al punto che senza quella non si vive... Della droga, almeno si può ritenere colpevole questo o quell’altro paese; della distrazione sono colpevoli tutti... L’abbiamo in casa o, con una insistenza degna di miglior causa, ferma sulla porta di casa.
Il volume
Possiamo quantificare questa distrazione e la sua potenza. E’ necessario quantificare per essere convinti.
Le cause generanti la perenne distrazione, come tutti vedono, sono in atto da mane a sera, se si desidera la indicazione di tempo; il rumore, le attrattive sono in opera formidabilmente in qualunque situazione ci si trovi. Anche i muri sono gli innocenti portatori delle scritte che mano paurosa e vigliacca scrive di notte. Per non perdere tempo a distrarsi molta gente marcia per via colla radio accesa in mano. Questa gracchia nella più parte delle automobili e sponsorizza gli incidenti.
Il volume della distrazione va al massimo quando qualcuno organizza la piazza e non solo la rende ciarliera inutilmente, ma addirittura minacciosa. Non bastano i doppi vetri; il progresso crescente si incarica di portarci tutto in casa, senza che ci si debba scomodare. La distrazione ha ormai ottenuto l’appalto di tutto ciò che è comodo, che riesce gradevole alla attenzione, di ciò che può suscitare desideri d’ogni genere. Gli occhi si possono ancora chiudere, le orecchie no.
Si direbbe che la regia della interiorità dell’uomo è passata ormai agli stimoli, alle pretese, alle sopraffazioni che vengono dal di fuori dell’uomo.
Con questa alluvione, costui, come fa a pensare? Se vuole pensare, a meno che non siano le preoccupazioni a bloccarlo, deve esercitare su se stesso un atto di dominio singolarmente forte.
Il futuro
Sappiamo la situazione presente; ma in avvenire che cosa si può prevedere? In avvenire automatismo, informatica, computers avranno il potere, perché sono in grado di fornire all’uomo più tempo vuoto dal lavoro. L’esperienza dimostra ormai che cosa siano i tempi vuoti dal lavoro. Mediamente in economia costano dal triplo al decuplo dei giorni lavorativi; in psicologia rappresentano la ricerca impegnata, insistente, folle delle distrazioni.
Sotto l’illuminismo, quelli che lo conoscevano e per riflessione anche quelli che non lo conoscevano e non lo conoscono, hanno acquisito il timore di restare un solo momento con se stessi. Lo spasimo ricerca la distrazione. Guardiamo gli anormali: sembrano rifuggire dalla distrazione perché si appartano e fuggono compagnie. Pensano? No, muovono tutte le distrazioni che hanno dentro e che a seconda della loro patologia saranno castelli in aria, tragedie di cui si sentono vittime a seconda del tipo specifico del loro complesso. Sono i più distratti di tutti. Sì, perché esiste la distrazione interiore e questa avanzerà, come avanza il futuro. Dio ha disposto le cose per bene, cerchio familiare, lavoro, culto del Signore, preghiera, riposo, socievolezza, giusto svago, proprio perché gli uomini non dovessero perpetuamente vivere in una dolorosa distrazione. Tutte queste cose sono state insozzate.
La ragionevolezza degli uomini, dipende dalla grazia del Signore elargita, dalla luce della quale dispongono, dalla paura loro incussa, dalle catastrofi. Non sappiamo che cosa scegliere. Si è raggiunto, come nei fiumi in piena, il livello di guardia. Il guaio è che, poiché la distrazione sottrae a noi tempismo, chiarezza, logica e prontezza di riflessi, essa — la distrazione — non è in grado di indicarci le vie di uscita. Bisogna cercare altrove.
Pare che l’argomento non interessi. Dove la popolazione in rapporto al territorio è poca, si vedono ampli viali ovattati dalle molte piante, che danno respiro a piccole case isolate e abbastanza distanti tra loro. Ma si continua a costruire delle megalopoli da formicai e da colonie di api. Forse la grande crisi potrà fermare l’esodo verso le megalopoli e suggerire a molti il ritorno alla campagna, ove tutto si attutisce e dove la natura ha ancora il sopravvento. E’ uno spiraglio di luce per il futuro.
Gli effetti
La distrazione diminuisce la attenzione, la riflessione, la diligenza e per tale motivo può arrivare a diminuire il cosiddetto «volontario» diminuendo responsabilità e imputabilità.
Diminuire non vuoi dire di per sé togliere responsabilità e responsabilità. Bisogna ammettere che la diminuzione può arrivare a far scendere la colpa sotto il limite della gravità del peccato. E’ difficile dire se questo accada molte o poche volte. A noi basta rilevare che una «diminuzione» può accadere e che pertanto il giudizio sui singoli uomini e sulla collettività in genere deve tenerne conto, se vuol restare nei limiti della verosimiglianza.
Ci basta il sapere che l’insieme del mondo, in ragione della sua perenne e grave distrazione va giudicato probabilmente meno colpevole, di quanto sembrerebbe a prima vista. Tale conclusione condanna una certa retorica a vuoto, che probabilmente convince nessuno. Non è forse una legittima gioia il pensare che possiamo abbassare il livello di condanna dei nostri fratelli? Non è forse consolante che gli uomini possono facilmente essere giudicati migliori di quello che le apparenze indicherebbero? Lo so, sono induzioni generiche, ma più vicine al mandato evangelico e certamente più oneste.
C’è un secondo effetto della distrazione: quello di rimandare le cose profonde dell’anima, sensazioni, giudizi, processi logici, in superficie. Sia a livello dei singoli, sia a livello delle comunità.
E’ il trionfo del superficiale.
Equilibri politici, fatti, storici, costruzioni economiche, valutazioni filosofiche, attività culturali.
Così questo povero mondo che non si può spogliare mai delle voci profonde dell’animo, delle invocazioni abissali di felicità, del godimento reale e sincero affettivo, è condannato ad abitare in castelli di carta, a passeggiare in giardini di carta, tra prospettive di carta. Se lo merita, non c’è dubbio, ma nessuno può godere di tale situazione universale.
Spesso la situazione dolorifica di tale superficialità, viene paurosamente interrotta, da dolori inenarrabili, da disperazioni inguaribili, da tenebrose solitudini.
Leggi, costituzioni, rivolte, antagonismi, ... portano il segno di questo stato di cose.
Ma tra i tristi effetti della distrazione si leva pure una luce di speranza. Per sistemare qualcosa parrebbe doversi prendere d’assedio una munita fortezza, mentre si tratta solo di forare una parete di carta. Non è questa una consolante conclusione, un incoraggiamento, finalmente, un respiro?
Ricordo ai miei bei tempi ho organizzato centinaia di ritiri minimi per i miei studenti, la più parte in una Abbazia benedettina. Quel sacro ambiente, quel silenzio, quel mangiare sentendo leggere, soprattutto i divini uffizi bastavano a cambiarli completamente e a renderli docili alle migliori voci dell’anima e aperti alla grazia di Dio. Quanti mi hanno parlato di quei ritiri come dei giorni felici che hanno stampato nello spirito loro caratteri indelebili! Ed ancora oggi esperimento, ricevendo gente pressoché ogni giorno, quanto poco bene basta, spesso, per portare con mezzi comuni ed affatto straordinari a considerazioni e a intuizioni che non hanno mai camminato per le vie del mondo.
Scrivo questo perché prendano coraggio tutti i miei confratelli. Spesso basta poco perché il nostro ministero sacro abbia ragione di tutto, doni respiro, apra prospettive, risolva questioni, senza saperlo, sostituisca stati di animo in simpatia serena e fertile di bene! Senza contare che tutta la efficacia portata dal sacramento dell’Ordine col suo «carattere» impresso e permanente opera a nostra insaputa. Lo sapremo soltanto nel giorno eterno. Per ora si hanno talvolta dei cavalli di ritorno, che il buon Dio permette allo scopo di incoraggiarci nella nostra povera pusillanimità.
E’ tutta un’altra prospettiva. A questa voleva giungere il discorso sulla distrazione, che non finisce con una geremiade, ma — forse — nella esultanza del « Magnificat »!
Festa del Corpus Domini 1984
+ Giuseppe Card. Siri
Arcivescovo