terça-feira, 28 de dezembro de 2010

Domenica 19 dicembre, il giorno successivo all'ordinazione di cinque novelli sacerdoti nella cattedrale di Albenga - per inciso, più di qualsiasi altra diocesi ligure - uno di questi, don Tomasz Jochemczyk, ha voluto celebrare la sua prima Messa nella forma straordinaria del rito romano nella parrocchia di Dolcedo, in cui ha svolto il ministero diaconale e di cui sarà ora viceparroco. Ecco qualche foto.

Gli Araldi del Vangelo posizionano la Madonna di Fatima da loro portata
Suddiacono, Diacono, il novello Sacerdote e il prete assistente (da sin. a destra)
 

Ecce Agnus Dei




Le suore francescane dell'Immacolata baciano i palmi del neosacerdote
 Don Tomasz ci ha raccontato la storia della sua conversione. Polacco, lavorava da tempo come barman in un night club; quando, avendo saputo dell'arrivo un 13 maggio, per la prima volta in Polonia, della Madonna di Fatima pellegrina, è entrato nella Chiesa dove la statua si trovava per la venerazione dei fedeli. Vi è rimasto tutta la notte, per uscirne con la convinzione di volersi dedicare al sacerdozio. E ora il proposito si è realizzato.

Ispiranti le parole che il Parroco, don Giancarlo Cuneo, ha scelto per il saluto al novello prete, tratte dalle lettere pastorali del cardinal Siri. Eccone un assaggio:

Il nostro ufficio, quello che ci è intrinsecamente proprio, è di attendere alle Cose Sante. Noi siamo «in his quae sunt ad Deum» (Ebrei, V. 1). Le Cose Sante sono: il Divin Sacrificio, i Santi Sacramenti (tra i quali il più difficile ad amministrarsi, il più impegnativo è quello della Penitenza), i Sacramentali, l'Ufficiatura Divina, la preghiera dei singoli fedeli e di tutto il popolo, che noi dobbiamo incessantemente promuovere, guidare, elevare.
Questa è la nostra parte. Con essa si dà il necessario alla redenzione, al perdono dei peccati, alla salvezza eterna. In tale parte nessuno che non abbia il sacerdozio ci può sostanzialmente sostituire. In tale parte nessuno può mettersi alla pari con noi.
Però tale parte lega a Dio, al Suo servizio, alla Sua gloria quanto è in noi e qualunque possibilità della nostra vita.
Il sacerdozio non ha consacrato qualcosa di noi al servizio di Dio, bensì tutto, ed anzitutto l'intelligenza; infatti la prima obbedienza è intellettuale ed è obbedienza della mente alla parola di Dio od a quanto viene garantito direttamente o indirettamente dalla parola di Dio.
Le «Cose Sante» delle quali siamo i ministri alzano un limite invalicabile tra noi e quello che è profano. Qualunque atteggiamento esterno richiesto da ragioni contingenti non potrebbe mai legittimare un qualsivoglia distacco spirituale da questa nostra totale dedizione al servizio di Dio.

 Agiamo come se l'Ufficiatura Divina - quella che a noi si conviene per prima - durasse tutta la vita e come se ogni nostra azione, anche la più apparentemente neutra, ne facesse parte e fosse - come dovrebbe - assorbita dalla stessa Divina Liturgia. Non accettiamo ragionamenti o costumi che si addicono solo all'umana cecità ed all'umana debolezza. Non riteniamo mai che il miglior bene delle anime possa essere il frutto di un patteggiamento col diavolo. Rimaniamo sulla predella dell'Altare e se dovesse accadere a noi di trattare di cose umane che all'Altare direttamente non appartengono, facciamolo sempre senza abbandonare, quanto a intenzione, a dirittura ed a stile, la predella dell'Altare.

De:messainlatino.it