La strada maestra del cuore
Nel suo respiro la preghiera ci identifica a Dio
di Paola Radosuora di Maria Bambina, direttrice del Convitto universitario a Rimini e animatrice della “Preghiera del cuore”Correre. Poi correre. Dove? Spesso non si sa. L’importante è correre. L’uomo d’oggi pone il suo centro all’esterno, all’esteriorità; è lì che corre, per ritrovarsi spesso con frammenti che non sa più come mettere insieme. È urgente sapersi fermare, ritrovare il silenzio, porre il centro nelle potenzialità del proprio mondo interiore, sapendone riconoscere le profondità e la sorgente e sapendo investire lì i propri “denari”. Sulla scorta della prima lettera di Pietro chiameremo il mondo interiore dell’uomo con il nome di cuore. «Il vostro ornamento - egli dice - non sia quello esteriore, cercate piuttosto di adornare l’uomo nascosto nel cuore» (1Pt 3,3-4).
C’è chi recita preghiere e c’è chi prega. Alcuni sono soddisfatti quando hanno macinato con le labbra una serie di formule, altri avvertono l’esigenza di stabilire il contatto del cuore, il dialogo con un Tu. Collocandosi nel prisma della luce di Dio, l’orante ottiene in dono uno sguardo “diverso” sulle cose, sulle persone, sugli avvenimenti della storia e sui fatti dell’umile quotidiano. La contemplazione nasce dall’amore, è esperienza di amore e sfocia necessariamente nell’amore. Non è accartocciamento su se stessi, ma comunione con gli altri esseri e con l’universo intero.
Qual è il segreto della preghiera del cuore?
Ciascuno di noi ha bisogno di trovare un posto, uno spazio, un tempo solo ed esclusivamente per sé. Sono sufficienti pochi minuti di pratica ogni giorno per iniziare questo percorso, in un lasciar cadere, accadere, nell’accettare e nell’essere presente. Ciò significa lasciar andare i pensieri, le sensazioni, le emozioni, ritmando questo percorso meraviglioso con pause di abbandono a Dio: nell’ascolto del respiro, del proprio corpo, di se stessi, prendendone consapevolezza. La preghiera di ripetizione-risonanza viene registrata nel cuore, e più cresce la sua risonanza interiore, più si passa allo stato di preghiera profonda, scaturisce dalla percezione che nel centro più profondo del nostro essere (il cuore) pulsa il cuore di Dio.
Respirare è vivere
La presenza consapevole al respiro è uno dei principali veicoli verso l’immersione nel qui e ora, e il conseguente superamento di tutte le cause di distrazione. Avete mai pensato perché la preghiera sia stata definita il “respiro dell’anima”? «Seguire il respiro che entra ed esce - afferma Rajneesh - è il mantra più profondo che sia mai stato inventato». Se poi pensiamo che nel respiro c’è l’alito di Dio che fa di ogni adamo un essere vivente (Gen 2,7), l’alito di Cristo risorto che ci rende creature nuove (Gv 20,22-23), l’alito dello Spirito, soffio di vita che «viene dai quattro venti» (Ez 37,9), che permea ogni creatura e «rinnova la faccia della terra» (Sal 104,30), allora capiremo che il respiro è per sua natura preghiera, comunicazione con il divino, segreta consonanza con
La Preghiera del Nome
Se ciò è vero della preghiera in generale, è vero in modo ancor più specifico per la “preghiera del Nome”, poiché questa è appunto un’invocazione rivolta al Dio incarnato. La tecnica fisica del metodo esicasta ha tre aspetti principali:1. Posizione esterna da assumere quando si prega (schiena, gambe, mani, capo, occhi…);
2. Controllo della respirazione. Mentre si inspira l’aria, viene pronunciata la preghiera «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio» e mentre si espira la seconda parte «abbi pietà di me peccatore». La recita della preghiera può anche essere sincronizzata con il battito del cuore ed altre invocazioni.
3. Esplorazione interna. Forse in molti di noi la fede è molto incerta e vacillante, e per questo motivo ci troveremo a gridare: «Signore, io credo, aumenta la mia fede» (Mc 9,24).
In un clima di silenzio esteriore ed interiore si compiono i gesti introduttivi della preghiera, e attraverso la ripetizione delle formule introduttive la mente e il cuore si fissano in Dio. L’assumere una posizione che indichi armonia, distensione, attenzione e immobilità, favorisce il concentrarsi sul ritmo respiratorio che viene accompagnato con formule che interpretano l’aspetto di purificazione (espirazione) e rinnovamento (inspirazione).
Fissare lo sguardo di fede e di amore su un’icona aiuta a interiorizzare e soprattutto a ripercorrere con calma il nostro universo fisico, psichico e spirituale per purificarlo e pacificarlo. Più la preghiera diventa interiore, più incide sulla nostra vita quotidiana e sulle nostre scelte. La ripetizione del Nome riecheggia con accenti sempre nuovi fino a diventare contemplazione, abbandono, identificazione con Dio: nasce dall’intimo convincimento che “ciò che uno pronuncia diventa”.
La preghiera del Nome nasce soprattutto come obbedienza all’esortazione evangelica (Lc18,1) ripresa da san Paolo: «Pregate incessantemente» (1Tes 5,17). Come è possibile questo? Introducendo la preghiera nel cuore. Quando vi si sarà radicata, continuerà a risuonare interiormente, nonostante gli impegni esteriori.
Il mistero profondo del silenzio
È importante approfondire il significato del silenzio, capire il silenzio e il vuoto come luogo d’incontro con Dio. Noi abbiamo paura del silenzio, dato il nostro modo di vivere. Al silenzio spesso, se siamo superficiali, non troviamo senso, non capiamo che il silenzio ha il suo proprio contenuto. Il silenzio toglie condizionamenti, rompe i limiti, centra l’attenzione e l’amplia: come una lunga marcia per ritornare al mondo concreto di vita, di azione e di pensiero. La preghiera del cuore è “pregare dal silenzio”. Il silenzio ci permette di scoprire la nostra profondità, ed in essa Dio, di capire le motivazioni, di liberare e purificare la carica del nostro inconscio che si è accumulata, di riconquistare la calma, distruggere l’ansietà, la paura ed il timore che governano gran parte della nostra vita. Il silenzio è una solitudine che unifica.Amare e lasciarsi amare
È un cammino con cuore oltre ad essere un cammino del cuore e verso il cuore. Rimanere nell’amore è rimanere aperti. E l’uomo cresce nella misura in cui si apre in un amare e lasciarsi amare. Nel nostro pellegrinaggio interiore non siamo soli. È Dio che ci spinge, è Dio che ci invita; è Dio che ci conduce, è Dio che ci “dimentica”. La preghiera del cuore è amore e l’amore deve sempre crescere se è autentico amore. L’efficacia del nostro lavoro interiore dipende principalmente da questa docilità, da questa fede, e dal lasciarci trasportare dall’onda della Vita anche quando ci sembra che non ci sia via d’uscita. Amico, armonizzati! Trova la tua nota e falla risuonare forte e chiara, perché sei parte della vasta orchestra della vita. Apri la tua mente e il tuo cuore al flusso divino che desidera solo vedere spalancate le porte del tuo cuore.
Dell’Autrice segnaliamo:
Ama e lasciati amare
Appunti di viaggio, Roma 1994, pp. 148