quarta-feira, 17 de abril de 2013

Vaticano II. Un microfono chiuso silenzia il card. Ottaviani. È l'inizio del "nuovo corso".



Vaticano II. Un microfono chiuso silenzia il card. Ottaviani. È l'inizio del "nuovo corso".

Nel suo articolo di oggi Rorate Caeli ci offre l'occasione di rispolverare avvenimenti ed aspetti del Concilio Vaticano II, mettendo in risalto una intervista con Mons. Gherardini: un testimone oculare riporta un semplice fatto che, da solo, mostra più di tante argomentazioni, quanto quello che Gherardini chiama gegen-Geist (contro-spirito) fosse presente già prima del Concilio, affermandosi grazie ad esso.
Trascrivo il testo di Rorate e, di seguito, una interessante recensione del Libro di mons. Gherardini Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, nel quale è riportato l'episodio, insieme ad altre considerazioni che completano il discorso, che merita di essere ulteriormente approfondito. Cosa che non mancheremo di fare.

Controllo del microfono al Vaticano II
Una delle questioni centrali riguardanti l'attesa di un accordo tra il Vaticano e la Fraternità San Pio X è il peso del Concilio pastorale Vaticano II ed i suoi documenti. Robert Moynihan, nel suo rapporto sui negoziati, scrive di una visita a monsignor Brunero Gherardini , che ha partecipato al Concilio e vive in Vaticano. Quest' apertura di sguardo pareggia i conti riguardo al Cardinale Alfredo Ottaviani, che ha guidato quella che oggi è la Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1959 al 1968. Vale la pena di una lettura veloce. Il Cardinale Ottaviani, senza microfono, fu poi co-autore del più credibile appello fatto a Paolo VI sulla questione liturgica.
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Ogni volta che penso al Concilio, dice [mons. Gherardini], ho sempre una immagine nella mia mente: l'anziano cardinale Alfredo Ottaviani, ormai cieco, intorno agli 80 anni, zoppicante, capo del Sant'Uffizio, e così il primo ufficiale della dottrina della Chiesa, nato a Trastevere da genitori con molti figli, per cui un romano di Roma, dal popolo di Roma, prende il microfono per parlare ai 2.000 vescovi riuniti.
E, mentre egli parla, chiedendo ai vescovi di prendere in considerazione i testi della curia per la preparazione dei quali ha speso tre anni, improvvisamente il suo microfono è stato spento. Egli continuava a parlare, ma nessuno poteva sentire una parola. Poi, perplesso e turbato, smise di parlare, confuso. E i padri riuniti cominciarono a ridere, e poi a tifare ...
"", ha detto Gherardini. "Ed è stato solo il terzo giorno."
"Cosa?" Ho detto.
"il microfono Ottaviani è stato disattivato il terzo giorno del Concilio."
"Il terzo giorno?" Ho detto. "Io non lo sapevo. Ho pensato che fosse accaduto più tardi, nel novembre, dopo che il gruppo progressista divenne più organizzato ..."
"No, era il terzo giorno, 13 ottobre 1962. il Concilio ha avuto inizio l' 11 ottobre."
"Sapete chi ha spento il microfono?"
"Sì," ha detto. "E' stato il cardinale Liénart di Lille, in Francia."
"Ma allora", dissi, "si potrebbe quasi dedurre, forse, che un tale scorretto annullamento del protocollo, rendendo impossibile per Ottaviani sostenere le sue argomentazioni, in qualche modo spiega quello che è venuto dopo, beh, in un certo senso, improprio ..."
"Alcuni sostengono questo argomento," rispose Gherardini.


Qualche notazione su “Il concilio Vaticano II. Il discorso mancato”
[
Noi ne abbiamo già parlato qui]

Questo nuovo pamphlet, sempre in linea con i precedenti, fa seguito al volume “Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare”, definito dall’autore stesso “un appello a chi decide gli orientamenti della Chiesa cattolica, oltre che ai non pochi opinion’s makers i quali, per motivi diversi, talvolta anche discutibili, determinano gli orientamenti del variegato mondo culturale. Un appello perché, a quasi cinquant’anni dall’evento conciliare, si ponesse fine alla sua acritica celebrazione e si sottoponessero i suoi documenti ad un’analisi finalmente libera dall’apriorismo celebrativo ad ogni costo”.

Avendo già esaminato le varie questioni inerenti alla continuità del concilio Vaticano II con la Tradizione, l’autore focalizza l’attenzione sullo spirito con cui iniziò il concilio. Partendo da un punto di vista condiviso, con l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Card. Ratzinger, circa l’esistenza di un contro-spirito, un Gegen Geist, che abbia stravolto il Concilio, l’autore si domanda se le responsabilità siano tutte nel post-concilio oppure se i semi del “contro” possano già ravvisarsi nel concilio stesso.
Il primo “contro”, la prima rottura, può individuarsi, secondo Gherardini, nel rifiuto degli schemi preparatori al Concilio.
“Soprattutto agl’inizi, il dibattito conciliare fu vivace e non raramente rissoso, irrispettoso e perfino spietato, come quando al venerando cardinal Ottaviani, nel corso della sua appassionata difesa della Messa tradizionale, allo scoccare del regolamentare quindicesimo minuto fu spento il microfono e tolta la parola. A quel punto, il Concilio già procedeva per la sua strada: in dichiarata rottura con il secolare magistero, riassunto ed attualizzato negli schemi contestati, ed in piena apertura a metodologie non teologiche, mentalità dialogica, accantonamento d’ogni steccato, disponibilità per il compromesso, con la presunzione che nessuno – dunque, neanche la Chiesa – possedesse la verità: tutta e su tutto. Si stava già operando un capovolgimento che, con l’andare del tempo, si sarebbe fatto sempre più netto: la teologia diventava antropologia ”.
L’apertura indiscriminata al mondo, alle sue ragioni e filosofie, aveva tolto di mezzo la filosofia di S. Tommaso, cercando di conciliare la filosofia esistenzialista con la filosofia dell’essere, su cui tutta la dottrina cattolica si poggia.
“Non so se proprio tutt’i Padri conciliari se ne rendessero conto, ma, obiettivamente parlando, il loro strappo dalla secolare mentalità che, fin a quel momento, aveva espresso la motivazione di fondo della vita, della preghiera, dell’insegnamento e del governo della Chiesa, stava riproponendo la mentalità modernista, contro la quale san Pio X aveva preso netta posizione nell’intento di «ricentrare tutto in Cristo» (Ef 1,10). Anche questo, questo anzi in modo particolare, è gegen-Geist ”.
Tale Gegen Geist, secondo l’autore, si è poi manifestato anche nella dichiarazione Nostra Aetate, in cui,
“pervertendo però il senso di Rm 11,17-24” si sarebbe riesumata la Antica Alleanza, senza scorgere “ nel costante rifiuto di Cristo [..] nessuna controindicazione alla permanenza degli ebrei, carissimi a Dio», nella realtà salvifica dell’Alleanza ”.
Facendo eco al suo libro “Quale accordo tra Cristo e Beliar” (Fede e Cultura), aggiunge:
“Potrei continuare con questi «e», ma non apporterei elementi nuovi circa i rapporti idilliaci che il Vaticano II stabilì con il mondo ebraico, ignorando sul piano teologico ciò ch’esso pensa di Cristo, di Maria e del cristianesimo in genere, e sul piano storico il rilievo di sant’Ignazio d’Antiochia sull’incoerenza dei cristiani che giudaizzano. Se poi allargo l’osservazione a quanto Nostra ætate dichiara sulle altre religioni (2-3), mi diventa assolutamente impossibile trovarci la continuità col passato solo perché tutte le religioni si rivolgon al medesimo Dio. Se una religione considera poco più poco meno che idolatria rivolgersi a Dio in Cristo, diventa assurdo il solo pensiero d’un suo possibile rapporto con la Chiesa cattolica. Nel cui nome, però, il Vaticano II dichiarò il detto rapporto non possibile, ma già in atto, condannando a morte, praticamente, la realtà delle cose e lo stesso spirito missionario”.
Infine, alla domanda su cosa sia il Concilio Vaticano II e su come ci si debba relazionare, Gherardini risponde che
“quanto al Vaticano II, sarebbe assurdo negargli il carattere di magistero conciliare, quindi solenne, non ordinario, perché in tal caso si negherebbe il Concilio stesso. [..]Occorre, tuttavia, distinguere la qualità dei suoi documenti, perché il carattere solenne del loro insegnamento né li mette tutti su un piano di pari importanza, né comporta sempre di per sé la loro validità dogmatica e quindi infallibile ”.
A sostegno della sua tesi, l’autore ricorda il discorso del segretario di Papa Roncalli, Mons. Felici: “Tenuto conto dell’uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la Fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali. Le altre cose proposte dal Concilio, in quanto dottrina del Magistero supremo della Chiesa, tutti e singoli i fedeli devon accettarle e ritenerle secondo lo spirito dello stesso Concilio, il quale risulta sia dalla materia trattata, sia dalla maniera in cui s’esprime, in conformità alle norme dell’interpretazione teologica”. Spiega Gherardini:
“In pratica, in nessuna delle sue quattro Costituzioni il Vaticano II «definisce come obbliganti per tutta la Chiesa» i propri pronunciamenti dottrinali; in questi è senz’alcun dubbio assente l’intento dogmatico-definitorio che dovrebbe renderli tali, mancando come dottrina propria e specifica del Vaticano II «la materia trattata e la maniera di trattarla». Per contro, soprattutto nella Lumen gentium e qua e là anche altrove, alcune formule classiche, inserite come massi erratici in contesti sicuramente non dogmatici, riecheggiano la modalità dogmatica del precedente Magistero: «Insegniamo, questo Santo Sinodo insegna, proclamiamo». Forse che, con un modo d’esprimersi come questo, il Vaticano II si contraddice? Sicuramente no. Si tratta, infatti, di far capire anche ai non addetti ai lavori che, nonostante tutto, si è dinanzi ad un dettato conciliare, proveniente dal Magistero supremo, da «accoglier e ritenere secondo lo spirito del Concilio stesso». [...] Quanto alle formule di tipo classico presenti nei documenti conciliari e poco sopra rievocate, va tenuto presente ch’esse: – tentano la saldatura del Vaticano II con il Magistero conciliare precedente; – non effettuano la canalizzazione di nuove definizioni e nuovi dogmi nel patrimonio della Fede cattolica; – o più semplicemente riflettono sul Vaticano II una classica tonalità conciliare in funzione promozionale della sua qualità conciliare.”
Per quanto riguarda la
“ riesumazione , da parte del Vaticano II, di dogmi precedentemente definiti[..] in tutti i contesti contenenti, per formale o materiale adesione, una verità dogmaticamente definita, il Vaticano II ne assume di riflesso il valore dogmatico irriformabile infallibile. Ciò non comporta che tutto il Vaticano II sia effettivamente tale e che tale debba esser universalmente riconosciuto; ma che tale è semplicemente ed esclusivamente nella dogmaticità irriformabilità ed infallibilità dei dogmi citati”.
“Nonostante la necessità di ricorrer alla chiarezza per dir le cose come stanno, resta il fatto che il Vaticano II è un Concilio autentico, il cui insegnamento e le cui innovazioni, pur in assenza di valore dogmatico, costituiscono un innegabile magistero conciliare, e quindi supremo e solenne”.
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[Fonte: www.gamroma.it]