Forse non è canonicamente valida la rinuncia di Papa Benedetto
Oggi Antonio Socci rilancia, sulla sua pagina Facebook, il tema di cui al precedente
articolo Chi ha spinto Papa Benedetto a mollare e perché.
Nel frattempo, Andrea Tornielli, invece, la butta su Ratzinger e ratzingeriani, come se si trattasse di partigianeria o faziosità e dalla sua visuale ristretta e vatican-dipendente, non coglie che non si tratta di Ratzinger versus Bergoglio, ma delle sorti della Chiesa e del Papato.
Pubblico di seguito il testo odierno di Socci:
Nel frattempo, Andrea Tornielli, invece, la butta su Ratzinger e ratzingeriani, come se si trattasse di partigianeria o faziosità e dalla sua visuale ristretta e vatican-dipendente, non coglie che non si tratta di Ratzinger versus Bergoglio, ma delle sorti della Chiesa e del Papato.
Pubblico di seguito il testo odierno di Socci:
Il “ritiro” di Benedetto XVI – un anno dopo –
si tinge di giallo. Perché emergono “dettagli” che impongono di interrogarsi
seriamente sulla sua effettiva validità canonica.
Parto da ciò di cui io stesso sono stato
testimone personale. Nell’estate del 2011 ricevo da fonte certa la notizia:
Benedetto XVI ha deciso di dimettersi e lo farà dopo aver compiuto gli 85 anni,
cioè dall’aprile 2012.
Scrissi tutto su queste colonne il 25 settembre
2011. Fui seppellito da una valanga di risposte sprezzanti sia dall’entourage
vaticano che dai vaticanisti. Arrivati alla primavera 2012 qualcuno dei
vaticanisti fece ripetutamente notare che la mia previsione non si era
realizzata.
Io risposi che si era in pieno nella tempesta
di Vatileaks e per quella ragione il Papa non si era ancora dimesso. Infatti
l’11 febbraio 2012, appena chiuso il caso Valileaks, Benedetto XVI comunica il
suo clamoroso ritiro (si era sempre nel suo 85° anno).
Tuttavia ancora ieri i rosiconi di “Vatican
Insider” scrivevano: “Nel corso degli anni, sui giornali italiani, Antonio Socci
e Giuliano Ferrara parlarono, con motivazioni diverse, dell’ipotesi che Joseph
Ratzinger si dimettesse. Nessuno, a ogni modo, seppe prevedere la
tempistica”.
A parte il fatto che la mia era una notizia,
mentre l’articolo di Ferrara, uscito mesi dopo, era una sua riflessione
culturale, nel mio articolo la tempistica era molto ben definita.
LA CONFERMA DI BERTONE
Inoltre ieri il cardinale Bertone, con una
intervista al “Giornale”, ha rivelato: “Il Papa aveva maturato la decisione da
tempo, me ne parlò già a metà del 2012”.
Poi decise di ritardare un po’ la comunicazione
per le tante tempeste che erano in corso. Ma la decisione era stata presa per
l’aprile 2012. Proprio come avevo scritto.
A questo punto mi sono chiesto come facevano
quelle mie fonti a sapere con certezza tutto questo già nell’estate del 2011,
due anni prima? Chi e perché era in grado di conoscere una cosa simile?
O qualche persona molto vicina al Papa, oppure
qualche gruppo di persone che l’aveva con lui “patteggiata” e ottenuta. Ebbene,
nell’estate 2011 le persone vicine al Papa non lo sapevano. Dunque ci sono state
forze che hanno voluto e premuto per quella decisione fino a “strappargli” una
data?
COMPLOTTO ?
Non credo che sia un’esagerazione complottista
perché, oltre ai fortissimi attacchi esterni, che hanno connotato il suo
pontificato, Benedetto XVI è stato avversato in modo durissimo fin dall’inizio
all’interno del mondo ecclesiastico: è evidente dal documento con cui un gruppo
di cardinali anonimi, subito dopo il Conclave del 2005, ha infranto il
giuramento sul Vangelo diffondendo un presunto Diario delle votazioni che
delegittimava Ratzinger e in pratica gli lanciava il segnale di mollare.
Prefigurando subdolamente dei fatti che poi si sono davvero realizzati.
Quella delegittimazione pubblica di un papa
appena eletto, da parte di cardinali spergiuri, nascosti dietro l’anonimato, non
ha eguali nella storia moderna della Chiesa.
E’ possibile pensare che da lì si sia dipanata
tutta una strategia ostile che evidentemente puntava proprio alle dimissioni del
Papa. Nel libro “Attacco a Ratzinger”, del 2010, Andrea Tornielli e Paolo
Rodari, riportano la dichiarazione di un importante cardinale che, dopo il
Conclave del 2005, disse di papa Benedetto: “due o tre anni, non durerà più di
due o tre anni” (e “lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani,
come per minimizzare”).
INQUIETANTE APPUNTO
Va ricordato anche l’inquietante “appunto”
consegnato a Benedetto XVI il 30 dicembre 2011 dal cardinale Dario Castrillòn
Hoyos, nel quale si riferivano le cose che un altro cardinale, Paolo Romeo,
arcivescovo di Palermo, nel novembre 2011, avrebbe detto ad alcune persone in
colloqui avuti a Pechino.
Il Cardinale Romeo, secondo l’estensore del
rapporto, avrebbe “aspramente criticato papa Benedetto XVI”. Infine “sicuro di
sé, come se lo sapesse con precisione il Cardinale Romeo ha annunciato che il
Santo Padre avrebbe solo altri dodici mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in
Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12
mesi”.
Tale documento uscì poi sulla stampa nel
febbraio 2012 e fece scalpore, ma fu subito dimenticato, anche dai media (sempre
superficiali). Declassato a chiacchiera di qualche svagato che aveva frainteso
tutto, immaginando attentati e cose simili.
Di certo quel rapporto aveva aspetti strani, ma
alla luce di ciò che è davvero accaduto nei dodici mesi successivi, si può dire
che era proprio casuale che fosse prevista con certezza l’uscita di scena di
Ratzinger?
Di sicuro, con tutto questo oscuro subbuglio di
Curia, appaiono poco credibili oggi dichiarazioni come quella fatta a caldo, al
momento delle dimissioni del papa, dal cardinale Sodano: “Un fulmine a ciel
sereno”.
Sodano – che era Segretario di Stato nel 2005 e
fu sostituito da Benedetto XVI nel 2006 - è poi colui che, come decano del Sacro
Collegio, ha gestito il nuovo Conclave del 2013. E resta l’uomo forte della
Curia.
IL GIALLO
La vicenda delle dimissioni di papa Benedetto è
sempre più misteriosa. E pure imbarazzante. Non a caso, per l’anniversario del
ritiro, si sono lette cose surreali, come la dichiarazione del cardinale Cottier
che ad “Avvenire” ha detto: “Con molta lucidità egli ha misurato le proprie
forze e il lavoro da fare. E ha deciso che non si può forzare la
Provvidenza”.
Restare al suo posto sarebbe stato “forzare la
Provvidenza”? E in quale bignami della teologia sarebbe scritta una simile
castroneria, offensiva per papa Benedetto e pure per la Provvidenza, che non è
ritenuta in grado di guidare le vite umane? Forse che il Conclave del 2005 andò
contro la Provvidenza?
Eccoci dunque davanti alla domanda cruciale:
quella sulla “rinuncia” di Benedetto XVI. L’11 febbraio 2013 egli l’annunciò
solennemente “ben consapevole della gravità di questo atto, con piena
libertà”.
Non è ammissibile dubitare delle sue parole,
quindi il suo fu un gesto libero. Tuttavia per ottenere una decisione in tal
senso si può premere in molti modi. Non necessariamente con un’imposizione
diretta.
C’è chi ha avanzato l’ipotesi che il Papa abbia
sentito ventilare eventi catastrofici per la Chiesa che, in cuor suo, riteneva
di poter scongiurare facendosi da parte. In questo caso avrebbe preso
liberamente la sua decisione, ma quanto sarebbe valido il suo ritiro?
Il problema della validità canonica delle sue
dimissioni è enorme. L’invalidità infatti – secondo alcuni canonisti – non
riguarda solo il caso di costrizione, ma è da discutere anche in altri
casi.
Per esempio ci si può domandare se il Pontefice
in cuor suo ha messo nella decisione il concorso della volontà, cioè se si è
ritirato – oltreché esteriormente – anche interiormente.
Sembra una questione aleatoria, ma nelle cose
di Dio il cuore, che Lui solo vede, è determinante.
Infatti perfino per i sacramenti è necessario
questo requisito. Nella consacrazione dell’eucaristia ci vuole materia, forma e
intenzione: se manca anche solo uno di questi elementi il sacramento è
invalido.
Per esempio se manca l’intenzione interiore del
sacerdote di consacrare, se egli formula le parole, ma non ha l’intenzione di
consacrare, la consacrazione non è valida.
Benedetto XVI si è ritirato anche
interiormente?
Oltre al linguaggio delle parole c’è quello dei
gesti. Quello che vediamo è che ha scelto di continuare a stare “nel recinto di
Pietro”, di vestire in abito bianco, di definirsi “papa emerito” e di continuare
a chiamarsi Benedetto XVI (si firma così).
Inoltre ha rifiutato il cambiamento del suo
stemma che lo riportava a cardinale, tenendo ancora quello con le chiavi di
Pietro. Il Vaticano ha fatto sapere che Benedetto “preferisce non adottare un
emblema araldico espressivo della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia
al Ministero Petrino”.
Sappiamo che nella Chiesa c’è anche il
“magistero tacito” . Forse questo è il caso. E di certo Benedetto è in accordo
con Francesco. Un bel mistero.
Antonio Socci
Da “Libero”, 12 febbraio 2014