Il pensiero debole di Papa Francesco
Nostro Signore, nel cammino del Calvario, raccomanda a Pietro di rafforzare i fratelli nella Fede (Lc. 22, 32). Mi sforzo pertanto di capire, e non ci riesco, come questo essenziale compito di conferma nelle cose di Dio possa essere aiutato dall'ingiunzione che papa Bergoglio ha dato ieri ai vescovi italiani. L'insegnamento della dottrina, intima il papa argentino, deve abbandonare il suo 'fondamentalismo' e suscitare invece 'domande, dubbi, interrogativi', rigettando la tentazione dello gnosticismo inteso come 'ragionamento logico e chiaro', che Bergoglio condanna. Come se in giro per le strade della Penisola vedessimo ogni giorno processioni di flagellanti, sermoni scolastici di domenicani inflessibili e roghi di eretici; e non, invece, fin troppi dubbi e interrogativi sulla religione, tanto che - scriveva Benedetto XVI - la fiaccola stessa della Fede si sta spegnendo in Occidente, sballottata dalle onde relativistiche di ogni vento di dottrina.
Sarò grato anche a chi saprà spiegarmi che c'entri in tutto ciò il pelagianesimo vituperato dal papa, dato che Pelagio negava il peccato originale e la necessità della Grazia per la salvezza, ma non ha mai sostenuto che una ferma fede fosse sufficiente. Idem per lo gnosticismo, di cui tutto si può dire tranne che fosse, come lo definisce il papa per criticarlo, un ragionamento logico e chiaro.
Ecco un estratto del lungo discorso di ieri a Firenze (sottol. ns.).
Enrico
L’ho detto più di una volta e lo ripeto ancora oggi a voi: «preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti».
Però sappiamo che le tentazioni esistono; le tentazioni da affrontare sono tante. Ve ne presento almeno due. Non spaventatevi, questo non sarà un elenco di tentazioni! Come quelle quindici che ho detto alla Curia!
La prima di esse è quella pelagiana. Essa spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata. E lo fa con l’apparenza di un bene. Il pelagianesimo ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito.Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo
La riforma della Chiesa poi – e la Chiesa è semper reformanda – è aliena dal pelagianesimo. Essa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività.
La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e per questo, a volte, inquietante. Assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa. E, incontrando la gente lungo le sue strade, assuma il proposito di san Paolo: «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22).
Una seconda tentazione da sconfiggere è quella dello gnosticismo.Essa porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. Il fascino dello gnosticismo è quello di «una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti» (Evangelii gaudium, 94). Lo gnosticismo non può trascendere.
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Che niente e nessuno vi tolga la gioia di essere sostenuti dal vostro popolo.Come pastori siate non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi. Puntate all’essenziale, al kerygma. Non c’è nulla di più solido, profondo e sicuro di questo annuncio. Ma sia tutto il popolo di Dio ad annunciare il Vangelo, popolo e pastori, intendo. Ho espresso questa mia preoccupazione pastorale nella esortazione apostolica Evangelii gaudium.
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La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia.