Discese agli inferi
(don Divo Barsotti Triduo Pasquale a Desenzano 1987)
Che cos’è questo Descendit ad inferos? Anche qui noi dobbiamo comprendere davvero; perché nel dire Descendit ad inferos pensiamo ad un luogo, e invece il paradiso, come l’inferno, è uno stato, stato di un’anima. Descendit ad inferos ci dice la profondità dello spirito umano. Molto più profondo di ogni profondità di carattere spaziale, di carattere fisico, è l’abisso del cuore; come dice Geremia. Te lo ricordi Geremia?
Chi può investigare il cuore…, e’ così profondo che ci si smarrisce! (Ger 17.9-10). Vi ricordate quello che dice la lettera agli Efesini? Con la sua morte, liberato dal corpo e assumendo il corpo glorioso, Egli si fa intimo a ciascuno: habitare Christum per fidem in cordibus vestris... (Ef 3, 17). Vi abita: non un’immagine ma Lui, il Verbo incarnato e gloriosamente risorto. Egli abita in noi. Quando santa Teresa di Gesù, quando san Giovanni della Croce parlano di un discendere nel centro dell’anima, nel fondo dell’anima - come dice l’Eckhart - loro dicono ‘incontrare’ Dio. Ma si incontra realmente Dio? Dio come tale rimane inaccessibile oggi e domani, secondo i Padri greci. Ma noi si accede a Cristo, noi ci si unisce a Cristo; ed Egli discese così nel profondo che bisogna che discenda anch’io, e allora mi ritrovo col Cristo.
Vorrei che voi aveste una intuizione sulla profondità dell’essere, dell’essere creato, dell’essere umano. Si è detto nei giorni passati che Dio ci ha creato con una capacità di accogliere Dio, perché ci ha creato proprio per potersi donare. Ma se si doveva donare, bisogna che noi siamo un recipiente che lo accoglie, non vi sembra? Ecco, ecco la grandezza dell’uomo, la profondità dell’essere umano. E’ tale l’abisso dell’uomo, che Dio solo può riempirlo di Sé. Certo che Dio trascende anche l’uomo, come trascende tutta la creazione. Tuttavia rimane vero che, se Dio trascende l’uomo, nessuna creatura però può mai riempire il vuoto di un’anima, può veramente colmare l’abisso del cuore umano. L’uomo è una profondità che non soltanto Dio solo conosce, ma che Dio solo può riempire. E noi sappiamo tutto questo solo attraverso un cammino di perfezione. Attraverso un cammino di perfezione, noi sempre più prendiamo coscienza di una profondità dell’essere, di una immensità dell’essere, in senso puramente negativo. Perché è un immensità che si apre in una disponibilità ad accogliere l’immenso positivo che è Dio. Noi siamo creature che attendono una loro realizzazione, perché siamo creati proprio per accogliere Dio. E vi è una certa proporzione tra l’essere creato e Dio, dal momento che Egli ci ha fatto per sé. Vedete come - si diceva nei giorni passati ma lo si deve ripetere stasera - come quello che è visibile è quasi nulla nei confronti di quello che è invisibile. Si vive così superficialmente, è una cosa spaventosa: pensare che siamo creati per Iddio e ci contentiamo di mangiare le noccioline; siamo creati per Iddio e al massimo pensiamo allo stipendio, che ci aumentino per esempio di centomila lire lo stipendio mensile. Siamo così stolti, siamo così poveri, siamo così meschini! Dio è veramente il partner dell’uomo. Ci rendiamo noi conto di tutto questo? Come viviamo in superfice! E proprio perché viviamo in superfice anche conosciamo turbamenti, conosciamo ansietà… Il mare, tu lo conosci? Conosci meglio le montagne, ma conosci anche il mare. Bene, se tu scendi nel mare, sotto i 100 metri, trovi la tempesta? Tutto rimane calmo. Così anche per l’uomo: nella misura che veramente discende nel suo fondo, trova la pace. Ma quanto più discendi, tanto più tu sei nella condizione di incontrarti col Cristo che abita in te. E quando ti sarai incontrato col Cristo che abita in te, allora tu vivrai la tua unione perfetta con Lui. Nella misura che discendi, ecco, Egli ti riempie. Quanto più tu avrai raggiunto il fondo, tutto in te sarà Lui, e la tua vita sarà la vita del Cristo. Guarda che sono sapienti le parole di Paolo: “Vivo io, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). Dunque l’io sussiste, ma chi vive è il Cristo. La persona non vive una sua vita propria. Tu non hai una volontà propria, una tua vita propria. La vita di tutti quelli salvati è la vita del Cristo. Certo, mentre ogni Persona divina è tutta la vita di Dio, non ogni cristiano vive tutta la vita del Figlio di Dio. Maria Santissima vive tutta la vita del Cristo come salvatore del mondo. Nessun’altra creatura vivrà totalmente la vita del Cristo. Ma nella misura in cui vivi con Lui, vivi una sola vita, la Sua vita. Ma rimani tu: “vivo ego iam non ego”, ma l’io rimane. Non vivrai tu, ma tu rimani. Perché tu vivi la Sua vita, la vita del Corpo che è il Cristo.
Miei cari fratelli, che cos’è allora questo Descendit ad inferos? Vedete, la discesa agli inferi non è una discesa in un luogo. E’ la discesa per Lui, che finalmente è divenuto Corpo spirituale - che cosa voglia dire questo... domandatelo a Matteo che studia teologia -. Il Corpo spirituale può veramente farsi intimo ad ognuno di noi. Con la Sua resurrezione Egli non è più condizionato dal tempo e dallo spazio. Fintanto che viveva quaggiù, è venuto mai a Bologna? Non poteva venire a Bologna, a quel tempo lì, gli ci volevano mesi e mesi per arrivarci, e non ha fatto mai questo viaggio. Se era in un luogo, non era in un altro. Se viveva in un tempo, non viveva in un altro, fintanto che viveva una carne passibile, come vivi tu, quaggiù. Ma una volta risorto, liberato dai condizionamenti dello spazio e del tempo, Egli si fa immanente, come ogni Persona divina è immanente nell’altra persona. Il Padre è tutto nel Figlio, il Figlio è tutto nel Padre, così il Cristo, tutto, è in Matteo. Non so se Matteo è tutto nel Cristo. Penso che qualche pensiero sfugge qualche volta da Dio, qualche sentimento sfugge qualche volta da Dio. Ma che il Cristo totalmente tutto si faccia presente a ciascuno: ecco la resurrezione. La resurrezione vera del Cristo è questo Corpo spirituale per il quale non ci sono più condizionamenti. Voi sapete quello che vi ho detto altre volte, le apparizioni del Cristo risorto sono giochetti, perché che gloria è quella del Cristo se non lo riconoscono nemmeno? Le apparizioni sono dei particolari mezzi che ha voluto usare il Cristo risorto per rendere sicuri della sua resurrezione gli apostoli che avevan perduto la fede. Una volta che hanno riacquistato la fede, finalmente gli apostoli vivranno con Cristo il vero rapporto, un vero rapporto. Non è più un rapporto con lui che mangia il favo di miele o che entra nel Cenacolo. Se entra nel Cenacolo allora non era più in un altro posto. No. Egli è in ciascuno di noi. Come nelle particole consacrate. Quante particole consacrate ci sono a Rovigo? E pensa un po’, ce n’è tante anche a Venezia, e perfino a Firenze... Quanti sono questi Cristi? Uno solo. Ma non è più condizionato dallo spazio: Egli è la Presenza. Presenza per quanto riguarda ogni persona, Presenza in ogni persona, perché la Presenza suppone questo. Se si parla della Presenza del Cristo come presenza di contiguità, è una presenza da ridere. Che presenza è, la presenza realizzata nello spazio? Dove ci sono io non ci sei tu. E’ un presenza di continuità che in fondo è un’assenza. Un’assenza sul piano locale, sul piano del corpo. E tanto meno presenza sul piano spirituale. Perché non sono presente, l’ho detto tante volte, nemmeno a me stesso. Come faccio a essere presente a me stesso? Dov’è Guglielmo di ieri? C’è? Piglialo se ti riesce. I tuoi pensieri di ieri, i tuoi sentimenti di ieri, anche se li ricordi, non hanno più quell’intensità, non hanno più quella presenza che hanno ora i tuoi pensieri. Vivendo nel tempo e nello spazio, siamo assenti gli uni dagli altri, assenti in noi stessi. La presenza del Cristo invece è qualcosa che trascende tempo e spazio, ed è veramente il fondo stesso dell’essere nostro.
Pertanto vedete, quanto più si discende nel fondo, tanto più realizziamo noi stessi. Perché la realizzazione di noi, in che cosa consiste se non in quello che è il raggiungimento del fine per il quale Dio ci ha creati? E il fine per il quale Dio ci ha creati non è il possesso di Dio? E il possesso di Dio non può avvenire per noi se non precisamente in quanto siamo assunti dal Cristo e il Cristo diviene la nostra medesima vita? Descendit ad inferos: che vuol dire questo discendere del Cristo nel fondo di ogni anima umana. La tomba siamo noi. L’Inferno è la profondità del nostro spirito. Perché non esiste un inferno indipendentemente dal dannato e non esiste il Paradiso indipendentemente dal santo. Non è che il Paradiso si trovi lassù e l’Inferno si trovi quaggiù. L’Inferno sei tu. Il Paradiso sei tu. Il Paradiso, se Dio ti riempie di Sè. L’Inferno, se nel rifiuto di ogni amore tu rimani pura volontà di rifiuto.
Ma quello che il dogma ci insegna, se lo approfondiamo, acquista una tale grandezza e la vita cristiana una tale drammaticità… che si rimane davvero senza fiato. Noi veramente abbiamo immiserito il cristianesimo in un modo spaventoso. Se noi vivessimo davvero il mistero cristiano! Ma vi dicevo nei giorni passati, e dobbiamo crederci - la differenza che esiste fra quello che è visibile nell’uomo, e quello che è invisibile, è uguale alla differenza che esiste tra le specie del pane e la presenza reale del Cristo. Se io credo… - ci credo? Non lo so. Dillo tu, Luciano, ci credi? -, ma se credo davvero che Dio mi ama… ma che volete che sia se anche mi fanno Papa: è un gioco qualunque! Un gioco anche piuttosto stupido perché oltretutto mi tocca mettermi qualcosa sul capo.
Dobbiamo credere questo. Se noi crediamo, appare davvero la grandezza, la profondità del cuore umano. Appare davvero quanto sia incomprensibile, veramente incomprensibile, la vita dell’uomo. Si vive la nostra piccola vita, e ci sembra di vivere una vita anche, tante volte, abbastanza cristiana, perché magari si fanno cinque ore di adorazione al giorno..., ne puoi fare anche due. Molto più che in queste 5 ore di adorazione ci sono alcune distrazioni, qualche volta non si riesce a vincere una certa ebetudine, insomma, una certa incapacità di raccoglimento, una certa incapacità di impegnarci. Si vorrebbe fare e si sente di non riuscire a svegliarci da un certo torpore… Vi viene mai? Che cos’è...? Sotto questa povertà umana, anzi in questa stessa povertà umana, viviamo una grandezza incommensurabile. Perché lo sforzo che fai, anche se non ti riesce liberarti da questo per unirti a Dio… Quale peso può avere? Non lo so. Lo vedrai domani. Lo conoscerai domani. C’è veramente questa distanza quasi infinita tra l’atto che tu poni sul piano del tempo, sul piano dei rapporti sociali, e la realtà di quella dimensione che ha il tuo atto, in quanto il tuo atto tocca Dio. Quando il tuo atto ha un riferimento a Dio…. se ha un riferimento a Dio, come il peccato: secondo la teologia, ha sempre una dimensione di infinito, non in se stesso perché è atto umano, ma in quanto tocca Dio, lo offende. Così anche in un atto di grazia. Anche la minima volontà di svegliarci dal sonno per essere uniti a Lui.
Questo Descendit ad inferos dobbiamo capire che è questo. E’ Dio che non solo discende nell’Inferno per Adamo, discende nel fondo di ogni anima. E vi dimora per sempre. Perché se poi ascende, porta con sé ogni anima nella quale è disceso. Una volta che è disceso in te, Egli non va più via, sei tu che lo mandi via se vuoi. Ma se è in te, rimane. E se Lui rimane, rimane come figlio di Dio che è nel seno del Padre. Sicché alla discesa corrisponde l’ascesa. Nella misura che Egli discende in te, tu sali invece con Lui nel seno di Dio.
Che cos’è la vita cristiana? Un’enstàsi e un’èsatasi! Cioè un entrare nel fondo, un precipitare nel fondo, e un essere, nella misura che scendi nel fondo, portato su. E’ come un rimbalzare: tu scendi giù nel fondo, e da questo fondo il Verbo ti solleva fino nel seno di Dio. E’ estasi, in una pace infinita. E’ un precipitare nel fondo e un volare, un’ascendere fino a Dio. Pensate un po’: Dio solo può discendere fino nel fondo dell’uomo. Ed è precisamente nella misura che Egli discende in noi che noi abbiamo la percezione della abissale profondità dello spirito umano. Qualche volta si ha questa impressione nell’avvicinarsi a dei santi oppure a dei grandi uomini. Nei confronti della vita interiore di tante anime grandi, soprattutto dei santi, noi sentiamo la nostra piccolezza, sentiamo la nostra povertà, sentiamo la nostra mediocrità. Ma questa mediocrità e povertà nostra, da che cosa dipende? Dal fatto che viviamo, lo dicevo prima, una vita superficiale. Non abbiamo mai preso coscienza di quello che siamo. Non soltanto non conosciamo gli altri, non conosciamo noi stessi. Viviamo così alla superficie una vita che veramente è quasi un nulla. Ed è qui la grandezza della vita spirituale, anche sul piano naturale. Perché la vita spirituale ci impegna a prendere coscienza di noi stessi, mentre molto spesso gli uomini si lasciano vivere: vivono il lavoro, vivono l’amore umano… vivono piuttosto una vita istintiva che una vita pienamente cosciente. Una vita istintiva, piuttosto che una vita in cui c’è una esercizio continuo di una libertà impegnata. Si lasciano vivere, si lasciano portare dagli avvenimenti, si lasciano dominare dai condizionamenti propri della loro situazione storica, umana…: vivono ben poco. Ma se realizzano poco la loro natura umana, tanto meno si realizza la nostra vocazione cristiana. Noi siamo realizzati da un unico rapporto nel nostro fine ultimo: dall’amore di Dio. “Miei sono i cieli, mia è la terra, mia la Madre di Dio, miei anche i santi, perché Gesù è tutto mio, tutto per me. Tutto mio, tutto per me”. Ognuno di noi può ripeterlo. Ci crediamo? Lo sapevi di essere così ricco? Sì, lo sapevi, però non si realizza lo stesso. Si sa la scienza teorica, ma realizzarlo davvero è la santità.
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