Nessun processo di secolarizzazione, afferma, avrà la capacità di risolvere in elemento secolare le virtù teologali: non la fede, non la speranza e nemmeno la carità, perché l’assistenza sociale non sostituisce e non sostituirà mai l’amore cristiano. Infatti il termine solidarietà ha rimpiazzato, anche in ampi strati della Chiesa, il cattolico vocabolo carità.
Magnifico e verissimo ciò che sostiene: il Sacerdote mantiene la sua essenziale e formidabile mansione anche se gli fosse impedita ogni attività sociale. Questo vale pure per la Chiesa, anche se essa perdesse ogni grandezza di carattere storico. Gli uomini potrebbero comunque riconoscere al Sacerdote e alla Chiesa la loro vera missione che è l’annuncio della Salvezza, la celebrazione del Santo Sacrificio, la discesa della grazia attraverso i Sacramenti, l’unione con Dio nella preghiera. La Santa Messa è il cuore della Fede. Ma come porsi allora di fronte alle tante celebrazioni eucaristiche postconciliari dove al centro dell’attenzione non c’è più l’immolazione del Figlio di Dio, ma l’assemblea? «Se la celebrazione liturgica non realizzasse la unità trascendente degli uomini in Cristo, che cosa sarebbe di più che una riunione di amici, cui disturba ogni forma come inutile e falsa? Meglio cento volte un rito incomprensibile, che una celebrazione che si risolva in un puro incontro di amici – non certo perché l’incomprensibilità del rito illude più facilmente sul suo valore, ma perché meglio significa il suo contenuto reale di Mistero che trascende tutto l’umano» (6).leggere...