segunda-feira, 31 de janeiro de 2011

Concerto do Coro Gregoriano de Lisboa . O local, apropriadamente, é o da Sé de Lisboa. Acontece às 21h30 e a entrada é livre.

 

Convidamos os leitores a assistirem, na próxima quarta-feira, à recriação da parte musical da “Liturgia da Apresentação do Senhor no Templo” pelo Coro Gregoriano de Lisboa. A direcção desse coro, especializado na execução do milenar Canto Gregoriano à luz das mais recentes pesquisas nesse domínio, é de Maria Helena Pires de Matos.
O local, apropriadamente, é o da Sé de Lisboa.
Acontece às 21h30 e a entrada é livre.

CARD. SIRI : Gli errori teologici derivano da inquinamenti marxisti . Mons. Jan Paweł LENGA, M.I.C., Arcivescovo di Karaganda (Kazakistan) al Sinodo dei Vescovi sull'Eucarestia



Noi siamo in un tempo di prova: e nei tempi di prova è più facile vedere la tenebra che la luce. Ma la luce è presente: la potenza stessa della tenebra è un mezzo di purificazione perché siamo fatti più capaci di vedere la luce. Le tenebre non possono vincerla. Noi sappiamo che il Signore conduce le cose in bene: ed usa le sofferenze e gli stessi peccati degli uomini perché ne risulti un bene più grande. Quando cento anni fa cadde il potere temporale, il Papa sembrò prigioniero. «La fine del papato», strillavano i modesti mezzi di comunicazione sociale d’allora. Stava invece per cominciare una grande stagione del papato. E la stessa perdita del potere temporale vi contribuì. Non che noi dobbiamo salutare i politici di allora come dei liberatori della Chiesa: è che Dio usa delle opere di tutti per il bene del suo popolo, che è il bene di tutta l’umanità. Sarà così anche domani: delle nostre difficoltà, si considererà soltanto la luce. La nostra umana debolezza, l’isolamento, il senso di sconfitta apparirà cambiato dalla potenza di Dio, in segno della gloria della sua città. È nella luce della croce del Signore che la notte diviene luminosa. Non sono un pessimista, solo rilevo che il tempo si è fatto scuro perché l’ombra del culto delle cose materiali si stende sul mondo. Ho sempre notato che in genere gli errori teologici derivano da inquinamenti marxisti. È una storia lunga. Ma finora non ho trovato sulla mia strada uomini così puri nella fede come quelli che hanno esperimentato nella vita quella teoria. Sono stati vaccinati.

[Pensiero del Cardinale Giuseppe Siri tratto dalla rivista "Renovatio", VI (1970)]

 


Interessante discorso di un vescovo zelante


Non posso dimenticare quelle scene commoventi dai tempi della persecuzione della Chiesa, quando in piccolissime stanze riempite di fedeli durante la S. Messa, bambini, anziani e malati si mettevano in ginocchio ricevendo con riverenza edificante il corpo del Signore. Tra le innovazioni liturgiche apportate nel mondo occidentale, ne emergono specialmente due che oscurano in un certo modo l'aspetto visibile dell'Eucaristia riguardante la sua centralità e sacralità; queste sono: la rimozione del tabernacolo dal centro e la distribuzione della comunione sulla mano. Quando si rimuove il Signore eucaristico, "l'Agnello immolato e vivo", dal posto centrale e quando nella. distribuzione della comunione sulla mano si aumenta innegabilmente il pericolo della dispersione dei frammenti, delle profanazioni e dell'equiparazione pratica del pane eucaristico con il pane ordinario, si creano condizioni sfavorevoli per una crescita nella profondità della fede e nella devozione. La comunione sulla mano si sta divulgando e persino imponendo maggiormente come una cosa più comoda, come una specie di moda. Non siano in primo luogo gli specialisti accademici, ma l'anima pura dei bambini e della gente semplice che ci potrebbe insegnare il modo con cui dovremmo trattare il Signore eucaristico. Vorrei fare quindi umilmente le seguenti proposizioni concrete: che la Santa Sede stabilisca una norma universale motivata, secondo la quale il modo ufficiale di ricevere la comunione sia quello in bocca ed in ginocchio; la comunione sulla mano sarebbe riservata invece al clero. Che i vescovi dei luoghi, dove è stata introdotta la comunione sulla mano, si adoperino con prudenza pastorale a ricondurre gradualmente i fedeli al rito ufficiale della comunione, valido per tutte le chiese locali.

[Brano tratto dal discorso pronunciato il 4-10.2005 da Mons. Jan Paweł LENGA, M.I.C., Arcivescovo di Karaganda (Kazakistan) al Sinodo dei Vescovi sull'Eucarestia]
 DE:cordialiter.it

LA MASONERIA ATRÁS DEL FALLIDO INTENTO DE LEGALIZAR LA EUTANASIA EN FRANCIA

Los masones intentaron hacer caer al primer ministro no masón Fillon, sustituyéndolo por el más que masón Borloo, un fanático anticlerical.


Gilberto Perez/ReL
Massimo Introvigne

 Un documental de la emisora televisiva Canal + y un dossier del semanario Le Point, el cual anuncia sus descubrimientos sobre “Los Masones: la mano invisible”, “han hecho temblar la política francesa”, señala el representante de la Organización para la Seguridad y la Cooperación en Europa (OSCE) para la lucha contra el racismo, la xenofobia y la discriminación, Massimo Introvigne.

Según relata Introvigne en un artículo, el documental y el dossier hacen una lista de masones en el actual Gobierno de Francia en la que figuran el ministro del Interior, el de Economía, los de Asuntos Sociales, de Cooperación con el Parlamento, de Cooperación Internacional y “el verdadero puntal de referencia de la masonería francesa”, el ex Gran Maestro del Gran Oriente Alain Bauer, consejero para la Seguridad Nacional del Presidente Sarkozy.

También en la Magistratura
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François Fillon, contra la eutanasia
  Además, continúa Introvigne basándose en la información de los medios, en la Magistratura, “los masones están tan omnipresentes que los especialistas reconocen también la polémica interna entre los jueces como enfrentamientos entre el Gran Oriente y la Gran Logia. Y también algún ‘bunga bunga’ que ha involucrado a magistrados masones”.

Las maniobras de los masones y la legalización de la eutanasia
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 Esta numerosa y activa presencia de masones en la actual casta política francesa sirve a Introvigne de introducción para señalar que, y siempre basándose en las fuentes mencionadas, detrás del nuevo y “audaz” intento por legalizar la eutanasia hubo fuertes presiones y luchas de poder entre los miembros de las logias.

“La madre de todas las batallas políticas de la masonería en Francia”, explica, “habría sido el intento de hacer caer al primer ministro no masón François Fillon, sustituyéndolo por el más que masón Jean Louis Borloo, un fanático anticlerical, con vistas al debate parlamentario sobre la eutanasia. Batalla perdida. Sarkozy ha mantenido a Fillon, el cual rápidamente se ha manifestado contra la eutanasia”.

La Iglesia y la masonería

El semanario no católico Le Point, destaca el hombre de la lucha contra la cristianofobia en Europa, reconstruye además, “de un modo casi exacto”, la doctrina de la Iglesia católica sobre la masonería.

La Iglesia, recuerda Le Point, con la “Declaración sobre la masonería” de 1983, firmada por el entonces cardenal Ratzinger como prefecto para la Congregación de la Doctrina de la Fe y refrendada por Juan Pablo II, ha confirmado la prohibición absoluta para los católicos de adherirse a cualquier masonería, sin posibilidad de derogación por parte de los sacerdotes, obispos o conferencias episcopales, afirmando que los masones siempre han de ser considerados “en estado de pecado grave y no pueden acercarse a la Santa Comunión”.

“Naturalmente nunca falta algún fraile galo que contesta al Magisterio y se muestra tolerante con quienes no obedecen, pero, al menos, lo que el Papa Benedicto XVI  enseña sobre la masonería ha sido ofrecido por una vez correctamente”, comenta el sociólogo italiano.

DE:http://catolicidad-catolicidad.blogspot.com/

O Crucifixo no centro do Altar na Missa “versus populum”


Il Crocifisso al centro dell’altare nella Messa “verso il popolo”
Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi

di don Mauro Gagliardi*
ROMA, mercoledì, 26 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Sin da tempi remoti, la Chiesa ha stabilito segni sensibili, che aiutassero i fedeli ad elevare l’anima a Dio. Il Concilio di Trento, riferendosi in particolare alla S. Messa, ha motivato questa consuetudine ricordando che «la natura umana è tale che non può facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa come pia madre ha stabilito alcuni riti [...] per rendere più evidente la maestà di un Sacrificio così grande e introdurre le menti dei fedeli, con questi segni visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi realtà nascoste in questo Sacrificio» (DS 1746).
Uno dei segni più antichi consiste nel volgersi verso oriente per pregare. L’oriente è simbolo di Cristo, il Sole di giustizia. «Erik Peterson ha dimostrato la stretta connessione fra la preghiera verso oriente e la croce, connessione evidente al più tardi per il periodo post costantiniano. [...] Presso i cristiani si diffuse l’uso di indicare la direzione della preghiera con una croce sulla parete orientale nell’abside delle basiliche, ma anche nelle camere private, ad esempio, di monaci ed eremiti» (U.M. Lang, Rivolti al Signore, Siena 2006, p. 32).
«Se ci si domanda verso dove guardassero il sacerdote ed i fedeli durante la preghiera, la risposta deve suonare: in alto, verso il catino absidale! La comunità orante durante la preghiera non guardava affatto davanti a sé all’altare o alla cattedra, bensì elevava in alto le mani e gli occhi. Così il catino absidale assurse all’elemento più importante della decorazione della chiesa, nel momento più intimo e santo dell’agire liturgico, la preghiera» (S. Heid, «Gebetshaltung und Ostung in frühchristlicher Zeit», Rivista di Archeologia Cristiana 82 [2006], p. 369 [mia trad.]). Quando dunque si trova rappresentato nell’abside Cristo tra gli apostoli e i martiri, non si tratta solo di una raffigurazione, bensì di una sua epifania dinanzi alla comunità orante. La comunità allora «elevava in alto le mani e gli occhi “al cielo”, guardava concretamente a Cristo nel mosaico absidale e parlava con lui, lo pregava. Evidentemente, Cristo così era direttamente presente nell’immagine. Giacché il catino absidale era il punto di convergenza dello sguardo orante, l’arte provvedeva a fornire quanto l’orante necessitava: il Cielo, dal quale il Figlio di Dio appariva alla comunità come da una tribuna» (ibid., p. 370).
Dunque, «pregare e guardare per i cristiani tardoantichi formano un tutt’uno. L’orante voleva non solo parlare, ma sperava anche di vedere. Se nell’abside si mostrava in modo meraviglioso una croce celeste o il Cristo nella sua gloria celeste, allora per ciò stesso l’orante che guardava verso l’alto poteva vedere esattamente questo: che il cielo si apriva per lui e Cristo gli si mostrava» (ibid., p. 374).
Il Crocifisso al centro dell’altare nella Messa «verso il popolo»
Dai precedenti cenni storici, si deduce che la liturgia non viene veramente compresa, se la si immagina principalmente come un dialogo tra il sacerdote e l’assemblea. Non possiamo qui entrare nei dettagli: ci limitiamo a dire che la celebrazione della S. Messa «verso il popolo» è un concetto entrato a far parte della mentalità cristiana solo in epoca moderna, come dimostrato da studi seri e ribadito da Benedetto XVI: «L’idea che sacerdote e popolo nella preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nell’epoca moderna ed è completamente estranea alla cristianità antica. Infatti, sacerdote e popolo non rivolgono l’uno all’altro la loro preghiera, ma insieme la rivolgono all’unico Signore» (Teologia della Liturgia, Città del Vaticano 2010, pp. 7-8).
Nonostante il Vaticano II non avesse mai toccato questo aspetto, nel 1964 l’Istruzione Inter Oecumenici, emanata dal Consilium incaricato di attuare la riforma liturgica voluta dal Concilio, al n. 91 prescrisse: «È bene che l’altare maggiore sia staccato dalla parete per potervi facilmente girare intorno e celebrare versus populum». Da quel momento, la posizione del sacerdote «verso il popolo», pur non essendo obbligatoria, è divenuta il modo più comune di celebrare Messa. Stando così le cose, Joseph Ratzinger propose, anche in questi casi, di non perdere il significato antico di preghiera «orientata» e suggerì di ovviare alle difficoltà ponendo al centro dell’altare il segno di Cristo crocifisso (cf. Teologia della Liturgia, p. 88). Sposando questa proposta, aggiunsi a mia volta il suggerimento che le dimensioni del segno devono essere tali da renderlo ben visibile, pena la sua scarsa efficacia (cf. M. Gagliardi, Introduzione al Mistero eucaristico, Roma 2007, p. 371).
La visibilità della croce d’altare è presupposta dall’Ordinamento Generale del Messale Romano: «Vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato» (n. 308). Non si precisa, però, se la croce debba stare necessariamente al centro. Qui intervengono pertanto motivazioni di ordine teologico e pastorale, che nel ristretto spazio a nostra disposizione non possiamo esporre. Ci limitiamo a concludere citando di nuovo Ratzinger: «Nella preghiera non è necessario, anzi, non è neppure conveniente guardarsi a vicenda; tanto meno nel ricevere la comunione. [...] In un’applicazione esagerata e fraintesa della “celebrazione verso il popolo”, infatti, sono state tolte come norma generale – persino nella basilica di San Pietro a Roma – le Croci dal centro degli altari, per non ostacolare la vista tra il celebrante e il popolo. Ma la Croce sull’altare non è impedimento alla visuale, bensì comune punto di riferimento. È un’“iconostasi” che rimane aperta, che non impedisce il reciproco mettersi in comunione, ma ne fa da mediatrice e tuttavia significa per tutti quell’immagine che concentra ed unifica i nostri sguardi. Oserei addirittura proporre la tesi che la Croce sull’altare non è ostacolo, ma condizione preliminare per la celebrazione versus populum. Con ciò diventerebbe anche nuovamente chiara la distinzione tra la liturgia della Parola e la preghiera eucaristica. Mentre nella prima si tratta di annuncio e quindi di un immediato rapporto reciproco, nella seconda si tratta di adorazione comunitaria in cui noi tutti continuiamo a stare sotto l’invito: Conversi ad Dominum – rivolgiamoci verso il Signore; convertiamoci al Signore!» (Teologia della Liturgia, p. 536).
[Il prossimo articolo della rubrica sarà pubblicato il 9 febbraio]
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*Don Mauro Gagliardi è Ordinario della Facoltà di Teologia dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma e Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice e della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
 IN Zenit 
DE:http://sanctamissaportugal.wordpress.com/

St John Bosco, Priest: A Life Given for the Salvation of Souls


"Priest at the altar,
priest in the confessional,
priest among my boys,
and priest in the king's palace or his ministers' offices:
I will be nothing but a priest." 

~ St. John Bosco ~
Venerable Margaret Bosco to her son John:
"To see you with the cassock fills my heart with joy. But remember that the habit is not what gives honor to the state, but the practice of virtue. If at any time you should come to doubt of your vocation, I beseech you to lay it aside at once; I would rather have a poor peasant for my son than a negligent priest. When you came into the world I consecrated you to our Lady; when you began to study, I bade you honor her and have recourse to her in all your difficulties; now I beg you to take her for your Queen."
~ From Don Bosco, Seeker of Souls by Msgr. Paul E. Campbell ~


Mary, Mother of Jesus Christ, Eternal High Priest, Mother of all priests and our Mother, help us respond generously to the Holy Spirit's request, through the voice of His Church, to offer up to God Eucharistic adoration for priests.  Amen.

DE:http://eucharisticadorationforpriests.blogspot.com/

Aartsbisschop André-Joseph Léonard doet het in het Latijn

Léonard doet het in het Latijn
Léonard doet het in het Latijn
Voor ongeveer 500 (nieuwsgierige) gelovigen droeg aartsbisschop André-Joseph Léonard gisteren in de Miniemenkerk in Brussel een eucharistieviering op volgens de Tridentijnse ritus, in het Latijn en met de rug naar de gelovigen. Léonard leidde de viering op vraag van de priesterbroederschap Sint-Petrus in de Benelux.

DE:Bart Dewaele/De Standaard

Primate of Belgium's Pontifical Mass


Yesterday, Sunday January 30th, 2011, H.E. Most Rev. André-Joseph Léonard, Archbishop of Brussels and Primate of Belgium, celebrated a Pontifical Mass in the usus antiquior in Brussel's Minim Church, where he recently erected a new apostolate of the FSSP. According to a first report in the Belgian paper De Standaard, the Mass was attended by about 500 faithful. Fr Berg, the Superior General of the FSSP, was also present. This is the first Mass according to the liturgical books of 1962 publicly celebrated by a Primate of Belgium in over forty years. More photographs may be posted if and when they become available.



Photo source: Bart Dewaele/De Standaard 

DE:NEW LITURGICAL MOVEMENT

Il celibato sacerdotale nell'insegnamento dei Pontefici: Pio XII e la "Sacra virginitas" (Mauro Piacenza)



Il celibato sacerdotale nell'insegnamento dei Pontefici

Pio XII e la "Sacra virginitas"

Sacra Virginitas (25 marzo 1954)
[Inglese, Italiano, Latino, Portoghese]

Mauro Piacenza

Da una relazione tenuta ad Ars dal cardinale prefetto della Congregazione per il Clero, pubblichiamo la parte relativa a Papa Pacelli.

Un contributo determinante dal punto di vista magisteriale è stato dato dall'enciclica Sacra virginitas, del 25 marzo 1954, del servo di Dio Pio XII. Essa, come tutte le encicliche di quel Pontefice, rifulge per la chiara e profonda impostazione dottrinale, per la ricchezza di riferimenti biblici, storici, teologici, spirituali, e costituisce ancora oggi un punto di riferimento di notevole rilievo.

Se, in senso stretto, l'enciclica ha come oggetto formale, non il celibato ecclesiastico, ma la verginità per il Regno dei cieli, nondimeno moltissimi sono, in essa, gli spunti di riflessione e gli espliciti riferimenti alla condizione celibataria anche del sacerdozio.

Il documento si compone di quattro parti: la prima delinea la "vera idea della condizione verginale", la seconda identifica e risponde ad alcuni errori dell'epoca, che non perdono la loro problematicità anche nell'oggi, la terza parte delinea il rapporto tra verginità e sacrificio, mentre l'ultima, a mo' di conclusione, delinea alcune speranze e alcuni timori legati alla verginità.

La verginità, nella prima parte, è presentata come un modo eccellente di vivere la sequela di Cristo. "Che cos'è, infatti, seguire se non imitare?", si domanda il Pontefice. E risponde: "Tutti questi discepoli hanno abbracciato lo stato di verginità per la conformità allo Sposo Cristo. (...) La loro ardente carità verso Cristo non poteva contentarsi di vincoli di affetto con Lui: essa aveva assoluto bisogno di manifestarsi con l'imitazione delle Sue virtù e, in modo speciale, con la conformità alla Sua vita tutta consacrata al bene e alla salvezza del genere umano. Se i sacerdoti (...) osservano la castità perfetta, questo è in definitiva perché il loro Divino Maestro è rimasto Egli stesso vergine fino alla morte".

In realtà, e non certo a caso, il Pontefice assimila la condizione verginale sacerdotale a quella dei religiosi e delle religiose, mostrando, in tal modo, come il celibato, che differisce dal punto di vista normativo, abbia in realtà il medesimo fondamento teologico e spirituale.

Un'altra ragione del celibato è individuata dal Pontefice nell'esigenza, connessa al Mistero, di una profonda libertà spirituale. Afferma l'enciclica: "Proprio perché i sacri Ministri possano godere di questa spirituale libertà di corpo e di anima, e per evitare che si immischino in affari terreni, la Chiesa latina esige da essi che assumano volontariamente l'obbligo della castità perfetta", e aggiunge: "I Ministri sacri, però, non rinunciano al matrimonio unicamente perché si dedicano all'apostolato, ma anche perché servono all'Altare".

Emerge, in tal modo, come alla ragione apostolica e missionaria si unisca propriamente, nel magistero di Pio XII, quella cultuale, in una sintesi che, oltre ogni polarizzazione, rappresenta la reale e completa unità di ragioni a favore del celibato sacerdotale.

Del resto già nell'esortazione apostolica Menti nostrae, lo stesso Pio XII affermava: "Per la legge del celibato, il Sacerdote, ben lontano dal perdere la paternità, la accresce all'infinito, perché egli genera figliuoli, non per questa vita terrena e caduca, ma per la celeste ed eterna".

Missionarietà, sacralità del ministero, realistica imitazione di Cristo, fecondità e paternità spirituale costituiscono, dunque, l'orizzonte imprescindibile di riferimento del celibato sacerdotale, non indipendentemente dalla correzione di alcuni errori sempre latenti, come il misconoscimento dell'eccellenza oggettiva, e non certo per santità soggettiva, dello stato verginale rispetto a quello matrimoniale, l'affermazione dell'impossibilità umana a vivere la condizione verginale o l'estraneità dei consacrati alla vita del mondo e della società. A tal riguardo afferma il Pontefice: "Le anime consacrate alla castità perfetta non impoveriscono per questo la propria personalità umana, poiché ricevono da Dio stesso un soccorso spirituale immensamente più efficace che il "mutuo aiuto" degli sposi. Consacrandosi direttamente a Colui che è il loro Principio e comunica la Sua Vita divina, non si impoveriscono ma si arricchiscono".

Tali affermazioni potrebbero essere sufficienti a rispondere, con la necessaria chiarezza, a tante obiezioni di carattere psico-antropologico, che ancora oggi vengono mosse al celibato sacerdotale.

Ultimo grande e fondamentale tema affrontato dall'enciclica Sacra virginitas è quello, più propriamente sacerdotale, del rapporto tra verginità e sacrificio. Osserva il Pontefice, citando sant'Ambrogio: "La castità perfetta non è che un consiglio, un mezzo capace di condurre più sicuramente e più facilmente alla perfezione evangelica (...) quelle anime "a cui è stato concesso" (Matteo, 19, 11). Essa non è imposta, ma proposta". In tal senso, è duplice l'invito di Pio XII sulla scia dei grandi Padri: da un lato, egli afferma il dovere di "ben misurare le forze" per comprendere se si è in grado di accogliere il dono di grazia del celibato, consegnando a tutta la Chiesa, in tal senso, specialmente ai giorni nostri, un sicuro criterio di onesto discernimento; dall'altro, pone in evidenza l'intrinseco legame tra castità e martirio, insegnando, con san Gregorio Magno, che la castità sostituisce il martirio e rappresenta, in ogni tempo, la più alta ed efficace forma di testimonianza.

Appare evidente a tutti come, soprattutto nella nostra società secolarizzata, la perfetta continenza per il Regno dei cieli, rappresenti una delle testimonianze più efficaci e maggiormente capaci di "provocare" salutarmente l'intelligenza e il cuore dei nostri contemporanei. In un clima sempre più grandemente, e quasi violentemente eroticizzato, la castità, soprattutto di coloro che nella Chiesa sono insigniti del sacerdozio ministeriale, rappresenta una sfida, ancora più potentemente eloquente, alla cultura dominante e, in definitiva, alla stessa domanda sull'esistenza di Dio e sulla possibilità di conoscerlo e di entrare in rapporto con lui.

Mi pare ora doveroso mettere in luce un'ultima riflessione sull'enciclica di Pio XII, poiché essa, più delle altre, appare decisamente controcorrente rispetto a molti dei costumi oggi diffusi anche tra non pochi membri del clero e in vari luoghi di "formazione". Citando san Girolamo, il Pontefice mette in luce come "a custodia della castità serve più la fuga che la lotta aperta (...) e tale fuga consiste non solo nell'allontanare premurosamente le occasioni del peccato, ma soprattutto nell'innalzare la mente, durante queste lotte, a Colui al Quale abbiamo consacrato la nostra verginità. "Rimirate la bellezza di Colui che vi ama" raccomanda Sant'Agostino".

Apparirebbe oggi quasi impossibile all'educatore trasmettere il valore del celibato e della purezza ai giovani seminaristi, in un contesto nel quale risulti, di fatto, impossibile vigilare sulle visioni, sulle letture, sull'utilizzo di internet, e sulle conoscenze. Se è sempre più evidente e necessario il coinvolgimento maturo della libertà dei candidati in una volontaria e consapevole collaborazione all'opera di formazione, non di meno l'enciclica giudica un errore, e concordiamo pienamente, permettere a chi si prepara al sacerdozio ogni esperienza, senza il necessario discernimento e il dovuto distacco dal mondo. Permettere ciò equivale a comprendere nulla dell'uomo, della sua psicologia, della società e della cultura che ci circonda. Significa essere chiusi in una sorta di ideologia preconcetta che va contro la realtà. Basta guardarsi attorno. Quanto realismo nei versetti del salmo: "Hanno occhi e non vedono"!

Devo confidare, alla fine di questo breve excursus sull'enciclica di Pio XII - ma lo stesso potrei dire per l'Ad catholici sacerdotii di Pio XI - che rimango sempre sorpreso della sua modernità e attualità. Pur permanendo la preminente focalizzazione sull'aspetto sacrale del celibato e sul legame tra esercizio del culto e verginità per il Regno dei cieli, il magistero di questi due Pontefici presenta un celibato cristologicamente fondato, sia nella direttrice della configurazione ontologica a Cristo sacerdote-vergine, sia in quella della imitatio Christi.

Se appare in parte giustificata la lettura che vede nel magistero papale sul celibato, anteriore al concilio ecumenico Vaticano II, un'insistenza sulle argomentazioni sacrali-rituali, e, in quello successivo al Concilio, un'apertura a ragioni più cristologico-pastorali, nondimeno è doveroso riconoscere - e questo è fondamentale per la corretta ermeneutica della continuità, ovvero per l'ermeneutica "cattolica" - che sia Pio XI, sia Pio XII sottolineano ampiamente le ragioni di carattere teologico. Il celibato risulta, dai menzionati pronunciamenti, non solo particolarmente opportuno e appropriato alla condizione sacerdotale, ma intimamente connesso con l'essenza stessa del sacerdozio, compresa come partecipazione alla vita di Cristo, alla Sua identità e, perciò, alla Sua missione. Non è certo un caso che quelle Chiese di rito orientale che ordinano anche viri probati, non ammettono assolutamente all'ordinazione episcopale presbiteri uxorati!

(©L'Osservatore Romano - 30 gennaio 2011)

Vedi precedente relazione:
Pio XI e l' "Ad catholici sacerdoti!
 
DE:MARANATHA.IT

O que Bento XVI realmente pensa sobre Assis.

http://o.castelo.vai.nu/papa_bento16.jpg
Circula há anos, particularmente nos meios ditos “conservadores”, o rumor de que o então Cardeal Joseph Ratzinger, por conta de algumas críticas pontuais, teria se oposto ao primeiro encontro de Assis  (1986) enquanto tal. Visando dissipar este mal entendido e deixar clara sua posição, o então prefeito da Congregação para a Doutrina da Fé, por ocasião do segundo encontro (2002), redigiu um artigo para a revista 30Giorni. Abaixo apresentamos sua tradução, gentilmente enviada pelo Revmo. Pe. Samuel Pereira Viana, a quem agradecemos. Ao lê-lo, é impossível ficar surpreso com a convocação do encontro deste ano baseado num suposto descontentamento de outrora do ex-prefeito do antigo Santo Ofício e dificilmente se poderá imputar qualquer incoerência entre o pensamento do então Cardeal e do Papa atualmente reinante.

O esplendor da Paz de Francisco

«A partir deste homem, de Francisco, que respondeu plenamente à chamada de Cristo Crucificado, emana ainda hoje o esplendor de uma paz que convenceu o Sultão e pode derrubar verdadeiramente os muros». Um artigo para 30Giorni do Prefeito da Congregação para a Doutrina da Fé, Cardeal Joseph Ratzinger (destaques de Fratres in Unum).

Quando, quinta, 24 de Maio, sob o céu grávido de chuva, se moveu o trem que deveria conduzir a Assis os representantes de um grande número de Igreja cristãs para testemunhar e rezar pela Paz, este trem me pareceu como um símbolo do nosso peregrinar na história. Não somos, de fato, talvez, todos passageiros de um mesmo trem? O fato de que o trem tenha escolhido, como seu destino, a paz,  a justiça e a reconciliação não é, talvez, uma grande ambição e, ao mesmo tempo, um esplêndido sinal de esperança? Onde quer que seja, passando pelas estações, acorreu um multidão para saudar os peregrinos da Paz. Nas estradas de Assis e na grande tenda, o lugar do testemunho comum, fomos novamente circundados do entusiasmo e da alegria cheia de esperança, em particular pelo grande número de jovens.
A saudação das pessoas era direcionado ao homem ancião vestido de branco que estava no trem. Homens e mulheres, que na vida cotidiana muitas vezes se confrontam e parecem divididos por barreiras intransponíveis, saudavam o Papa, que com a força da sua personalidade, a profundidade da sua fé, a paixão que daí brota para a paz e a reconciliação, mostrou como aquilo que parecia  ter feito brotar o impossível do carisma do seu ofício: convocar para, em conjunto, a realização de uma peregrinação pela paz, representantes da cristandade dividida e representantes de diversas religiões. Mas o aplauso, endereçado sobretudo ao Papa, exprimia também um consenso espontâneo para todos aqueles que com ele, buscam a paz e a justiça e era um sinal do desejo profundo de paz que experimentam os indivíduos defronte às devastações que nos circundam provocadas pelo ódio e pela violência.
Também se, às vezes, o ódio aparece invencível e se multiplica sem cessar na espiral da violência, aqui, por um momento, se percebeu a presença da força de Deus, da força da paz. Me vêem à mente as palavras do Salmo: “Com o meu Deus, transporei os muros”( Sl 18, 30). Deus não  nos coloca uns contra os outros, ao contrário, Ele que é Uno, que é Pai de todos, nos ajudou, ao menos por um momento, a transpor o muro que nos separam, fazendo-nos reconhecer que Ele é a Paz e que não podemos ser próximos de Deus se estamos longe da paz.
No seu discurso, o Papa citou um outro ponto crucial da Bíblia, a frase da Carta aos Efésios: “Cristo é nossa Paz. Ele fez de nós um só Povo, derrubando o muro de separação que estava entre nós, isto é, a inimizade” (Ef 2, 14). Paz e justiça no Novo Testamento, são nomes de Cristo (por “Cristo, nossa justiça” ver por exemplo 1 Cor 1, 30). Como cristãos não devemos esconder esta nossa convicção: da parte do Papa e o Patriarca Ecumênico a confissão de Cristo nossa Paz foi clara e solene. Mas, justamente, por essa razão, há algo que nos une além das fronteiras: a peregrinação pela paz e pela justiça. As palavras que um cristão deve dizer àquele que se coloca em caminho em direção a tais metas são as mesmas usadas pelo Senhor na resposta ao escriba que tinha reconhecido no dúplice mandamento que exorta a amar a Deus e o próximo a síntese da mensagem néo-testamentária: “Não estás distante do Reino de Deus” (Mc 12, 34). Para uma correta compreensão do evento de Assis, me parece importante considerar que não se tratou de uma auto-apresentação das religiões que seriam intercambiáveis entre si. Não se tratou de afirmar uma igualdade entre as religiões, que não existe. Assis, foi mais a expressão de um caminho, de uma busca, da peregrinação pela paz que é tal somente se unida à justiça. De fato, lá onde falta a justiça, onde aos indivíduos é negado o direito, a ausência de guerra pode ser somente um véu, atrás do qual se escondem a injustiça e a opressão. Com o seu testemunho pela paz, com o seu empenho pela paz na justiça, os representantes das religiões começaram, nos limites das suas possibilidades, um caminho que deve ser para todos um caminho de purificação. Isto vale também para nós cristãos.
Alcançamos verdadeiramente a Cristo somente se chegamos à sua paz e à sua justiça. Assim, a cidade de São Francisco, pode ser a melhor intérprete deste pensamento. Antes da sua conversão, Francisco era cristão, assim como o eram os seus concidadãos. E também o vitorioso exército de Perúgia que o colocou prisioneiro e derrotado no cárcere era formado por cristãos.
Foi somente, então, derrotado, prisioneiro, sofredor, que começou a pensar no cristianismo de modo novo. E somente depois desta experiência que lhe foi possível pensar e compreender a voz do Crucificado que lhe falou na pequena Igreja em ruínas de São Damião, que se tornou, por isso, a imagem mesma da Igreja da sua época, profundamente ferida e em decadência. Somente então viu como a  nudez de Cristo, a sua pobreza e a sua humilhação extrema estavam em contraste com o luxo e a violência que antes lhe pareciam normais. E somente então conheceu verdadeiramente a Cristo e entendeu que as cruzadas não eram o caminho correto para defender os cristãos e os direitos dos cristãos na Terra Santa, mas que, antes, era necessário levar a sério e à letra a mensagem da imitação do Crucificado.
A partir deste homem, de Francisco, que respondeu plenamente à chamada de Cristo Crucificado, emana ainda hoje o esplendor de uma paz que convenceu o sultão e pode verdadeiramente derrubar os muros. Se nós, como cristãos, tomamos o caminho da paz sob o exemplo de São Francisco, não devemos temer perder a nossa identidade: é justamente então que a encontramos. E se outros se unem a nós na busca da paz e da justiça, nem eles e nem nós devemos temer que a verdade possa ser pisoteada por belas frases feitas. Não, se nós nos dirigimos seriamente em direção à paz, então estamos no caminho correto do Deus da Paz (Rm 15, 32), cuja face se fez visível a nós cristãos pela fé em Cristo.

DE:FRATRES IN UNUM

domingo, 30 de janeiro de 2011

01/30 - 02/06 (13) * VEN. PIO XII : Por esto el año litúrgico, al que l... * VEN. PIE XII: Dans l’année liturgique, par conséqu... * VEN PIO XII : Tutto l'anno liturgico, dunque, può ... * PIUS XII : So ist denn das liturgische Jahr, von d... * PIUS XII : Thus, the liturgical year should be con... * VEN. PIO XII : Todo o ano litúrgico, assim, pode d... * La messe traditionnelle au séminaire * “Las Bienaventuranzas son un nuevo programa de vid... * Earlier, during his reflections on the Sunday Gosp... * « Les Béatitudes sont un nouveau programme de vie ... * Papst Benedikt beschäftigte sich in einer kurzen A... * Bento XVI : As bem-aventuranças são um novo progra... * BENEDETTO XVI ANGELUS : Saluto i pellegrini di l...

01/30 - 02/06 (13)

    VEN. PIO XII : Por esto el año litúrgico, al que la piedad de la Iglesia alimenta y acompaña, no es una fría e inerte representación de hechos que pertenecen al pasado, o una simple y desnuda revocación de realidades de otros tiempos. Es más bien Cristo mismo, que vive en su Iglesia siempre y que prosigue el camino de inmensa misericordia por El iniciado con piadoso consejo en esta vida mortal, cuando pasó derramando bienes, a fin de poner a las almas humanas en contacto con sus misterios y hacerlas vivir por ellos, misterios que están perennemente presentes y operantes

     
    PIO XII
    "Mediator Dei"
    Sobre la Sagrada Liturgia


    5º. Qué es, pues, el ciclo de misterios.
    205. Por esto el año litúrgico, al que la piedad de la Iglesia alimenta y acompaña, no es una fría e inerte representación de hechos que pertenecen al pasado, o una simple y desnuda revocación de realidades de otros tiempos. Es más bien Cristo mismo, que vive en su Iglesia siempre y que prosigue el camino de inmensa misericordia por El iniciado con piadoso consejo en esta vida mortal, cuando pasó derramando bienes, a fin de poner a las almas humanas en contacto con sus misterios y hacerlas vivir por ellos, misterios que están perennemente presentes y operantes, no en la forma incierta y nebulosa de que hablan algunos escritores recientes, sino porque, como enseña la doctrina católica y según la sentencia de los doctores de la Iglesia, son ejemplos ilustres de perfección cristiana y fuentes de gracia divina por los méritos y la intercesión del Redentor y porque perduran en nosotros con su efecto, siendo cada uno de ellos, en la manera adecuada a su índole particular, la causa de nuestra salvación.
    206. A esto se añade el que la piadosa Madre Iglesia, mientras propone a nuestra contemplación los misterios de Cristo, invoca con sus oraciones aquellos dones sobrenaturales, por medio de los cuales sus hijos se compenetran del espíritu de estos misterios por virtud de Cristo. Por influencia y virtud de El, nosotros podemos, con la colaboración de nuestra voluntad, asimilar la fuerza vital como ramas del árbol, como miembros de la cabeza, y nos podemos, progresiva y laboriosamente, transformar «a la medida de la edad perfecta de Cristo» (Efes. 4, 13).
    B) CICLO DE LOS SANTOS
    207. En el curso del año litúrgico se celebran no sólo los misterios de Jesucristo, sino también las fiestas de los Santos, en los cuales, aunque se trata de un orden inferior y subordinado, la Iglesia tiene siempre la preocupación de proponer a los fieles ejemplos de santidad que los estimulen a adornarse de las mismas virtudes del Divino Redentor.

    VEN. PIE XII: Dans l’année liturgique, par conséquent, il faut voir comme un hymne de louanges magnifique que la famille des chrétiens, par Jésus, son perpétuel conciliateur, fait monter vers le Père céleste, mais cet hymne demande aussi de nous un effort attentif et soutenu pour que nous arrivions tous les jours à mieux connaître et à mieux louer notre Rédempteur.


    Encyclique MEDIATOR DEI


    de Sa Sainteté le Pape PIE XII

    SUR LA SAINTE LITURGIE

    Le Christ revit dans l’Église durant l’année liturgique

    Dans l’année liturgique, par conséquent, il faut voir comme un hymne de louanges magnifique que la famille des chrétiens, par Jésus, son perpétuel conciliateur, fait monter vers le Père céleste, mais cet hymne demande aussi de nous un effort attentif et soutenu pour que nous arrivions tous les jours à mieux connaître et à mieux louer notre Rédempteur. De même requiert-il que nous nous appliquions et que nous nous exercions sans nous lasser à imiter ses mystères, à nous engager volontairement dans la voie de ses douleurs, afin de participer un jour à sa gloire et à son éternelle béatitude.

    Erreurs d’auteurs modernes

    Des enseignements que Nous avons donnés jusqu’ici, il résulte à l’évidence, Vénérables Frères, combien se méprennent sur la vraie et authentique nature de la liturgie les écrivains de notre temps qui, séduits par les apparences d’une mystique plus élevée, osent affirmer qu’il n’y a pas à s’occuper du Christ historique, mais du Christ " pneumatique ou glorifié ". De même n’hésitent-ils pas à affirmer que dans la piété telle qu’elle est pratiquée par les fidèles, il se serait produit, à l’endroit du Christ, un changement qui l’aurait descendu de son trône : on aurait voilé le Christ glorifié, qui vit et règne dans les siècles des siècles assis à la droite de son Père, pour mettre à sa place le Christ qui a vécu sur cette terre. Aussi quelques-uns vont-ils jusqu’à demander qu’on supprime dans les édifices sacrés les images du Christ souffrant sur la croix.

    Or, ces idées fausses sont en opposition complète avec la doctrine sacrée que nous ont transmise les Pères. " Croyez au Christ né dans la chair, dit saint Augustin, et vous arriverez au Christ né de Dieu, Dieu en Dieu " (S. Augustin, Enarr. in Ps. CXXIII, n. 2). La sainte liturgie nous met sous les yeux le Christ tout entier et dans toutes les conditions de sa vie, c’est-à-dire, celui qui est le Verbe du Père éternel, qui naît de la Vierge Mère de Dieu, qui nous enseigne la vérité, qui guérit les malades, qui console les affligés, qui endure les douleurs, qui meurt et qui, ensuite, triomphant de la mort, ressuscité, qui régnant dans la gloire du ciel répand sur nous l’Esprit Saint, qui vit perpétuellement dans son Église ; " Jésus-Christ hier et aujourd’hui, lui-même à jamais " (He XIII, 8).

    De plus, elle ne nous le propose pas seulement à imiter ; elle nous montre aussi en lui le Maître auquel nous avons à prêter une oreille attentive, le Pasteur qu’il nous faut suivre, l’Auteur de notre salut, le Principe de notre sainteté, le Corps mystique dont nous sommes les membres jouissants de sa vie.

    Mais, comme les cruels tourments qu’il a endurés constituent le principal mystère d’où vient notre salut, il convient à la foi catholique de les mettre le plus possible en lumière. En lui se trouve comme le centre du culte divin, car le sacrifice eucharistique le représente et le renouvelle tous les jours, et tous les sacrements se trouvent rattachés à lui par un lien très réel (S. Thomas, Summa Theol., IIIa, q. 49 et q. 62, a. 5).

    Ainsi l’année liturgique, qu’alimente et accompagne la piété de l’Église, n’est-elle pas une représentation froide et sans vie d’événements appartenant à des temps écoulés ; elle n’est pas un simple et pur rappel de choses d’une époque révolue. Elle est plutôt le Christ lui-même, qui persévère dans son Église et qui continue à parcourir la carrière de son immense miséricorde, il la commença sans doute dans sa vie mortelle, alors qu’il passait en faisant le bien (Actes, X, 38), dans le miséricordieux dessein de mettre les hommes en contact avec ses mystères et par eux leur assurer la vie. Or, ces mystères, ce n’est pas de la manière incertaine et assez obscure dont parlent certains écrivains récents qu’ils restent constamment présents et qu’ils opèrent ; d’après les docteurs de l’Église, en effet, ils sont d’excellents modèles pour la perfection chrétienne. A cause des mérites et des prières du Christ, ils sont la source de la divine grâce ; ils se prolongent en nous par leurs effets, étant donné que chacun, suivant sa propre nature, demeure à sa manière la cause de notre salut.

    Il faut ajouter que notre sainte Mère l’Église, lorsqu’elle nous propose de contempler les mystères de notre Rédempteur, demande par sa propre prière les dons célestes grâce auxquels, par la vertu du Christ avant tout, ses enfants se pénètrent de leur esprit. Grâce à l’inspiration et à la vertu du Christ, par l’activité de notre volonté, nous pouvons recevoir en nous la force vitale à la manière dont la reçoivent les branches d’un arbre ou les membres d’un corps. De même, pouvons-nous nous transformer peu à peu, à force de labeur, " jusqu’à la mesure de l’âge de la plénitude du Christ " (Eph., IV, 13).


    VEN PIO XII : Tutto l'anno liturgico, dunque, può dirsi un magnifico inno di lode che la famiglia cristiana indirizza al Padre celeste per mezzo di Gesù eterno suo mediatore; ma richiede da noi anche uno studio diligente e bene ordinato per conoscere e lodare sempre più il nostro Redentore; uno sforzo intenso ed efficace, un indefesso addestramento per imitare i suoi misteri, per entrare volontariamente nella via dei suoi dolori, e per partecipare finalmente alla sua gloria ed alla sua eterna beatitudine.




    PIO PP. XII
    SERVO DEI SERVI DI DIO

    LETTERA ENCICLICA

    MEDIATOR DEI

     «SULLA SACRA LITURGIA»

    Tutto l'anno liturgico, dunque, può dirsi un magnifico inno di lode che la famiglia cristiana indirizza al Padre celeste per mezzo di Gesù eterno suo mediatore; ma richiede da noi anche uno studio diligente e bene ordinato per conoscere e lodare sempre più il nostro Redentore; uno sforzo intenso ed efficace, un indefesso addestramento per imitare i suoi misteri, per entrare volontariamente nella via dei suoi dolori, e per partecipare finalmente alla sua gloria ed alla sua eterna beatitudine.

    Da quanto è stato esposto appare chiaramente, Venerabili Fratelli, quanto siano lontani dal vero e genuino concetto della Liturgia quegli scrittori moderni, i quali, ingannati da una pretesa più alta disciplina mistica, osano affermare che non ci si deve concentrare sul Cristo storico, ma sul Cristo «pneumatico e glorificato»; e non dubitano di asserire che nella pietà dei fedeli si sarebbe verificato un mutamento, per cui il Cristo è stato quasi detronizzato, con l'occultamento del Cristo glorificato che vive e regna nei secoli dei secoli e siede alla destra del Padre, mentre al suo posto è subentrato il Cristo della vita terrena. Alcuni, perciò, arrivano fino al punto di voler rimuovere dalle chiese le immagini del Divin Redentore che soffre in Croce.

    Ma queste false opinioni sono del tutto contrarie alla sacra dottrina tradizionale. «Credi nel Cristo nato in carne - così Sant'Agostino - e arriverai al Cristo nato da Dio, Dio presso Dio». La sacra Liturgia, poi, ci propone tutto Cristo, nei vari aspetti della sua vita: il Cristo, cioè, che è Verbo dell'Eterno Padre, che nasce dalla Vergine Madre di Dio, che ci insegna la verità, che sana gli infermi, che consola gli afflitti, che soffre, che muore; che, infine, risorge trionfando sulla morte, che, regnando nella gloria del cielo, ci invia lo Spirito Paraclito, che vive sempre nella sua Chiesa: «Gesù Cristo ieri ed oggi: Egli è anche nei secoli».

    E inoltre non ce lo presenta soltanto come un esempio da imitare, ma anche come un maestro da ascoltare, un pastore da seguire, come mediatore della nostra salvezza, principio della nostra santità, e Mistico Capo di cui siamo membra, viventi della sua stessa vita.

    E siccome i suoi acerbi dolori costituiscono il mistero principale da cui proviene la nostra salvezza, è secondo le esigenze della fede cattolica porre ciò nella sua massima luce, poiché esso è come il centro del culto divino, essendone il Sacrificio Eucaristico la quotidiana rappresentazione e rinnovazione, ed essendo tutti i Sacramenti congiunti con strettissimo vincolo alla Croce.

    Perciò l'anno liturgico, che la pietà della Chiesa alimenta e accompagna, non è una fredda e inerte rappresentazione di fatti che appartengono al passato, o una semplice e nuda rievocazione di realtà d'altri tempi. Esso è, piuttosto, Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da Lui iniziato con pietoso consiglio in questa vita mortale, quando passò beneficando allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri, e farle vivere per essi; misteri che sono perennemente presenti ed operanti, non nel modo incerto e nebuloso nel quale parlano alcuni recenti scrittori, ma perché, come ci insegna la dottrina cattolica e secondo la sentenza dei Dottori della Chiesa, sono esempi illustri di perfezione cristiana, e fonte di grazia divina per i meriti e l'intercessione del Redentore, e perché perdurano in noi col loro effetto, essendo ognuno di essi, nel modo consentaneo alla propria indole, la causa della nostra salvezza.

    Si aggiunge che la pia Madre Chiesa, mentre propone alla nostra contemplazione i misteri di Cristo, con le sue preghiere invoca quei doni soprannaturali per i quali i suoi figli si compenetrano dello spirito di questi misteri per virtù di Cristo. Per influsso e virtù di Lui, noi possiamo, con la collaborazione della nostra volontà, assimilare la forza vitale come rami dall'albero, come membra dal capo, e ci possiamo progressivamente e laboriosamente trasformare «secondo la misura dell'età piena di Cristo».


    PIUS XII : So ist denn das liturgische Jahr, von der Frömmigkeit der Kirche genährt und begleitet, nicht eine frostige, leblose Darstellung längst vergangener Dinge oder eine bloße Erinnerung an Ereignisse aus früheren Zeiten. Es ist vielmehr Christus selbst, der in seiner Kirche weiterlebt


    So ist denn das liturgische Jahr, von der Frömmigkeit der Kirche genährt und begleitet, nicht eine frostige, leblose Darstellung längst vergangener Dinge oder eine bloße Erinnerung an Ereignisse aus früheren Zeiten. Es ist vielmehr Christus selbst, der in seiner Kirche weiterlebt. Er geht da den Weg seines unermeßlichen Erbarmens, den er in diesem sterblichen Leben, als er Wohltaten spendend umherging151in der liebevollen Absicht begonnen hat, daß die Menschen seine Geheimnisse erfaßten und in ihnen sozusagen lebten, Geheimnisse, die dauernd gegenwärtig sind und wirken, nicht in der ungewissen, nebelhaften Weise, von der gewisse neuere Autoren sprechen, sondern wie es katholische Lehre ist. Denn nach der Auffassung der Kirchenlehrer sind sie sowohl Vorbilder der christlichen Vollkommenheit, als auch, kraft der Verdienste und Fürbitte Christi, Quellen der göttlichen Gnade. Mit ihrer Wirkung dauern sie fort in uns, ist doch jedes von ihnen je nach seiner Eigenart Ursache unseres Heils.

    345. Dazu kommt, daß die Kirche, während sie die Geheimnisse unseres Heilandes uns zur Betrachtung vorstellt, mit ihrem Beten uns die Gnaden erfleht, durch die ihre Kinder in der Kraft Christi vom Geist dieser Geheimnisse tief durchdrungen werden. In seiner Kraft und unter seinem Einfluß können wir, vermöge der Mitarbeit unseres Willens, Lebenskraft in uns aufnehmen wie die Zweige aus dem Baum, wie die Glieder aus dem Haupt. Auch können wir uns langsam und in ernstlichem Bemühen zum Maß der Altersfülle Christi152 umgestalten.

    346. Im Verlauf des Kirchenjahres werden nicht nur die Geheimnisse Jesu Christi gefeiert, sondern auch die Feste der Heiligen im Himmel. Mag es sich bei diesen Festen auch um einen geringeren und untergeordneten Rang handeln, so hat die Kirche dabei doch stets die Absicht, den Gläubigen Vorbilder der Heiligkeit vor Augen zu stellen, damit sie, von diesen angeregt, sich mit den Tugenden des göttlichen Erlösers selber schmücken.

    PIUS XII : Thus, the liturgical year should be considered as a splendid hymn of praise offered to the heavenly Father by the Christian family through Jesus, their perpetual Mediator. Nevertheless, it requires a diligent and well ordered study on our part to be able to know and praise our Redeemer ever more and more. It requires a serious effort and constant practice to imitate His mysteries, to enter willingly upon His path of sorrow and thus finally share His glory and eternal happiness.

     

    MEDIATOR DEI

    ENCYCLICAL OF POPE PIUS XII
    ON THE SACRED LITURGY

    161. Thus, the liturgical year should be considered as a splendid hymn of praise offered to the heavenly Father by the Christian family through Jesus, their perpetual Mediator. Nevertheless, it requires a diligent and well ordered study on our part to be able to know and praise our Redeemer ever more and more. It requires a serious effort and constant practice to imitate His mysteries, to enter willingly upon His path of sorrow and thus finally share His glory and eternal happiness.

    162. From what We have already explained, Venerable Brethren, it is perfectly clear how much modern writers are wanting in the genuine and true liturgical spirit who, deceived by the illusion of a higher mysticism, dare to assert that attention should be paid not to the historic Christ but to a "pneumatic" or glorified Christ. They do not hesitate to assert that a change has taken place in the piety of the faithful by dethroning, as it were, Christ from His position; since they say that the glorified Christ, who liveth and reigneth forever and sitteth at the right hand of the Father, has been overshadowed and in His place has been substituted that Christ who lived on earth. For this reason, some have gone so far as to want to remove from the churches images of the divine Redeemer suffering on the cross.

    163. But these false statements are completely opposed to the solid doctrine handed down by tradition. "You believe in Christ born in the flesh," says St. Augustine, "and you will come to Christ begotten of God."[148] In the sacred liturgy, the whole Christ is proposed to us in all the circumstances of His life, as the Word of the eternal Father, as born of the Virgin Mother of God, as He who teaches us truth, heals the sick, consoles the afflicted, who endures suffering and who dies; finally, as He who rose triumphantly from the dead and who, reigning in the glory of heaven, sends us the Holy Paraclete and who abides in His Church forever; "Jesus Christ, yesterday and today, and the same forever."[149] Besides, the liturgy shows us Christ not only as a model to be imitated but as a master to whom we should listen readily, a Shepherd whom we should follow, Author of our salvation, the Source of our holiness and the Head of the Mystical Body whose members we are, living by His very life.

    164. Since His bitter sufferings constitute the principal mystery of our redemption, it is only fitting that the Catholic faith should give it the greatest prominence. This mystery is the very center of divine worship since the Mass represents and renews it every day and since all the sacraments are most closely united with the cross.[150]

    165. Hence, the liturgical year, devotedly fostered and accompanied by the Church, is not a cold and lifeless representation of the events of the past, or a simple and bare record of a former age. It is rather Christ Himself who is ever living in His Church. Here He continues that journey of immense mercy which He lovingly began in His mortal life, going about doing good,[151] with the design of bringing men to know His mysteries and in a way live by them. These mysteries are ever present and active not in a vague and uncertain way as some modern writers hold, but in the way that Catholic doctrine teaches us. According to the Doctors of the Church, they are shining examples of Christian perfection, as well as sources of divine grace, due to the merit and prayers of Christ; they still influence us because each mystery brings its own special grace for our salvation. Moreover, our holy Mother the Church, while proposing for our contemplation the mysteries of our Redeemer, asks in her prayers for those gifts which would give her children the greatest possible share in the spirit of these mysteries through the merits of Christ. By means of His inspiration and help and through the cooperation of our wills we can receive from Him living vitality as branches do from the tree and members from the head; thus slowly and laboriously we can transform ourselves "unto the measure of the age of the fullness of Christ."[152]


    VEN. PIO XII : Todo o ano litúrgico, assim, pode dizer-se um magnífico hino de louvor que a família cristã dirige ao Pai celeste por meio de Jesus, seu eterno mediador; mas requer de nós ainda um cuidado diligente e bem ordenado para conhecer e louvar sempre mais o nosso Redentor; um esforço intenso e eficaz, um adestramento incansável para imitar os seus mistérios, entrar voluntariamente no caminho de suas dores, e participar, finalmente, de sua glória e eterna beatitude.

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    CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII
    MEDIATOR DEI
    SOBRE A SAGRADA LITURGIA

    146. Todo o ano litúrgico, assim, pode dizer-se um magnífico hino de louvor que a família cristã dirige ao Pai celeste por meio de Jesus, seu eterno mediador; mas requer de nós ainda um cuidado diligente e bem ordenado para conhecer e louvar sempre mais o nosso Redentor; um esforço intenso e eficaz, um adestramento incansável para imitar os seus mistérios, entrar voluntariamente no caminho de suas dores, e participar, finalmente, de sua glória e eterna beatitude.
    147. De quanto foi exposto aparece claramente, veneráveis irmãos, quanto estejam longe do verdadeiro e genuíno conceito da liturgia escritores modernos, que, enganados por uma pretensa disciplina mística mais alta, ousam afirmar que não nos devemos concentrar no Cristo histórico mas no Cristo "pneumático e glorificado"; e não duvidam asseverar que na piedade dos fiéis se tenha verificado certa mudança, pela qual Cristo foi como que destronado com o apegamento de Cristo glorificado que vive e reina nos séculos dos séculos, assentado à direita do Pai, enquanto em seu lugar foi colocado o Cristo da vida terrena. Alguns, por isso, chegam ao ponto de querer tirar das Igrejas as imagens do divino Redentor que sofre na cruz.
    148. Mas essas falsas opiniões são de todo contrárias à sagrada doutrina tradicional. "Crê em Cristo nascido na carne - diz santo Agostinho - e chegarás a Cristo nascido de Deus, Deus de Deus".(148) A sagrada liturgia, ademais, nos propõe todo o Cristo, nos vários aspectos de sua vida; isto é, Cristo que é Verbo do Eterno Pai, que nasce da virgem Mãe de Deus, que nos ensina a verdade, que cura os enfermos, que consola os aflitos, que sofre, que morre; que, enfim, ressurge triunfante da morte; que, reinando na glória do céu, nos envia o Espírito Paráclito e vive sempre na sua Igreja: "Jesus Cristo ontem e hoje: ele por todos os séculos". (149) E, além disso, não no-lo apresenta somente como um exemplo a imitar mas ainda como um mestre a ouvir, um pastor a seguir, como mediador da nossa salvação, princípio da nossa santidade e Cabeça mística de que somos membros, vivendo da sua própria vida.
    149. E assim como as suas acerbas dores constituem o mistério principal de que provém a nossa salvação, é conforme às exigências da fé católica, colocar isto na sua máxima luz, porque é como o centro do culto divino, por ser o sacrifício eucarístico a sua cotidiana representação e renovação, e estarem todos os sacramentos unidos com estreitíssimo vínculo à cruz.(150)
    150. Assim o ano litúrgico, que a piedade da Igreja alimenta e acompanha, não é uma fria e inerte representação de fatos que pertencem ao passado, ou uma simples e nua evocação da realidade de outros tempos. É, antes, o próprio Cristo, que vive sempre na sua Igreja e que prossegue o caminho de imensa misericórdia por ele iniciado, piedosamente, nesta vida mortal, quando passou fazendo o bem!(151) com o fim de colocar as almas humanas em contato com os seus mistérios e fazê-las viver por eles, mistérios que estão perenemente presentes e operantes, não de modo incerto e nebuloso, de que falam alguns escritores recentes, mas porque, como nos ensina a doutrina católica e segundo a sentença dos doutores da Igreja, são exemplos ilustres de perfeição cristã e fonte de graça divina pelos méritos e intercessão do Redentor; e porque perduram em nós no seu efeito, sendo cada um deles, de modo consentâneo à própria índole, a causa da nossa salvação. Acresce que a pia Madre Igreja, enquanto propôs à nossa contemplação os mistérios de Cristo, invoca com as suas preces os dons sobrenaturais pelos quais os seus filhos se compenetram do espírito desses mistério por virtute de Cristo. Por influxo e virtude dele podemos, com a colaboração da nossa vontade, assimilar a força vital como ramos da árvore, como membros da cabeça, e progressiva e laboriosamente transformar-nos "segundo a medida da idade plena de Cristo".(152)

    La messe traditionnelle au séminaire

    Posté par summorum-pontificum dans Informations


    .
    Vous n’y croyez pas et vous avez raison.
    L’événement, s’est en fait déroulé au grand séminaire de Cravovie, à l’invitation de son recteur et devant les séminaristes, le 10 décembre dernier. À la place de l’abbé Ribeton [qui nous pardonnera j’espère cette mise en scène), c’est l’abbé Wojciech Grygiel, de la même Fraternité Saint-Pierre qui officiait.
    Il est à noter que dans ce séminaire  les futurs prêtres apprennent aussi à célébrer selon la forme extraordinaire


    DE:una voce France

    “Las Bienaventuranzas son un nuevo programa de vida, para liberarnos de los falsos valores del mundo y abrirse a los verdaderos bienes, presentes y futuros”. Lo afirma Benedicto XVI en el angelus de este domingo

    http://pucf5.files.wordpress.com/2010/09/papabentoxvi1.jpg



    Domingo, 30 ene (RV).- Como cada domingo, Benedicto XVI ha dirigido la oración mariana del Ángelus desde la ventana del palacio apostólico para los miles de fieles romanos y peregrinos presentes en la Plaza de San Pedro. En su alocución previa a la plegaria mariana el Santo Padre ha reflexionado sobre los textos que la liturgia de hoy propone en este IV Domingo del Tiempo Ordinario: RealAudioMP3



    El Evangelio presenta el primer gran discurso que el Señor dirige a la gente, sobre las dulces colinas junto al Lago de Galilea. “Al ver al gentío – escribe san Mateo-, Jesús subió a la montaña: se sentó y se acercaron sus discípulos. Se puso a hablar enseñándoles” (Mt 5,1-2). Jesús, nuevo Moisés, “toma sitio sobre la “cátedra” de la montaña” (Jesús de Nazaret, Milán 2007, p. 88) y proclama “bienaventurados” a los pobres de espíritu, a los sufridos, a los misericordiosos, a cuantos tienen hambre y sed de justicia, a los limpios de corazón, a los perseguidos (CFR Mt 5,3-10).

    Tras este relato, Benedicto XVI ha manifestado que no se trata de una ideología, sino de una enseñanza que viene de lo alto y que toca la condición humana, precisamente aquella que el Señor, encarnándose, ha querido asumir, para salvarla. Por ello, “el Sermón de la montaña está dirigido a todo el mundo, en el presente y en el futuro ... y puede ser comprendido y vivido solamente siguiendo a Jesús, caminando con Él” (Gesú di Nazaret, p.92). RealAudioMP3



    Las Bienaventuranzas son un nuevo programa de vida, para liberarnos de los falsos valores del mundo y abrirse a los verdaderos bienes, presentes y futuros. Cuando, en efecto, Dios consuela, sacia el hambre de justicia, seca las lágrimas de los afligidos, significa que, además de recompensar a cada uno de manera sensible, abre el Reino de los Cielos. “Las Bienaventuranzas son la transposición de la cruz y de la resurrección en la existencia de los discípulos” (ibid., p.97). Reflejan la vida del Hijo que se deja perseguir, despreciar hasta la condena a muerte, para que a los hombres les sea dada la salvación.

    Benedicto XVI, tras aludir a las palabras pronunciadas por el eremita Pedro de Damasco respecto a las Bienaventuranzas, ha subrayado que el Evangelio de la Bienaventuranzas se comenta con la historia de la misma de la Iglesia, la historia de la santidad cristiana, porque –como escribe san Pablo- “lo necio para el mundo lo ha escogido Dios para humillar a los sabios; aquello que es bajo y despreciable para el mundo, aquello que no cuenta , Dios lo ha elegido para anular a lo que cuenta” (1Cor 1,27-28). Por esto la Iglesia no teme a la pobreza, al desprecio, a la persecución en una sociedad muchas veces atraída por el bienestar material y por el poder del mundo.

    Y tras citar a San Agustín que nos recuerda que, “no agrada sufrir estos males, pero soportarlos por el nombre de Jesús, no solamente con ánimo sereno, sino también con alegría”, Benedicto XVI ha pedido a los fieles presentes en la Plaza de san Pedro a invocar a la Virgen María, la Bienaventurada por excelencia, pidiendo la fuerza de buscar al Señor(cfr Sof 2,3) y de seguirle siempre con alegría, sobre el camino de las Bienaventuranzas.

    Tras el rezo del Ángelus el Papa ha recordado que este domingo se celebra la “Jornada mundial de los enfermos de lepra”, promovida en los años 50 del pasado siglo por Raoul Follereau y reconocida oficialmente por la ONU. La lepra, aunque está en fase de regresión, por desgracia afecta a muchas personas en condiciones de grave miseria. A todos los enfermos –les ha dicho el Benedicto XVI- asegura una especial oración, que extiende a cuantos asisten y, de formas diversas, se empeñan para derrotar el morbo de Hansen. Benedcito XVI ha saludado en particular a la Asociación Italiana Amigos de Raoul Follereau, que cumple 50 años de actividad.

    También el Papa ha tenido palabras de recuerdo para los Países de Extremo Oriente que, en los próximos días celebrarán con alegría, especialmente en la intimidad de las familias, el inicio del año nuevo lunar. A todos aquellos grandes pueblos deseo de corazón serenidad y prosperidad. De la misma manera y recordando que también hoy se recuerda la “Jornada internacional de intercesión por la paz en Tierra Santa”, Benedicto XVI se ha asociado al Patriarca Latino de Jerusalén y al Custodio de Tierra Santa invitando a todos a rezar al Señor para que haga converger las mentes y los corazones en concretos proyectos de paz.

    En la Plaza de san Pedro se encontraban además los muchachos y muchachas de la Acción Católica de la Diócesis de Roma, guiados por el cardenal Vicario Agostino Vallini, con motivo de la “Caravana de la Paz”. Unos niños han acompañado al Papa desde el apartamento y uno de ellos ha dirigido un mensaje de parte de todos los niños de Roma en el que, entre otras cosas, ha manifestado al Papa que estarán todos, en la Plaza de San Pedro para la beatificación del Venerable Siervo de Dios, Juan Pablo II el próximo primero de mayo. Después de haber saludado en varias lenguas, Benedicto XVI ha liberado dos palomas como símbolo de la paz.

    Saludando en francés el Pontífice ha animado a los jóvenes francófonos a participar en la próxima Jornada Mundial de la Juventud que tendrá lugar en Madrid el mes de agosto. Y este ha sido el saludo en español: RealAudioMP3

    Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular a los fieles de diversas parroquias de las diócesis de Valencia, Cádiz y Jerez de la Frontera. El anuncio de las Bienaventuranzas, que hoy nos presenta la liturgia, es una clara propuesta del Señor para vivir en comunión con Él y alcanzar la auténtica felicidad. Quien acoge con radicalidad este programa de vida, encuentra la fuerza necesaria para colaborar en la edificación del Reino de Dios y ser instrumento de salvación. Feliz domingo.