LETTERA DI S. E. IL CARDINALE ARCIVESCOVO
ARCIVESCOVADO DI GENOVA
Pasqua 1972
                                                    Ai RR. Professori di Liturgia e di Rubriche,
                                                    nonché di canto nei nostri Seminari
                                                    e.p.c.
                                                    agli altri Superiori e Professori.
OGGETTO DI QUESTA LETTERA
Si deve prendere atto che  nel mondo si è determinata una ondata collettiva di spoliazione. Qualche  volta si parla di semplificazione, ma il termine non è rispondente alla  realtà. Ne è venuto, come generalmente accade dei movimenti umani, una  certa infiltrazione nello stesso senso. Questa ha raggiunto anche i  Seminari e non mancano giovani che giudicano quanto è esterno e simbolo  nella Chiesa e nella sua Liturgia e tenuta, pleonastico, inutile,  pesante. Questo giudizio sul quale sto per fare le mie considerazioni è  certamente dannoso alla vita spirituale di quelli che lo accolgono e lo  riesprimono, perché li mette in situazione di criticare quanto non è  ancora, sotto ogni profilo, di loro competenza. Gli atti di orgoglio  sono sempre rovinosi per la retta maturazione dei giovani.
Veniamo al «fatto», ossia  all’uso che la Chiesa fa di elementi esterni svariati. Il vento che  spira contro di essi, se può avere qualche giustificazione in qualche  limitato settore, è certamente un vento protestantico, che ha alla base  le stesse ragioni per cui un giorno popoli cattolici hanno abbandonato  la loro primitiva Fede. La presente lettera ha lo scopo di ristabilire  la verità circa gli «elementi esterni e simbolici» avuti dalla  Tradizione Apostolica ed Ecclesiastica.
La risposta del  Vecchio Testamento
Dell’antico Patto non sopravvivono certo le  regole rituali. Ciò è ben noto. Sopravvivono però le regole e le  indicazioni «morali». Esse, come ha dichiarato Cristo nel discorso della  Montagna, restano intatte e Lui le ha completate.
La solennità del culto del  Signore, il rispetto che vi deve essere dimostrato nei gesti e nelle  cose, la distinzione che si esige per i sacri ministri, non sono  semplicemente leggi rituali, ma regole morali.
Si percorra, a convincersene  l’Esodo al c. 12 e nei capitoli 25-30, il Levitico ai cc. 8-9, i Numeri  ai cc. 7-8 ed il discorso legislativo detto da Mosé e riportato al capo  12 del Deuteronomio.
Tutto questo viene ribadito e rinforzato nelle  rivelazioni fatte da Dio a Davide ed al suo figlio Salomone, a proposito  del grande Tempio. di Gerusalemme (II Sam. 7; I Re, 3, 10segg.; 5,  15segg.: 6; 7, 13segg.; 8; 9, 1-9 etc.).
Non è difficile capire una  intima ragione delle disposizioni e beneplaciti divini a proposito di  elementi esterni: essi dovevano «simboleggiare» e cioè richiamare al  popolo verità sacrosante, quali la sudditanza a Dio, il rispetto alle  cose di Dio, etc. Tutto assolveva, oltre la ragione pratica immediata,  la funzione di «segno».
La risposta del Nuovo Testamento
Cristo ha Lui istituiti i  sette Sacramenti (Conc. Trid., Dz. 1601). Ora i Sacramenti sono  costituiti da «segni» sensibili. Il Salvatore ha voluto che ogni fatto  soprannaturale interno, certo, fosse notificato all’esterno da elementi  sensibili. Ha accettato ed applicato un principio. I tre Sinottici ci  danno la istituzione e dell’Eucaristia e del Sacrificio Eucaristico  (Conc. Trid. Dz. 1751segg), il quale si attua evidentemente attraverso  elementi esterni, applicando il principio detto sopra
Lo stesso Salvatore pur  poverissimo non ha mai respinto gli onori esterni che gli venivano  tributati, specialmente in casa di amici anzi, li ha elogiati (Matt 26,  6segg; Mc 14, 3segg, etc.) ed ha ripreso un ospite che tali onori non  gli aveva tributati. Per la istituzione della Eucaristia ha voluto una  sala grande, bella, tutta ricoperta di tappeti e cuscini (Mc. 14, 15).  Ha voluto per sé un sepolcro nuovo ed illustre; ha circondato di prodigi  la prima grande iniziale discesa dello Spirito Santo. Questi fenomeni  durarono tutta l’età Apostolica. Anche nel nuovo Testamento Dio ha fatto  un largo posto all’elemento umano «che doveva significare», ossia  doveva aiutare uomini materiali a vedere realtà soprannaturali,  invisibili per gli occhi umani.
Il Vangelo non ci ha lasciato davvero una legge  di «spoliazione» e di «denudata miseria».
La necessità  permanente ed immediata del «segno»
Noi siamo tenuti per  disposizione di natura a raggiungere le realtà esterne alla nostra  intelligenza attraverso i sensi, cioè attraverso le cose materiali che,  sole, si offrono ai sensi. Si tratta di una legge alla quale non si  deroga.
La conseguenza è chiara: tutto ciò che si vuol fare giungere  all’intelletto (e ciò significa, coscienza, raziocinio, etc.), deve  essere espresso con elementi materiali. La parola ne è il primo mezzo  comune.
Cioè: le cose che non possono venire afferrate immediatamente  dall’anima intelligente, pena il restare essa nella sua dannosa  oscurità, debbono esserle «significate» attraverso elementi sensibili,  materiali. A parte ogni astrattismo, vecchio e vieto, questa è la realtà  colla quale chi ancora ragiona, deve fare i conti.
La Chiesa porta con sé  grandissime cose, che sono per sé oggetto dell’anima e della sua  intelligenza. Tutta la realtà del Regno di Dio, tutto il suo tesoro  (Matteo 13), tutto il fatto della incarnazione e redenzione, per sé  preferito e appartenente come elemento recepito nei fatti umani, al  passato anche se divinamente presente, i sacramenti il Sacrificio, i  sacramentali: ecco quello che deve rendere presente ai sensi prima che  all’intelletto.
Ma c’è altro. Esiste una Gerarchia. Questa è per volere divino  necessaria alla Chiesa ed alla salvezza delle anime. E’ di  giurisdizione ed é di Ordine. I poteri che il Salvatore ha messo in mano  a questa doppia Gerarchia sono incommensurabili. Per Gerarchia di  Giurisdizione (Papa e Vescovi) c’è un potere di magistero che è  autentico, cioè fatto in nome di Cristo ed in talune condizioni  infallibile: per esso la verità è legata a condizioni che si inverano  nella realtà terrestre. Ma se il Magistero lo si può udire, il suo  valore e la sua colleganza colla azione divina non sono visibili. La  stessa Gerarchia ha il potere di giurisdizione; può fare leggi e queste  sono già sanzionate da Dio (Matteo 18); può dunque creare la  obbligazione grave nell’intimo della coscienze. Per la capacità di  Ordine dispone dei Sacramenti. Ciò significa: trasforma le anime, le  arricchisce della grazia di Dio. Si tratta di azioni divine.
La Gerarchia di Ordine, che,  effettuando un servizio e non una direzione, deve essere  necessariamente più numerosa, mentre resta ridotto il numero di quelli  che dirigono, comprende i Vescovi, i Preti, i Ministri o Diaconi. I  poteri dei Diaconi per quanto ampliati nell’ultimo Concilio non toccano  cose sostanziali e necessarie. Basterebbe per i preti richiamare il solo  potere di consacrare il pane e il vino.
Tutto quello che procede  dalla Gerarchia di Giurisdizione e di Ordine nel proprio livello è  divino e soprannaturale, oltrepassa le possibilità umane e create. Tutto  questo lo sa chi ha la Fede. Per chi non l’ha ed è fuori, il discorso  dovrebbe essere un altro, ma colla stessa conclusione.
Ci si provi a riflettere che  cosa sta dietro una assoluzione impartita da un sacerdote od anche  dietro una sua semplice benedizione.
La Chiesa porta con sé il «tesoro nascosto  nel campo» del quale ha parlato Gesù. Tutto questo non ha che modesti e  semplici riscontri esterni. Ecco perché occorre il «segno», ossia tutto  quello che è capace di rendere percettibile al popolo, per la sua eterna  salvezza, il «tesoro nascosto nel campo». Il ridurre o, peggio,  l’abolire gli elementi espressivi esterni, significa togliere la  ORDINARIA, ABITUALE, insostituibile cognizione delle cose che debbono  restare vive, penetranti, espressive, operanti attraverso il dato  esterno. Forse sarebbe meglio dire che si tratterebbe di  protestantesimo.
Crediamo sia chiara la necessità del «SEGNO».
Si applichi. La liturgia, lo  stato ecclesiastico, la funzione sacerdotale, l’ambiente sacro, hanno  bisogno di «SEGNI» inconfondibili, immediati, sempre operanti, facili e  di sicuro intendimento.
Ecco perché la Liturgia ha bisogno di vesti, di  segni, di strumenti e tanto più incide e rende presente il «mistero»  quanto più le azioni e le parole e le cose sono unite armonicamente in  una coreografia.
Ecco perché il prete ha bisogno di una veste, che lo  qualifichi. Guai il giorno in cui il prete fosse irriconoscibile!
Ecco perché gli uffici  diversi e talvolta grandi hanno bisogno di ammenicoli esterni che li  indichino nella loro realtà giuridica e soprannaturale. .
In realtà, quando si hanno a  significare cose divine, è difficile esagerare. E chi ha ben  chiara la sostanza delle cose, deve ammetterlo. Tuttavia nell’assumere  le cose esterne si deve tenere per criterio quello di significare a  sufficienza, senza arrivare ad effetti negativi dello scopo per cui si  agisce. Quanto è certa la necessità del segno, altrettanto va tenuta in  conto la opportunità di un adattamento alle circostanze. E questo  adattamento alle circostanze e meglio lasciarlo fare alla Madre Chiesa  che non gettarlo in balia di furie iconoclaste, anticristiane, ricche di  acredine contro tutto ciò che è elevato, bello e solenne.
Storicamente la Chiesa nel  costruirsi il «SEGNO ESTERNO» del tesoro che porta con sé, ha potuto  subire l’influenza di situazioni ad essa esterne. Ma se questo spiega il  criterio di maggiore semplicità essenziale alla quale essa si è  ispirata nei documenti degli ultimi dieci anni, non autorizza a rivolte  scimmiescamente copiate dalle stanchezze degli uomini, quando sono  esauriti da determinate esperienze politiche e sociali.
La Chiesa è un altra cosa.  Ma volerla privare del suo «SEGNO ADEGUATO» è volerla negare. Si ascolti  la intelligenza ed il cuore non la passione e l’istinto.
2 Aprile 1972
Fonte:http://www.cardinalsiri.it

inundado por um mistério de luz que é Deus   e N´Ele vi e ouvi -A ponta da lança como chama que se desprende, toca o eixo da terra, – Ela estremece: montanhas, cidades, vilas e aldeias com os seus moradores são sepultados. - O mar, os rios e as nuvens saem dos seus limites, transbordam, inundam e arrastam consigo num redemoinho, moradias e gente em número que não se pode contar , é a purificação do mundo pelo pecado em que se mergulha. - O ódio, a ambição provocam a guerra destruidora!  - Depois senti no palpitar acelerado do coração e no meu espírito o eco duma voz suave que dizia: – No tempo, uma só Fé, um só Batismo, uma só Igreja, Santa, Católica, Apostólica: - Na eternidade, o Céu!