quarta-feira, 31 de julho de 2013

Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata (di Roberto de Mattei)

 

(di Roberto de Mattei) Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/ 1350567) si presenta come un episodio di gravità estrema, destinato ad avere all’interno della Chiesa conseguenze forse non previste da chi incautamente lo ha posto in atto.
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata (conosciuta come Congregazione per i Religiosi), con un suo Decreto dell’11 luglio 2013, firmato dal cardinale prefetto João Braz de Aviz e dall’arcivescovo segretario José Rodriguez Carballo, ofm, ha esautorato i superiori dei Francescani dell’Immacolata, affidando il governo dell’Istituto ad un “commissario apostolico”, il padre Fidenzio Volpi, cappuccino.
Per “blindare” il decreto, il card. João Braz de Aviz, si è munito di un’approvazione “ex auditu”, di Papa Francesco, che toglie ai Frati ogni possibilità di appello alla Segnatura Apostolica. Le ragioni di questa condanna, che ha la sua origine in un esposto alla Congregazione per i Religiosi di un gruppo di frati dissidenti, restano misteriose. Dal decreto della Congregazione e dalla lettera inviata ai Francescani il 22 luglio dal nuovo Commissario, gli unici capi di accusa sembrano essere quelli di scarso «sentire cum Ecclesia» e di eccessivo attaccamento al Rito Romano antico.
In realtà ci troviamo di fronte ad una palese ingiustizia nei confronti dei Francescani dell’Immacolata. Questo istituto religioso, fondato dai padri Stefano Maria Manelli e Gabriele Maria Pellettieri, è uno dei più fiorenti che vanta la Chiesa, per il numero delle vocazioni, l’autenticità della vita spirituale, la fedeltà all’ortodossia e alle autorità romane. Nella situazione di anarchia liturgica, teologica e morale in cui oggi ci troviamo, i Francescani dell’Immacolata dovrebbero essere presi come un modello di vita religiosa. Il Papa si richiama spesso alla necessità di una vita religiosa più semplice e sobria.
I Francescani dell’Immacolata si distinguono proprio per l’austerità e la povertà evangelica con cui, fin dalla loro fondazione, vivono il loro carisma francescano. Accade invece che, in nome del Papa, la Congregazione dei religiosi azzeri il governo dell’Istituto, per trasmetterlo ad una minoranza di frati ribelli, di orientamento progressista, ai quali il neo-commissario si appoggerà per “normalizzare” l’Istituto, ovvero per condurlo al disastro a cui fino ad ora era sfuggito grazie alla sua fedeltà alle leggi ecclesiastiche e al Magistero.
Ma oggi il male viene premiato e il bene punito. Non sorprende che ad esercitare il pugno di ferro nei confronti dei Francescani dell’Immacolata sia quello stesso Cardinale che auspica comprensione e dialogo con le suore eretiche e scismatiche americane. Quelle religiose predicano e praticano le teorie del gender, e dunque si deve dialogare con esse. I Francescani dell’Immacolata predicano e praticano la castità e la penitenza e perciò con essi non c’è possibilità di comprensione. Questa è la triste conclusione a cui giunge inevitabilmente un osservatore spassionato.
Uno dei capi di imputazione è di essere troppo attaccati alla Messa tradizionale, ma l’accusa è pretestuosa, perché i Francescani dell’Immacolata sono, come si suol dire, “bi-ritualisti”, ovvero celebrano la nuova Messa, e l’antica, come è loro concesso dalle leggi ecclesiastiche vigenti. Posti di fronte ad un ingiusto ordine, c’è da immaginare che alcuni di essi non rinunceranno a celebrare la Messa tradizionale, e faranno bene a resistere su questo punto, perché si tratterà di un gesto non di ribellione ma di obbedienza. Gli indulti e privilegi a favore della Messa tradizionale non sono stati abrogati e hanno una forza giuridica maggiore del decreto di una congregazione, e perfino delle intenzioni di un Papa, se non si esprimono in un chiaro atto giuridico.
Il cardinale Braz de Aviz sembra ignorare l’esistenza del motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, del suo decreto applicativo, l’Istruzione Universae Ecclesiae del 30 aprile 2011, e della commissione Ecclesia Dei, annessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui oggi la Congregazione per i Religiosi invade il campo.
Qual è l’intenzione della suprema autorità ecclesiastica? Sopprimere l’Ecclesia Dei e abrogare il motu proprio di Benedetto XVI? Lo si dica esplicitamente, perché possano esserne tratte le conseguenze. E se così non è, perché porre in atto un decreto inutilmente provocatorio nei confronti del mondo cattolico che si richiama alla Tradizione della Chiesa? Tale mondo è in fase di grande espansione, soprattutto tra i giovani, e questa è forse la ragione principale dell’ostilità di cui oggi è oggetto.
Infine, il Decreto costituisce un abuso di potere che riguarda non solo i Francescani dell’Immacolata e coloro che impropriamente sono definiti tradizionalisti, ma ogni cattolico. Esso rappresenta infatti un allarmante sintomo di quella perdita della certezza del diritto che sta avvenendo oggi all’interno della Chiesa. La Chiesa infatti è una società visibile, in cui vige il «potere del diritto e della legge» (Pio XII, Discorso Dans notre souhait del 15 luglio 1950). Il diritto è ciò che definisce il giusto e l’ingiusto e, come spiegano i canonisti, «la potestà nella Chiesa deve essere giusta, e ciò è richiesto dall’essere della stessa Chiesa, il quale determina gli scopi e i limiti dell’attività della Gerarchia. Non qualunque atto dei sacri Pastori, per il fatto di provenire da loro, è giusto» (Carlos J. Errazuriz, Il diritto e la giustizia nella Chiesa, Giuffré, Milano 2008, pp. 157) .
Quando la certezza del diritto viene meno, prevale l’arbitrio e la volontà del più forte. Accade spesso nella società, può accadere nella Chiesa, quando in essa la dimensione umana prevale su quella soprannaturale. Ma se non c’è certezza del diritto, non c’è regola di comportamento sicura. Tutto è lasciato all’arbitrio dell’individuo o di gruppi di potere, e alla forza con cui queste lobby sono capaci di imporre la propria volontà. La forza, separata dal diritto, diviene prepotenza e arroganza.
La Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è un’istituzione giuridica, basata su di una legge divina, di cui gli uomini di Chiesa sono i depositari, e non i creatori o i padroni. La Chiesa non è un “soviet”, ma un edificio fondato da Gesù Cristo in cui il potere del Papa e dei vescovi va esercitato seguendo le leggi e le forme tradizionali, radicate tutte nella Rivelazione divina. Oggi si parla di una Chiesa più democratica e ugualitaria, ma il potere viene esercitato spesso in maniera personalistica, in spregio alle leggi e alle consuetudini millenarie. Quando esistono leggi universali della Chiesa, come la bolla di san Pio V Quo primum (1570) e il motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, è necessario, per mutarle, un atto giuridico equivalente. Non si può ritenere revocata una legge precedente se non con un atto esplicitamente abrogativo di uguale portata.
Per difendere la giustizia e la verità all’interno della Chiesa, confidiamo nella voce dei giuristi, tra i quali sono alcuni eminenti cardinali, che hanno ordinato secondo il Rito “straordinario” i Frati Francescani dell’Immacolata e ne conoscono la vita esemplare e lo zelo apostolico. Ci appelliamo soprattutto a Papa Francesco, perché voglia ritirare le misure contro i Francescani dell’Immacolata e contro il loro uso legittimo del Rito Romano antico.
Qualunque decisione sia presa non possiamo nascondere il fatto che l’ora che vive oggi la Chiesa è drammatica. Nuove tempeste si addensano all’orizzonte e queste tempeste certamente non sono suscitate né dai Frati, né dalle Suore Francescane dell’Immacolata. L’amore alla Chiesa, cattolica apostolica e romana li ha sempre mossi e muove noi a prendere le loro difese. La Madonna, Virgo Fidelis, suggerirà alle coscienze di ognuno, in questi difficili frangenti la giusta strada da seguire. (Roberto de Mattei)

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