segunda-feira, 6 de junho de 2011

La Tradizione della Chiesa: una questione di coraggio .Tradizione della Chiesa e Vaticano II . La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa

La Tradizione della Chiesa: una questione di coraggio

Riportiamo l'intervento della Dott.ssa Cristina Siccardi al convegno sulla Tradizione della Chiesa, tenuto a Firenze, in Ognissanti, il 20 maggio 2011, dal titolo Quaecumque dixero vobis. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa.


Grande è la responsabilità nel parlare della Tradizione e ciò per due ordini di motivi. Parlare della Tradizione significa parlare della Chiesa: infatti Monsignor Brunero Gherardini, nella quarta di copertina del suo libro, Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, afferma: «Se vuoi conoscere la Chiesa, non ignorare la Tradizione. Se ignori la Tradizione, non parlar mai della Chiesa». La seconda responsabilità è quella di trattare un libro del grande teologo di Santa Romana Chiesa e, quindi, non posso che ringraziare immensamente Monsignore di questa fiducia.
Mi viene da esprimere questo pensiero: Se avessimo avuto Monsignor Gherardini come teologo ispiratore del Concilio Vaticano II, probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso... Invece il Signore ha permesso che nel Concilio Vaticano II influissero teologi alla moda, in voga nel XX secolo, Chenu, Congar, de Lubac… tutta questa schiera di pensatori e di teologi che al posto di mettere sotto la luce e i riflettori Nostro Signore Gesù Cristo hanno messo in scena se stessi. “Grandi” teologi… divennero grandi soprattutto perché erano portati probabilmente da un sentire comune di voglia di rivoluzione, di novità; tutto sembrava in rivolta, dalle Università ai Seminari, dal pensiero alla società tutta: è stata una concatenazione di idee nate e maturate durante la Rivoluzione francese, poi travasate nel liberalismo, nel modernismo, nel relativismo che Newman aveva così manifestamente denunciato nel XIX secolo; queste idee rivoluzionarie sono entrate nel Vaticano II, perciò questo Concilio non è stato un fungo, nato dalla sera al mattino, ma è stato quasi una valvola di sfogo per tutti coloro che avevano voglia di cose nuove, di rivoluzione, di coloro che volevano tagliare con la Tradizione, che appariva come qualcosa di vecchio e vetusto e si auspicava, si pretendeva una Chiesa moderna.
continua in:
 

 
Tradizione della Chiesa e Vaticano II

Riportiamo di seguito l'intervento di p. Serafino M. Lanzetta, FI al convegno organizzato a Firenze il 20 maggio 2011 sulla Tradizione della Chiesa, dal titolo: Quaecumque dixero vobis. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa.
Nell'occasione sono stati presentati due recenti volumi di Mons. Gherardini sulla Tradizione.



1. La Tradizione della Chiesa
Uno dei tabù post-moderni più insidiosi, dal quale fino a qualche anno fa bisognava necessariamente emanciparsi nella Chiesa, è stato il lemma “Tradizione”. Il rischio, sempre ricorrente, è quello di emanciparsi però non solo da uno slogan, da una parola, per coniarne una nuova, ma dalla Chiesa stessa, che dalla Tradizione è strutturata e della Tradizione vive. Infatti, in diversi livelli ecclesiali, il processo del rinnovamento conciliare, doveva passare necessariamente per un ammodernato concetto di Traditio, che non ripetesse semplicemente quello che era stato già detto nei secoli precedenti, ma che desse alla stessa Chiesa un vigore nuovo e potesse essere inteso come dinamicità intrinseca, come vivezza del mistero, come progressività in una conoscenza biblica sempre più matura e intelligente, fino a scartare come non cattolico, quanto nella Bibbia non risultasse letteralmente scritto. Tradizione doveva passare attraverso il filtro delle Scritture, viste in qualche modo in opposizione ad essa e come suo metro di valutazione teologica. Il problema è che, in realtà, si trattava di un falso problema. Non c’era un’opposizione irriducibile tra Scrittura e Tradizione, per il semplice fatto che gli agiografi avevano scritto quanto il Signore aveva detto e quanto gli Apostoli avevano insegnato nella loro predicazione. La regola della fede sono le Scritture canoniche in quanto consegnate alla Chiesa, ispirate da Dio in ragione del fatto che, quei fedeli agiografi, avevano ricevuto dalla Chiesa per mano degli Apostoli quelle Parole, trasmesse con l’assistenza dello Spirito Santo. La Tradizione andava a costituire le Scritture e le Sacre Scritture diventavano il canone fisso di un dogma maturato in una compagine viva, nella Chiesa del Dio vivo, che così, con la sua stessa vita, diventava metro ultimo e prossimo della cattolicità. Perciò, la Bibbia non escludeva la Tradizione, né lo potrebbe. Facendo leva sulla scarsa distinzione dogmatica tra Scrittura e Tradizione di Dei Verbum – Tradizione è solo la predicazione apostolica e solo la trasmissione della Parola di Dio? (cf. Dei Verbum 9), oppure l’intera comprensione e trasmissione della fede, principiante dalla predicazione ed estesa a tutta la Chiesa, in ragione del Magistero ecclesiastico? –, e sul fatto che la classica distinzione delle due fonti della divina Rivelazione fu accantonata per chiari motivi pastorali ed ecumenici del Vaticano II, la divina Tradizione si è facilmente smarrita ed offuscata, per fare spazio solo alla Bibbia, che facilmente però scade nel libero esame, in una fede adogmatica, che oggi si direbbe “fai da te”. Si è smarrito il criterio dell’essere cristiani. La forma del cattolicesimo. Non basta la Bibbia, è necessaria anche la Chiesa. Quel «non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa», rivolto da S. Agostino ai donatisti, oggi è di un’attualità imprescindibile e potrebbe essere riformulato anche così: non avrei il Vangelo, né lo capirei, se non mi venisse dato e spiegato dalla Chiesa. La Scrittura come regola di se stessa, del suo esserci, di barthiana memoria, non regge. C’è prima la Chiesa e poi la stesura del Vangelo, prima la trasmissione di quanto il Signore aveva detto e fatto e poi la sua elaborazione scritta. Questo “prima” è da intendersi in senso cronologico, che distingue in modo ontologico l’alterità tra Tradizione e Scrittura e ne determina la loro impossibile riduzione ad unum. Nella “Tradizione apostolica”, poi, che riceve e trasmette la Parola del Signore, si innesta e si salda nell’unicità dello stesso tradere la “Tradizione ecclesiastica”, quale fedele deposito e accresciuta comprensione nel tempo della Chiesa di quelle verità di fede, che sempre identiche, crescono con colui che le medita, lasciando alla Chiesa il compito di scrutarle, di interpretarle rettamente e di insegnarle senza possibilità di errore. Anche quando le Parole del Signore furono messe per iscritto, la Tradizione (orale) non perse la sua efficacia, non solo al fine di interpretare rettamente le divine Scritture, ma per approfondire la stessa fede. Così, con quella divina suggestio dello Spirito Santo (cf. Gv 14,26), si arrivò alla comprensione e alla definizione di verità, quali la Verginità perpetua di Maria, l’Immacolata Concezione, il numero settenario dei Sacramenti, ecc.: non altre verità, ma quelle che il Signore aveva insegnato e che la Tradizione aveva ininterrottamente consegnato, attraverso le Scritture e attraverso la Trasmissione orale dell’unico insegnamento del Signore Gesù. Unico è il deposito della fede, identico e immutabile, due però le vie per riceverlo e ritrasmetterlo accresciuto fino a quando il Signore verrà: quella scritta e quella orale.
Come si vede, Tradizione non è un elemento opzionale, facilmente superabile tacendone la sua essenza o riducendolo al mero momento dell’interpretazione scritturistica. Non è neanche un discrimen politico, come purtroppo da diversi anni a questa parte viene inteso. Sì, forse è stata questa la ragione del suo progressivo accantonamento: una Chiesa (politicamente) più aperta al domani, al progresso, al mondo, all’evoluzione (-ismo), avrebbe dovuto rinunciare al dato antico, al suo passato, al suo ieri. L’ieri era immagine di una Chiesa fissista. L’oggi quello di una Chiesa capace d’avanguardie. Emanciparsi dalla Tradizione (dal mistero in definitiva) era l’urgenza dei tempi nuovi. Anche qui però si era impostato il problema in modo surrettizio: la Tradizione non era identità di un partito conservatore della Chiesa, era ed è la sua vita, la sua possibilità di essere, ieri come oggi. Se si rinuncia alla Tradizione, dimenticando quello che la Chiesa era, si smarrisce il vero fine di quello che la Chiesa dovrà essere. Un ritorno alla genuina e cattolica identità della Chiesa, è indispensabile per superare le divisioni nell’unico Corpo di Cristo e per dare speranza al futuro come presenza dell’unico ed indiviso Cristo nel mondo, per mezzo della Chiesa.
Continuare en http://catholicafides.blogspot.com/

La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa

Il 20 maggio scorso presso la Chiesa di Ognissanti in Firenze, sono stati presentati due recenti libri di Mons. Brunero Gherardini: Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Lindau 2011 e Quod et tradidi vobis. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Casa Mariana Editrice 2010.
All'incontro sono intervenuti oltre all'Autore, il prof. Don Renzo Lavatori, il prof. p. Serafino M. Lanzetta e la Dr.ssa Cristina Siccardi.


Da sinistra: Mons. B. Gheradini, C. Siccardi, P. S. M. Lanzetta e Don R. Lavatori