quinta-feira, 5 de novembro de 2009

Convegno sul SP: le riflessioni di un partecipante.

A distanza di alcuni giorni dal Convegno sul Summorum Pontificum dello scorso ottobre riportiamo l'entusiasmo di uno dei partecipanti che ha voluto condividere con noi queste righe.



Il 17 e il 18 ottobre ho avuto la possibilità di essere presente forse ad uno dei convegni più belli a cui abbia mai partecipato. Si tratta del II Convegno Motu Proprio Summorum Pontificum organizzato da “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum” e “Giovani e Tradizione”.

Il convegno, al quale hanno preso parte moltissime persone tra sacerdoti, religiosi, religiose e laici, ha visto la partecipazione di relatori molto importanti per dignità ecclesiastica, alta competenza sugli argomenti trattati e grande esperienza per analizzare con obiettività tutti i nodi fondamentali relativi al Post-concilio. Li elenco qui di seguito secondo l’ordine cronologico degli interventi: P. Vincenzo M. Nuara O.P., Moderatore del Convegno; S.E.R. Mons. Athanasius Schneider C.R.S.C., Vescovo Ausiliare di Karaganda in Kazakhstan; Prof. Roberto De Mattei, Docente di Storia della Chiesa e del Cristianesimo presso l’Università Europea di Roma; M.R.D. Michael John Zielinski O.S.B. Oliv., Vice-presidente della Pontificia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra; M.R. Mons. M° Valentino Miserachs Grau, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra; P. Stefano M. Manelli F.I., Fondatore e Ministro Generale dei Francescani dell’Immacolata; M.R. Mons. Prof. Brunero Gherardini, Ordinario Emerito di Ecclesiologia e Decano Emerito della Facoltà di Teologia nella Pontificia Università Lateranense, Canonico Vaticano.

P. Vincenzo Nuara nella sua prolusione ha sottolineato come negli ultimi quarant’anni sia avvenuto un vero e proprio crollo della liturgia causato dal forte antropocentrismo che ha caratterizzato l’interpretazione più diffusa del Concilio Vaticano II. A questo proposito egli ha ricordato il discorso di S.S. Benedetto XVI alla Curia Romana del 22 dicembre 2005 ed ha affermato che l’aver diviso la Chiesa in Pre-conciliare e Post-conciliare è stato un sacrilegio. Il P. Nuara ha poi sottolineato espressamente che “oggi la vera novità è la Tradizione, pena l’estinzione della Chiesa stessa” ed ha esortato a non aver paura del Concilio Vaticano II perché non si può aver paura della Chiesa e della sua storia.

Mons. Athanasius Schneider nella sua relazione ha sottolineato che “fare riferimento alle fonti patristiche non deve essere archeologismo liturgico” e si è soffermato in particolare sugli scritti di Clemente I (I. sec.), sulla Passio Perpetuae et Felicitatis (II-III sec., Africa Settentrionale) e sull’Anafora di S. Giacomo (III-IV sec., antica tradizione liturgica di Gerusalemme, madre di tutte le comunità cristiane): queste tre fonti rappresentano quella omogeneità liturgica che si esprime fin dai tempi apostolici e sub-apostolici. Negli scritti di Clemente I si trova già il termine ordo da cui deriva l’espressione ordo missae. Nell’Anafora di S. Giacomo si afferma che al momento del Sanctus tutta l’assemblea liturgica canta insieme agli angeli; la bocca dei Serafini canta incessantemente la teologia (nel senso di parlare di Dio e cantare la Sua gloria). Anche la dossologia (culto esterno) deve essere fortemente teocentrica: infatti è necessario anzitutto “essere orientati a Dio e alla Sua gloria, adorare la maestà di Dio in una dimensione di verticalità, trascendenza, adorazione, prostrazione (in greco proskýnesis)”; così “la liturgia è simultaneamente umana e divina, dove l’umano è orientato e subordinato al divino”. I Serafini, ai quali si unisce l’assemblea liturgica, cantano, dunque, incessantemente la teologia: ciò si ritrova anche nella Costituzione Sacrosanctum Concilium (n. 83), che recita: “Il culto cattolico è un culto razionale(in greco logiké latréia)”.

Il Prof. Roberto De Mattei nel suo intervento ha spiegato in modo mirabile come “nella romanità si riassume in modo visibile il Corpo Mistico di Cristo”: per questo motivo è necessario continuare ad usare la denominazione “Santa Chiesa Cattolica Romana”. A sostegno di ciò il professore ha citato S. Prospero di Aquitania e S. Leone Magno, per i quali è stata la Provvidenza a scegliere Roma quale sede della Cattedra di S. Pietro: da Roma il Cristianesimo poteva così irradiarsi in modo più facile e ampio seguendo le antiche strade dell’Impero. S. Tommaso d’Aquino condivide tutto ciò e aggiunge che Gesù non è nato a Roma ma a Betlemme perché doveva esprimere la Sua potenza nascendo in un luogo umile. Anche S. Caterina da Siena, richiamando Gregorio XI a Roma da Avignone, ribadì che “la Sede di Roma è il Principio e il Fondamento della nostra Fede”. Nella Pastor Aeternus si riafferma ciò che fu stabilito nel 1439 al Concilio di Firenze e cioè che il “Romano Pontefice è superiore a tutto il creato” e quindi agli stessi Concilii. Da qualche tempo purtroppo sono in atto due processi concentrici: la “de-romanizzazione” della Chiesa e la “de-cristianizzazione” di Roma, i quali confluirono nel Risorgimento italiano per poi riemergere nel Post-concilio: in verità, conclude il Prof. De Mattei, soltanto lo “spirito romano” è in grado di trasmettere il sensus Ecclesiae.

Ecco ora le due interessanti comunicazioni di argomento artistico-musicale. L’abate Michael John Zielinski nel suo intervento ha sottolineato come l’arte sacra debba essere sempre a servizio della liturgia. Sono pertanto deprecabili tutti gli orientamenti antropocentrici e antropomorfi che hanno influenzato negli ultimi tempi l’arte sacra, anche a causa dello sganciamento di quest’ultima dalla liturgia cattolica.

Mons. Miserachs Grau nella sua relazione ha evidenziato che l’antiromanità, di cui era a suo parere pervasa la commissione che redasse il documento post-conciliare Musicam sacram, ha determinato la rottura con il patrimonio musicale della Tradizione. S. Pio X scrisse nel motu proprio Inter sollicitudines del 22 novembre 1903, che “il canto gregoriano è vincolo formidabile di unità cattolica”. Il 22 novembre 2003 Giovanni Paolo II emanò il chirografo “Mosso da viva gratitudine” a ricordare l’attuale validità del documento scritto cent’anni prima dal Suo venerato predecessore S. Pio X: purtroppo quel chirografo di Giovanni Paolo II non sembra aver avuto quella risposta che il Pontefice stesso auspicava.

La relazione di P. Stefano M. Manelli F.I. è stata di una edificazione spirituale straordinaria. Egli in qualità di Ministro generale dei Francescani dell’Immacolata – congregazione che ha accolto ed applicato in modo esemplare il motu proprio Summorum Pontificum – ha illustrato quanti frutti di grazia si possano sviluppare nella vita religiosa a partire dallo stesso motu proprio. Purtroppo si constata che la maggior parte degli Ordini e Congragazioni religiose non hanno dato finora segnali di accoglienza del testo del Papa, il quale sicuramente sperava e spera in una più ampia e decisa risposta. Nella S. Messa secondo la forma straordinaria l’umano è subordinato al divino: Cristo è al centro, nel Crocifisso, sull’altare e nel tabernacolo. L’uomo, dando gloria a Dio nel S. Sacrificio della Messa, riceve da Lui la grazia per camminare in santità, verità e carità. Tale grazia si manifesta in modo più pieno attraverso un rito, quello antico, in cui ogni azione liturgica esprime razionalmente il Mistero di Dio che accetta il Sacrificio incruento di Suo Figlio Gesù Cristo dalle mani del sacerdote, accompagnato dalla preghiera di tutto il popolo.

Nella sua magistrale relazione Mons. Brunero Gherardini ha riaffermato “la ininterrotta ed inalterabile fedeltà della Chiesa al suo atto di nascita” ed ha aggiunto che “la successione apostolica è la garanzia di tale fedeltà”: i punti fermi sono quello dogmatico e quello etico. Poi ha fatto un riferimento alla scomunica comminata ai quattro vescovi ordinati validamente ma illecitamente da Mons. Lefebvre per affermare che prevalse purtroppo quello che egli ha icasticamente definito “il morso edace dell’emozione e della polemica”. In verità, secondo il pensiero di S.S. Benedetto XVI, l’unica maniera di rendere credibile il Concilio Vaticano II è il rendere visibile la sua continuità con la Tradizione (in greco: parádosis, dal verbo paradídomi-paradidònai). È necessario inoltre il permanere della interazione tra Successio e Traditio, considerando bene che la custodia della Tradizione è affidata al Successor. Bisogna stare attenti al falso concetto di “tradizione vivente” per cui la Tradizione vale “nella misura in cui risponde e soddisfa le esigenze del momento, altrimenti è messa da parte: in realtà questo sarebbe soltanto un modo per neutralizzare la Tradizione”. L’ermeneutica teologica definita della “continuità evolutiva”, al contrario, esclude tutti quei criteri immanentistici che si sono imposti, dall’Illuminismo ad oggi, sia alla filosofia che alla teologia.

Curatissime nel servizio dei chierici e sublimi nel canto gregoriano e polifonico sono state, inoltre, le Sacre Liturgie celebrate durante il convegno: esse sono iniziate con la S. Messa prelatizia in forma straordinaria celebrata da Mons. Athanasius Schneider, e proseguite con il canto del Veni Creator, la preghiera del S. Rosario, il Canto del Te Deum e Benedizione Eucaristica e culminate con il Solenne Pontificale secondo la forma straordinaria celebrato da S.E.R. Mons. Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nella Cappella del Ss.mo Sacramento della Basilica Patriarcale di S. Pietro (il primo dopo quarant’anni!). Il servizio musicale durante tutte le Sacre Liturgie è stato magistralmente svolto da un coro di Francescani e Francescane dell’Immacolata. (L.L.)

fonte:rinascimento sacro