terça-feira, 20 de abril de 2010

LA BELLEZZA IN OGNI ASPETTO DEL RITO LITURGICO



Scrive il Santo Padre Benedetto XVI, al n. 35 dell’Esortazione Sacramentum Caritatis:
«Il rapporto tra mistero creduto e celebrato si manifesta in modo peculiare nel valore teologico e liturgico della bellezza. La liturgia, infatti, come del resto la rivelazione cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritatis splendor. Nella liturgia rifulge il Mistero pasquale mediante il quale Cristo stesso ci attrae a sé e ci chiama alla comunione. [...]
La bellezza della liturgia è parte di questo mistero; essa è espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra. [...] La bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell’azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione. Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba avere perché l’azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria».
La bellezza di Cristo si riflette soprattutto nei santi e nei cristiani fedeli di ogni epoca, ma non bisogna per questo dimenticare o sottostimare il valore spirituale delle opere d’arte che la fede cristiana ha saputo produrre per metterle a servizio del culto divino. La bellezza della liturgia si manifesta concretamente attraverso oggetti materiali e gesti corporei, di cui l’uomo – unità di anima e di corpo – ha bisogno per elevarsi alle realtà invisibili e rafforzarsi nella fede. Il Concilio di Trento ha insegnato:
«La natura umana è tale che non può facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa, come pia madre, ha stabilito alcuni riti [...] per rendere più evidente la maestà di un sacrificio così grande [l’Eucaristia] e introdurre le menti dei fedeli, con questi segni visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi realtà nascoste in questo sacrificio» (DS 1746).
L’arte sacra, le sacre vesti e suppellettili, l’architettura sacra: tutto deve concorrere a far consolidare il senso di maestà e di bellezza, a far trasparire la «nobile semplicità» (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 34) della liturgia cristiana, che è liturgia della vera Bellezza.
Il servo di Dio Giovanni Paolo II ha ricordato l’episodio evangelico dell’unzione di Betania, per rispondere alla possibile obiezione sulla bellezza delle chiese e degli oggetti destinati al culto, che potrebbero risultare fuori luogo se posti di fronte alla grande massa dei poveri della terra. Egli ha scritto:
«Una donna [...] versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda (cf. Mt 26,8; Mc 14,4; Gv 12,4) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno “spreco” intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare [...], Egli guarda all’evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l’unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell’onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte, indissolubilmente legato com’è al mistero della sua persona» (Ecclesia de Eucharistia, n. 47).
E ha concluso:
«Come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di “sprecare”, investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell’Eucaristia. [...] Sull’onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza dell’evento celebrato. [...] Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L’architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell’Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione» (ibid., nn. 48-49).
È necessario perciò avere tutte le attenzioni e le cure possibili perché la dignità della liturgia risplenda sin nei minimi dettagli nella forma della vera bellezza. Bisogna ricordare che anche quei santi che hanno vissuto la povertà con particolare impegno ascetico, hanno sempre desiderato che gli oggetti più belli e preziosi fossero destinati al culto divino. Menzioniamo qui un solo esempio, quello del Santo Curato d’Ars:
«Don Vianney aveva subito amato quella vecchia chiesa [di Ars] come la casa paterna. Per abbellirla iniziò dal principale, cioè dall’altare, centro e ragione d’essere di tutto il santuario. Per rispetto all’Eucaristia, volle quello che di più bello era possibile avere. [...] Quindi aumentò il guardaroba del buon Dio, come diceva lui, nel suo linguaggio colorito e immaginoso. Visitò a Lione i negozi di ricamo, di oreficeria, e vi acquistò ciò che vi trovava di più prezioso. “Nei dintorni, confidavano i suoi fornitori meravigliati, c’è un piccolo Curato, magro, malmesso, che ha l’aria di non averne mai neanche uno in tasca e che, per la sua chiesa, vuol sempre ciò che c’è di meglio!”» (F. Trochu, Il Curato d’Ars, Marietti, Torino 1964, p. 173).

Fonte vatican.va