Non è solo un rito antico, bello, ricco di simboli, affascinante. No, la Santa Messa nella sua forma extraordinaria del rito Romano, è anche Vocazione per eccellenza, per chierici e laici; possiamo definirla patrimonio mondiale della spiritualità, una vera trasfusione di grazia. E’ quello che mi è accaduto quando ho assistito per la prima volta ad una Santa Messa tradizionale; Madrid, 8 Dicembre 2009: Tercer Monasterio de la Visitación de Santa María.
Da alcuni anni mi ero ormai già abituato a pregare in latino, senza neanche sapere perché e che cosa nella sua profondità io volevo trovare. Era già un po’ di tempo che sentivo parlare di questo ritorno del latino, della Messa tradizionale, ma avevo compreso ben poco di tutto ciò.
Così trovandomi a trascorrere alcuni giorni a Madrid, decisi di recarmi verso questo Monastero dove si celebra regolarmente la Santa Messa Tridentina da un Sacerdote dell’Istituto Cristo Re e Sommo Sacerdote . Ecco, del rito, dei gesti, degli inchini e dei tempi liturgici io non avevo capito quasi nulla; avevo invece percepito solo che fu una vera folgorazione. Si, la santa Messa durò poco più di un’ora, ma la mia percezione fu un istante di tempo; in effetti, la sensazione che io avevo provato fu quella di trovarmi nel non-tempo (Dio è presente infinito senza tempo, come spiega sant’Agostino), ovvero nella contrapposizione al secolo, contro la sua visibile percezione: quell’istante vissuto fu termine di paragone dell’eternità. Non avevo voglia di nessuna fuga mundi, nè avevo capacità visionarie o mistiche, ma vivevo, come molti Cattolici di oggi, in uno stato di anemia spirituale, con una fede a volte pallida quasi stanca.
Il senso del sacrificio della Vittima durante quella Messa mi fu reso vivissimo; non misi affatto in dubbio la verità della Messa nel suo Novus Ordo Missae, ma ebbi la capacità di carpire che il Vetus Ordo versava più degnamente i dovuti tributi al senso Sacrificale della Vittima. Quel concetto di Sacrificio della Vittima che si fonde con il Sacerdote durante la Messa, così egregiamente spiegato da Mons. Marcel Lefebfre “Più il sacerdote è unito a Dio e più il suo sacrificio è perfetto; più è unito alla vittima e più ugualmente il suo sacrificio è perfetto”, deve rimanere valido anche per il Novus Ordo, e purtroppo non è così. Se svisceriamo il suo significato etimologico, valutando anche l’aspetto puramente religioso-simbolico e di Tradizione della Chiesa, il Vetus Ordo Missae rappresenta meglio l’aspetto del Sacrificio, perché viene ad inquadrarsi in un contesto storico e spirituale più appropriato nel descrivere momenti cruciali dell’Antico e del Nuovo Testamento. E’ la storia che ci segna quotidianamente, con i simboli e segni; non possiamo campare con la testa fra le nuvole, è chiaro che l’uomo ha bisogno costantemente di punti di riferimento stabili, anche materiali, per raggiungere Dio, ecco perché la simbologia della Messa è necessaria, essi sono punti di appiglio per lo slancio verso il mistero; proprio come il Doctor Angelicus che con la sua via ex-motu vuole dimostrare l’esistenza di Dio: da ciò che vediamo muoversi possiamo risalire a Lui, al mistero.
Di fatto nessuno riesce a decifrare e a descrivere la capacità della santa Messa tradizionale nell’elargire grandi poteri spirituali in uno spazio così ristretto quale quello temporale, e questo ne testimonia la sua perenne validità e la sua origine sovrannaturale. Ci troviamo come l’Alighieri nel XXXIII canto del Paradiso, che con le nostre incapacità materiali tentiamo vagamente di voler raggiungere il mistero della Transustanziazione ("Oh abbondante grazia ond'io presunsi / ficcar lo viso per la luce etterna, / tanto che la veduta vi consunsi!").
Tutto crolla di fronte all’ineffabile Presenza, resta solo la fede che ho ritrovato in una forma rinnovata, anche più semplice dopo quella prima S. Messa Tridentina. Fede che non è l’oggetto di un’ignoranza popolare, ma condividere il mistero della Santa Messa così come si presenta.
da Messainlatino