Istruzione sulla s. Messa
Presso
tutti i popoli, che la storia ricorda, troviamo il sacrifizio non solo interno e
del cuore, come per esempio la rassegnazione e la preghiera, ma anche l'esterno,
il quale solo, propriamente parlando, appellasi sacrifizio. Il sacrifizio
fu in ogni tempo considerato come parte essenziale del divin culto. Sotto il
nome di sacrifizio strettamente e propriamente parlando s'intende una offerta
esterna di un oggetto materiale fatta a Dio, quale supremo ed infinito padrone,
da un ministro pubblico e a ciò deputato (il sacerdote) a fine, coll'immutazione
{96 [104]} od anche colla totale distruzione di quest'oggetto materiale, di
attestare e riconoscere solennemente il supremo dominio di Dio sopra tutte le
cose[4]. In questo senso gli ebrei offrivano, secondo la prescrizione di Mosè,
vari sacrifizi, i quali oltre i particolari loro fini figuravano ancora l'unico
sacrifizio del cristianesimo e ricordavano la necessità della penitenza senza
aver la forza di operare la conversione dei cuori, e la remissione dei peccati.
Al contrario il sacrifizio del cristianesimo opera per propria virtù nelle anime
il pentimento, il perdono dei peccati {97 [105]} e la santificazione degli
uomini: ed è perciò il compimento d'ogni sacrifizio, è la fonte più feconda
delle celesti benedizioni, è il mezzo più potente per condurre le anime
all'eterna felicità. Questo sacrifizio d'infinito valore offrivalo Gesù Cristo
Dio-Uomo morendo sulla croce a fine di riconciliare la caduta umanità colla
santità e colla giustizia del suo Eterno Padre, e per farci ritornare figliuoli
di Dio ed eredi del paradiso. Al compimento di questo sacrifizio in croce
dovevano, secondo le profezie, cessare tutti i sacrifizi giudaici, e questo
sacrifizio della croce si doveva in perpetuo rinnovare e rappresentare in una
maniera incruenta, cioè non sanguinata, affinchè tutti i fedeli, col partecipare
a questo sacrifizio, partecipassero di continuo ai meriti di Gesù Cristo,
porgessero a Dio il debito tributo di adorazione, di ringraziamento e di
preghiera, ed entrassero in intima comunicazione col loro divin Redentore.
Questo eccelso sacrifizio dal quale tanto bene deriva ai fedeli, ed eccita
sentimenti di fede, {98 [106]} speranza e carità, umiltà, pentimento,
obbedienza, divozione a Gesù Cristo, è la s. Messa dei cattolici, siccome fu dai
profeti predetta, e realmente da Gesù Cristo instituita. Che la Messa sia un
vero sacrifizio lo definì il Concilio di Trento con queste parole: « Se
alcuno dirà non venir nella Messa offerto al Signore un vero e proprio
sacrifizio, oppure questo sacrifizio in nient'altro consistere, che nella
partecipazione di Cristo, sia scomunicato. » (Sess. XXII, can. I).
Fra le
profezie sulla s. Messa più rilevante avvi quella del profeta Malachia; Iddio
per bocca di questo profeta parlando agli ebrei, loro dice: « Io più non ho
in voi compiacenza alcuna, e non riceverò più dalle vostre mani alcun
sacrifizio. Imperocchè dall'oriente fino all'occidente il mio nome è grande fra
i popoli, e in tutti i luoghi viene offerto al mio nome un sacrifizio mondo.
Imperocchè il mio nome sarà glorioso fra i popoli, dice il Signore degli
eserciti. » (Malach. I, 11). Inoltre per bocca del profeta Davide l'Eterno
Padre dice di Gesù Cristo (Salm. 109): Tu sei sacerdote in eterno {99
[107]} secondo l'ordine di Melchisedecco il quale offrì al Signore pane e
vino (Gen. XIV, 18).
La
Chiesa cattolica sulla scorta dei santi Padri ha sempre applicate ambedue queste
profezie alla Messa. Fra i ss. Padri che parlano di questo sacrifizio s. Ireneo,
il quale fiorì nel secondo secolo della Chiesa, dice: Cristo prese ciò che in
virtù di sua creazione era pane, rese grazie e disse: questo è il mio Corpo, e
similmente il Calice.... lo riconobbe suo Sangue, e instituì perciò il novello
sacrifizio della novella alleanza, che la Chiesa ricevette dagli apostoli, e in
tutto il mondo offre a Dio: del qual sacrifizio Malachia predisse: Dall'oriente
ecc.
È
chiaro pertanto che nelle addotte profezie il Signore annunziò:
1°
L'abolizione del sacrifizio dell'antica legge, anzi l'abolizione della legge
medesima. Ciò dimostrasi sovratutto da quelle parole di Malachia: Io più non
ho in voi compiacenza alcuna, e non riceverò dalle vostre mani alcun
sacrifizio.
2°
L'istituzione di un novello sacrifizio. Malachia infatti parla di un sacrifizio
{100 [108]} che allora non esisteva ancora, perciò non di un sacrifizio
puramente interno di ringraziamento, di lode o di buone opere che allora già
esisteva, e che gli antichi patriarchi sempre offrirono fin dal principio del
mondo. Inoltre il profeta oppone questo sacrifizio ai sacrifizi dei sacerdoti
ebrei, esterni e reali: ciò vuol dire, che sarebbe anche questo un sacrifizio
esterno e reale. Finalmente lo chiama mondo, tale cioè che non resterebbe
macchiato dall'indegnità dell'offerente, la qual cosa non può essere dei
sacrifizi puramente spirituali, i quali più o meno partecipano dei difetti
dell'umana debolezza.
3°
Annunzia un sacrifizio, che nel merito intrinseco e nell'eccellenza avrebbe di
gran lunga superati i sacrifizi giudaici e pagani. Lo chiama mondo ancora per
opposizione a quelli de' giudei e del gentilesimo, i quali od erano impuri,
ovvero non possedevano alcuna virtù interna di comunicare agli uomini la grazia
e l'interna santità.
4°
Questo novello sacrifizio doveva {101 [109]} avere una somiglianza col
sacrifizio di Melchisedecco, il quale offri pane e vino (Gen. XIV). Dunque anche
questo doveva avere l'aspetto di pane e di vino. In questo senso il Messia, che
lo avrebbe instituito e offerto, sarebbe sacerdote secondo l'ordine di
Melchisedecco, e non secondo l'ordine di Aronne (il quale doveva offrire carne e
sangue di animali) col quale nome avrebbe dovuto essere chiamato, se il profeta
con questo sacrifizio avesse voluto solamente parlare del sacrifizio sanguinoso
della croce.
5°
Questo sacrifizio inoltre non sarebbe offerto in un luogo solo, come i sacrifizi
giudaici si offrivano nel solo tempio di Gerusalemme, nè una sola volta, come il
sacrifizio della Croce, ma su tutta la superfìcie della terra, dall'oriente
all'occidente, e sino alla fine del mondo. Per questo motivo il Messia autore
del medesimo, che pel primo l'offrì, non vien semplicemente chiamato
sacerdote, ma sacerdote in eterno, perchè per mezzo de' suoi
ministri offrir doveva ogni giorno all'Eterno {102 [110]} Padre il sacrifizio
incruento della propria carne e del proprio sangue.
Siccome
dunque il sacrifizio predetto tanti anni prima da Malachia non può essere il
sacrifizio incruento della croce, nè un sacrifizio interno di lode o di buone
opere, e meno ancora un sacrifizio dei giudei e dei gentili, bisogna di
necessità intendere il sacrifizio instituito dal divin Salvatore nell'ultima
cena, il quale non cessò mai da quel tempo di essere offerto in ogni parte del
mondo dai sacerdoti della sua Chiesa. Un breve sguardo a quanto Egli operò in
quella cena, e a ciò che si opera nella Chiesa Cattolica, finirà di convincerci
di questa verità.
La
vigilia di sua passione, mentre gli apostoli mangiavano, così l'Evangelista s.
Matteo, Gesù prese del pane, lo benedisse, lo ruppe e lo distribuì ai suoi
discepoli dicendo: prendete e mangiate, questo è il mio Corpo. Poscia prese il
calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, dicendo: bevetene tutti,
imperciocchè questo è il mio Sangue, Sangue del novello testamento, il {103
[111]} quale sarà sparso per molti in remissione dei peccati. Con s.
Matteo si accordano pienamente gli altri Evangelisti, e la narrazione di s.
Paolo. E poichè qui si trovano tutti i requisiti di un vero sacrifizio, non si
può mettere in dubbio, che Gesù Cristo non abbia offerto nell'ultima cena un
vero e reale sacrifizio. Noi vi troviamo 1° la benedizione, la preghiera di lode
e di ringraziamento a Dio datore di ogni bene; 2° la immolazion della vittima:
cioè nella conversione separata in virtù delle parole di Cristo, del pane nel
Corpo e del vino nel Sangue, vi troviamo se non reale, una mistica separazione
del sangue dal corpo, e con ciò uno stato di vittima; 3° la partecipazione al
sacrifizio, che era pure una delle condizioni dell'olocausto pacifico. Poichè
ebbe Cristo offerto nell'ultima cena questo sacrifizio puro ed immacolato,
predetto dai profeti, egli lo instituì e ordinò a tutti i luoghi, popoli e
tempi, come un monumento di sua passione e morte da conservarsi per sempre nella
sua Chiesa: e perciò aggiunse: Fate ciò in memoria {104 [112]} di
me. Con le quali parole diede agli Apostoli ed ai loro legittimi successori,
i vescovi e gli altri sacerdoti, non solamente la potestà, ma il comando di fare
ciò che aveva fatto egli stesso.
Pertanto la Messa della Chiesa Cattolica è l'adempimento di questo divin
comando, ed è una continua ripetizione, e rinnovazione di quel sacrifizio
instituito da Gesù Cristo nella vigilia di sua passione. La cosa è chiara per
chiunque voglia paragonare l'uno coll'altro sacrifizio. Imperocchè come in
quello Gesù Cristo 1° ringraziò Iddio, 2° cangiò il pane ed il vino colla sua
onnipotente parola, 3° diede in cibo e bevanda ai suoi discepoli la propria
carne e sangue; così nella s. Messa sono contenute queste tre parti essenziali,
1a l'offerta col ringraziamento, l'Offertorio ed il Sanctus,
2a la transostanziazione, 3a la comunione. L'introito
della Messa fino al Vangelo, e le preghiere che accompagnano questa prima parte
non sono punto essenziali al sacrifizio, ma furono stabilite fino dai primitivi
tempi della Chiesa per innalzare sempre {105 [113]} più la maestà di questo
sublime mistero, e rendere a noi più sensibile il pregio infinito di
quest'azione.
Dalle
cose fin qui dette risulta ancor chiaro, che la Messa è essenzialmente lo stesso
sacrifizio che Gesù Cristo offrì sulla Croce, e in ciò solo si differenzia, che
quello fu cruento cioè sanguinoso, questo è incruento, cioè senza spargimento di
sangue. Tanto nell'uno quanto nell'altro vi ha la medesima vittima, il medesimo
offerente Gesù Cristo. In croce Gesù Cristo offrì sè medesimo al suo celeste
Padre in remissione dei nostri peccati; nella s. Messa offre parimenti se stesso
per noi per mezzo del sacerdote. Onde questi non pronunzia già le miracolose
parole della consacrazione in persona propria, ma a nome di Gesù Cristo; non
dice: questo è il Corpo di Cristo, ma questo è il mio Corpo. Perciò Gesù
Cristo è vero sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedecco. Egli è che
quotidianamente per mano de' sacerdoti offre sui nostri altari il sacrosanto
sacrifizio della sua carne e del suo sangue sotto {106 [114]} le specie di pane
e di vino. A questo proposito dice s. Tommaso d'Aquino: Non potendo alcuno in
veruna circostanza rappresentare la persona di un altro senza averne prima
ottenuta l'autorità, Gesù Cristo autorizzò alcuni, i soli apostoli e loro
successori, i sacerdoti, per essere i veri ministri di questo sacrifizio
eucaristico. Imperocchè a loro soli ha detto: fate questo in memoria di
me.
È
chiaro altresì che la dottrina della transostanziazione del pane e del vino nel
Corpo e Sangue di Gesù Cristo, e la credenza nella presenza reale e permanente
di lui sono i fondamenti del dogma della s. Messa. Questa dottrina e la fede
nella presenza reale ricavasi apertamente dalle parole di Cristo agli apostoli,
e dal costante sentimento della Chiesa, la quale cominciando dagli immediati
discepoli del Salvatore ha sempre creduto così. Questo pensiero deve essere per
ogni anima cristiana feconda sorgente di profondissima divozione. Imperciocchè
dopo diciannove secoli si trova Gesù nella SS. Eucaristia {107 [115]} presente
non già per simbolica ricordanza, ma in persona, vivo, e in tutta la pienezza di
sua grazia, del suo amore. Egli vi si trova Dio e Uomo in istato di vittima,
quale avvocato, pregando l'Eterno suo Padre che guardi benigno il suo popolo
pentito. Egli vi si trova per ottenere misericordia e perdono dei peccati,
specialmente a quelli, che a lui di cuore si rivolgono.
Il
grande valore e l'eccellenza della s. Messa si può da ognuno scorgere di
leggieri. Se Gesù Cristo è la vittima e l'offerente supremo, certamente la s.
Messa riesce gratissima a Dio. Se per mezzo di altri sacrifizi gli dimostriamo
già il nostro rispetto, adorazione e riconoscenza, perchè lo riconosciamo
supremo Padrone e Datore di ogni bene, la s. Messa qual sacrifizio del suo
dilettissimo Figliuolo riesce indubitatamente un sacrifizio di infinito
gradimento l'atto più grande di religione, l'adorazione più rispettosa, un
contracambio infinito. Perocchè noi offriamo al celeste Padre in adorazione e
riconoscenza il suo Figliuolo in qualità di vittima, e accompagniamo {108 [116]}
quest'infinita offerta con sentimenti personali di ossequio e di gratitudine. E
quindi si comprende eziandio che la s. Messa deve essere un sacrifizio
espiatorio pei vivi e pei defunti. Gesù Cristo in vero offri se medesimo in
croce pei nostri peccati, e questa offerta viene rinnovata nella s. Messa. In
verità per quel che è del peccato veniale, s. Tommaso scrive così: l'essenza
di questo sacramento è l'amore, il quale non solo naturalmente si eccita, ma
anche si esterna per mezzo di questo sacramento; pel qual atto di amore i
peccati veniali restano perdonati. Riguardo poi ai mortali, la virtù del s.
Sacrifizio è solo indiretta in quanto che muove Iddio a concedere le grazie del
pentimento a coloro pei quali viene offerto. Inoltre essendo il valore e
l'efficacia della Messa infinita in virtù dei meriti di Gesù Cristo, questo
sacrifizio rende la migliore soddisfazione che possa immaginarsi alla divina
giustizia per i peccati nostri e pei peccati di coloro, che sono già nell'altra
vita. Perciò nella s. Messa si prega il Signore che in vista del sacrifizio di
Gesù Cristo egli {109 [117]} voglia perdonare ai vivi e ai defunti la pena
dovuta per li peccati. Onde consegue che la s. Messa sia anche un sacrifizio
eminentemente espiatorio.
In
tutte le circostanze della nostra vita interna ed esterna, fauste ed infauste,
noi sempre possiam metterci in relazione colla s. Messa, a fine d'impetrare, pei
meriti di Gesù Cristo, grazia, consolazione e conforto nei patimenti, felicità
per noi e per altri ecc. Tutto quello che chiederete al Padre in nome mio, vi
sarà concesso, dice Cristo medesimo. Questi sono i grandi effetti che
derivano direttamente dalla s. Messa, i quali scaturiscono unicamente dalla
virtù di Gesù Cristo, nè perdono nè guadagnano dall'indegnità o dalla santità
del sacerdote.
Queste
osservazioni sulla s. Messa devono animare potentemente ogni fedele ad
assistervi non solo nei giorni festivi, ma ancora nei dì feriali, per quanto lo
permettono i doveri del suo stato.
Giova
poi il sapere, che le varie cerimonie e preghiere di cui si compone la s. Messa,
quanto alla sostanza, sono antiche {110 [118]} quanto il cristianesimo, come ce
lo dimostra la storia ecclesiastica; cosichè le preghiere e le cerimonie che si
usano oggidì nella s. Messa sostanzialmente sono le stesse, che si usavano nei
tempi apostolici. Queste preghiere e cerimonie si possono distinguere in tre
parti. Le une formano come l'apparecchio della Messa e sono:
1°
L'introito, il quale esprime una lode al Signore, e consiste in un
versicolo tratto dai salmi, o da alcun altro libro della s.
Scrittura.
2° Il
Kirie, con cui confessiamo la nostra reità e preghiamo Iddio ad usarci
misericordia.
3° Il
Gloria, nel quale ci solleviamo col pensiero alla gloria celeste e alla
patria dei santi. Per altro nei tempi di tristezza e nelle messe pei defunti il
Gloria si tralascia, come anche nelle messe feriali e votive, perchè in
queste Messe dobbiamo solo pensare alle nostre infermità, a piangere i nostri
peccati, o a suffragare le anime dei nostri trapassati.
4° Le
Collette, ossia Orazioni, nelle {111 [119]} quali il sacerdote a nome della
Chiesa prega pel popolo presente, acciocchè per la bontà di Dio e per
l'intercessione dei santi, dei quali si fa memoria, sia fatto degno di
partecipare ai santi misteri.
5°
L'Epistola ed il Vangelo sono letti dal sacerdote ad istruzione del popolo, al
quale vengono spiegati nelle Messe parochiali nei giorni festivi.
6°
L'Offertorio in cui il sacerdote dopo avere recitate alcune parole di lode a
Dio, fa a Dio in nome suo e del popolo la offerta del pane e del
vino.
7° Il
Prefazio, il quale è un invito che il sacerdote fa al popolo perchè sollevi la
mente e il cuore a Dio per prepararsi al grande miracolo che sta per compiersi
nella consacrazione del pane e del vino.
Le
altre formano come il corpo della Messa e sono quelle comprese nel Canone, il
quale sostanzialmente si può dire ordinato dagli stessi Apostoli. Ora nel Canone
si distinguono le seguenti parti principali:
1° Il
sacerdote prega per tutta la Chiesa, {112 [120]} pel sommo Pontefice, pel
vescovo e per tutti i fedeli in comune.
2° Fa
il Memento, ossia la commemorazione dei vivi, pregando solo nel segreto della
sua mente per quelle persone in particolare di cui esso intende fare una
menzione speciale.
3° Fa
la commemorazione di Maria SS., degli Apostoli, e dei Martiri principali dei
primi tempi, invocando il loro patrocinio.
4°
Messe le mani sopra l'ostia ed il calice lo offre a Dio, pregando che questi
elementi vengano transostanziati nel corpo e nel sangue di Gesù
Cristo.
5° Fa
la consacrazione del pane, proferendo le parole: Questo è il mio corpo, e
adorata col genuflettere l'Ostia consacrata, la alza perchè sia veduta ed
adorata dal popolo. Quindi consacra il vino proferendo le parole: Questo è il
calice del sangue mio, della nuova ed eterna alleanza; mistero di fede, il quale
sarà versato per voi e per molti nella remissione dei peccati: e adorato che
ha col genuflettere il Sangue del {113 [121]} nostro Divin Redentore, alza il
Calice perchè sia veduto e adorato dagli astanti.
6°
Prega l'Eterno Padre che si degni di accettare questo sacrifìcio, in sacrificio
di lode, di ringraziamento e di propiziazione.
7°
Prega per tutti i fedeli defunti, facendo nel segreto della sua mente menzione
di alcuni in particolare.
8° Fa
ancora la commemorazione di altri santi martiri.
9°
Recita il Pater noster.
10.
Spezza l'Ostia consacrata in due parti, e da una di queste spicca una particella
che mette nel calice.
11.
Invoca tre volte l'Agnello di Dio, cioè Gesù Cristo ad avere pietà di noi,
quindi recita tre belle orazioni per apparecchiarsi alla ss.
Comunione.
12.
Dette tre volte: Signore non sono degno che veniate sotto il mio tetto: cioè,
che voi entriate nel mio cuore, ma dite soltanto una parola, e l'anima mia sarà
salva, si comunica con ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, e poi
distribuisce la Comunione ai fedeli. Quando per altro vi {114 [122]} sono molti
da comunicare, per non troppo trattenere in chiesa gli altri, si aspetta a dare
la Comunione al termine della Messa. 13. Raccolti i fragmenti della SS.
Eucaristia, che sono sul lino detto Corporale, li mette nel calice, e infondendo
nel calice un po' di vino, lo consuma. Quindi si purifica le dita con vino ed
acqua che infonde nel calice, e li consuma.
Finito
il Canone, viene la conclusione della Messa, nella quale il sacerdote 1° recita
una o più preghiere per ringraziare Iddio di aver partecipato al Corpo e Sangue
di G. C. 2° dà la Benedizione al popolo. 3° legge il principio del Vangelo di s.
Giovanni, o qualche altro squarcio dei ss. Evangeli.