“Maria, con te anche sotto un ponte”
Cinque domande a ZOE MANTOVANI
A
partire dal 1955, dopo la morte improvvisa di
Wanda Guerrato, Maria fu accolta in un’altra famiglia,
la terza, quella dei signori Mantovani che
a quel tempo era composta da Novella Matassi vedova
Mantovani e i
fi gli Gino, Zoe ed Emanuele.
Con Zoe nascerà un profondo sodalizio che durerà
fi no
alla morte. Ed è proprio Zoe Mantovani l’ospite di questa
intervista.
Chi, infatti, meglio di lei può parlarci di Maria! Colei che è
stata vicino alla Venerabile come una sorella amorevole,
accudendola nella malattia e condividendo le gioie e i
dolori quotidiani; custodendo nel suo cuore e con grande
discrezione gli episodi straordinari che si manifestarono
nella vita di Maria.
1.
Lei ha condiviso circa un trentennio di vita con Maria
Bolognesi e sappiamo che il vostro rapporto era
quello di due sorelle, perciò credo che per i nostri amici
lettori sarebbe interessante sapere in che circostanze ha
incontrato per la prima volta la Venerabile.
-La mia famiglia è venuta ad abitare a Rovigo il 24 dicembre
del 1949 ed il 1949 è stato l’anno in cui ho conosciuto
Maria, in chiesa, in Duomo. È stata lei ad avvicinarsi
a me per chiedermi di pregare insieme e lo facemmo
davanti all’altare della Madonna delle Grazie.
Successivamente a questo incontro, quello con la signora
Giulia Gottardo, nella Chiesa di San Domenico:
ella parlò proprio di Maria come persona bisognosa di
cure e di attenzioni… Capii al volo la situazione e mi offrii
per far confezionare una sciarpa di lana per la giovane.
Quando Maria la ricevette – era ospite in casa dei signori
Guerrato – espresse il desiderio di conoscermi… così la
incontrai per la seconda volta.
Arrivò il mese di maggio 1950. Una mattina, improvvisamente,
me la vidi davanti ad un negozio di mercerie.
Fu una vera gioia, per ambedue, il rivedersi, incredule e
incapaci di comprendere il perché di un così lungo silenzio.
Ricordo molto bene ciò che Maria disse alla
fi ne:
“Adesso che l’ho incontrata, non ci perderemo più”. E
fu così perché da quel giorno in poi Maria cercava di
telefonarmi, oppure ci si incontrava nella Chiesa di San
Domenico, o in Duomo.
Con le sue doti eccezionali di bontà e di generosità, Maria
ispirava
fiducia e sicurezza. Era sempre circondata
da tante persone bisognose della sua parola di conforto,
persone che ella sapeva illuminare e consigliare, eppure
avvertivo che voleva tenermi vicina, che desiderava
avere un dialogo con me. Più volte, infatti, in quel tempo
e poi anche in seguito, Maria ripeteva e mi ha ripetuto:
“Stammi vicina”.
2.
-Come è maturata in lei la decisione di seguire Maria
e di stare costantemente al suo
fi anco?
-Per permettere ai lettori di comprendere in pieno la mia
risposta, credo sia utile risalire indietro nel tempo, riportando
due episodi della vita di Maria, da lei vissuti alcuni
mesi prima di entrare in casa in casa mia e di iniziare a
vivere con i miei famigliari.
Ecco il primo, riportato nel suo Diario, risalente al 6 agosto
1955, tre settimane dopo la morte della signora Wanda
Guerrato; così Maria lasciò scritto: “Con
fidai al Direttore
spirituale se fosse contento, [dicendogli che] come
amica di
fiducia mi terrei Zoe, le confiderei qualcosa.
[Riporto la risposta di mons. Rodolfo Barbieri]: Figliuola,
credo anch’io che Zoe possa essere l’unica persona per
ogni cosa. Mandala qui, le parlerò io…”.
Successivamente, il 9 ottobre dello stesso anno, quando
Gesù preannunciò a Maria una emotisi, Egli aggiunse subito:
“Avverti pure Zoe che ti assista senza riguardo…”.
Riporto sempre dal Diario: alla data del 6 settembre
1966, Maria riferì un lungo colloquio avuto con Gesù,
in cui Lui le preannunciava l’uscita da casa Mantovani;
di tale dialogo, metto in evidenza solo una frase, quella
in cui è pronunciato anche il mio nome: “Ebbene Maria,
presto lascerai questa casa, ti seguirà anche Zoe, tu hai
bisogno di una libertà completa…”.
Ecco l’ultima richiesta di Gesù, formulata in data 7 ottobre
1955: “Maria, domani partirai… Non preoccuparti,
domattina li avverti (i parenti di Zoe) e partirete…”.
A questo punto credo che i lettori siano consapevoli del
ruolo che il Signore mi aveva assegnato, ruolo che si
stava de
finendo sempre meglio e che accettai con gioia
perché, aiutando Maria, sapevo di fare la volontà del
Signore; e a Maria, che si preoccupava per me, io dissi:
“Maria, con te anche sotto un ponte”.
3.
-Ed ora la nostra domanda di rito: se dovesse descrivere
Maria Bolognesi con tre aggettivi, quali
userebbe?
-Sono moltissimi gli aggettivi che vorrei indicare ai lettori
di “Finestre Apete”: sono tutti belli e in relazione con le
virtù eroiche che Maria ha esercitato in vita, preferisco
però uscire da questo schema per soffermarmi su questi
tre: EQUILIBRATA - DELICATA - AUTOREVOLE.
4.
-Basta addentrarsi in una qualsiasi biografi a della
Venerabile per rendersi conto che ci si trova di
fronte ad un mistica. Condividendo con Maria la quotidianità,
avrà avuto modo lei stessa di venire a contatto
con questa realtà soprannaturale. Potrebbe raccontarci
con quale spirito Maria Bolognesi viveva questi doni
straordinari?
-Prima di rispondere a questa domanda, vorrei riportare
ai nostri amici lettori un fatto vissuto insieme ai miei famigliari
nel mese di novembre del 1955.
Da meno di un mese, Maria era stata accolta in casa
nostra, per curarsi e per riprendersi da una gravissima
spossatezza, che non le permetteva di stare in piedi, anche
perché accompagnata da febbri persistenti ed altissime,
intorno ai 41/42 gradi.
Nel primo pomeriggio mi chiama in camera e con le lacrime
agli occhi mi dice: “Devo lasciare questa casa,
devo andare via per sempre”.
Sgomenta, chiamo i fratelli e ci facciamo in quattro per
recuperare i suoi indumenti ed il mantello, che avevamo
mandati dalla sarta per essere riparati ed anche le sue
scarpe, che avevamo portate dal calzolaio per rifare le
suole.
Per desiderio di Maria, chiamammo anche i signori
Guerrato e qualche sua amica per il commiato. Mentre
giungevano in casa queste persone, io l’aiutai a vestirsi
e a sistemare lo stretto necessario dentro la sua valigetta
di cartone.
Maria mi aveva avvertita che non sapeva dove il Signore
la mandava, ma che lei era abituata a rispondere sempre
con un sì al Signore.
Eccola in piedi, piena di vigore, uscire dalla camera e
portarsi dal primo al secondo piano. Giunta sul pianerottolo,
improvvisamente si fermò e mise giù la valigetta.
Tutti i presenti videro che Maria si alzava piano piano –
circa 30 centimetri –, mentre il mantello che indossava
si aprì a ruota.
Vicino a lei, la osservavo: il suo viso era rivolto verso
il sof
itto, era l’inizio di un’estasi, accompagnata dalla
preghiera e dal dialogo tra lei e il Signore.
La sua voce era chiara e percepibile da tutti i presenti,
ma nessuno di noi capiva le parole da lei pronunciate.
In casa regnava un grandissimo silenzio: tutti erano in
attesa di capire come sarebbe andata a
finire questa vicenda
straordinaria, che avrebbe dovuto portare Maria
lontana da Rovigo.
In me, ci fu immediatamente la certezza che questa
esperienza non era provocata da lei!
Ritornata alla normalità, a voce alta perché tutti potessero
capire, disse: “Non parto più” e tutti noi battemmo
le mani dalla gran gioia per la bella notizia.
Subito dopo mi accorsi che Maria aveva perso tutte le
sue forze e che non era più capace di reggersi in piedi;
per questo motivo, chiamai in aiuto mio fratello Gino e
l’accompagnammo ancora in camera.
Rimasta sola con Maria, la spogliai e Maria si mise ancora
a letto, con febbre a tutto termometro! Queste febbri
persistenti durarono a lungo e cessarono improvvisamente
nel mese di maggio dell’anno successivo – 1956
– quando Maria volle recarsi a Crespino per votare, in
quella circostanza mi disse di voler fare il suo dovere di
cittadina.
Per recarsi a Crespino, Maria poté usufruire di un trasporto
offertole dal Sindaco del suo paese.
Io l’accompagnai a Crespino, sempre più incredula di
6
L’INTERVISTA
quello che il Signore, di giorno in giorno, compiva in lei.
Concludo dicendo: Maria viveva con tanta serenità ogni
esperienza soprannaturale; la viveva come un fatto del
suo quotidiano, senza lasciar trasparire alcun sentimento.
In breve, la nostra Venerabile restava imperturbabile grazie
ad un altro dono speciale che il Signore le concedeva,
e questo soprattutto a bene-
ficio di quanti le stavano
vicino in quei momenti.
5.
-Quali emozioni, quali pensieri, ha suscitato in lei,
così vicina a Maria, la dichiarazione di venerabilità?
E quali speranze, invece, nutre nel suo cuore in vista
della Beati-
ficazione?
Sarà dif-
ficile capire la mia risposta sulla Venerabilità: è
stata una gioia molto contenuta, perché accolta e vissuta
con distacco da tante persone, come se il dono
ricevuto, solo per grazia del Signore, fosse un fatto di
routine.
Quanto alla Beati-
ficazione, vivo l’attesa senza entusiasmo
e ciò in relazione a quell’indifferenza che continua a
persistere in città da parte dei Rodigini: probabilmente,
sono increduli che ci possa essere per Maria il grande
evento della sua Beati-
ficazione.
Dal 1992 – anno dell’apertura dell’Inchiesta Diocesana
– ad oggi 2012, sono passati, per me tutti pieni di
tanta sofferenza, causata dalle false notizie, che ancora
persistono intorno alla
figura di Maria, presentata quasi
sempre in modo distorto, per nulla veritiero.
Non solo in vita Maria, ma soprattutto anche dopo la
sua morte, ogni sera - andando a letto - facevo fatica e
faccio fatica a prendere sonno: quelle parole ingenerose
sentite per anni e anni, erano delle bombe che colpivano
il mio cuore e mi chiedevo con tanto dolore: a chi dire
che erano tutte invenzioni quei giudizi che talvolta rasentavano
la calunnia?
Non avrei mai pensato che il mio prossimo fosse così
“ricco di cattiveria”, ma sono anche convinta che presto
ci sarà un cambio di rotta… spero, infatti, che il Signore
e la Madre sua SS.ma possano toccare il cuore gelido di
tante persone incredule al pari di San Tommaso, che ha
voluto vedere e toccare la verità dei “chiodi” che avevano
tra-
fitto le carni del Redentore, Signore dell’Universo.
Concludo dicendo che è sempre attuale questa espressione
di Gesù: “Nessun profeta in patria”.
Intervista a cura di
Giuseppina Giacomini
e Ludovica Mazzuccato
preghiera e dal dialogo tra lei e il Signore.
La sua voce era chiara e percepibile da tutti i presenti,
ma nessuno di noi capiva le parole da lei pronunciate.
In casa regnava un grandissimo silenzio: tutti erano in
attesa di capire come sarebbe andata a
finire questa vicenda
straordinaria, che avrebbe dovuto portare Maria
lontana da Rovigo.
In me, ci fu immediatamente la certezza che questa
esperienza non era provocata da lei!
Ritornata alla normalità, a voce alta perché tutti potessero
capire, disse: “Non parto più” e tutti noi battemmo
le mani dalla gran gioia per la bella notizia.
Subito dopo mi accorsi che Maria aveva perso tutte le
sue forze e che non era più capace di reggersi in piedi;
per questo motivo, chiamai in aiuto mio fratello Gino e
l’accompagnammo ancora in camera.
Rimasta sola con Maria, la spogliai e Maria si mise ancora
a letto, con febbre a tutto termometro! Queste febbri
persistenti durarono a lungo e cessarono improvvisamente
nel mese di maggio dell’anno successivo – 1956
– quando Maria volle recarsi a Crespino per votare, in
quella circostanza mi disse di voler fare il suo dovere di
cittadina.
Per recarsi a Crespino, Maria poté usufruire di un trasporto
offertole dal Sindaco del suo paese.
Io l’accompagnai a Crespino, sempre più incredula di
6
L’INTERVISTA
quello che il Signore, di giorno in giorno, compiva in lei.
Concludo dicendo: Maria viveva con tanta serenità ogni
esperienza soprannaturale; la viveva come un fatto del
suo quotidiano, senza lasciar trasparire alcun sentimento.
In breve, la nostra Venerabile restava imperturbabile grazie
ad un altro dono speciale che il Signore le concedeva,
e questo soprattutto a bene-
ficio di quanti le stavano
vicino in quei momenti.
5.
-Quali emozioni, quali pensieri, ha suscitato in lei,
così vicina a Maria, la dichiarazione di venerabilità?
E quali speranze, invece, nutre nel suo cuore in vista
della Beati-
ficazione?
Sarà dif-
ficile capire la mia risposta sulla Venerabilità: è
stata una gioia molto contenuta, perché accolta e vissuta
con distacco da tante persone, come se il dono
ricevuto, solo per grazia del Signore, fosse un fatto di
routine.
Quanto alla Beati-
ficazione, vivo l’attesa senza entusiasmo
e ciò in relazione a quell’indifferenza che continua a
persistere in città da parte dei Rodigini: probabilmente,
sono increduli che ci possa essere per Maria il grande
evento della sua Beati-
ficazione.
Dal 1992 – anno dell’apertura dell’Inchiesta Diocesana
– ad oggi 2012, sono passati, per me tutti pieni di
tanta sofferenza, causata dalle false notizie, che ancora
persistono intorno alla
figura di Maria, presentata quasi
sempre in modo distorto, per nulla veritiero.
Non solo in vita Maria, ma soprattutto anche dopo la
sua morte, ogni sera - andando a letto - facevo fatica e
faccio fatica a prendere sonno: quelle parole ingenerose
sentite per anni e anni, erano delle bombe che colpivano
il mio cuore e mi chiedevo con tanto dolore: a chi dire
che erano tutte invenzioni quei giudizi che talvolta rasentavano
la calunnia?
Non avrei mai pensato che il mio prossimo fosse così
“ricco di cattiveria”, ma sono anche convinta che presto
ci sarà un cambio di rotta… spero, infatti, che il Signore
e la Madre sua SS.ma possano toccare il cuore gelido di
tante persone incredule al pari di San Tommaso, che ha
voluto vedere e toccare la verità dei “chiodi” che avevano
tra-
fitto le carni del Redentore, Signore dell’Universo.
Concludo dicendo che è sempre attuale questa espressione
di Gesù: “Nessun profeta in patria”.
Intervista a cura di
Giuseppina Giacomini
e Ludovica Mazzuccato
BEATA MARIA BOLOGNESE
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Ao Angelus Papa agradece participação na vigília de ontem e pede que se continue a rezar e a actuar a favor da paz na Síria, Líbano, Terra Santa e Egip
ESPAÑOL FRANÇAIS ITALIANO ENGLISH DEUTSCH
POLSKI
Neste domingo ao meio-dia, por ocasião do Angelus, na mesma praça de São Pedro, onde sábado à noite teve lugar uma concorrida Vigília de Oração pela paz na Síria, no Médio Oriente e em todo o mundo, Papa Francisco voltou a referir-se ao tema da paz, sublinhando que a pior das guerras que há que combater é a do mal que germina nos nossos corações. Agradecendo a todos os que aderiram à sua iniciativa participando na participação na Jornada de jejum e oração pela paz, não só em Roma mas em tantas partes do mundo, o Papa pediu que se prossiga com a oração e com obras de paz.
Como quase sempre antes do Angelus, o Santo Padre começou por evocar o Evangelho deste domingo, em que Jesus insiste sobre as condições para ser seu discípulo: nada antepor ao amor por Ele, levar a própria cruz e segui-Lo.
Seguir Jesus não significa participar num cortejo triunfal! Significa partilhar o seu amor misericordioso, entrar na sua grande obra de misericórdia por cada homem e por todos os homens. E este perdão universal passa através da cruz.
O que exige a renúncia, para seguir Jesus como o bem supremo…
O discípulo de Jesus renuncia a todos os bens porque encontrou n’Ele o Bem maior, no qual todo e qualquer outro bem recebe o seu pleno valor e significado: os elos familiares, as outras relações, o trabalho, os bens culturais e económicos… O cristão desprende-se de tudo e reencontra tudo na lógica do Evangelho, a lógica do amor e do serviço.
No evangelho deste domingo, para explicar esta exigência, Jesus usa duas parábolas: a de uma torre a construir e a do rei que parte para a guerra. Neste caso, Jesus não enfrenta o tema da guerra, mas simplesmente usa uma parábola, como quem diz:
Há uma guerra mais profunda que todos temos que combater! É a decisão forte e corajosa de renunciar ao mal e às suas seduções e de escolher o bem, prontos a pagar em primeira pessoa: é isso seguir Cristo, tomar a sua própria Cruz!Isto comporta, nomeadamente, dizer não ao ódio fratricida e às falsidades de que se serve, às violências sob todas as suas formas, à proliferação das armas e ao seu comércio ilegal. São estes os inimigos a combater, unidos e com coerência, não seguindo outros interesses que não sejam os da paz e do bem comum
A concluir a sua alocução antes das Ave-Marias, o Papa recordou que se celebra neste dia 8 de Setembro a natividade de Maria, festa particularmente cara às Igrejas Orientais, que saudou efusivamente, em todas as suas componentes – patriarcas (ortodoxos ou católicos), monges e monjas, fiéis leigos… Recordando a Vigília de oração, pela paz na Síria e em todo o Médio Oriente, convidou a invocar Maria como Rainha da Paz.
Foi já depois do Angelus, que o Papa quis agradecer a todos os que, de diversos modos, aderiram à vigília de oração e jejum pela paz: todos os que uniram a oferta dos seus sofrimentos; as autoridades; e também os membros de outras comunidades cristãs e de outras religiões, e mesmo os homens e mulheres de boa vontade que viveram, nesta ocasião, momentos de oração, de jejum, de reflexão. Mas advertiu: agora o empenho continua:
Prossigamos com a oração e com obras de paz! Convido-vos a continuar a rezar para que cesse imediatamente a violência e a devastação, na Síria, e se trabalhe com renovado empenho para uma solução justa ao conflito fratricida. Rezemos também pelos outros países do Médio Oriente, particularmente pelo Líbano, para que encontre a desejada estabilidade e continue a ser um modelo de convivência; pelo Iraque, para que a violência sectária dê lugar à reconciliação; e pelo processo de paz entre Israelitas e Palestinianos, para que progrida com decisão e coragem. E rezemos pelo Egipto, para que todos os egípcio, muçulmanos e cristãos, se empenhem em construir conjuntamente a sociedade para o bem de toda a população. A busca da paz é longa, e exige paciência e perseverança.
O Papa recordou ainda a beatificação, neste sábado, em Rovigo, de Maria Bolognese, leiga dali natural, que nasceu em 1924 e morreu em 1980:
Gastou toda a sua vida ao serviço dos outros, especialmente pobres e doentes, suportando grandes sofrimentos em profunda união com a paixão de Cristo. Demos graças a Deus por esta testemunha do Evangelho.
Neste domingo ao meio-dia, por ocasião do Angelus, na mesma praça de São Pedro, onde sábado à noite teve lugar uma concorrida Vigília de Oração pela paz na Síria, no Médio Oriente e em todo o mundo, Papa Francisco voltou a referir-se ao tema da paz, sublinhando que a pior das guerras que há que combater é a do mal que germina nos nossos corações. Agradecendo a todos os que aderiram à sua iniciativa participando na participação na Jornada de jejum e oração pela paz, não só em Roma mas em tantas partes do mundo, o Papa pediu que se prossiga com a oração e com obras de paz.
Como quase sempre antes do Angelus, o Santo Padre começou por evocar o Evangelho deste domingo, em que Jesus insiste sobre as condições para ser seu discípulo: nada antepor ao amor por Ele, levar a própria cruz e segui-Lo.
Seguir Jesus não significa participar num cortejo triunfal! Significa partilhar o seu amor misericordioso, entrar na sua grande obra de misericórdia por cada homem e por todos os homens. E este perdão universal passa através da cruz.
O que exige a renúncia, para seguir Jesus como o bem supremo…
O discípulo de Jesus renuncia a todos os bens porque encontrou n’Ele o Bem maior, no qual todo e qualquer outro bem recebe o seu pleno valor e significado: os elos familiares, as outras relações, o trabalho, os bens culturais e económicos… O cristão desprende-se de tudo e reencontra tudo na lógica do Evangelho, a lógica do amor e do serviço.
No evangelho deste domingo, para explicar esta exigência, Jesus usa duas parábolas: a de uma torre a construir e a do rei que parte para a guerra. Neste caso, Jesus não enfrenta o tema da guerra, mas simplesmente usa uma parábola, como quem diz:
Há uma guerra mais profunda que todos temos que combater! É a decisão forte e corajosa de renunciar ao mal e às suas seduções e de escolher o bem, prontos a pagar em primeira pessoa: é isso seguir Cristo, tomar a sua própria Cruz!Isto comporta, nomeadamente, dizer não ao ódio fratricida e às falsidades de que se serve, às violências sob todas as suas formas, à proliferação das armas e ao seu comércio ilegal. São estes os inimigos a combater, unidos e com coerência, não seguindo outros interesses que não sejam os da paz e do bem comum
A concluir a sua alocução antes das Ave-Marias, o Papa recordou que se celebra neste dia 8 de Setembro a natividade de Maria, festa particularmente cara às Igrejas Orientais, que saudou efusivamente, em todas as suas componentes – patriarcas (ortodoxos ou católicos), monges e monjas, fiéis leigos… Recordando a Vigília de oração, pela paz na Síria e em todo o Médio Oriente, convidou a invocar Maria como Rainha da Paz.
Foi já depois do Angelus, que o Papa quis agradecer a todos os que, de diversos modos, aderiram à vigília de oração e jejum pela paz: todos os que uniram a oferta dos seus sofrimentos; as autoridades; e também os membros de outras comunidades cristãs e de outras religiões, e mesmo os homens e mulheres de boa vontade que viveram, nesta ocasião, momentos de oração, de jejum, de reflexão. Mas advertiu: agora o empenho continua:
Prossigamos com a oração e com obras de paz! Convido-vos a continuar a rezar para que cesse imediatamente a violência e a devastação, na Síria, e se trabalhe com renovado empenho para uma solução justa ao conflito fratricida. Rezemos também pelos outros países do Médio Oriente, particularmente pelo Líbano, para que encontre a desejada estabilidade e continue a ser um modelo de convivência; pelo Iraque, para que a violência sectária dê lugar à reconciliação; e pelo processo de paz entre Israelitas e Palestinianos, para que progrida com decisão e coragem. E rezemos pelo Egipto, para que todos os egípcio, muçulmanos e cristãos, se empenhem em construir conjuntamente a sociedade para o bem de toda a população. A busca da paz é longa, e exige paciência e perseverança.
O Papa recordou ainda a beatificação, neste sábado, em Rovigo, de Maria Bolognese, leiga dali natural, que nasceu em 1924 e morreu em 1980:
Gastou toda a sua vida ao serviço dos outros, especialmente pobres e doentes, suportando grandes sofrimentos em profunda união com a paixão de Cristo. Demos graças a Deus por esta testemunha do Evangelho.
PAPA FRANCISCO: Na cruz podemos ver a resposta de Deus: ali à violência não se respondeu com violência, à morte não se respondeu com a linguagem da morte. No silêncio da Cruz se cala o fragor das armas e fala a linguagem da reconciliação, do perdão, do diálogo, da paz.
ESPAÑOL FRANÇAIS ITALIANO ENGLISH DEUTSCH POLSKI
Homilia do Papa na vigília de oração pela paz (07.09.13, praça de São Pedro)
«Deus viu que isso era bom» (Gn 1,12.18.21.25). A narração bíblica da origem do mundo e da humanidade nos fala de Deus que olha a criação, quase a contemplando, e repete uma e outra vez: isso é bom. Isso nos permite entrar no coração de Deus e recebermos a sua mensagem que procede precisamente do seu íntimo.Podemos nos perguntar: qual é o significado desta mensagem? O que diz esta mensagem para mim, para ti, para todos nós?
- Simplesmente nos diz que o nosso mundo, no coração e na mente de Deus, é
“casa de harmonia e de paz” e espaço onde todos podem encontrar o seu lugar e
sentir-se “em casa”, porque é “isso é bom”. Toda a criação constitui um conjunto
harmonioso, bom, mas os seres humanos em particular, criados à imagem e
semelhança de Deus, formam uma única família, em que as relações estão marcadas
por uma fraternidade real e não simplesmente de palavra: o outro e a outra são o
irmão e a irmã que devemos amar, e a relação com Deus, que é amor, fidelidade,
bondade, se reflete em todas as relações humanas e dá harmonia para toda a
criação. O mundo de Deus é um mundo onde cada um se sente responsável pelo
outro, pelo bem do outro. Esta noite, na reflexão, no jejum, na oração,
cada um de nós, todos nós pensamos no profundo de nós mesmos: não é este o mundo
que eu desejo? Não é este o mundo que todos levamos no coração? O mundo que
queremos não é um mundo de harmonia e de paz, em nós mesmos, nas relações com os
outros, nas famílias, nas cidades, nas e entre as nações? E a verdadeira
liberdade para escolher entre os caminhos a serem percorridos neste mundo, não é
precisamente aquela que está orientada pelo bem de todos e guiada pelo
amor?
- Mas perguntemo-nos agora: é este o mundo em
que vivemos? A criação conserva a sua
beleza que nos enche de admiração; ela continua a ser uma obra boa. Mas há
também “violência, divisão, confronto, guerra”. Isto acontece quando o homem,
vértice da criação, perde de vista o horizonte da bondade e da beleza, e se
fecha no seu próprio egoísmo.
È justamente nesse caos que Deus pergunta à consciência do homem: «Onde está o teu irmão Abel?». E Caim responde «Não sei. Acaso sou o guarda do meu irmão?» (Gn 4, 9). Esta pergunta também se dirige a nós, assim que também a nós fará bem perguntar:
- Acaso sou o guarda do meu irmão? Sim, tu és o guarda do teu irmão! Ser pessoa significa sermos guardas uns dos outros! Contudo, quando se quebra a harmonia, se produz uma metamorfose: o irmão que devíamos guardar e amar se transforma em adversário a combater, a suprimir. Quanta violência surge a partir deste momento, quantos conflitos, quantas guerras marcaram a nossa história! Basta ver o sofrimento de tantos irmãos e irmãs. Não se trata de algo conjuntural, mas a verdade é esta: em toda violência e em toda guerra fazemos Caim renascer. Todos nós! E ainda hoje prolongamos esta história de confronto entre irmãos, ainda hoje levantamos a mão contra quem é nosso irmão. Ainda hoje nos deixamos guiar pelos ídolos, pelo egoísmo, pelos nossos interesses; e esta atitude se faz mais aguda: aperfeiçoamos nossas armas, nossa consciência adormeceu, tornamos mais sutis as nossas razões para nos justificar. Como fosse uma coisa normal, continuamos a semear destruição, dor, morte! A violência e a guerra trazem somente morte, falam de morte! A violência e a guerra têm a linguagem da morte!
3. Neste ponto, me pergunto: É possível percorrer outro caminho? Podemos sair desta espiral de dor e de morte? Podemos aprender de novo a caminhar e percorrer o caminho da paz? Invocando a ajuda de Deus, sob o olhar materno da Salus Populi romani, Rainha da paz, quero responder: Sim, é possível para todos! Esta noite queria que de todos os cantos da terra gritássemos: Sim, é possível para todos! E mais ainda, queria que cada um de nós, desde o menor até o maior, inclusive aqueles que estão chamados a governar as nações, respondesse: - Sim queremos! A minha fé cristã me leva a olhar para a Cruz. Como eu queria que, por um momento, todos os homens e mulheres de boa vontade olhassem para a Cruz! Na cruz podemos ver a resposta de Deus: ali à violência não se respondeu com violência, à morte não se respondeu com a linguagem da morte. No silêncio da Cruz se cala o fragor das armas e fala a linguagem da reconciliação, do perdão, do diálogo, da paz. Queria pedir ao Senhor, nesta noite, que nós cristãos, os irmãos de outras religiões, todos os homens e mulheres de boa vontade gritassem com força: a violência e a guerra nunca são o caminho da paz! Que cada um olhe dentro da própria consciência e escute a palavra que diz: sai dos teus interesses que atrofiam o teu coração, supera a indiferença para com o outro que torna o teu coração insensível, vence as tuas razões de morte e abre-te ao diálogo, à reconciliação: olha a dor do teu irmão e não acrescentes mais dor, segura a tua mão, reconstrói a harmonia perdida; e isso não com o confronto, mas com o encontro! Que acabe o barulho das armas! A guerra sempre significa o fracasso da paz, é sempre uma derrota para a humanidade. Ressoem mais uma vez as palavras de Paulo VI: «Nunca mais uns contra os outros, não mais, nunca mais... Nunca mais a guerra, nunca mais a guerra! (Discurso às Nações Unidas, 4 de outubro de 1965: ASS 57 [1965], 881). «A paz se afirma somente com a paz; e a paz não separada dos deveres da justiça, mas alimentada pelo próprio sacrifício, pela clemência, pela misericórdia, pela caridade» (Mensagem para o Dia Mundial da Paz, de 1976: ASS 67 [1
975], 671). Perdão, diálogo, reconciliação são as palavras da paz: na amada nação síria, no Oriente Médio, em todo o mundo! Rezemos pela reconciliação e pela paz, e nos tornemos todos, em todos os ambientes, em homens e mulheres de reconciliação e de paz. Amém.
Eis as palavras pronunciadas pelo Papa em italiano