domingo, 31 de janeiro de 2016

Il corpo di Padre Pio è stato un campo di batta­glia sul quale angeli e demoni si sono affrontati con ogni mezzo, per la salvezza o la dannazione non soltanto del religioso, ma anche dei suoi figli spirituali.

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Angeli e demoni
Sotto le ali di san Michele

Il corpo di Padre Pio è stato un campo di batta­glia sul quale angeli e demoni si sono affrontati con ogni mezzo, per la salvezza o la dannazione non soltanto del religioso, ma anche dei suoi figli spirituali. Una lotta senza esclusione di colpi, co­minciata sin dai primi giorni di vita del cappucci­no, secondo quanto ha testimoniato un'anima elet­ta, che ebbe una stupefacente visione durante un pellegrinaggio alla grotta di san Michele nel Gar­gano. Un luogo molto venerato da Padre Pio, che vi si recò il 1° luglio 1917, e nel quale anche san Francesco d'Assisi aveva fatto un'intera Quaresi­ma di digiuno in preparazione alla festa dell'arcan­gelo, del quale era molto devoto.
A padre Mariano Paladino, che fu uno degli in­fermieri di Padre Pio, quella persona raccontò di aver visto il piccolo Francesco Forgione adagiato in una culla, quasi avvolto e protetto dalle ali del­l'arcangelo. Pensando che potesse essersi trattato di un'allucinazione, Padre Mariano raccontò l'epi­sodio al Padre e ne ricevette una risposta netta:
«Guai a me se non ci fosse stato san Michele: a quest'ora avreste visto Padre Pio sotto i piedi di lucifero».
Insieme con le apparizioni angeliche, dalle quali riceveva forza e incoraggiamento, Padre Pio fu perseguitato sin dall'infanzia dalle vessazioni dia­boliche. Alla figlia spirituale Cleonice Morcaldi ri­velò: «Ricordo che tanti mostri si mettevano attor­no alla culla per spaventarmi, e io strillavo». A tali momenti è riconducibile l'episodio tramandato da padre Agostino da San Marco in Lamis: «Quando Francesco era ancora in fasce, piangeva continua­mente da far quasi disperare i genitori. Una notte il papà non ne poteva più. Adirato prese il bambino tutto fasciato e lo gettò con furia sul letto escla­mando: "Ma che mi fosse nato in casa un diavolo, invece di un cristiano?!...". Il bimbo, rotolando sul letto, andò a cascare in terra dall'altra sponda. La mamma, vedendo il figlio per terra e credendolo morto, si adirò col marito esclamando: "M'hai am­mazzato il figlio!", e corse a prenderlo. Fortunata­mente non soltanto era vivo, ma non aveva nessu­na lesione».
Anche al suo direttore spirituale, padre Benedet­to da San Marco in Lamis, Padre Pio descrisse le continue apparizioni del diavolo: «Mia madre spe­gneva il lume e tanti mostri mi si mettevano vicino e io piangevo; accendeva il lume e io tacevo perché i mostri sparivano. Di nuovo lo spegneva e di nuo­vo mi mettevo a piangere per i mostri». Ma pure di giorno, secondo la testimonianza del maestro don Nicola Caruso, il piccolo era perseguitato «da un uomo vestito da prete, che al ritorno da scuola lo aspettava sulla soglia di casa e non lo voleva far entrare. Allora Francesco si fermava; veniva un ra­gazzino scalzo, faceva un segno di croce, il prete spariva e il bambino, sereno, poteva finalmente ri­entrare».
Perfino dopo la partenza del cappuccino - come ha raccontato la nipote Pia Forgione - nella casa di Pietrelcina avvenivano fatti strani, rumori inspie­gabili o rotture improvvise di oggetti, per cui i fa­miliari temevano di andare in rovina a causa di tutti quei danni: «Allora mio padre si recò da mio zio e gli raccontò quel che avveniva nella casa nati­va. E Padre Pio rispose: "Si vede che quel cosaccio è ancora là; chiamate un prete e fate benedire la ca­sa". Così fu fatto e tornò la quiete!».
Intanto per Padre Pio nel 1903 era iniziato il tem­po del noviziato, un periodo segnato finalmente da una tregua negli assalti diabolici. Ma il silenzio si interruppe bruscamente mentre si trovava nello studentato di Sant'Elia a Pianisi. Egli stesso rac­contò quanto gli accadde nel settembre 1905: «Una notte sentii dei rumori, che mi sembravano prove­nire dalla cella vicina. "Che farà a quest'ora fra Anastasio?", mi dissi; e pensando che vegliasse in orazione, mi misi a recitare il Rosario. C'era infatti tra noi una sfida a chi pregasse di più, e io non vo­levo rimanere indietro. Continuando però questi rumori, anzi diventando sempre più insistenti, vol­li chiamare il confratello. Si sentiva intanto un forte odore di zolfo. Mi sporsi dalla finestra per chiama­re: le nostre due finestre erano così ravvicinate che ci si poteva scambiare libri o altro sporgendo la mano. "Fra Anastasio, fra Anastasio", chiamai sen­za alzare troppo la voce. Non ottenendo risposta, mi ritirai. Ma quale non fu la mia sorpresa, quando dalla porta vidi entrare un grosso cane, dalla cui bocca usciva tanto fumo. Caddi riverso sul letto e udii che diceva: "E iss"' (è lui). Mentre ero in quella postura, vidi l'animalaccio spiccare un salto sul da­vanzale della finestra, da qui lanciarsi sul tetto di fronte, per poi sparire».


Le consolazioni dell'angelo custode

Dopo l'ordinazione sacerdotale di Padre Pio, av­venuta nel 1910, il demonio comprese di aver per­so la prima battaglia e cominciò ad attuare una strategia più raffinata, trasformandosi in decine di fogge diverse per impaurire, ma anche nel tentati­vo di ingannare il giovane frate. Le enumera in un resoconto padre Agostino: «Da principio gli apparì sotto la forma di un gatto nero e brutto. La seconda volta sotto forma di giovanette ignude che lasciva­mente ballavano. La terza, senza apparire, gli spu­tavano in faccia. La quarta, anche senza apparirgli, lo straziavano con rumori assordanti. La quinta volta gli apparì in forma di carnefice che lo flagel­lò. La sesta in forma di Crocifisso. La settima sotto forma di un giovane, amico dei frati, che poco pri­ma era stato a visitarlo. L'ottava sotto la forma del padre spirituale (cioè lo stesso padre Agostino). La nona sotto la figura del padre Provinciale. La decima sotto la forma di papa Pio X. Altre volte ancora sotto la forma del suo angelo custode, di san Francesco, di Maria santissima. E infine nelle sue vere fattezze, orribili, con un esercito di spiriti infernali».
In queste occasioni, Padre Pio smascherava l'in­ganno diabolico invitando la figura che aveva di­nanzi a gridare con lui «Viva Gesù». Ma in qualche occasione si divertiva persino a svillaneggiare sata­na, come quando questi gli rivolse un lungo fervo­rino, suggerendogli di troncare ogni relazione con il direttore spirituale e di impiegare invece il tem­po pregando per la propria salvezza. E Padre Pio rispose sarcasticamente: «Mi duole di non potervi assumere per mio direttore, poiché il padre mio esercita questa carica da molto tempo e le nostre relazioni sono giunte a tal punto che troncarle così di botto non mi riesce. Girate, girate, che troverete delle anime che vi assumeranno a direttore del loro spirito, essendo voi bravo in tale materia!».
Per reazione, i demoni cominciarono a minaccia­re le maniere forti, nel caso in cui non avesse cedu­to alle loro intimazioni. La vivace discussione è descritta in una lettera dallo stesso cappuccino al pa­dre spirituale: «Quei cosacci, ultimamente, nel rice­vere la vostra lettera, prima di aprirla mi dissero di strapparla ovvero l'avessi buttata nel fuoco. Se ciò facevo si sarebbero ritirati per sempre, e non mi avrebbero più molestato. Io me ne stetti muto, sen­za dar loro risposta alcuna, pur disprezzandoli in cuor mio. Allora soggiunsero: "Noi questo lo vo­gliamo semplicemente come una condizione per la nostra ritirata. Tu nel far questo non lo fai come disprezzo a qualcuno". Risposi loro che nulla sa­rebbe valso a smuovermi dal mio proposito. Mi si scagliarono addosso come tante tigri affamate, ma­ledicendomi e minacciandomi che me lo avrebbero fatto pagare. Padre mio, hanno mantenuto la paro­la! Da quel giorno mi hanno quotidianamente per­cosso».
E una di queste aggressioni diede anche a Padre Pio l'occasione per una scenata al proprio angelo custode: «Sabato mi sembrò che mi volessero pro­prio finire, non sapevo più a qual santo votarmi; mi rivolgo al mio angelo e, dopo d'essersi fatto aspettare per un pezzo, eccolo infine aleggiarmi in­torno e con la sua angelica voce cantava inni alla divina maestà... Lo sgridai aspramente d'essersi fatto così lungamente aspettare, mentre io non ave­vo mancato di chiamarlo in mio soccorso; per casti­garlo non volevo guardarlo in viso, volevo allonta­narmi, volevo sfuggirlo; ma egli poverino mi raggiunge quasi piangendo, mi acciuffa, finché, sollevato lo sguardo, lo fissai in volto e lo trovai tutto spiacente».
Alle manifestazioni diaboliche, infatti, seguiva­no immancabilmente le consolazioni celesti. Pro­prio l'angelo custode un giorno gli spiegò che «Ge­sù permette al demonio questi assalti, perché la sua pietà ti rende a sé caro e vuole che tu lo rassomigli nelle angosce del deserto, dell'orto e della croce. Tu difenditi, allontana sempre e disprezza le maligne insinuazioni e dove le tue forze non po­tranno arrivare non ti affliggere, diletto del mio cuore, io sono vicino a te».
E anche nel Diario di padre Agostino è descritto un dialogo di Padre Pio con il suo angelo custode, cui il direttore spirituale ebbe la straordinaria ven­tura di poter assistere il 29 novembre 1911 nel con­vento di Venafro: «Angelo di Dio, angelo mio... non sei tu a mia custodia?... Dio ti ha dato a me! Sei creatura?... O sei creatura o sei creatore... Sei crea­tore? No. Dunque sei creatura e hai una legge e de­vi ubbidire... Devi stare accanto a me, o lo vuoi o non lo vuoi... per forza!».


I diavoli lo temono ancora

Oltre che «inseparabile compagno» e «messag­gero celeste» - come affettuosamente lo definiva -per Padre Pio il suo angelo custode doveva anche incarnare il ruolo di multiforme collaboratore. Per esempio, narra padre Tarcisio Zullo, gli faceva da traduttore: «I pellegrini di ogni parte del mondo che arrivavano a San Giovanni Rotondo parlavano a Padre Pio nella propria lingua. E Padre Pio capi­va sempre tutto. Una volta gli ho chiesto: "Padre, come fa a capire tante lingue e dialetti, tanti strani linguaggi?". Rispose: "L'angelo custode che ci sta a fare? E lui che mi traduce tutto!"». Oppure gli dava suggerimenti per contrastare il demonio che mac­chiava le lettere del padre spirituale: «La vostra let­tera è stata letta. L'angiolino mi aveva suggerito che all'arrivo di una vostra lettera l'avessi aspersa coll'acqua benedetta prima d'aprirla».
Ma doveva persino fare da maggiordomo, come umoristicamente ha ricordato padre Alessio Paren­te: «Nel 1965 passavo la giornata e parte della notte a fianco di Padre Pio, quindi generalmente ero sempre stanco. Dopo averlo accompagnato all'alta­re o al confessionale, scappavo nella mia cella per schiacciare un pisolino. Purtroppo, molte volte non sentivo la sveglia e ogni volta sentivo bussare forte alla mia stanza. In pochi secondi ero all'altare e lo trovavo sempre al momento che stava impartendo l'ultima benedizione. Per le confessioni invece sen­tivo una voce che mi diceva: "Alessio, va' giù!", e anche qui trovavo sempre Padre Pio sul punto di lasciare il confessionale. Un giorno non mi svegliai né per la Messa, né per prenderlo al confessionale. Svegliato dai confratelli andai nella sua cella e mi scusai. Lui mi rispose: "Ma che ti credi, che conti­nuerò a mandarti sempre il mio angelo custode a svegliarti? Comprati una sveglia nuova!"».
Padre Pio ricambiava con affetto e rispetto le at­tenzioni dell'angelo, invitando i suoi figli spirituali a comportarsi bene anche perché «siamo spettaco­lo all'angelo custode e non deve rattristarsi per noi», come disse alla signora Anna Benvenuto. «Qual sarà la consolazione», prospettava Padre Pio alla figlia spirituale Raffaelina Cerase, «quando, al momento della morte, l'anima vostra vedrà que­st'angelo si buono che vi accompagnò lungo la vi­ta, e che fu si largo di cure materne?». E a Cleonice Morcaldi, che gli chiedeva: «Padre, quando mori­rò, chi porterà l'anima in Cielo?», Padre Pio confer­mò: «Il tuo angelo custode!».
Se degli angeli Padre Pio non ha lasciato descri­zioni, di satana ha invece tracciato un preciso iden­tikit: quello di «un uomo sulla quarantina, occhi neri, capelli brizzolati, giacca nera, pantaloni rigati» che gli si presentò nel luglio 1949 al confessio­nale. Parlando di sé in terza persona, così Padre Pio raccontò l'episodio ai confratelli: «Il sacerdote lo invitò a mettersi in ginocchio, ma quello rispose:
"Non posso!". Credendo che fosse ammalato, gli chiese subito i peccati che aveva fatto. L'uomo disse tanti peccati da sembrare come se tutti i peccati di questo mondo li avesse commessi lui. Il sacerdote, dopo aver dato gli opportuni consigli, invitò ancora una volta quello strano penitente a piegare almeno il capo, perché stava per impartirgli l'assoluzione. Quegli rispose ancora: "Non posso". A questo pun­to il sacerdote disse: "Amico mio, al mattino quan­do ti infili i pantaloni, la testa te la pieghi un po' si o no?". L’uomo guardò con sdegno il sacerdote e ri­spose: "Io sono lucifero, nel mio regno non esiste piegatura"». Subito dopo, secondo quanto poté ve­dere con stupore anche l'amico don Pierino Galeo­ne, sprofondò giù e scomparì nella terra.
Come al momento della nascita, anche alla mor­te di Padre Pio gli angeli furono presenti. Da padre Alessio Parente ci giunge il racconto della visione che un aderente ai Gruppi di preghiera, di nome Kelly, ebbe nella notte del 23 settembre 1968 a San Giovanni Rotondo: «Appena alzato aveva notato degli angeli nel cielo ed era corso da un suo amico per farglieli vedere. Anche questi li vide nitidamente: un angelo maestoso sull'ospedale e uno sulla chiesa, con attorno una miriade di angioletti. All'apparire delle prime luci scomparvero tutti».

I demoni, dal canto loro, continuano invece a te­mere la potenza della sua intercessione amorevole, secondo quanto documenta il noto esorcista Ga­briele Amorth: «Dopo la sua morte, io ovviamente non ho più visto Padre Pio, ma molte volte è il de­monio, attraverso la persona posseduta, che vede la sua presenza e grida: "Quel frate, no! Quel frate non lo voglio! Mandatelo via, quel frate!"».paradiso