sexta-feira, 12 de outubro de 2012

Benedetto XVI Abbiamo visto che il Signore non ci dimentica. Anche oggi, a suo modo, umile, il Signore è presente e dà calore ai cuori. Sì, Cristo vive, è con noi anche oggi, e possiamo essere felici anche oggi perché la sua bontà non si spegne; è forte anche oggi!

UDIENZA AD UN GRUPPO DI PADRI CONCILIARI ANCORA VIVENTI, A PATRIARCHI E ARCIVESCOVI DELLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE E A PRESIDENTI DI CONFERENZE EPISCOPALI, 12.10.2012

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI, riceve in Udienza alcuni dei Vescovi che parteciparono come Padri Conciliari al Concilio Ecumenico Vaticano II, assieme ai Patriarchi e Arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche e a numerosi Presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo, convenuti a Roma in occasione dell’apertura dell’Anno della Fede, nel 50° anniversario dell’inizio dei lavori conciliari.
Dopo l’indirizzo di omaggio del Cardinale Francis Arinze, Padre Conciliare, il Papa rivolge ai Vescovi presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Venerati e cari fratelli,

Ci ritroviamo assieme oggi, dopo la solenne celebrazione che ieri ci ha radunati in Piazza San Pietro. Il saluto cordiale e fraterno che ora desidero rivolgervi nasce da quella comunione profonda che solo la Celebrazione eucaristica è capace di creare. In essa si rendono visibili, quasi tangibili, quei vincoli che ci uniscono in quanto membri del Collegio episcopale, riuniti con il Successore di Pietro.
Nei Vostri volti, cari Patriarchi e Arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche, cari Presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo, vedo anche le centinaia di Vescovi che in tutte le regioni della terra sono impegnati nell’annuncio del Vangelo e nel servizio della Chiesa e dell’uomo, in obbedienza al mandato ricevuto da Cristo. Ma un saluto particolare vorrei dirigere oggi a voi, cari Fratelli che avete avuto la grazia di partecipare in qualità di Padri al Concilio Ecumenico Vaticano II. Ringrazio il Cardinale Arinze, che si è fatto interprete dei vostri sentimenti, e in questo momento ho presente nella preghiera e nell’affetto l’intero gruppo – quasi settanta – di Vescovi ancora viventi che presero parte ai lavori conciliari. Nel rispondere all’invito per questa commemorazione, alla quale non hanno potuto essere presenti a causa dell’età avanzata e della salute, molti di loro hanno ricordato con parole commoventi quelle giornate, assicurando l’unione spirituale in questo momento, anche con l’offerta della loro sofferenza.
Sono tanti i ricordi che affiorano alla nostra mente e che ognuno ha ben impressi nel cuore di quel periodo così vivace, ricco e fecondo che è stato il Concilio; non voglio, però, dilungarmi troppo, ma – riprendendo alcuni elementi della mia omelia di ieri – vorrei ricordare solamente come una parola, lanciata dal Beato Giovanni XXIII quasi in modo programmatico, ritornava continuamente nei lavori conciliari: la parola «aggiornamento».
A cinquant’anni di distanza dall’apertura di quella solenne Assise della Chiesa qualcuno si domanderà se quell’espressione non sia stata, forse fin dall’inizio, non del tutto felice. Penso che sulla scelta delle parole si potrebbe discutere per ore e si troverebbero pareri continuamente discordanti, ma sono convinto che l’intuizione che il Beato Giovanni XXIII compendiò con questa parola sia stata e sia tuttora esatta.
Il Cristianesimo non deve essere considerato come «qualcosa del passato», né deve essere vissuto con lo sguardo perennemente rivolto «all’indietro», perché Gesù Cristo è ieri, oggi e per l’eternità (cfr Eb 13,8). Il Cristianesimo è segnato dalla presenza del Dio eterno, che è entrato nel tempo ed è presente ad ogni tempo, perché ogni tempo sgorga dalla sua potenza creatrice, dal suo eterno «oggi».
Per questo il Cristianesimo è sempre nuovo. Non lo dobbiamo mai vedere come un albero pienamente sviluppatosi dal granello di senape evangelico, che è cresciuto, ha donato i suoi frutti, e un bel giorno invecchia e arriva al tramonto la sua energia vitale.
Il Cristianesimo è un albero che è, per così dire, in perenne «aurora», è sempre giovane. E questa attualità, questo «aggiornamento» non significa rottura con la tradizione, ma ne esprime la continua vitalità; non significa ridurre la fede, abbassandola alla moda dei tempi, al metro di ciò che ci piace, a ciò che piace all’opinione pubblica, ma è il contrario: esattamente come fecero i Padri conciliari, dobbiamo portare l’«oggi» che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dobbiamo portare l’«oggi» del nostro tempo nell’«oggi» di Dio.Il Concilio è stato un tempo di grazia in cui lo Spirito Santo ci ha insegnato che la Chiesa, nel suo cammino nella storia, deve sempre parlare all’uomo contemporaneo, ma questo può avvenire solo per la forza di coloro che hanno radici profonde in Dio, si lasciano guidare da Lui e vivono con purezza la propria fede; non viene da chi si adegua al momento che passa, da chi sceglie il cammino più comodo. Il Concilio l’aveva ben chiaro, quando nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, al numero 49, ha affermato che tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità secondo il detto dell’Apostolo Paolo «Questa infatti è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3): la santità mostra il vero volto della Chiesa, fa entrare l’«oggi» eterno di Dio nell’«oggi» della nostra vita, nell’«oggi» dell’uomo della nostra epoca.
Cari Fratelli nell’episcopato, la memoria del passato è preziosa, ma non è mai fine a se stessa.
L’Anno della fede che abbiamo iniziato ieri ci suggerisce il modo migliore di ricordare e commemorare il Concilio: concentrarci sul cuore del suo messaggio, che del resto non è altro che il messaggio della fede in Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, proclamata all’uomo del nostro tempo. Anche oggi quello che è importante ed essenziale è portare il raggio dell’amore di Dio nel cuore e nella vita di ogni uomo e di ogni donna, e portare gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca a Dio. Auspico vivamente che tutte le Chiese particolari trovino, nella celebrazione di questo Anno, l’occasione per il sempre necessario ritorno alla sorgente viva del Vangelo, all’incontro trasformante con la persona di Gesù Cristo. Grazie.

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Il Papa al termine della fiaccolata: Anche oggi siamo felici, portiamo gioia nel nostro cuore, ma direi una gioia forse più sobria, una gioia umile. In questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi...

 

DISCORSO DEL PAPA: VIDEO INTEGRALE


 



BENEDIZIONE AI PARTECIPANTI ALLA FIACCOLATA PROMOSSA DALL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA, 11.10.2012

"La Chiesa bella del Concilio", momento di riflessione e preghiera, testimonianza e festa, è l’iniziativa promossa dall’Azione Cattolica Italiana in collaborazione con la Diocesi di Roma, in occasione dell’apertura dell’Anno della Fede, nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II.
Alle ore 19.30 di questo pomeriggio una fiaccolata è partita da Castel Sant’Angelo per raggiungere Piazza San Pietro dove, dopo interventi, testimonianze e momenti di preghiera, alle ore 21, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra dello Studio privato e, prima di benedire i partecipanti all’iniziativa, ha loro rivolto le parole che pubblichiamo di seguito:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e Sorelle,

buona sera a tutti voi e grazie per essere venuti. Grazie anche all’Azione Cattolica italiana che ha organizzato questa fiaccolata.
Cinquant’anni fa, in questo giorno, anche io sono stato qui in Piazza, con lo sguardo verso questa finestra, dove si è affacciato il buon Papa, il Beato Papa Giovanni e ha parlato a noi con parole indimenticabili, parole piene di poesia, di bontà, parole del cuore.
Eravamo felici – direi – e pieni di entusiasmo. Il grande Concilio Ecumenico era inaugurato; eravamo sicuri che doveva venire una nuova primavera della Chiesa, una nuova Pentecoste, con una nuova presenza forte della grazia liberatrice del Vangelo.
Anche oggi siamo felici, portiamo gioia nel nostro cuore, ma direi una gioia forse più sobria, una gioia umile. In questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: «il Signore dorme e ci ha dimenticato».
Questa è una parte delle esperienze fatte in questi cinquant’anni, ma abbiamo anche avuto una nuova esperienza della presenza del Signore, della sua bontà, della sua forza.
Il fuoco dello Spirito Santo, il fuoco di Cristo non è un fuoco divoratore, distruttivo; è un fuoco silenzioso, è una piccola fiamma di bontà, di bontà e di verità, che trasforma, dà luce e calore.
Abbiamo visto che il Signore non ci dimentica. Anche oggi, a suo modo, umile, il Signore è presente e dà calore ai cuori, mostra vita, crea carismi di bontà e di carità che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio. Sì, Cristo vive, è con noi anche oggi, e possiamo essere felici anche oggi perché la sua bontà non si spegne; è forte anche oggi!Alla fine, oso fare mie le parole indimenticabili di Papa Giovanni: «andate a casa, date un bacio ai bambini e dite che è del Papa».
In questo senso, di tutto cuore vi imparto la mia Benedizione: «Sia benedetto il nome del Signore ……»

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