quinta-feira, 26 de novembro de 2020

Hoje é a Memória de San Giovanni Berchmans

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Preghiera all’angelo custode - San Giovanni Berchmans



"Angelo Santo, amato da Dio,
ti prego, per amore a Gesù Cristo,
che quando sarò ingrato e ostinatamente sordo ai tuoi consigli,
tu non voglia, per questo abbandonarmi;
al contrario, riportami subito sulla retta via, se ho deviato;
insegnami, se sono ignorante;
rialzami, se sono caduto;
sostienimi, se sono in pericolo e conducimi alla felicità eterna.
Amen."

(San Giovanni Berchmans)



 

San Giovanni Berchmans, gesuita di 22 anni, il giglio purissimo. Parte I.

Jan (italianizzato in Giovanni) nacque a Diest, nelle Fiandre, il 12 marzo 1599 da Jan Berchmans ed Elisabetta van Houe, primo di cinque figli di una famiglia pia e di modeste condizioni economiche. Fu battezzato il 14 marzo e crebbe alla scuola dei genitori, ricchi di virtù e di fede. La madre, che sopportò una grave malattia per sette anni, morì nel 1617, mentre Giovanni era nel noviziato; il padre, rimasto vedovo, divenne sacerdote e canonico della chiesa di San Sulpizio di Diest.

Da bambino fu affetto da un’infenzione da scabbia, che gli provocava continuamente croste sul viso, ma lui, di indole pacifica, non si lamentava mai. Quando iniziò ad andare a scuola, per avere i primi rudimenti del sapere e della fede, era solito svegliarsi di buon mattino per poter servire la messa prima delle lezioni, terminate le quali se ne tornava a casa, non senza passare un po’ per la vicina chiesa e recitare qualche postina di rosario. Già piccolo, dopo che la madre cadde inferma, sostava spesso presso il suo letto per consolarla con parole dolci e pregne di fede, che lasciavano stupiti tutti quelli che lo ascoltavano. A scuola diede sempre il meglio, imparava velocemente e aveva una memoria formidabile, per cui gli bastava leggere una sola volta una cosa per ritenerla in mente.

Già da ragazzino era molto bello e ammirato in tutto il paese, tanto che molti lo chiedevano a suo padre per il servizio in casa loro o per compagnia, ma il padre non lo permise mai, non volendosi privare di un siffatto fiore di santità. Solo quando il maestro ne lodò le virtù e la cultura, il padre si decise a mandare Giovanni nel Convitto di don Pietro Emmerico, premostratense, che preparava, nella chiesa di S. Maria a Diest, i giovani chierici, qui Giovanni visse tre anni, dove dimostrò già quell’obbedienza, quell’amore per la preghiera e per lo studio, quel numero di grandi virtù, che lo portarono, poi, sull’altare.

All’età di 11 anni ricevette la prima Comunione, e qual grande sorpresa ebbe il confessore quando udì la sua confessione, egli, infatti, testimoniò che fu una confessione così pura, che si chiese se vi fosse materia sufficiente per dare a Giovanni l’assoluzione. Ricevette la Comunione con gran raccoglimento, e si preparava quotidianamente a questo incontro con il Signore, per trovarse sempre puro e immacolato al cospetto del Signore.

Aveva un carattere molto delicato, non era di molte parole, anzi parlava solo se interrogato o quando sentiva di dover intervenire per il bene dei suoi confratelli. Era parco nel mangiare e faceva tutto con grande rispetto. Aveva una profonda riverenza verso i sacerdoti e dinanzi a loro non si copriva mai il capo, neanche nell’inverno più rigido. Per il suo continuo meditare in ogni momento del giorno, i compagni lo chiamavano “il pellegrino”.

Ma la virtù per la quale risplendeva di più era, senz’altro l’innocenza, la purezza. Il confessore e i suoi superiori testimoniano che Giovanni non solo non commetteva peccati contro l’innocenza, ma, addirittura, non ne conosceva neanche il nome e, se gli capitava di frequentare ragazzi inclini a tali cose, subito se ne allontanava, preferendo piuttosto rifugiarsi in chiesa o andare a studiare.

Quando il padre lo richiamò in casa perché, per mancanza di denaro, non poteva pagargli gli studi, Giovanni ne rimase scosso e, inginocchiatosi, pregò i genitori che gli permettessero di studiare, perché egli sentiva forte nel cuore la vocazione al sacerdozio, e che se mancava denaro egli avrebbe mangiato da allora in poi solo pane e acqua per non essere di peso alle finanze familiari. Il padre, allora, si adoperò per trovare la soluzione, e mandò Giovanni in casa prima del Decano di Diest e poi di don Giovanni Freimont, canonico della Cattedrale di Malines, che, si presero cura dell’educazione del ragazzino, Giovanni aveva 14 anni.

A Melines, nonostante i suoi fossero di parere contrario, iniziò a frequentare la scuola di retorica nel Collegio gesuitico della città. Lo si vedeva spesso rimaner tutta la notte sui libri e se usciva ad accompagnare il canonico Freimont, portava con sé qualche libretto per non sprecare tempo prezioso. I compagni lo ammiravano e anche i giovani nobili della città lo guardavano con rispetto e appena lo vedevano arrivare si ricomponevano, ponendo fine a discorsi frivoli o licenziosi.

Giovanni mostrò sempre una profonda devozione per la Vergine Maria, per cui ebbe sentimenti di vero e devoto amore filiale, recitava ogni giorno il rosario e amava intrattenersi dinanzi all’immagine della Madre Celeste per confidarle i pensieri del suo giovane cuore. Quando entrò nelle scuole della Compagnia, infatti, chiese subito di essere ammesso nella Congregazione della Madonna e indusse molti altri ragazzi della città a prendervi parte. Da allora il sabato digiunava in onore di Maria e ogni mese si impegnava a migliorare in qualche aspetto, d’accordo con padre spirituale della Congregazione, per rendere gloria alla Vergine.

I condiscepoli testimoniano tutti che Giovanni non perdeva occasione per pregare, lo faceva, soprattutto, attraverso l’orazione mentale, che praticava sempre, giorno e notte. Il venerdì, per devozione, faceva la via della Croce scalzo e, per non farlo notare agli altri, aveva tolto le suole da un paio di scarpe, cosicché da sopra non si vedesse che era scalzo.

Un giorno, recatosi fuori città con il canonico Freimont, si trovarono entrambe soli in una foresta, avendoli la guida truffati e abbandonati. Il canonico ne fu molto impaurito, sia per il pericolo di briganti, sia per la forte tempesta che iniziò poco dopo, e camminando avanti e indietro non riuscivano a trovare la strada per poter giungere alla loro meta. Il canonico, allora, pregò l’Angelo Custode di Giovanni (sapeva, infatti, per esperienze pregresse che quell’Angelo era solito soccorrere non solo Giovanni ma anche chiunque lo invocasse), e terminata la preghiera si vide cadere ai piedi del giovane una donna, vestita da contadina che, con grida atroci, si allontanò dal ragazzo. In quello stesso momento la tempesta cessò e, apertosi il cielo, riuscirono a vedere la torre dove erano diretti.

All’età di 16 anni manifestò l’intenzione di consacrarsi al Signore nella vita religiosa e, insieme al suo confessore, fece un lungo discernimento. Ne informò, quindi, i genitori, che in ogni modo cercarono di dissuaderlo, avendo risposto in lui altre speranze. Ma egli si dimostrò risoluto e il 24 settembre 1616 entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù di Melines. Subito qui fu apprezzato per le sue belle virtù e venne eletto Prefetto dei Novizi, divenendo una sorta di braccio destro del Maestro, e un esempio per tutti i suoi compagni. Era sempre composto e pudico nel portamento, tanto che lo si riteneva un angelo, ed aveva un sorriso sempre contagioso, per cui veniva scherzosamente chiamato dai compagni “sant’Ilario”.

Fu così grande la sua virtù, che i compagni e i padri del Collegio iniziarono a investigare su di lui, i primi, in una riunione, si dissero di scrivere su un foglietto qualche mancanza che avevano trovato in Giovanni, erano circa 100 novizi, e non si trovò neanche una parola scritta su quei foglietti; i secondi vagliarono Giovanni alla luce della vita dei più grandi santi, e con stupore trovarono in lui tutte quelle virtù, che adornano la vita dei servi fedeli del Signore.

Visitava il Santissimo Sacramento ogni giorno, perché, dalla lettura delle vite dei santi del suo tempo (fra cui prediligeva Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka), aveva notato che il filo rosso che univa tutto era l’amore per il Santissimo Sacramento e per la Vergine Maria. Gli altri amavano pregare accanto a lui e lo seguivano, quando si recava in chiesa, cercando mi mettersi il più vicino possibile. Egli amava pregare in ginocchio, porre le mani all’altezza del petto e socchiudere gli occhi, mentre dialogava con il Signore, chiedendo sempre di essere illuminato su quello che doveva fare per la sua santità e per quella dei suoi compagni. Soffriva, però, la sonnolenza, specialmente durante le prediche, e, per non addormentarsi era solito mordersi le labbra o pizzicarsi le braccia, e in questo modo imparò a restare sveglio e attivo.

Terminato il primo anno di noviziato, il 27 settembre 1617, emise privatamente i voti di povertà, obbedienza e castità, consacrandosi così da se stesso al Signore.

Ammirandone le grandi virtù, fu devoto di san Giuseppe, di sant’Ignazio di Loyola, di san Luigi Gonzaga, e aveva particolare venerazione per gli Angeli Custodi, avendo il suo sempre dimostrato la sua protettiva presenza.

Sapendo parlare solo la lingua fiamminga, gli fu imposto di imparare il francese, ed egli, prontamente e velocemente, imparò così bene la nuova lingua, che presto iniziò a predicare agli altri compagni, e fu incaricato di catechizzare i contadini e i fanciulli. Questi lo ascoltavano assai volentieri e facevano subito seguito ai suoi insegnamenti, pregavano con lui e lo accompagnavano per le strade quando usciva dal Noviziato.

Al termine dei due anni di Noviziato, i padri si riunirono per decidere su Giovanni e, non trovando in lui alcun difetto, lo ammisero ai voti. Egli scrisse subito al padre, chiedendogli di celebrare tre messe alla Vergine per impetrargli la grazia della perseveranza e la mattina del 25 settembre 1618, nelle mani di padre Guglielmo Bauters, emise i voti, dispensato dagli esercizi preparatori, in considerazione delle sue virtù.

Continua nella Parte II.

Preghiera all’angelo custode - San Giovanni Berchmans