quinta-feira, 26 de novembro de 2020

Padre Stefano Maria Manelli, Il valore della Santa Messa nessuno lo comprende

 


Sublimità e grandezza della Santa Messa

Soltanto in cielo comprenderemo quale divina meraviglia sia la Santa Messa. Per quanto ci si sforzi e per quanto si sia santi e ispirati, non si può che balbettare su questa opera divina che trascende gli uomini e gli Angeli. Un giorno fu chiesto a san Pio da Pietrelcina: «Padre spiegateci la Santa Messa». «Figli miei – rispose il Padre – come posso spiegarvela? La Messa è infinita come Gesù… Chiedete ad un Angelo cosa sia una Messa ed egli vi risponderà con verità: capisco che è e perché si fa, ma non comprendo però quanto valore abbia. Un Angelo, mille Angeli, tutto il cielo sanno questo e così pensano».

L’altare è il Calvario

Sant’Alfonso M. de’ Liguori arriva ad affermare: «Dio stesso non può fare che vi sia un’azione più santa e più grande della celebrazione di una Santa Messa». Perché? Perché la Santa Messa è, si può dire, la sintesi dell’Incarnazione e della Redenzione; contiene in sé la Nascita, la Passione e la Morte di Gesù per noi. Il Concilio Vaticano II ci insegna: «Il nostro Salvatore nell’Ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce» (Sacrosantum Concilium, n. 47). Il papa Pio XII aveva già detto questo pensiero stupendo: «Dall’altare del Golgota non è diverso l’altare delle nostre Chiese; anch’esso è un monte sormontato dalla croce e dal crocifisso, dove si attua la riconciliazione fra Dio e l’uomo». E san Tommaso d’Aquino con frase luminosa scrisse: «Tanto vale la celebrazione della Santa Messa quanto vale la morte di Gesù in croce». Per questo san Francesco d’Assisi diceva: «L’uomo deve tremare, il mondo deve fremere, il cielo intero deve essere commosso, quando sull’altare, tra le mani del Sacerdote, appare il Figlio di Dio». In realtà, rinnovando il Sacrificio della Passione e Morte di Gesù, la Santa Messa è cosa tanto grande da bastare essa sola a trattenere la Giustizia Divina. «Tutta la collera e l’indignazione di Dio – afferma sant’Alberto Magno – cade davanti a questa offerta». Santa Teresa di Gesù diceva alle sue figlie: «Senza la Santa Messa che cosa sarebbe di noi? Tutto perirebbe quaggiù, perché soltanto essa può fermare il braccio di Dio». Senza di Essa certamente la Chiesa non durerebbe e il mondo andrebbe disperatamente perduto. «Senza la Messa, la terra sarebbe da molto tempo annientata, a causa dei peccati degli uomini», insegnava sant’Alfonso de’ Liguori. «Sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anziché senza la Santa Messa», affermava san Pio da Pietrelcina, facendo eco a san Leonardo da Porto Maurizio, che diceva: «Io credo che, se non ci fosse la Messa, a quest’ora il mondo sarebbe già sprofondato sotto il peso delle sue iniquità. È la Messa il poderoso sostegno che lo regge».

Grazie sublimi

Gli effetti salutari, poi, che ogni Sacrificio della Messa produce nell’anima di chi vi partecipa sono ammirabili: ottiene il pentimento e il perdono delle colpe, diminuisce la pena temporale dovuta ai peccati, indebolisce l’impero di satana e i furori della concupiscenza, rinsalda i vincoli dell’incorporazione a Cristo, preserva da pericoli e disgrazie, abbrevia la durata del Purgatorio, procura un più alto grado di gloria in Cielo. «Nessuna lingua umana – dice san Lorenzo Giustiniani – può enumerare i favori dei quali è sorgente il sacrificio della Messa; il peccatore si riconcilia con Dio, il giusto diviene più giusto, sono cancellate le colpe, annientati i vizi, alimentati le virtù e i meriti, confuse le insidie diaboliche». Per questo san Leonardo da Porto Maurizio non si stancava di esortare le folle che l’ascoltavano: «O popoli ingannati, che fate voi? Perché non correte alle Chiese per ascoltare quante Messe potete? Perché non imitate gli Angeli, che, quando si celebra la Santa Messa, scendono a schiere dal Paradiso e stanno attorno ai nostri altari in adorazione, per intercedere per noi?». Se è vero che tutti abbiamo bisogno di grazie per questa e per l’altra vita, nulla può ottenercele da Dio come la Santa Messa. San Filippo Neri diceva: «Con l’orazione noi domandiamo a Dio le grazie; nella Santa Messa costringiamo Dio a darcele». La preghiera fatta durante la Santa Messa impegna tutto il nostro sacerdozio, sia quello ministeriale (esclusivo del celebrante) sia quello comune a tutti i fedeli. Nella Santa Messa la nostra preghiera è unita alla sofferta preghiera di Gesù che si immola per noi. Specialmente durante il Canone, che è il cuore della Messa, la preghiera di tutti noi diventa anche preghiera di Gesù presente fra noi. I due momenti del Canone Romano in cui si possono ricordare i vivi e i defunti sono i momenti d’oro della nostra supplica: possiamo pregare per i nostri bisogni, possiamo raccomandare le persone a noi care, vive e defunte, proprio negli attimi supremi della Passione e Morte di Gesù fra le mani del sacerdote. Approfittiamone con cura; i Santi ci tenevano molto e, quando si raccomandavano alle preghiere dei Sacerdoti, chiedevano loro di ricordarli soprattutto durante il Canone. In particolare, nell’ora della morte, le Messe devotamente ascoltate formeranno la nostra più grande consolazione e speranza, e una Messa ascoltata durante la vita sarà più salutare di molte Messe ascoltate da altri per noi dopo la nostra morte. San Giuseppe Cottolengo garantisce una santa morte a chi partecipa spesso alla Santa Messa. Anche san Giovanni Bosco considera un segno di predestinazione ascoltare molte Messe. «Assicurati – disse Gesù a santa Gertrude – che a chi ascolta devotamente la Santa Messa, io manderò, negli ultimi istanti della sua vita, tanti dei miei Santi per confortarlo e proteggerlo, quante saranno state le Messe da lui bene ascoltate». Quanto è consolante ciò! Aveva ragione il santo Curato d’Ars di dire: «Se conoscessimo il valore del Santo Sacrificio della Messa, quanto maggiore zelo porremmo nell’ascoltarla!». E san Piergiuliano Eymard esortava: «Sappi, o cristiano, che la Messa è l’atto più santo della Reli-gione: tu non potresti far niente di più glorioso per Dio, né di più vantaggioso per la tua anima che di ascoltarla piamente e il più sovente possibile».

L’angelo conta i passi

Per questo dobbiamo stimarci fortunati ogni volta che ci è offerta la possibilità di ascoltare una Santa Messa, né tirarci mai indietro di fronte a qualche sacrificio per non perderla, specialmente nei giorni di precetto (domenica e feste) nei quali l’obbligo della partecipazione alla Santa Messa è grave, e chi non ci va, quindi, commette peccato mortale. Pensiamo a santa Maria Goretti che, per andare a Messa la domenica, percorreva a piedi, tra andata e ri-torno, 24 chilometri! Pensiamo a Santina Campana che si recava a Messa con la febbre altissima addosso. Pensiamo a san Massimiliano M. Kolbe il quale celebrava la Santa Messa anche quando era in condizioni di salute così pietose, che un confratello doveva sostenerlo all’altare perché non cadesse. E quante volte san Pio da Pietrelcina celebrò la Messa febbricitante e sanguinante? Se poi le malattie impedivano ai santi di prendere parte alla Santa Messa, essi si univano almeno spi-ritualmente ai Sacerdoti celebranti in tutte le chiese della terra. Così fece, ad esempio, santa Bernardetta quando dovette stare inchiodata al letto per lungo tempo. Diceva alle consorelle: «Le Messe sono perpetuamente celebrate su l’uno o l’altro punto del globo; io mi unisco a tutte queste Messe, soprattutto durante le notti che trascorro talvolta senza prendere sonno». Nella nostra vita di ogni giorno, dobbiamo preferire la Santa Messa ad ogni altra cosa buona, perché, come dice san Bernardo: «Si merita di più ascoltando devotamente una Santa Messa, che con il distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando su tutta la terra». E non può essere diversamente, perché nessuna cosa al mondo può avere il valore infinito di una Santa Messa. «Il martirio non è nulla – diceva il santo Curato d’Ars – in confronto alla Messa, perché il martirio è il sacrificio dell’uomo a Dio, mentre la Messa è il sacrificio di Dio per l’uomo!». Tanto più dobbiamo preferire la Santa Messa ai divertimenti in cui si sciupa il tempo senza nessun vantaggio per l’anima. San Luigi IX, re di Francia, ascoltava ogni giorno diverse Messe. Qualche ministro se ne lamentò, dicendo che poteva dedicare quel tempo agli affari del regno. Il santo re disse: «Se impiegassi doppio tempo nei divertimenti, nella caccia, nessuno avrebbe da ridire». Siamo generosi, e facciamo volentieri qualche sa-crificio per non perdere un bene così grande. Sant’Agostino diceva ai suoi cristiani: «Tutti i passi che uno fa per recarsi ad ascoltare la Santa Messa sono da un Angelo numerati, e sarà concesso da Dio un sommo premio in questa vita e nell’eternità». E il santo Curato d’Ars aggiunge: «Com’è felice quell’Angelo Custode che accompagna un’anima alla Santa Messa»!

La Santa Messa quotidiana

Quando si è compreso che la Santa Messa ha un valore infinito, non fanno più meraviglia l’amore e la premura dei Santi nell’ascoltarla ogni giorno, anzi nell’ascoltarne ogni giorno più che potevano. San Pio da Pietrelcina un giorno disse a un penitente: «Se gli uomini comprendessero il valore della Santa Messa, ad ogni Messa ci vorrebbero i carabinieri per tenere in ordine le folle di gente nelle Chiese». Forse anche noi apparteniamo al gran numero dei cristiani che non hanno compreso il valore della Santa Messa, e per questo ci manca lo zelo e l’ardore che spingeva i santi alla Messa ogni giorno e anche più volte al giorno.

Nascondeva il campanello

Sant’Agostino ci ha lasciato questo elogio di sua madre santa Monica: «Non lasciava passar giorno senza esser presente al Divin Sacrificio davanti al tuo altare, o Signore». San Francesco di Assisi ascoltava di solito due Messe ogni giorno; e quando era ammalato pregava qualche confratello sacerdote di celebrargli la Messa in cella, pur di non restare senza Messa! San Tommaso d’Aquino, ogni mattina, dopo aver celebrato la sua Messa, serviva un’altra Messa per rin-graziamento. San Pasquale Baylon, piccolo pastorello, non po-teva recarsi in Chiesa ad ascoltare tutte le Messe che avrebbe desiderato, perché doveva portare le pecore al pascolo. E allora, ogni volta che udiva la campana dare il segnale della Santa Messa, si inginocchiava sull’erba fra le pecorelle, davanti a una croce di legno fatta da lui stesso, e seguiva così, da lontano, il Sacerdote che stava offrendo il Divin Sacrificio. Caro santo, vero Serafino d’amore eucaristico! Anche sul letto di morte egli udì la campana della Messa, ed ebbe la forza di sussurrare ai confratelli: «Sono contento di unire al Sacrificio di Gesù quello della mia povera vita». E morì alla Consacrazione! San Giovanni Berchmans, ancora ragazzo, usciva ogni giorno alla prima aurora per recarsi in Chiesa. Una volta la nonna gli chiese perché mai uscisse così presto. Il santo ragazzo rispose: «Per attirare le benedizioni di Dio, ho ottenuto di servire tre Messe prima di recarmi a scuola». San Piergiuliano Eymard già da piccolo trovava la sua delizia nel servire le Sante Messe. L’usanza del tempo, al suo paese, era quella di far servire la Santa Messa al ragazzo che al mattino presto andava per un quarto d’ora a suonare il campanello attraverso il paese, per avvertire i fedeli. Ebbene, quante volte il piccolo Piergiuliano nascondeva il campanello, la sera, in modo che al mattino era sicuro di servire lui la Messa! Una mamma di otto figli, santa Margherita, regina di Scozia, si recava e conduceva con sé i figli a Messa tutti i giorni; e con materna premura insegnava loro a considerare come tesoro il messalino, che ella volle adornare di pietre preziose.

Cattiva economia del tempo

Ordiniamo bene le nostre cose, in modo da non farci mancare il tempo per la Santa Messa. Non diciamo di essere troppo impegnati in faccende, perché Gesù potrebbe ricordarci: «Marta, Marta… tu ti affanni in troppe cose, invece di pensare all’unica cosa necessaria!» (Lc 10,41). Quando si vuole veramente, il tempo per andare a Messa si trova, senza venir meno ai propri doveri. San Giuseppe Cottolengo raccomandava a tutti la Santa Messa quotidiana: agli insegnanti, alle infermiere, agli operai, ai medici, ai genitori… E a chi gli opponeva di non avere il tempo per andarci, rispondeva deciso: «Cattiva economia del tempo! Cattiva economia del tempo!». È così. Se veramente pensassimo al valore infinito della Santa Messa, brameremmo parteciparvi e cercheremmo in tutti i modi di trovare il tempo necessario. San Carlo da Sezze, andando per la questua a Roma, faceva le sue soste presso qualche Chiesa per ascoltarvi altre Messe, e, proprio durante una di queste Messe in più, ebbe il dardo d’amore al cuore al momento dell’elevazione dell’Ostia. San Francesco di Paola ogni mattina si recava in Chiesa e si tratteneva là dentro ad ascoltare tutte le Messe che si celebravano. San Luigi Gonzaga, sant’Alfonso Rodriguez, san Gerardo Maiella ogni mattina servivano più Messe che potevano, e con un contegno così devoto da attirare molti fedeli in Chiesa. Il venerabile Francesco del Bambin Gesù, carmelitano, serviva ogni giorno dieci Messe. Se gli capitava di servirne qualcuna in meno, diceva: «Oggi non ho fatto intera la mia colazione»… Che dire infine di san Pio da Pietrelcina? Quante Messe non ascoltava egli ogni giorno, partecipandovi con la recita di tanti Rosari? Non sbagliava davvero il santo Curato d’Ars a dire che «la Messa è la devozione dei Santi».

Camminerei dieci miglia

Lo stesso bisogna dire dell’amore dei santi sacer-doti alla celebrazione della Messa. Non poter celebrare era per loro una sofferenza terribile. «Quando sentirai che non posso più celebrare, tienimi per morto», arrivò a dire a un confratello san Francesco Saverio Bianchi. San Giovanni della Croce fece capire che lo strazio più grande patito durante il periodo delle per-secuzioni fu quello di non poter celebrare la Messa né ricevere la Santa Comunione per nove mesi continui. Ostacoli o difficoltà non contavano per i Santi, quando si trattava di non perdere un bene così eccelso. Dalla vita di sant’Alfonso M. de’ Liguori sappiamo che, un giorno, in una via di Napoli, il Santo fu assalito da violenti dolori viscerali. Il confratello che l’accompagnava lo esortò a fermarsi per prendere un calmante. Ma il Santo non aveva ancora celebrato, e rispose di scatto al confratello: «Caro mio, camminerei così dieci miglia, per non perdere la Santa Messa». E non ci fu verso di fargli rompere il digiuno (allora obbligatorio dalla mezzanotte). Aspettò che i dolori si calmassero un po’ e riprese poi il cammino fino in Chiesa. San Lorenzo da Brindisi, cappuccino, trovandosi in un paese di eretici senza Chiesa cattolica, fece quaranta miglia a piedi per raggiungere una Cappella tenuta da cattolici, in cui poter celebrare la Santa Messa. Non per niente egli era solito dire: «La Messa è il mio cielo in terra». Anche san Francesco di Sales si trovò in paese protestante e per celebrare la Santa Messa doveva recarsi ogni mattina, prima dell’alba, in una parrocchia cattolica, che si trovava al di là di un grosso torrente. Nell’autunno piovoso il torrente si ingrossò più del solito e travolse il piccolo ponte su cui passava il Santo. Ma san Francesco non si scoraggiò. Gettò una grossa trave là dov’era il ponte e continuò a passare ogni mattina. D’inverno, però, con il gelo e con la neve c’era serio pericolo di sdrucciolare e cadere nell’acqua. Allora il santo si ingegnò mettendosi a cavalcioni sulla trave, strisciando carponi, andata e ritorno, pur di non restare senza la celebrazione della Santa Messa! Noi non rifletteremo mai abbastanza sul mistero ineffabile della Santa Messa che riproduce sui nostri altari il sacrificio del Calvario. Ne ameremo mai troppo questa suprema meraviglia dell’amore divino. «La Santa Messa – scrive san Bonaventura – è l’o-pera in cui Dio ci mette sotto gli occhi tutto l’amore che ci ha portato; è in certo modo la sintesi di tutti i benefici elargitici». E san Giovanni Bosco ci raccomanda perciò vivamente: «Abbiate grande premura di andare alla Santa Messa, anche nei giorni feriali, tollerando a tal fine anche qualche incomodo. Con ciò otterrete dal Signore ogni sorta di benedizioni». La partecipazione attiva e fruttuosa La grandezza infinita della Santa Messa ci deve far comprendere l’esigenza di una partecipazione at-tenta e devota al sacrificio di Gesù. Adorazione, amo-re e dolore dovrebbero dominarci incontrastati. Il Sommo Pontefice Pio XII ha scolpito in pensieri stupendi (ripetuti con forza dal Concilio Vaticano II) lo stato d’animo con cui bisogna partecipare alla Santa Messa, ossia con «lo stato d’animo che aveva il Divin Redentore quando faceva sacrificio di sé: l’umile sottomissione dello spirito, cioè l’adorazione, l’amore, la lode e il ringraziamento alla Somma Maestà di Dio…, riprodurre in se stessi le condizioni della vittima, l’abnegazione di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo sacrificio della penitenza, il dolore e l’espiazione dei propri peccati». Chiediamoci seriamente: è questo lo stato d’animo con cui noi partecipiamo alla Santa Messa? Sono questi i frutti che ricaviamo dalla Santa Messa?

Il Crocifisso e le candele

La vera partecipazione attiva alla Santa Messa è quella che ci rende vittime immolate come Gesù, che ottiene lo scopo di «riprodurre in noi i lineamenti dolorosi di Gesù» (Pio XII), dandoci «la comunanza dei patimenti di Cristo e la conformità alla Sua Morte» (Fil 3,10). Tutto il resto è soltanto rito liturgico, veste esterna. san Gregorio Magno insegnava: «Il Sacrifi-cio dell’altare sarà per noi un’Ostia veramente accetta a Dio, quando noi stessi ci faremo Ostia». Per questo nelle antiche comunità cristiane i fedeli, per la celebrazione della Santa Messa, con a testa il Papa, si recavano in processione all’altare in abiti di penitenza, cantando le litanie dei santi. Effettivamente, nell’andare a Messa, noi dovremmo ripetere con san Tommaso Apostolo: «Andiamo anche noi a morire con Lui» (Gv 11,16). Quando santa Margherita Alacoque ascoltava, la Santa Messa, guardando l’altare, non mancava mai di dare un’occhiata al Crocifisso e alle candele accese. Perché? Per imprimersi bene due cose nella mente e nel cuore: il Crocifisso le ricordava quel che Gesù aveva fatto per lei; le candele accese le ricordavano quel che lei doveva fare per Gesù, ossia: sacrificarsi e consumarsi per Lui e per le anime. Ogni giorno il re di Francia, san Luigi IX, ascol-tava la Santa Messa in ginocchio, sul nudo pavimen-to. Un valletto una volta gli offrì un inginocchiatoio, ma il re gli disse: «Nella Messa Iddio si immola, e quando Dio si immola anche i re si inginocchiano sul pavimento». San Giovanni Bosco raccomandava ai giovani di partecipare alla Santa Messa seguendo il metodo di san Leonardo da Porto Maurizio, che divideva la par-te sacrificale della Messa in tre parti, ossia in tre «P» su cui meditare: la Passione di Gesù (dall’offertorio fino all’Elevazione); i nostri Peccati, causa della Pas-sione e Morte di Gesù (fino alla Comunione); il Pro-ponimento di una vita pura e ardente (dalla Comunio-ne alla fine della Messa). Per fare ciò nel modo più semplice e fruttuoso, basta impegnarsi a seguire attentamente il Sacerdote all’altare. Così si vinceranno più facilmente le distrazioni e la noia (né la domenica si andrà in cerca – co-me fanno alcuni – della Messa più breve, perché non vedono l’ora che finisca!). Un giorno il papà di Guido di Fontgalland chiese al figliolo in che modo occupare tutto il tempo della Messa. «Durante la Santa Messa – rispose il santo ra-gazzo – la sola occupazione è di seguirla. Basta leg-gere con il Sacerdote le preghiere che egli recita all’altare…». È la stessa risposta che san Pio X diede a chi voleva sapere quali preghiere recitare durante la Santa Messa: «Seguite la Santa Messa, dite le preghiere della Messa!».

Sul Calvario, come la Madonna

Il modello più alto di partecipazione al santo Sacrificio ci è offerto da Maria Santissima, la nostra Corredentrice, da san Giovanni Evangelista e dalla Maddalena con le pie Donne ai piedi della croce (Gv 19,25). Assistere alla Messa, infatti, è come trovarsi sul Calvario. Il papa Giovanni Paolo II in un discorso ai giovani disse con frase semplice e stupenda: «Andare a Messa significa andare al Calvario per incontrarci con Lui, nostro Redentore». Un incontro di amore e di dolore con Gesù Crocifisso: questa è la partecipazione alla Santa Messa. «Non si può separare la Santissima Eucaristia dalla Passione di Gesù», gemeva fra le lagrime sant’Andrea Avellino. Un giorno un figlio spirituale chiese a san Pio da Pietrelcina: «Padre, come dobbiamo partecipare alla Santa Messa?». Il Padre rispose: «Come la Madonna, san Giovanni e le pie Donne sul Calvario, amando e compatendo». E sul messalino di un suo figlio spiri-tuale, Padre Pio scrisse: «Nell’assistere alla Santa Messa accentra tutto te stesso al tremendo mistero che si sta svolgendo sotto i tuoi occhi: la Redenzione della tua anima e la riconciliazione con Dio». Un’altra volta gli venne chiesto: «Padre, come mai lei piange tanto durante la Messa?». «Figlia mia – rispose il Padre – che cosa sono quelle poche lacrime di fronte a ciò che avviene sull’altare? Torrenti di lacrime ci vorrebbero!». E un’altra volta ancora, gli fu detto: «Padre, quanto le tocca soffrire a stare per tutta la Messa in piedi, poggiato sulle piaghe sanguinanti dei piedi!». Il Padre rispose: «Durante la Messa non sto in piedi: sto appeso». Che risposta! Le due parole «sto appeso» esprimono fortemente al vivo quell’essere «concrocifisso con Cristo», di cui parla san Paolo (Gal 2,19) e che distingue la vera e piena partecipazione alla Messa dalla partecipazione vana, accademica, magari chiassosa. Bellissimo è anche il piccolo episodio che si legge nella vita di san Benedetto. Un giorno, durante la Santa Messa, appena pronunziate le parole: «Questo è il mio corpo», san Benedetto udì una risposta proveniente dall’Ostia appena consacrata: «È anche il tuo, Benedetto!». La vera partecipazione alla Santa Messa ci deve rendere ostia con l’Ostia. Diceva bene santa Bernardetta Soubirous a un Sa-cerdote novello: «Ricordati che il Sacerdote all’altare è sempre Gesù Cristo in croce». E san Pietro d’Alcantara si vestiva per la Santa Messa come per salire sul Calvario, perché tutti gli indumenti sacerdotali hanno un riferimento alla Passione e Morte di Gesù: il camice ricorda la tunica bianca di cui Erode fece vestire Gesù come pazzo; il cingolo ricorda i flagelli; la stola ricorda i legacci; la chierica ricordava la corona di spine; la pianeta, segnata a croce, ricorda la croce sulle spalle di Gesù.

Signore, perdona loro

Chi ha assistito alla Messa di Padre Pio ricorda quelle sue lagrime brucianti, ricorda quella sua imperiosa richiesta ai presenti di seguire la Santa Messa in ginocchio, ricorda il silenzio impressionante in cui si svolgeva il sacro rito, ricorda la sofferenza crudele che si sprigionava dal volto di Padre Pio quando sillabava a strappi violenti le parole della Consacrazione, ricorda il fervore della preghiera silenziosa dei fedeli che riempivano la Chiesa, mentre le dita sgranavano Rosari per più di un’ora. Ma la sofferta partecipazione di Padre Pio alla Santa Messa è quella stessa di tutti i Santi. Le lagrime di Padre Pio erano come quelle di san Francesco d’Assisi (che a volte diventavano sanguigne), come quelle di san Vincenzo Ferreri, di sant’Ignazio, di san Filippo Neri, di san Lorenzo da Brindisi (che arrivava a inzuppare di lagrime sette fazzoletti), di santa Veronica Giuliani, di san Giuseppe da Copertino, di sant’Alfonso, di santa Gemma… Ma, del resto, come rimanere indifferenti di fronte alla Crocifissione e Morte di Gesù? Non saremo mica come gli Apostoli addormentati nel Getsemani, e tanto meno come i soldati che, ai piedi della Croce, pensavano al gioco dei dadi, incuranti degli spasimi atroci di Gesù morente! (Eppure, questa è l’impressione angosciosa che si prova oggi assistendo alle Messe cosiddette beats celebrate al ritmo delle chitarre e delle tarantole, con donne in abiti sconci e giovani dalle fogge più stravaganti… «Signore, perdona loro!»). Anche san Giovanni Bosco si lamentava con amarezza di tanti cristiani che stanno in Chiesa «volontariamente distratti, senza modestia, senza attenzione, senza rispetto, in piedi, guardando qua e là… Costoro non assistono al Divin Sacrificio come Maria e Giovanni, ma come i Giudei, mettendo un’altra volta Gesù in croce!». Guardiamo alla Madonna e ai Santi. Imitiamoli. Soltanto seguendo loro siamo sulla via giusta che «è piaciuta a Dio» (1 Cor 1,21).

Padre Stefano Maria Manelli