sábado, 19 de dezembro de 2009

Cattolicesimo belga in fase di decozione . Il Belgio è uno degli esempi più eclatanti della forza devastatrice del cattolicesimo progressista.


Il cardinale Danneels, primate belga e arcivescovo di Malines-Bruxelles, va in pensione; dopo Natale, secondo quanto ha dichiarato lui stesso. Lascia naturalmente, come invariabilmente accade nelle diocesi rette (e troppo a lungo) da un pastore progressista, una situazione peggio che catastrofica: nel 2007 sono stati ordinati appena due (due!) sacerdoti (fonte: The Tablet 31.5.2008) in una arcidiocesi di due milioni e mezzo di abitanti, di cui il 63% si dichiarano cattolici (tale percentuale era al 91% nel 1979, quando Danneels fu nominato - dati Annuario Pontificio).



Il Belgio storicamente era un bastione della Fede: lo Stato belga nasce con la rivoluzione del 1830 delle province cattoliche dell’allora Regno dei Paesi Bassi; l’Università di Lovanio è il più antico e prestigioso ateneo cattolico; e il re Baldovino, scomparso nel 1993, fu un così luminoso esempio di cattolico che è in corso il processo di beatificazione.

Ma dopo appena quarant’anni dal Concilio Vaticano II – l’immane vaso di Pandora da cui sono preterintenzionalmente sortiti i demòni che stanno rodendo e distruggendo la Chiesa - il Belgio non ha quasi più nulla di cattolico. E questo in particolare perché quel paese è stato la sede di alcuni dei protagonisti più influenti dell'epoca postconciliare: il card. Suenens prima, esponente di punta dell’ala progressista del Concilio, poi il suo successore card. Danneels, del quale si diceva al tempo dell'ultimo conclave ch'egli era il capofila, assieme al card. Martini, della coterie progressista in senso al Sacro Collegio.

Quel che avviene in Belgio, poi, influenza ed è influenzato dalla vicina chiesa olandese che, non dimentichiamolo, è anch’essa una delle più disastrate dalla sbornia postconciliare: è ancora viva l'infausta eredità dell'eterodosso Catechismo olandese, che l'episcopato di quel paese difese al punto da rifiutare le correzioni volute dalla commissione teologica nominata da Paolo VI; e ancora due anni fa i domenicani olandesi (o almeno, quel poco che ne resta) pubblicarono un allucinante pamphlet in cui spronavano la comunità ecclesiale a scegliere "dal basso" chi presieda l'eucarestia (e “non fa differenza che sia uomo o donna, omo o eterosessuale, sposato o celibe"), e tutta la comunità deve poter pronunziare le parole, espresse in forma libera, di consacrazione ("Il pronunciare queste parole non è ritenuto una prerogativa esclusiva dei preti; se fosse così, come sarebbe possibile evitare una forma di potere e di diritto quasi magico?").


Alla situazione del Belgio, in vista di un mutamento che si spera epocale (ce n’è bisogno, altroché: si deve ricostruire sul nulla delle macerie postconciliari), il blog francese Osservatore Vaticano ha dedicato una serie di reportage. Si tratta di un approfondimento curato e circostanziato, che ci siamo decisi a tradurre dopo che l’autore di quel blog è stato fatto oggetto di una replica piccata di un organo di stampa dell’episcopato belga. Naturalmente, l’ultima cosa che quella replica fa è di confutare i fatti e i dati (tutti peraltro ufficiali) dati da Osservatore Vaticano… classico esempio di disinformazjia curialesca. In segno di solidarietà per questo ingiustificato e bilioso attacco e, soprattutto, per far conoscere la situazione belga in Italia (e in particolare 'orbi', per chi già non ne fosse pienamente al corrente), inizieremo a puntate la pubblicazione di quegli articoli.
fonte:messainlatino.it