segunda-feira, 15 de março de 2010

LA LITURGIA FRADIZIONALE E' VIVA


Padre Vincenzo Nuara, fondatore dell’Amici­zia Sacerdotale Summorum Pontificum e del gruppo laicale Giovani e Tradizione, è stato l’or­ganizzatore del convegno “Un grande dono per tutta la Chiesa”. Lo abbiamo intervistato sul valore della riscoperta del Rito Romano Antico.

Padre Nuara, l’anno scorso il convegno dedicato al Motuproprio Summorum Pontificum ha avu­to una grande eco sui media. Questo significa che il tema della liturgia è più importante di quanto si potesse immaginare?

È sorprendente ma vero. Con la liturgia la Chie­sa dice in cosa essa crede, cosa essa è e insegna come essere unita al suo Signore e Salvatore. L’interesse su­scitato dalla liturgia tradizionale, soprattutto dopo il Motu proprio, è cresciuto considerevolmente, in quanto questa antica liturgia ha un richiamo molto pro­nunciato alla Bellezza, alla Sacralità e al Mistero. L’uomo di oggi, e in particola­re i giovani, si sentono affa­scinati da una liturgia che ha attraversato i secoli della Cristianità, che è stata la gloria e la forza della Chiesa nei momenti difficili e di persecu­zione, in quanto con­giunge umano e divino in una sintesi splendida at­traverso il linguaggio dei simboli, dei gesti rituali e delle formule sacre che sono l’espres­sione perfetta del­la fede della Chiesa, in un rapporto uni­co tra lex or andi, lex credendi.

A distanza di un anno, quali sono i segnali che fan­no intendere che l’interesse continua a essere alto

Le Messe aumentano, sono tanti i fedeli che ri­chiedono questa liturgia ai loro pastori, il dibattiti: vivo a tutti i livelli, si organizzano dappertutto conferenze e convegni sul tema. Inoltre si comprende come i fedeli siano stanchi di una liturgia che vuole essere la ripetizione e la ripresentazione della vita quotidiana, la quale per farsi “comprendere” o per essere “partecipata” giunge alla sciatteria e alla banalità.

L’uomo di tutti i tempi sa benissimo che c’è una linea di confine tra la terra e il Cielo, tra l’umane i il divino e questo confine va rispettato e fa la differenza … Tra l’altro questa liturgia esprime in pienezza ciò che è Vero, Buono e Bello e che la Chiesa annuncia da duemila anni.

Uno dei frutti del convegno dello scorso anno è stata la nascita del Sodalizio “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum”. Ci può parlare dell’interesse sorto tra i sacerdoti per la Messa secondo il rito antico?

L’interesse dei sacerdoti, soprattutto giovani, è piuttosto alto. Il Sodalizio spirituale “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum” si va diffondendo spontaneamente perché i sacerdoti sentono il bisogno di recuperare le radici della loro vocazione, la loro identità, di capire la loro vera missione.

I sacerdoti sono i primi a rendersi conto che una certa liturgia non ha funzionato ed è in piena crisi come la teologia che l’ha prodotta, in quanto ha fatto perdere al sacerdote stesso la propria identità e a molti fedeli ha reso “fluida” la fede cattolica.

Certa teologia, nell’accentuare esasperatamente il sacerdozio comune dei fedeli rispetto a quello ministeriale proprio del sacerdote, ha indebolito la forza di quest’ultimo, forza che sempre ha avuto nella Chiesa. Negli anni passati abbiamo assistito alla clericalizzazione dei laici e alla laicizzazione dei preti: è un prodotto di questo pensiero ampiamente diffuso.

Nella liturgia antica i sacerdoti ritrovano il loro posto cioè la loro identità, la chiarezza della fede, la loro vera missione, il senso profondo di essere per Dio, per la Chiesa, per gli uomini secondo la Traditio Ecclesiae. Inoltre i sacerdoti che iniziano a conoscere e a celebrare con questa liturgia si accostano con naturalezza ed entusiasmo allo studio del Dogma e del Magistero perenne della Chiesa, «avendo san Tommaso per maestro» (cf. O.T. 16) – che per molti è una novità assoluta – e ne scoprono la bellezza e la profondità che sazia l’intelligenza e lo spirito.

Pare che molti di questi sacerdoti siano molto giovani. Da cosa dipende questo fenomeno?

I giovani sono i primi a capire i mutamenti e le differenze e hanno desiderio di bellezza, di pace interiore, che non trovano nel mondo, e di radicalità evangelica. Molti si stanno avvicinando per curiosità, altri perché l’attuale liturgia non li soddisfa più, altri perché si rendono conto che c’è qualcosa che non funziona….

Altri, perché una cattiva campagna di opposizione alla liturgia tradizionale, nei loro ambienti di formazione, ha avuto un effetto contrario: vogliono vedere con i loro occhi e capire. Proibire, vietare solo per partito preso, per schieramento ideologico non produce mai buoni frutti e questi giovani vogliono conoscere la liturgia antica anche perché sentono il bisogno di radici.

La Chiesa vive da duemila anni, non è nata quarant’anni fa e le sue radici sono riconoscibilissime nella sua liturgia di sempre.

Che cosa ci può dire dei relatori del convegno di quest’anno?

La statura intellettuale e spirituale dei rela­tori di quest’anno è stata una grande forza per il convegno e per i frutti di grazia che, sono cer­to nella fede, verranno da esso per il bene del­la Chiesa.

La sua iniziativa si caratterizza per la stretta obbedienza al Papa e per il sostegno atta sua azio­ne…
Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Un cattolico non può lavorare nella Chiesa senza vivere della consa­pevolezza di questa verità cristiana. La Verità è nella Chiesa, non c’è Verità al di fuori di essa e non c’è Verità senza Tradizione.

Ma non c’è neppure Tradizione senza Comu­nione ecclesiale e questa va vissuta in primo luogo con il Vicario di Cristo, il Papa che guida la Chiesa in nome di Cristo stesso. Inoltre ogni servizio nella Chiesa richiede umiltà, docilità agli insegnamenti del Pontefice e obbedienza incondizionata: questa è la forza della Chiesa Cattolica da sempre.

Quali frutti si attende dal lavoro che sta facendo?

Mi attendo che gli sforzi di questi anni servano a raggiungere la pace, la concordia, l’unità nella Chie­sa secondo il desiderio del Santo Padre, per una ri­forma ecclesiale che riparta dalla liturgia come cen­tro della vita cristiana e per una nuova stagione di pro­pagazione della Fede cattolica attraverso la liturgia antica. Mi auguro inoltre che la liturgia tradiziona­le acquisti pari dignità e la piena libertà nella vita ecclesiale senza più pregiudizi e rifiuti: la SS .ma Ver­gine ci aiuti.

Cosa mi dice della Messa Pontificale pubblica in San Pietro?
È stato un evento storico che preparerà, speriamo, la strada a un altro evento. Dopo quarant’anni, è sta­ta celebrata per la prima volta in San Pietro una So­lenne Messa Pontificale in Rito Romano Antico da un arcivescovo, il Prefetto del Supremo Tribunale del­la Segnatura Apostolica S E. mons. RL. Burke: è una grazia di Dio immensa, è il segno di una nuova sta­gione, è un motivo di consolazione e di grande spe­ranza. La liturgia tradizionale è viva più che mai, la Chiesa non l’ha dimenticata.

E del saluto all’Angelus del Santo Padre?

Il Santo Padre con il suo saluto ai partecipanti al convegno ha dato il suggello alla grazia di quei gior­ni, al grande impegno e lavoro svolto. In mezzo a un silenzio quasi assoluto dei media, la voce del Santo Padre è venuta dal cielo come conferma: di questo ne siamo stati tutti profondamente convinti e lo rin-graziamo infinitamente, assicurandoGli che non lo lasceremo solo in questa mirabile opera.

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