quinta-feira, 13 de janeiro de 2011

Convegno sulla Tradizione a Parigi: la relazione della prof.ssa Siccardi . È emerso come, in tutti i casi in cui la Chiesa è uscita dalla sua crisi, lo ha fatto soltanto con un ritorno alla Tradizione precedente al momento drammatico affrontato.Il Superiore generale della Fraternità San Pio X ha illustrato che cosa sia un prete, quale debba essere la sua identificazione con nostro Signore Gesù Cristo, quanto ciò che in un laico è un ""semplice" peccato" diventi, in un sacerdote, "vero e proprio sacrilegio"… L’amore per Cristo e per la sua Chiesa acquisisce, nelle parole del Vescovo, un senso unicamente sacerdotale, perdendo ogni connotazione terrena… nell’orizzonte di un prete così delineato non c’è spazio per altro che per Dio e per il Paradiso, per sé e per i fedeli a lui affidati.





Con molto piacere e riconoscenza pubblichiamo questa relazione sul convegno parigino inviataci dalla dottoressa Cristina Siccardi, che al convegno stesso ha partecipato come relatrice. Autrice della più nota biografia italiana dedicata al fondatore della FSSPX, ella ha avuto modo in quell'occasione di narrare come il suo interesse per mons. Marcel Lefebvre sia nato dallo studio storico della figura del papa Paolo VI. Il quale considerò il caso Lefebvre una spina dolorosa del suo pontificato e, molto legato alla cultura francese, finì col prendere le parti dei vescovi di quel paese, avversari spietati del confratello che osava attenersi con ostinazione alle certezze di sempre. Un Papa, peraltro, che seppe anche accorgersi delle derive e della rovina, come attesta il suo famoso discorso sul fumo di Satana; ma poco riuscì a compiere per opporvisi: un pontefice dagli occhi bene aperti e le mani legate, secondo la definizione di Romano Amerio. Mons. Lefebvre, per contro, si vide costretto alla non verde età di 65 anni, per amore della Chiesa, della S. Messa e del Sacerdozio, ad opporsi a tutto e a tutti: un destino che è stato proprio anche di grandi figure della Chiesa, come S. Atanasio, S. Caterina da Siena, S. Giovanna d'Arco. Perché, secondo una frase del grande teologo Garrigou-Lagrange, citata dalla dott.ssa Siccardi nella relazione, "La Chiesa è intransigente in linea di principio perché crede, è tollerante nella pratica perché ama. I nemici della Chiesa sono tolleranti in linea di principio perché non credono, e intransigenti nella pratica perché odiano".
Enrico


Da sin. a destra: don D. Pagliarani, l'abbé A. Lorains e don E. du Chalard


Il decimo Congresso Teologico del Courrier de Rome, dal titolo "La Tradizione: una soluzione alla crisi della Chiesa?", svoltosi a Parigi il 7-8-9 gennaio 2011 alla Maison de la Chimie (28 rue Saint-Dominique), ha avuto un notevole successo di pubblico, un pubblico attento e qualificato, che ha seguito i lavori proposti di giorno in giorno da docenti, studiosi, intellettuali di varie nazionalità. La sintesi del Congresso, di altissimo livello storico, filosofico, teologico e di precisa ponderazione sullo stato attuale della Chiesa, si può riassumere nel volgere il suo titolo dalla forma interrogativa a quella affermativa, mutando l’articolo indeterminativo in quello determinativo: la Tradizione è la soluzione alla crisi della Chiesa.

La prima giornata, dopo aver precisato lo stato della questione (padre Alain Lorans), ha analizzato la crisi ariana (padre Laurent Biselx), quella protestante (padre Nicolas Portail), quella susseguente alla Rivoluzione Francese (professor Jean de Viguerie), quella modernista (padre Claude Boivin) e quella postconciliare (padre Niklaus Pfluger). È emerso come, in tutti i casi in cui la Chiesa è uscita dalla sua crisi, lo ha fatto soltanto con un ritorno alla Tradizione precedente al momento drammatico affrontato. Questo ritorno non è stato un semplice riportare indietro le lancette dell’orologio della storia (operazione dannosa, oltre che impossibile), ma da esso è sempre scaturito un progresso, che ha reso la dottrina cattolica più capace di rispondere alle false obiezioni a lei poste dai movimenti ereticali all’origine di ogni singola crisi.

Sempre alla storia della Sposa di Cristo si può applicare il consiglio che sant’Ignazio di Loyola, nei suoi esercizi spirituali, dà ad ogni singolo fedele: "In tempo di desolazione non si deve mai fare mutamento ma restare fermo e costante nei propositi e nella determinazione in cui si stava nel giorno precedente a tale desolazione, o nella determinazione in cui si stava nell'antecedente consolazione. Come infatti nella consolazione ci guida e consiglia di più il buono spirito, così nella desolazione il cattivo, con i cui consigli non possiamo prendere la giusta strada" (Regola 318). I progressi ed i mutamenti avverranno quando la crisi (desolazione) sarà passata e la Chiesa sarà tornata alla Tradizione (consolazione) precedente.

Nella seconda giornata si è esaminato in che modo la Tradizione possa curare i mali della crisi presente. Si è partiti dal confronto razionale tra Tradizione e pensiero moderno (padre Jean-Michel Gleize), approfondendo le radici teologico-dottrinali dell’irrazionalismo contemporaneo ed il loro affondare nella negazione del giusto ordine trinitario, conseguente alla negazione del Filioque (il procedere dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio), vale a dire negando la necessaria precedenza della verità rispetto all’amore, approfondimento e spiegazione di quanto detto in merito da Romano Amerio nel suo capolavoro Iota Unum (padre François Knittel). Di questo tema e, soprattutto, delle sue conseguenze sull’attuale diffusione del relativismo, troviamo ampi accenni nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI.

Ampia è poi stata la trattazione del rapporto fra Concilio Vaticano II e Magistero della Chiesa, non tanto per ciò che concerne i suoi contenuti, quanto, invece, per ciò che riguarda il suo stesso modo di porsi, il suo legame con il divenire storico, il suo linguaggio innovativo e caratteristico degli anni Sessanta del secolo passato, il suo lasciarsi plasmare, da un punto di vista formale, dal caratteristico spirito di quel decennio, del suo rifuggire da ogni definizione, anche solo terminologica (padre Davide Pagliarani). Su questo stesso tema, ma concentrato sulla pastoralità del Concilio, corre l’obbligo di segnalare il magistrale intervento di monsignor Brunero Gherardini al Convegno organizzato dai Francescani dell’Immacolata, tenuto il 16-17-18 dicembre 2010 a Roma ed intitolato "Il Vaticano II: un Concilio pastorale. Un’analisi storico-filosofico-teologica".

L’assoluta necessità del ritorno alla Tradizione è emersa, per usare un gergo fotografico, in negativo dalla brillante relazione del dottor Francesco Colafemmina sull’eclissarsi dello stesso concetto di bello nell’arte sacra, a mano a mano che la committenza ecclesiastica si allontanava dal richiamo dottrinale della Tradizione: se la bellezza se ne va con la Tradizione, con essa, inevitabilmente, dovrà tornare.

Particolarmente toccante, nella sua lucida disamina, è risultata la relazione di padre Yannick Escher, il quale ha portato la sua testimonianza di prete che ritrova le ragioni e la gioia del proprio sacerdozio nel ritorno alla Tradizione, illustrando, una per una, le strade che gli si aprivano dinanzi.

La giornata si è chiusa ascoltando una tavola rotonda con il dottor Alessandro Gnocchi (autore con il professor Mario Palmaro di testi coraggiosi, quanto autorevoli, sulla crisi della Chiesa e sulla Tradizione), padre Emmanuel du Chalard e padre Alain Lorans, a riguardo della situazione, in rapido mutamento, della Chiesa in Italia e, conseguentemente, a Roma. Come segni tangibili di speranza, sono stati citati, tra gli altri, gli ultimi libri di monsignor Gherardini e il volume Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta di Roberto de Mattei, oltre al già ricordato Convegno dei Francescani dell’Immacolata.

Il Congresso teologico si è congedato con la lunga quanto appassionante intervista di padre Alain Lorans a monsignor Bernard Fellay. Il Superiore generale della Fraternità San Pio X ha illustrato che cosa sia un prete, quale debba essere la sua identificazione con nostro Signore Gesù Cristo, quanto ciò che in un laico è un ""semplice" peccato" diventi, in un sacerdote, "vero e proprio sacrilegio"… L’amore per Cristo e per la sua Chiesa acquisisce, nelle parole del Vescovo, un senso unicamente sacerdotale, perdendo ogni connotazione terrena… nell’orizzonte di un prete così delineato non c’è spazio per altro che per Dio e per il Paradiso, per sé e per i fedeli a lui affidati. Ecco che, alla domanda su quale sia il contributo della Fraternità San Pio X alla Chiesa, la risposta del Superiore generale non poteva che essere quella di difendere il sacerdozio di sempre, affinché Dio mandi "molti santi sacerdoti".

Cristina Siccardi
 DE:Messainlatino.it