ESERCIZIO DI DIVOZIONE ALLA MISERICORDIA DI DIO
TORINO
TIPOGRAFIA EREDI
ROTTA
Via della
Consolata, 14.
Gli Editori
intendono godere del privilegio accordato dalle vigenti leggi, avendo adempiuto
a quanto esse prescrivono.
Approvazione di
questo esercizio e Indulgenze al medesimo concesse.
[è
premesso agli scritti attribuiti o attribuibili a Don Bosco]
INDEX
Invito alla frequente comunione.
Non vi ha cosa che arrechi maggior vantaggio all'anima del cristiano
quanto la comunione frequente, perchè è dessa il nostro pane quotidiano,
il quale ci fa vivere in Gesù Cristo, e fa vivere Gesù Cristo in noi.
La Chiesa interprete verace dei disegni del {12 [264]} suo sposo Gesù
Cristo e della sua parola ha sempre approvata la comunione frequente. Il
sacro Concilio di Trento « desidererebbe che i fedeli assistendo al
santo Sacrificio vi si comunicassero, e non solamente in ispirito, ma
ancora col ricevere la sacramentale Eucaristia, affinchè possano
ricavare frutti più abbondanti dal santo Sacrificio. »
Nei primi tempi della Chiesa i fedeli non assistevano mai al santo
Sacrificio della Messa senza ricevervi la SS. Eucaristia: la qual cosa
era divenuta tanto abituale che il non farla sarebbe stato oggetto di
scandalo. Di più i pastori della Chiesa amanti del bene delle anime, e
desiderosi che sempre più i fedeli si unissero a questo divino Agnello
permettevano persino che dopo aver partecipato in comune alla mensa
celeste ciascuno portasse presso di se questo mistico pane a proprio
sostegno e conforto: la qual pratica allora soltanto cessò, quando il
fervore nella pietà, e la santità della vita si raffreddarono presso i
fedeli.
In questi tempi specialmente pare vada via via maggiormente
insinuandosi tale freddezza verso questo augustissimo Sacramento, e pare
che pochi soltanto più si ricordino dell'amoroso invito che Gesù Cristo
medesimo ci fece di accorrere a riceverlo: « Io sono il pane di vita,
diss'Egli, chi mangia di questo pane vivrà in eterno. In verità ve lo
dico, se voi {13 [265]} non vi nudrite di mia carne, e non vi abbeverate
di mio sangue non avrete la vita in voi (S. Gio. VI). » Che più dolce e
più chiaro invito poteva egli mai farci? Egli dandosi a noi sotto le
specie di un alimento quotidiano, c' indica il suo desiderio che
quotidianamente di esso ci alimentiamo. E noi con quale frequenza ci
accostiamo a questo cibo celeste? Esaminiamo i nostri bisogni, e allora
vedremo qual obbligo non abbiamo di comunicarci assai sovente. Siccome
la manna fu il quotidiano cibo per gli Ebrei, pel corso di quarant'anni
nel deserto, così la santa comunione dovrebbe essere il nostro conforto,
il cibo nostro quotidiano per guidarci al paradiso. S. Agostino dice
così: se ogni giorno domandiamo a Dio il pane corporale, perchè non
procureremo anche di cibarci ogni giorno del pane spirituale colla santa
comunione? S. Filippo Neri incoraggiava i cristiani a confessarsi ogni
otto giorni e a comunicarsi anche più spesso secondo l'avviso del
confessore. Accorriamo noi dunque tutti a questa fonte inesausta di
grazie e di consolazioni! I frutti copiosi prodotti dalla comunione
frequente sono una consolantissima verità di cui nessun cristiano
dubita. Sappiamo che i rapporti intimi con un amico fanno ben presto
dividere all'altro il vero modo di vedere e di sentire. Ora un'unione
così stretta con Gesù Cristo {14 [266]} potrebbe non comunicarci qualche
cosa di Lui? Noi sappiamo che nel tempo di sua vita mortale una virtù
misteriosa usciva dalle sue vestimenta e sanava le infermità di coloro
che le toccavano. La virtù assai più potente della divina sua persona si
comunica a noi nella comunione, ci fa dividere i suoi sentimenti e
vivere della sua vita. Il fedele, ammesso alla frequente partecipazione
di suo Corpo e Sangue, può con tutta verità ripetere coll'Apostolo: « Io
vivo, ma non son più io che vivo, è Gesù Cristo che vive in me. »
La presenza di Gesù è un tesoro che avremmo invano cercato sulla terra
se Egli non ci fosse rimasto per amor nostro. Ma Esso è là, in mezzo a
noi, Egli ci apre le sue braccia, il suo cuore. Dove troveremo noi un
amico che intenda le nostre pene e ci compatisca, un orecchio che non si
stanchi mai di ascoltarci, una voce che mai si stanchi di dirci quelle
parole di consolazione che sono il meglio adattate per fortificarci e
sollevarci? Andiamo adunque a Gesù. Ah sì! il pane della Eucaristia
dovrebbe essere il pane quotidiano dell'anima che soffre, perchè è un
pane che fortifica e consola; esso ha la virtù di rendere dolci le più
amare lagrime, di rendere facili i maggiori, i più dolorosi sacrifici.
Taluno dirà; io sono troppo peccatore. Se tu sei peccatore procura di
metterti in grazia {15 [267]} col Sacramento della confessione, e poi
accostati alla santa comunione, e ne ricaverai grande aiuto. Un altro
dirà: mi comunico di rado per aver maggior fervore. È questo un inganno.
Le cose che si fanno di rado per lo più si fanno male. Altronde essendo
frequenti i tuoi bisogni, frequente deve essere il soccorso per l'anima
tua. Alcuni soggiungono: io sono pieno d'infermità spirituali e non oso
comunicarmi sovente: risponde Gesù Cristo: quelli che stanno bene non hanno bisogno del medico:
perciò quelli che sono maggiormente soggetti ad incomodi loro è
mestieri essere sovente visitati dal medico. Coraggio adunque, o
cristiano, se tu vuoi fare un'azione la più gloriosa a Dio, la più
gradevole a tutti i santi del cielo, la più efficace per vincere le
tentazioni, la più sicura a farti perseverare nel bene, ella è
certamente la santa Comunione. Ma non basta accostarci sovente, poichè è
d'uopo eziandio accostarci degnamente. Le cose che si ricercano per
accostarsi nel modo dovuto al SS. Sacramento dell' Eucaristia sono altre
interne, altre esterne. Le interna sono; 1° di essere in grazia di Dio;
2° essere digiuni dalla mezzanotte in giù 3° riflettere bene a quello
che si va a ricevere, che è il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro
Signor Gesù Cristo. Quest' ultima condizione specialmente si procuri di
tener ben fissa nella mente {16 [268]} e nel cuore, poichè in ciò
consiste la nostra preparazione più efficace. Eccitiamo in noi prima di
accostarvici una vera divozione attuale, la quale sta nel considerare
attentamente le grandi meraviglie di quel divino mistero, ed eccitarci
dolcemente a pii e fervorosi affetti verso Gesù Sacramentato.
Imperocchè, cerne dice s. Bonaventura; chi si avvicina alla santa
Eucaristia con tiepidezza, indevozione, ed inconsiderazione, mangia e
beve la sua condanna.
Questa divozione attuale, s. Francesco dice, che si acquista colle
forbici, col martello, e col pennello. Colle forbici, cominciando dalla
vigilia della comunione a togliere le parole inutili, le cure superflue e
le passioni smoderate, per ben purificare la lingua, sopra la quale
deve essere messo il Re della gloria, e il cuore che deve servirgli di
trono.
2° Col martello, impiegando il digiuno, e la mortificazione dei sensi,
per partecipare in qualche modo ai travagli e dolori sofferti da Gesù
Cristo nella Passione della quale l'Eucaristia ci rinnova la memoria.
3° Col pennello procurando di abbellire l'anima nostra, tenendoci
raccolti interiormente ed esteriormente, applicandoci più all' orazione,
alla considerazione, alla lettura spirituale, a praticare le opere di
misericordia.
La mattina della comunione poi bisogna che {17 [269]} subito svegliati
eleviamo la nostra mente verso il Dio d'amore, da cui speriamo di
essere felicemente visitati, e quindi modestamente andare alla chiesa
subito che si può, e quando saremo confessati, ed avremo fatta quella
parte della penitenza che il tempo ci permetterà, bisognerà fare con
gran fervore gli atti che debbono precedere la comunione. Le condizioni
esterne poi riguardano la purità del corpo, la decenza e modestia degli
abiti, la positura della persona.
Per carità non si dimentichi da quelli che si accostano a questo
augusto Sacramento, che quel Dio che si va a ricevere, è il Dio della
purità, della modestia, della decenza, e perciò si evitino tanti
scandali che pur troppo ogni giorno si danno coll'accostarvisi
immodestamente vestiti, o sconciamente adorni; e ciò si faccia
mostrandoci, 1° con abiti decenti ed onesti, per onorare Gesù Cristo
collo stesso ornamento; 2° senza pompa e vanità; perchè essendo Gesù
Cristo umiliato in questo Sacramento sotto le specie di pane e di vino
sarebbe in certo modo fare insulto alla sua umiliazione ed all'estrema
povertà che ha sempre praticata in tutta la vita l'avvicinarci a lui con
pompa e vanità. Il demonio, dice s. Pier Damiano, si pasce delle vanità
degli abiti pomposi, e Gesù Cristo si compiace degli abiti modesti e
umili. Inoltre si pensi al grande {18 [270]} atto che si fa sul punto in
cui si riceve Gesù nel nostro cuore, e si procuri di accordare
l'esterno stato del corpo con quello dell'anima. Ciascuno si accosti
ginocchioni, senza armi, senza bastone, tenendo il corpo diritto, ben
composto e rispettoso, i sensi raccolti, la testa ferma, gli occhi
bassi, la bocca mediocremente aperta, la punta della lingua sul labbro, e
la tovaglia stesa colle due mani sotto al mento, per raccogliervi la santa Ostia,
o qualche frammento se per disgrazia venisse a cadere. Così colla
dovuta modestia e decente positura del corpo, rifletteremo che siamo
poveri pezzenti e per grazia singolare del Dio della gloria, veniamo
ammessi alla mensa celeste, alla quale gli angioli assistono con sommo
rispetto e riverenza; stiamo sicuri che abbondanti saranno le grazie che
ricoveremo a santificazione dell' anima nostra. Quando poi si è
ricevuta la santa comunione, ciascuno fatta profonda riverenza
all'altare si ritiri a posto, trattenendosi senza dissipazione in dolci
colloqui con Gesù Cristo. Laonde quei che vanno via quasi subito fanno
male, se non vi è vera necessità che li prema a partire, perchè fanno
affronto a Gesù, e perdono in gran parte il frutto della comunione.
Riguardo al tempo da trattenersi con questo ospite divino dopo la
comunione, è vero, non è determinato, ma pensiamoci, che più {19 [271]}
ci tratteniamo, meglio è; però secondo le occupazioni e la divozione che
si hanno, ognuno si trattenga un'ora, o mezza, o almeno un quarto
finchè le specie sacramentali siano consumate dal calor naturale.
Siccome poi non vi ha tempo più propizio per domandare grazie
all'infinita bontà e misericordia di Dio, approfittiamoci dell'occasione
e stringiamoci al petto questo amato Gesù.
Sottoponiamo alla bontà di Gesù le tante nostre necessità. Non abbiamo
che da volger uno sguardo intorno a noi e non ci mancheranno motivi di
ricorrere alla generosità sua. Bisogni spirituali, bisogni temporali,
bisogni per noi stessi, bisogni per la famiglia, pericoli da evitare,
grazie da ottenere, lagrime da rasciugare, vittorie da conseguire,
tentazioni da superare, oh quante altre necessità sconosciute per lo più
alla comune degli uomini, ma tanto più note a chi ne sente il peso,
fornirebbero materia abbondante alle nostre suppliche! Se si trattasse
solo di bisogni temporali, se un gran signore offrisse ad un mendico
ampia libertà di rovistare a piene mani ne' suoi scrigni, che direste di
questo mendico se invece di approfittare di si bella occasione
impadronendosi di quei tesori venisse a domandare a' miei lettori cosa
abbia da fare? Or bene Gesù sacramentato rivelò a s. Teresa che il modo
più grato con cui si potesse ringraziarlo {20 [272]} dopo la santa
comunione era il domandargli delle grazie. E per verità, se la
generosità è la più bella gemma che adorni il diadema dei regnanti, come
vorrà in questa lasciarsi vincere Gesù re del re?
Dopo questi atti di adorazione, di ringraziamento, di offerta, di
domanda, di protesta, uscendo dalla casa del Signore non dimentichiamo
che noi pure siamo diventati tempio di Dio, e perciò per conservare il
fervore della divozione, che l'Eucaristia eccita in noi, teniamo i sensi
nostri, che sono le finestre dell'anima, ben raccolti, e pratichiamo
opere di virtù, pregando, assistendo ai divini offici, leggendo libri
spirituali, visitando chiese, ammalati, carcerati, spedali ecc. e
intanto sia frutto di ciascuna nostra comunione di uno aumento di santo
amore, di viva fede, di umiltà profonda colle quali virtù Gesù Cristo
solo avrà mai sempre il domicilio dell'anima nostra.