sempre da Corrispondenza
Romana:
Commento alla lettera di p. Fidenzio Volpi
(su La Stampa del 06-12-2013) La
questione dei Francescani dell’Immacolata sta suscitando sempre maggiori
interrogativi. Amici giornalisti ed ecclesiastici di rilievo, a Roma e
fuori, seguendo quanto sta accadendo, anche attraverso il nuovo sito, ci hanno
comunicato di essere sempre più sbalorditi. Ci sono arrivate anche una serie di
notizie, da fonti molto credibili, di cui stiamo vagliando la
pubblicabilità.
Intanto, non possiamo non pubblicare questo commento,
inviatoci da Ruggero, la cui chiarezza contrasta enormemente con lo stile
aggressivo e prepotente dei padri Alfonso Bruno e Fidenzio Volpi.
L’articolo contiene molte contraddizioni e
capziosità. Parla di “un’azione disinformativa” a
danno dei lettori, ma non si sa a cosa, in particolare, si riferisce. Quello che
è certo è che disinformazione è stata fatta soprattutto dalla “Presentazione
della Visita apostolica” (vedi www.immacolata.com ) di p. Volpi, e dei suoi stretti
collaboratori, nella quale “Presentazione” non si dà la percentuale dei frati
che hanno chiesto il Commissariamento, non si dice che sono una netta minoranza
dei frati votanti, una piccola minoranza rispetto a tutti i professi solenni, e
ancor più esigua minoranza rispetto a tutti i frati dell’istituto. Non si dice
che la maggior parte dei votanti è stata sfavorevole al commissariamento. Tutte
verità incontrovertibili, che emergono da un esame attento dei dati, ma sfuggono
al lettore meno occhiuto e meno avvezzo al calcolo percentuale. Al contrario,
gli unici dati che appaiono accanto alla voce “Commissariamento” sono: 74%
(stile di governo); 77 % (Liturgia); 73 % (formazione); 85 % (suore); senza dire
che si tratta percentuali non sul numero totale dei votanti, ma sul numero di
quei votanti secondo cui esistono dei problemi nell’istituto (dal 52% al 64%).
Al che, primo ictu oculi, molti lettori hanno pensato che il
commissariamento è stato voluto dalla maggioranza dei frati. Cosa assolutamente
falsa. Questa sì è disinformazione, e non mancano articoli che puntualmente lo
fanno notare. Ma da parte di p. Volpi e compagni, nessuna precisazione, nessun
chiarimento, tutto è stato rivelato nel modo più chiaro e trasparente che si
possa immaginare…
Quella lettera di P. Volpi parla di «abusi e
irregolarità» denunziate alla Congregazione. A
distanza di 4 mesi dal commissariamento, ancora non è stato detto in dettaglio
quali siano tali abusi e tali irregolarità. Si ripetono frasi generiche del
tipo: “Accanto ad aspetti positivi ed incoraggianti sono emerse nell’Istituto
non poche difficoltà inerenti la coesione interna, le attività apostoliche, la
formazione iniziale e permanente dei frati, lo stile di governo e
l’amministrazione dei beni temporali”; ma dice bene il dott. Marco Tosatti:
“credo che questo genere di problemi non sia poco diffuso in tutte le
congregazioni religiose, per non parlare di diocesi” (Ancora sui Francescani
dell’Immacolata, www.san-pietro-e-dintorni). Non giustificano, dunque, questo
provvedimento così drastico. Quanto ad abusi: commissariare un istituto,
esautorare ipso facto l’intero governo generale, senza prima dare la possibilità
di dire una sola parola di difesa dalle accuse, anzi, senza nemmeno conoscerle
in dettaglio, questo ci sembra un abuso più grave di tutti quelli di cui, veri o
falsi che siano, l’ex governo dei Francescani dell’Immacolata è stato
accusato.
Si parla della Visita apostolica cui è seguita la
decisione del Commissariamento. Ora tale Visita apostolica non ha
compiuto il suo mandato, espressamente indicato nel decreto della Congregazione,
di visitare le varie comunità. Il Visitatore ha sistematicamente rifiutato ogni
visita alle comunità, anche le più vicine, nonostante i ripetuti inviti. Si è
avvalso di un questionario inviato solo ai professi solenni, da cui è emerso che
una cinquantina su oltre 200, chiedevano il commissariamento dell’istituto. La
grande maggioranza, se anche riconosceva l’esistenza di qualche problema
interno, ha ritenuto che il commissariamento non fosse il modo adeguato per
risolvere tali problemi. Invece, soprattutto sulla base di questo questionario,
si è deciso il commissariamento. Si citano “vescovi, parroci e chierici,
religiosi, ex religiosi/e nonché laici legati o meno all’Istituto” che
avrebbero suffragato tale decisione. Ma, d’altra parte, si potrebbero citare
vari cardinali di Santa Romana Chiesa che non la condividono affatto, oltre che
innumerevoli Vescovi, parroci, religiosi e laici.
Il
Commissario dice “Pur essendomi sforzato di agire con spirito fraterno,
ricercando la più ampia collaborazione dei religiosi e senza mai ricorrere ad
alcun provvedimento disciplinare”.
Facciamo solo l’esempio del padre guardiano della casa
generalizia di via Boccea, Roma, primo caso di una lunga serie: in uno stesso
giorno, senza preavviso, viene comunicata all’interessato e annunciata alla
comunità la sua deposizione ipso facto da Guardiano della casa Generalizia di
via Boccea (funzione che svolgeva da solo un anno), il suo trasferimento a
Fatima entro di 15 giorni, con conseguente rimozione dalla sua funzione di
Preside del Seminario e di docente di filosofia e di teologia. Tre settimane
prima era stato esautorato dalla funzione di Procuratore Generale dell’Istituto.
A Fatima si trova a tutt’oggi, suddito, in una comunità di due persone, ma
ancora non è stato comunicato la causa e lo scopo di tale provvedimento, che non
può esser certo considerato un premio (anche se da un punto di vista
soprannaturale lo è). Forse ha meritato questo “premio” perché ha sempre
manifestato al Commissario la propria fedeltà ai Padri Fondatori? Il sospetto è
più che fondato, perché la stessa sorte, con gli stessi tempi e modi, è capitata
per tutti i più stretti e fedeli collaboratori del Padre Fondatore: P. Settimio
M. Manelli, p. Paolo Siano, p. Serafino M. Lanzetta, p. Berardo Moso, p. Angelo
Lozzer, p. Francesco M. Budani… e altri. Sempre con lo stesso metodo: senza
perché, senza una finalità costruttiva, solo per demolire la struttura portante
dell’istituto per sostituirla con un’altra fedele non più ai Fondatori, ma al
Commissario che si presenta come il Rifondatore dell’Istituto e l’interprete
infallibile del suo carisma. E’ questo lo “spirito fraterno” di p. Volpi? E’
questo il modo di cercare collaborazione?
Quanto allo spirito vendicativo. Da
tenere presente che p. Volpi non ha mai accettato il fatto che p. Manelli non
fosse presente alle riunioni della CISM, di cui lo stesso p. Volpi è segretario,
e che non pagasse la tassa annuale; tutte cose che p. Manelli non faceva,
semplicemente perché non sono obbligatorie. Il comportamento repressivo di p.
Volpi nei confronti di p. Manelli, non suona forse come il “togliersi un
sassolino dalla scarpa”? E’ questo il bene dell’Istituto? Quanti seminaristi
sono stati contenti della rimozione di p. Settimio come loro Rettore?
Sostanzialmente nessuno. Lo stesso dicasi per la rimozione di p. Berardo quale
Maestro dei novizi. Venerato da tutti come modello di frate esemplare, è stato
allontanato da un momento all’altro, senza sapere perché. Lo stesso per p.
Donato e p. Angelo Lozzer quali responsabili degli aspiranti-postulanti. Quale
dialogo c’è stato prima di prendere queste decisioni? Queste rimozioni sono
avvenute con grave danno dei giovani in formazione, privati dei loro maestri e
insegnanti a corso inoltrato. Questo è creare unità nella famiglia religiosa? Da
notare che il decreto di commissariamento non contiene la condanna di nessuno.
Perché allora si procede come se il p. Fondatore fosse stato condannato, non si
sa da quale tribunale, né per quali accuse, e con lui tutti i suoi più stretti
collaboratori?
P.
Fidenzio Volpi si appella “alla più Alta autorità della Chiesa” per legittimare
il suo operato. Ma altra la “più Alta Autorità” che ha che ha approvato il
commissariamento, altra è l’Autorità che lo ha decretato, altro è
l’autoritarismo con cui p. Fidenzio si sta comportando, con grave danno
dell’Istituto. Perché p. Fidenzio non permette a nessuno dei molti frati
francescani dell’Immacolata che l’hanno chiesto, ormai da quattro mesi, di
celebrare in comunità o privatamente la santa Messa e la liturgia delle ore
nella forma straordinaria prevista dal Motu proprio Summorum
pontificum? Quale crimine hanno commesso per essere privati di un diritto
che Benedetto XVI ha dato a tutti i sacerdoti della Chiesa Cattolica di rito
latino? Perché ha sospeso tutte le riunioni del Terz’Ordine FI e di gruppi MIM?
Perché ha imposto di non collaborare più con la casa editrice dei Francescani
dell’Immacolata, né di dirigere le riviste, né di diffondere le sue
pubblicazioni? Sta agendo per creare l’unità, o per distruggerla del tutto? A
fronte di tutte queste distruzioni, cosa sta costruendo?
Se
p. Manelli è stato deposto per il suo stile di governo giudicato da alcuni
troppo autoritario, tanto più dovrebbe esser deposto p. Volpi per il vero
autoritarismo che i frati per la prima volta stanno sperimentando sotto il suo
governo “di terrore”, e che mai hanno visto nel loro Padre Fondatore.
Si
dice che «nel gennaio del 2012 p. Manelli si era sottratto al
dialogo costruttivo con i religiosi che lamentavano una deriva
cripto-lefebvriana e sicuramente tradizionalista». In realtà p. Manelli non
è stato presente a quel dialogo perché convalescente di una grave malattia. E’
stato però rappresentato dal suo Consiglio Generale, e da altri confratelli
responsabili della formazione. Ebbene, chi ha mancato alla ragionevolezza nel
dialogo sono stati proprio i 5 contestatori, i quali hanno imposto il ritorno
simpliciter allo “status quo ante”, senza possibilità di trovare una via media
di compromesso, la quale è stata proposta anche in forma scritta dal consiglio
generale, con l’approvazione del p. Manelli. In questa proposta, tra l’altro era
previsto che in ogni comunità in cui fosse in uso il Vetus ordo, si facesse un
capitolo di comunità e si decidesse, in base all’esperienza fatta, se fosse il
caso di confermarlo o toglierlo, tutto o in parte. Si concedeva l’uso comune
della forma ordinaria per le ordinazioni e professioni, eccetto il caso in cui i
candidati richiedessero la forma straordinaria; si concedeva che nelle riunioni
dei frati si adottasse comunemente la forma ordinaria, eccetto il caso in cui la
gran parte si accordasse per la straordinaria… Ma tutto questo non bastava: si
voleva togliere del tutto il Vetus ordo dalle nostre comunità e
concedere al massimo, ob torto collo, una sola messa straordinaria alla
settimana. Questo, soprattutto in seminario, significava annullare i frutti
dell’esperienza fatta, e mortificare le aspettative di tanti giovani. Quando
poi due confratelli contestatori, sempre nel gennaio 2012, sono andati a trovare
p. Stefano, egli li ha accolti e ha parlato con loro, ma di fronte al loro
diktat, di annullare l’esperienza del Vetus ordo, e di ritornare allo
stato del 2007, perché il Motu proprio non ci riguarda – così dicevano! –
essendo stato promulgato solo per i lefebvriani e tradizionalisti (sic!), p.
Stefano ha ribadito la sua posizione: per il bene dell’istituto, l’esperienza
del Vetus Ordo doveva continuare, visto che il Papa lo permetteva, e i frutti
erano incoraggianti. Se questa è la deriva lefebvriana e tradizionalista, allora
non si è capita la natura e lo spirito del motu proprio Summorum
Pontificum, né dell’istruzione Universae Ecclesiae.
Circa i beni “mobili e immobili”
dell’Istituto, che p. Stefano avrebbe consegnato ai famigliari e figli
spirituali bisogna dire che i Francescani non hanno mai posseduto nulla, e tanto
meno p. Stefano, perché secondo la loro legislazione, fanno il voto di povertà
in privato e in comune (Regola, Traccia, Costituzioni FFI). Questa è la povertà
“affettiva ed effettiva” voluta da san Francesco e da san Massimiliano: “perché
la proprietà? L’uso basta”. Se, dunque, p. Stefano non possedeva i beni
dell’istituto, come poteva darli a famigliari e figli spirituali? Se, invece, i
beni in uso ai Francescani dell’Immacolata sono gestiti dal punto di vista
amministrativo e giuridico da Terziari Francescani dell’Immacolata, come di
fatto lo sono, questo è un vanto e non un biasimo per un istituto religioso
francescano che, come disse Paolo VI, si contraddistingue per lo zelo nei
confronti della serafica povertà.
Quanto ai trasferimenti che dovrebbero essere
accettati con gioia e obbedienza soprannaturale, portando ad esempio i
militari e gli impiegati dello stato: mi si porti un caso contemporaneo, in
Italia, in cui un ufficiale dell’esercito, o un funzionario dello Stato, senza
processo, senza condanna, senza possibilità di appello, viene in un solo giorno
privato del suo grado, rimosso dall’incarico e trasferito sine die
“all’altro capo della terra”. E poi gli si dice che non è un provvedimento
disciplinare. Se nella Chiesa esiste un diritto, sarebbe una grave mancanza non
appellarsi ad esso quando l’obbedienza ricevuta va contro la propria coscienza,
e soprattutto quando s’inserisce in un piano di globale di snaturamento
dell’intero istituto.
Quanto alla sospensione delle attività della
MIM per evitare che ogni riunione “si trasformi in occasione di
dileggio pubblico contro il Papa, contro di me e contro altri frati”,
si tenga presente che le uniche parole che valgono, e alle quali tutti i
terziari e laici della MIM si attengono, e sempre si atterranno, sono quelle di
p. Stefano: “Obbediamo al Santo Padre, per ricevere grazie più grandi”. P.
Stefano, e quelli che lo seguono, obbediscono al Santo Padre Francesco, ma p.
Volpi obbedisce al Magistero del santo Padre Benedetto, quando contro il diritto
da lui concesso, senza motivazione, da 4 mesi impedisce ai frati FI di celebrare
la liturgia secondo la forma straordinaria? Non si dica che questo l’ha voluto
papa Francesco, perché egli non è contro papa Benedetto. Papa Francesco ha
voluto che i francescani dell’Immacolata interessati alla celebrazione secondo
il Vetus ordo chiedessero e ottenessero il permesso all’autorità competente,
che ora è p. Volpi. Perché, dopo 4 mesi dalle molte richieste, continua ancora
il divieto, senza dare alcuna risposta?
Dulcis in fundo: i trasferimenti,
soprattutto dei formatori, sono motivati dal fatto che essi “hanno fatto
qualcosa di meno buono e meno bello”. Se fosse solo questo il motivo, allora
tutti dovrebbero essere continuamente rimossi e trasferiti. “Chi è senza
peccato, scagli la prima pietra”. La realtà è un’altra: il meno buono e il meno
bello è semplicemente il “più tradizionale”, nella liturgia come nella teologia
e nella spiritualità. E’ questo che non piace a p. Volpi e all’ala più
progressista dell’istituto. E’ questo che vogliono cancellare dall’istituto,
dimenticando che siamo nati da due Fondatori che sin dall’inizio hanno cercato
un legame più forte con l’intera tradizione francescana. Lo stile celebrativo,
la dottrina morale, spirituale, ascetica, la disciplina interna delle comunità,
tutto era da sempre improntato alla Tradizione della Santità Serafica, e così
continua ad essere ancor oggi nei nostri Fondatori e in coloro che li seguono.
E’ questo che p. Volpi vuole cancellare dall’istituto, rifondandolo a modo suo,
per insegnare anche ai Francescani dell’Immacolata il segreto per chiudere in
pochi anni (o pochi mesi) postulandato, noviziato e seminario: aggiornarsi e
aprirsi al mondo, come ha fatto lui e i confratelli come lui, che non finiscono
più di chiudere chiese e conventi in tutto il mondo, con buona pace di San Pio
che si rivolta nella tomba.