sexta-feira, 8 de janeiro de 2010

Il convegno dei Francescani dell'Immacolata sul sacerdozio



Dal 10 al 12 dicembre 2009, nell’Auditorium “Collegio di Terra Santa” in via di Boccea (Roma), presso la Parrocchia di S. Maria di Nazareth dei Frati Francescani dell’Immacolata, si è svolto il Convegno dal titolo “Il Sacerdozio ministeriale: l’amore del Cuore di Gesù”. Il tema è stato sviluppato in relazione alle sfide della post-modernità.

Nell’anno sacerdotale indetto dal Sommo Pontefice Benedetto XVI i Frati Francescani dell’Immacolata hanno organizzato questo convegno specifico sul sacerdozio ordinato avendo come modello la vita e l’opera di San Giovanni M. Vianney, il Santo Curato d’Ars. Hanno partecipato moltissimi Frati Francescani dell’Immacolata, un nutrito gruppo di Suore Francescane dell’Immacolata ed anche alcuni fedeli laici.

Tra i relatori del meraviglioso Convegno un Arcivescovo e sei Vescovi: Mons. Paolo Rabitti, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio; Mons. Gino Reali, Vescovo di Porto-S. Rufina (Ordinario del luogo); Mons. Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero; Mons. Francesco Moraglia, Vescovo di La Spezia-Sarzana-Bugnato; Mons. Velasio De Paolis, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, Mons. Luigi Negri, Vescovo di S. Marino-Montefeltro; Mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli.

Inoltre hanno tenuto le loro relazioni quattro Frati Francescani dell’Immacolata, docenti presso il “Seminario Teologico Immacolata Mediatrice” della stessa Congregazione: Rev.do Prof. P. Massimiliano M. Zangheratti, Parroco di Boccea; Rev.do Prof. P. Alessandro M. Apollonio; Rev.do Prof. P. Serafino M. Lanzetta; Rev.do Prof. P. Stefano M. Manelli, fondatore e Ministro generale. Ed altri quattro eminenti relatori: Rev.do Prof. Mons. Brunero Gherardini, emerito della Pontificia Università Lateranense; Rev.do Prof. Don Michelangelo Tàbet della Pontificia Università Santa Croce; Rev.do Prof. Don Manfred Hauke della Facoltà Teologica di Lugano e il Rev.do Prof. P. Giovanni Cavalcoli O.P. della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.

Mons. Gino Reali ha introdotto il Convegno sottolineandone l’importanza e ringraziando per questo evento ricco di doni spirituali che ha luogo nella sua Diocesi.

Mons. Mauro Piacenza ha delineato la spiritualità del sacerdote: il suo modello deve essere sempre Gesù Cristo e a Lui deve sempre più conformarsi. Ha inoltre sottolineato che si deve evitare la lettura sociologica del prete e della Chiesa che ricade in una visione antropocentrica e orizzontalistica.

Mons. Francesco Moraglia ha approfondito il tema della sacralità del celibato sacerdotale, per cui il sacerdote uniformandosi a Cristo Sommo Sacerdote con Lui deve amare e donarsi totalmente ad un’unica sposa: la Chiesa.

Mons. Brunero Gherardini ha insistito sulla dimensione soprannaturale del prete, il quale è presenza misterica di Cristo. Conformandosi a Cristo il sacerdote agisce in persona Christi a tal punto che Cristo stesso in modo misterioso è presente in lui.

P. Massimiliano M. Zangheratti nella sua relazione ha indicato la vita e l’opera di S. Giovanni M. Vianney come esempio di sacerdote santo, tutto dedito alla celebrazione della S. Messa, alle confessioni per ore intere, all’Adorazione continua del Ss.mo Sacramento, all’educazione cristiana del popolo, alle opere di carità verso le persone più bisognose: tutto ciò ha fatto del Curato d’Ars un sacerdote santo.

Don Michelangelo Tabet attraverso l’esegesi biblica ha delineato il collegamento tra il Sacerdozio di Cristo (prefigurato già nell’Antico Testamento) e il sacerdozio ministeriale voluto da Cristo stesso nel Nuovo Testamento: infatti è Lui il Sommo Sacerdote che costituisce nel sacerdozio ministeriale gli apostoli e i loro successori. Ha ribadito, infine, che il sacerdozio ministeriale è essenzialmente diverso dal sacerdozio universale.

Mons. Paolo Rabitti ha fortemente riaffermato la necessità che vengano ricostituite le basi per una formazione autentica del sacerdote, così egli sarà già incamminato sulla via della santità. Le coordinate della vita presbiterale sono: vocazione, consacrazione, missione. Il seminario è un periodo di suprema conversione in cui il seminarista deve mettere al centro Gesù per divenire un uomo di profonda fede e pensare come Lui. I quattro fari del seminario sono: Parola di Dio, Liturgia, Sacramenti della Chiesa, senso della Chiesa. Accanto alla preghiera e allo studio fondamentale è anche la disciplina per prepararsi meglio a diventare uomo di Dio, a plasmarsi sempre meglio in Cristo. Bisogna imparare ad amare l’umanità rimanendo distinti dal mondo: questo è difficile ma è fondamentale. Nel dopo-concilio c’è stata una certa confusione riguardo a questo punto: bisogna vivere nel mondo ma non lasciarsi contaminare dal mondo. È importante avere un amore per tutti gli uomini ed efficacia di parola per correggere gli elementi spuri, senza mai farsi contagiare da germi mondani.

Don Manfred Hauke ha incentrato la sua relazione sulla contestazione del sacerdozio ministeriale nella teologia femminista e ha messo in chiaro tutti gli inganni e la mancanza di fondamento di tale visione. La teologia femminista non è ortodossa perché mutua le sue categorie dal marxismo, cioè da un sistema di pensiero anticattolico ed ateo e che considera la società maschilista. Questa visione insiste erroneamente sulla confusione tra sacerdozio comune e sacerdozio ordinato, negando, infondatamente, che quest’ultimo sia stato istituito da Cristo stesso.

P. Alessandro M. Apollonio si è concentrato sulla figura del sacerdote santo, predicatore e confessore, portando come esempi alcuni santi francescani tra cui il beato Marco d’Aviano. Lo zelo per la salvezza delle anime ha spinto durante i secoli, a partire dalle origini, molti santi francescani ad adoperarsi nella predicazione e nella confessione: tutto ciò anche in periodi difficili come quello delle crociate e durante l’ultimo assedio alla città di Vienna da parte dei Turchi; in questa occasione si distinse in particolare il beato Marco d’Aviano che guidò spiritualmente l’esercito cristiano alla liberazione della capitale dell’Impero Asburgico.

Mons. Velasio De Paolis, professore di Diritto Canonico, ha sottolineato come purtroppo dopo il Concilio l’aspetto disciplinare nella Chiesa abbia perso importanza perché doveva imporsi (erroneamente) l’aspetto carismatico fino al punto di dimenticare l’aspetto istituzionale, considerando la carità senza la giustizia. Qualsiasi riforma, ha concluso il Presule, non può concretizzarsi se non c’è unità tra dottrina e stile di vita.

Mons. Luigi Negri ha sottolineato come il sacerdote debba essere generatore e rigeneratore del popolo. Il popolo cristiano non nasce dalla carne e dal sangue perché supera le condizioni immanenti e investe queste condizioni di una realtà soprannaturale. Il prete, dunque, vive per educare il popolo ad essere cosciente della sua identità.

P. Giovanni Cavalcoli nel suo intervento ha messo a confronto l’offerta del Sacrificio nel sacerdozio cattolico e la concezione rahneriana evidenziando gli aspetti eterodossi di quest’ultima. Il ‘sacro’ (da cui deriva sacrificium) è quella dimensione che sta nell’orizzonte del divino, sta presso il divino ma può non essere il ‘santo’: il ‘santo’, invece, è sempre ‘sacro’. Le società decadono quando il sacro non è rispettato oppure si sacralizza ciò che non è degno di essere tale. Il teologo Rahner, nella sua visione orizzontalistica e antropocentrica, sminuisce la funzione (propria del sacerdote) di mediatore tra l’uomo e il sacro.

Mons. Mauro Parmeggiani ha ribadito che il sacerdote configurato per sempre a Cristo fa da ‘ponte’ tra Dio e il mondo. La costituzione essenziale della Chiesa viene direttamente dal Signore e deve essere fedelmente custodita dai Vescovi. In Maria SS.ma, afferma il Presule, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato.

P. Serafino M. Lanzetta ha tenuto una relazione sugli aspetti sacerdotali della figura della Vergine Maria. Un diacono di Rouen nel 1806 scrive un inno alla Vergine definendola Virgo sacerdos ed arriva a dire che Maria è Dux dei seminaristi e dei preti. Maria infatti è redenta in modo previo per essere stata concepita senza peccato: questo, afferma il relatore, la rende corredentrice, cioè cooperatrice dell’opera redentiva di Cristo. Maria precede la Chiesa come Madre di Cristo e dei fedeli e precede anche i sacerdoti ordinati. Il sacerdozio (non ministeriale) di Maria attinge direttamente al sacerdozio di Cristo. Maria in Cristo è per gli uomini Mediatrice ed Avvocata, Maria offre se stessa in Gesù. Il sacerdozio di Maria è eminentissimo ed è, secondo P. Lanzetta, superiore a quello ministeriale perché solo Maria è ‘offerente’ al farsi della Redenzione: Maria infatti immola il figlio Gesù al Calvario (Benedetto XV: Inter sodalicia) ed è Ancilla Domini. Maria, conclude P. Lanzetta, ha un sacerdozio che precede ontologicamete e cronologicamente quello della Chiesa e dei suoi Ministri.

P. Stefano M. Manelli ha parlato di due esempi di santità quali sono stati S. Massimiliano M. Kolbe e S. Pio da Pietrelcina. Tra questi due e il santo Curato d’Ars vi è una perfetta continuità teologica di arricchimento. La vocazione sacerdotale è mistero di “meraviglioso scambio”: tra l’uomo che dona la sua umanità e Cristo che lo trasforma in un altro se stesso perché il sacerdote possa impersonare Cristo ed agire in persona Christi, cosa che impone una conformità a Cristo nei pensieri e nelle opere. San Paolo scrive infatti: “non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” e “ciascuno sia trovato fedele nel ministero perché non venga vituperato Dio”. Si tratta dunque di una conformità con Cristo che deve spingere alla con-Crocifissione con Cristo. Ogni S. Messa porta quella presenza di Maria immancabile accanto al Figlio (come fu già sul Golgota). La morte di S. Massimiliano M. Kolbe fu coronamento e compimento del Sacrificio che celebrava ogni giorno. Al di sopra di tutto infatti bisogna collocare la gloria di Dio diventando santi e lo si diventa salvando le anime. S. Massimiliano M. Kolbe diceva che si deve amare Gesù con il cuore di Maria e che bisogna per ciò essere “marianizzati” da Maria, vivere nel grembo di Lei, lasciandosi così rivestire da Maria dell’unica sacerdotalità di Gesù. Gli aspetti fondamentali della vita di S. Pio da Pietrelcina furono: conformità a Cristo, celebrazione della S. Messa, salvezza delle anime (confessione e direzione delle anime), devozione alla Madonna, devozione all’Angelo Custode, obbedienza filiale alla Gerarchia, amore filiale nei confronti del Papa (“dopo Gesù sulla terra non esiste altro che il Papa”), pregare, soffrire. S. Pio da Pietrelcina definiva la S. Messa “mistero tremendo” in quanto momento decisivo per la salvezza delle anime: altare e confessionale furono i poli della sua vita. La S. Messa è infinita come Gesù: il mondo può stare anche senza il sole ma non può stare senza la S. Messa.
fonte:rinascimento sacro