quinta-feira, 27 de dezembro de 2012

La falsa accusa di eresia a chi critica le nuove ed ambigue dottrine del pastorale Vaticano II

 
di Paolo Pasqualucci


Criticare le nuove ed ambigue dottrine del pastorale Concilio Ecumenico Vaticano II significa forse comportarsi da protestanti, da eretici? No, di certo. Eppure lo si è affermato e si è tornati a ripeterlo, anche in sedi autorevolissime. È ormai celebre l’articolo apparso di recente sull’Osservatore Romano del 29 novembre 2012, a p. 5, a firma di S. E. l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Fede, a proposito della“ermeneutica della riforma nella continuità” invocata – come sappiamo – da S. S. Benedetto XVI quale unica legittima chiave di lettura del Concilio:“Quest’interpretazione è l’unica possibile secondo i principi della teologia cattolica, vale a dire considerando l’insieme indissolubile tra Sacra Scrittura, la completa e integrale Tradizione e il Magistero, la cui più alta espressione è il Concilio presieduto dal Successore di San Pietro come Capo della Chiesa visibile. Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo una interpretazione eretica, vale a dire l’ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista. Entrambi sono accomunati dal rifiuto del Concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro di sé, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare a un’altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l’inverno della Catholica”.leggere...