MEDITAZIONE V.
Oblatus est, quia ipse voluit (Is. LIII
[7]).
Il Verbo
divino nel primo istante che si vide fatt'uomo e bambino nell'utero di Maria,
tutto si offerì da se stesso alle pene ed alla morte per lo riscatto del mondo:
Oblatus est quia ipse voluit. Sapeva
egli che tutti i sacrifici degl'irci e de' tori offerti a Dio per lo passato,
non avean potuto soddisfare per le colpe degli uomini, ma vi bisognava una
persona divina che per essi pagasse il prezzo della loro Redenzione; onde disse,
come ci fa sapere l'Apostolo: Ingrediens
mundum dicit: Hostiam
et oblationem noluisti; corpus autem aptasti
mihi... Tunc dixi: Ecce venio (Ps. XXXIX, 7).1 Padre mio, disse
Gesù, tutte le vittime a voi sinora offerte non sono bastate né potevano bastare
a soddisfar la vostra giustizia; avete dato a me questo corpo passibile
acciocché collo sborso del mio sangue vi plachi e salvi gli uomini; ecce venio, eccomi pronto, tutto accetto
ed in tutto mi sottometto al vostro volere. - Ripugnava la parte inferiore che
naturalmente ricusava quella vita e quella morte così piena di pene e di
obbrobri. Ma vinse la parte ragionevole ch'era tutta subordinata alla volontà
del Padre, e tutto accettò; cominciando Gesù a patire da quel punto tutte le
angosce e i dolori che dovea soffrire negli anni del suo vivere. Cosi si portò
il nostro Redentore sin da' primi momenti della sua entrata nel mondo. Ma oh
Dio, come ci siam portati noi con Gesù da che cominciammo adulti a conoscere col
lume della fede i sagri misteri della sua Redenzione? Quali pensieri, quali
disegni, quali beni abbiamo amati? piaceri, spassi, superbie, vendette,
sensualità; ecco i beni che si han presi gli affetti del nostro cuore. Ma se
abbiam fede, bisogna finalmente mutar vita e amore. Amiamo un Dio che tanto ha
patito per noi. Mettiamoci innanzi le pene del Cuore di Gesù sofferte per noi
sin da bambino, che cosi non potremo amare altro che questo Cuore che tanto ci
ha amato.
1 Hebr. X, 5, 6, 7.
Affetti e preghiere.
Signor mio,
volete sapere da me come mi son portato con voi nella mia vita? Da che cominciai
ad aver l'uso della ragione, io cominciai a disprezzare la vostra grazia ed il
vostro amore. Ma voi ben lo sapete meglio di me; ma mi avete sopportato perché
ancora mi volete bene. Io fuggiva da voi, e voi mi siete venuto appresso
chiamandomi. Quello stesso amore che vi fe' scender dal cielo per venire a
cercar le pecorelle perdute, quello ha fatto che voi tanto mi sopportaste e non
m'abbandonaste. Gesù mio, ora voi mi cercate ed io cerco voi. Sento che la
vostra grazia m'assiste: m'assiste col dolore de' miei peccati che abborrisco
sopra ogni male: m'assiste con farmi sentire un gran desiderio d'amarvi e darvi
gusto.
Si, mio
Signore, vi voglio amare e compiacer quanto posso. Mi dà timore, è vero, da una
parte la mia fragilità e debolezza contratta per causa de' miei peccati; ma è
più grande la confidenza che la vostra grazia mi dona facendomi sperare ai
meriti vostri; onde mi fa dire con animo grande: Omnia possum in eo qui me
confortat.2 Se io son debole, voi mi darete forza contro i
nemici: se sono infermo, spero che il vostro sangue sarà la mia medicina: se son
peccatore, spero che voi mi farete santo. Conosco che per lo passato io ho
cooperato alla mia rovina, perché ho lasciato nei pericoli di ricorrere a voi.
Da oggi avanti, Gesù mio e speranza mia, a voi voglio sempre ricorrere; e da voi
spero ogni aiuto, ogni bene. Io v'amo sopra ogni cosa né voglio amare altro che
voi. Aiutatemi per pietà, per lo merito di tante pene che sin da bambino avete
sofferte per me.
Eterno
Padre, per amore di Gesù Cristo accettatemi ad amarvi. Se io v'ho sdegnato, vi
plachino le lagrime di Gesù bambino che vi prega per me. Respice in faciem Christi tui.3 Io non
merito grazie, ma le merita questo Figlio innocente che vi offerisce una vita di
pene, acciocché voi m'usiate misericordia.
E voi madre
della misericordia Maria, non lasciate d'intercedere per me. Voi sapete quanto
confido in voi; ed io ben so che voi non abbandonate chi a voi ricorre.
2 Philipp. IV, 13.
3 Ps. LXXXIII, 10.