S. Alfonso
Maria de Liguori Aspiraz. amorose a Gesù Sacramentato IntraText CT - Lettura del testo |
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I. Egredimini et videte, filiae Sion, regem
Salomonem in diademate, quo coronavit illum mater sua in die desponsationis
illius (Cant. III, 11). O figlie della grazia, anime che amate Dio, uscite
su dalle tenebre della terra ed osservate il vostro re Gesù incoronato con
corona di spine, corona di disprezzo e di dolore, con cui lo coronò l'empia
sinagoga sua madre nel giorno del suo sponsalizio, cioè nel giorno di sua morte,
per mezzo della quale si sposò colle anime sulla croce; uscite di nuovo a
vederlo tutto pieno di pietà e d'amore, ora che viene ad unirsi con voi in
questo Sacramento d'amore.
Amato mio Gesù, tanto vi è
costato dunque il poter venire ad unirvi coll'anime in questo dolcissimo
Sacramento? Avete dovuto prima soffrire una morte così amara e vituperosa?
Venite, venite presto ad unirvi ancora all'anima mia. Ella era un tempo vostro
nemica per lo peccato, ma ora voi la volete far vostra sposa colla vostra
grazia. Venite, o sposo mio Gesù, ch'io non voglio più tradirvi, io voglio
esservi sempre fedele. Quale sposa amante voglio solo pensare a cercare il
vostro gusto. Vi voglio amare senza riserva; voglio essere tutto vostro, Gesù
mio, tutto, tutto, tutto.1
II. Fasciculus myrrhae dilectus meus mihi, inter
ubera mea commorabitur (Cant. I, 12). L'arboscello di mirra, dopo ch'è
ferito, versa per le ferite lagrime e liquore di salute. Il nostro Gesù prima
della sua Passione volle per le sue piaghe versare con tanto dolore il suo
sangue divino, per donarlo poi tutto a noi per nostra salute in questo pane di
vita. Vieni
dunque, o mio caro fascetto di
mirra, o mio innamorato Gesù, che sei a me soggetto di dolore e di compassione
quando ti considero impiagato per me sulla croce; ma ricevendoti poi in questo
dolcissimo Sacramento ti rendi a me assai più soave che non è gradito ad un
sitibondo un grappolo d'uva eletta: Botrus Cypri dilectus meus mihi in vineis
Engaddi (Cant. I, 14).2 Vieni dunque all'anima mia e ristorami e saziami
del tuo santo amore. Ah che dolcezza io sento nello spirito mio in pensare
d'avere a ricevere dentro di me quello stesso mio Salvatore che per salvarmi
volle essere dissanguato e sacrificato sulla croce per me! Inter ubera mea commorabitur. No, mio
Gesù, ch'io non mai più avrò a cacciarvi, né mai più voi avrete a partirvi da
me. Io voglio sempre amarvi e sempre stare unito e stretto con voi. Io sarò
sempre di Gesù, Gesù sarà sempre mio; sempre, sempre, sempre inter ubera mea commorabitur.
III. Dum esset rex in
accubitu suo nardus mea dedit odorem suum (Cant. I, 11). Quando Gesù viene
ad alloggiare in un'anima colla santa comunione, oh come l'anima alla luce che
porta seco questo Re del cielo vede e conosce la sua bassezza. E conforme la
pianta di nardo si conosce la più bassa fra l'altre piante, l'anima si confessa
la più vile fra tutte le creature: ed allora poi così umiliata, oh che odore
soave rende all'amato suo Re; che per ciò l'invita a sempre più seco unirsi.
Anima mia dunque, se vuoi che Gesù in te riposi riguarda la
tua bassezza: chi sei?3 che meriti? ed umiliati quanto devi4 cacciando da te
ogni stima propria che allontana da te Gesù e l'impedisce di venire in te a
riposare. Vieni a me, caro mio Redentore, vieni; e colla tua divina luce fammi
vedere la mia bassezza, la mia miseria, il mio niente, acciò tu possa in me
riposare con tuo piacere per non separarti più da me.LEGGERE...