S. Alfonso
Maria de Liguori Messa e officio strapazzati IntraText CT - Lettura del testo |
- PARTE I - LA MESSA STRAPAZZATA
PARTE I - LA
MESSA STRAPAZZATA
Non mai
alcun sacerdote dirà la messa colla divozione dovuta, se non ha la stima che
merita un tanto sacrificio. È certo che non può un uomo fare un'azione più
sublime e più santa, che celebrare una messa: Nullum aliud opus, dice il concilio di
Trento, adeo sanctum a Christi fidelibus
tractari posse, quam hoc tremendum mysterium1. Dio stesso non può fare che vi
sia nel mondo un'azione più grande, che del celebrarsi una messa.
Tutti i sacrificj antichi, con cui fu tanto onorato Iddio,
non furono che un'ombra e figura del nostro sacrificio dell'altare. Tutti gli
onori che han dati giammai e daranno a Dio gli angeli co' loro ossequj, e gli
uomini colle loro opere, penitenze e martirj, non han potuto né potranno
giungere a dar tanta gloria al Signore, quanta glie ne dà una sola messa; mentre
tutti gli onori delle creature sono onori finiti; ma l'onore che riceve Iddio
nel sacrificio dell'altare, venendogli ivi offerta una vittima d'infinito
valore, è un onore infinito. La messa dunque è un'azione che reca a Dio il
maggior onore che può darsegli: è l'opera che più abbatte le forze dell'inferno;
che apporta maggior suffragio all'anime del purgatorio; che maggiormente placa
l'ira divina contro i peccatori, e che apporta maggior bene agli uomini in
questa terra.
Se sta
promesso che quanto chiederemo a Dio in nome di Gesù, tutto otterremo: Si quid petieritis Patrem in nomine meo,
dabit vobis2: quanto più dobbiamo ciò sperare, offerendogli
Gesù medesimo? Questo nostro amoroso Redentore continuamente in cielo sta
intercedendo per noi: Qui etiam
interpellat pro nobis3. Ma ciò specialmente lo fa in tempo della
messa, nella quale egli, anche a questo fine di ottenerci le grazie, presenta se
stesso al Padre per mano del sacerdote. Se noi sapessimo che tutti i Santi colla
divina Madre pregassero per noi, qual confidenza non concepiremmo per li nostri
vantaggi? ma è certo che una sola preghiera di Gesù Cristo può infinitamente più
che tutte le preghiere de' santi. Poveri noi peccatori, se non vi fosse questo
sacrificio che placa il Signore! Huius
quippe oblatione placatus Dominus, gratiam et donum poenitentiae concedens,
crimina et peccata etiam ingentia dimittit, dice il Tridentino. In somma,
siccome la passione di Gesù Cristo bastò a salvare tutto il mondo, così basta a
salvarlo una sola messa; che però il sacerdote nell'oblazione
del calice
dice: Offerimus tibi, Domine, calicem
salutaris...pro nostra et totius mundi salute.
La messa è
il più buono e più bello della chiesa, secondo predisse il profeta: Quid enim bonum eius est, et quid pulchrum
eius, nisi frumentum electorum et vinum germinans virgines1? Poiché nella
messa il Verbo incarnato si sacrifica all'eterno Padre e si dona a noi nel
sagramento dell'eucaristia, il quale è il fine e lo scopo di quasi tutti gli
altri sacramenti, come insegna l'angelico: Fere omnia sacramenta in eucharistia
consummantur. Onde dice s. Bonaventura, che la messa è l'opera in cui Iddio
ci mette avanti gli occhi tutto l'amore che ci ha portato, ed è un certo
compendio di tutti i beneficj che ci ha fatti: Est memoriale totius dilectionis suae, et
quasi compendium quoddam omnium beneficiorum suorum2. E perciò il
demonio ha procurato sempre di toglier dal mondo la messa per mezzo degli
eretici, costituendoli precursori dell'Anticristo, il quale, prima d'ogni altra
cosa, procurerà d'abolire, ed in fatti gli riuscirà d'abolire, in pena de'
peccati degli uomini, il santo sacrificio dell'altare, giusta quel che predisse
Daniele: Robur autem datum est ei contra
iuge sacrificium propter peccata3.
Dice lo
stesso s. Bonaventura che Dio in ogni messa non fa minor beneficio al mondo di
quello che fece allora che s'incarnò: Non
minus videtur facere Deus in hoc quod quotidie dignatur descendere super altare,
quam cum naturam humani generis assumpsit4. Sicché, come dicono i dottori, se
mai non vi fosse stato ancora nel mondo Gesù Cristo, il sacerdote ve lo porrebbe
con proferire la forma della consagrazione; secondo la celebre sentenza di s.
Agostino, che scrisse: O veneranda
sacerdotum dignitas, in quorum manibus velut in utero Virginis Filius Dei
incarnatur5!
Inoltre, non
essendo altro il sacrificio dell'altare, che l'applicazione e la rinnovazione
del sacrificio della croce, insegna l'angelico, che una messa apporta agli
uomini tutti gli stessi beni e salute che apportò il sacrificio della croce: In qualibet missa invenitur omnis fructus,
quem Christus operatus est in cruce. Quiquid est effectus dominicae passionis,
est effectus huius sacrificii6. Lo stesso scrisse il Grisostomo: Tantum valet celebratio missae, quantum
valet mors Christi in cruce7. E di ciò maggiormente ce ne assicura la s.
chiesa, dicendo: Quoties huius hostiae
commemoratio recolitur, toties opus nostrae redemptionis exercetur8. Giacché il
medesimo Salvatore che si offerì per noi sulla croce si sagrifica sull'altare
per mezzo de' sacerdoti, come ci dichiara il Tridentino: Una enim eademque est hostia, idem nunc
offerens sacerdotis ministerio, qui se ipsum in cruce obtulit, sola ratione
offerendi diversa9. Ond'è che per lo sagrificio dell'altare
s'applica a noi il sagrificio della croce. La passione di Gesù Cristo ci fe'
capaci della redenzione; la messa ce ne mette in possesso e fa che godiamo ne'
suoi meriti.
Posto dunque
che la messa è l'opera più santa e divina che possa da
noi
trattarsi, bene apparisce, dice il concilio di Trento, che dee impiegarsi ogni
diligenza, acciocché un tal sagrificio si celebri colla maggior purità interna e
divozione esterna che sia possibile: Satis etiam apparet omnem operam in eo
ponendam esse, ut quanta maxima fieri potest interiori cordis munditia, atque
exteriori devotione ac pietatis specie peragatur1. E dice che
la maledizione fulminata da Geremia contro coloro che negligentemente esercitano
le funzioni ordinate al culto divino (Maledictus homo qui facit opus Dei
negligenter2, precisamente s'appartiene, a' sacerdoti che
con irriverenza celebrano la messa, la quale, fra tutte le azioni che può fare
l'uomo per onorare il suo Creatore, è la più grande ed eccelsa, soggiungendo che
una tale irriverenza difficilmente può essere scompagnata dall'empietà: Quae ab impietate vix seiuncta esse potest,
sono appunto le parole del concilio.
Acciocché
dunque il sacerdote eviti sì grave irriverenza, ed insieme la divina
maledizione, vediam che ha da fare prima di celebrare, che ha da fare nel
celebrare, e che dopo aver celebrato. Prima di celebrare gli è necessario
l'apparecchio. Nel celebrare dee usare la riverenza dovuta. Dopo aver celebrato,
dee fare il ringraziamento.
1 Sess. 22. decret. de observ. in cel. etc.
2 Io. 16.
3 Rom. 8.
1 Zach. 9. 17.
2 De instit. p. 1. c. 11.
3 Dan. 11. 12.
4 Loc. cit.
5 In ps. 27.
6 In c. 6. Isa. lect. 6.
7 Apud discip. serm. 48.
8 Orat. in missa dom. post pentec.
9 Sess. 22. cap. 2.
1 Sess. 22. decr. de obser. etc.
2 Ier. 48. 10.
http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/__P2L8.HTM