segunda-feira, 17 de dezembro de 2012

S. Alfonso Maria de Liguori Meditazioni per li giorni della novena di Natale









MEDITAZIONE I.
Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea usque ad extremum terrae (Is. XLIX, 6).
Considera come l'Eterno Padre disse a Gesù bambino nell'istante della sua concezione queste parole: Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea. Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti, acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia. Bisogna dunque che tutto t'impieghi in beneficio degli uomini. Totus illi datus, totus in suos usus impenderis (S. Bernardo, serm. 3, in Circ.).1 Bisogna però che nascendo tu patisca un'estrema povertà, acciocché l'uomo diventi ricco, ut tua inopia dites.2 Bisogna che sii venduto come schiavo per acquistare all'uomo la libertà; e che come schiavo sii flagellato e crocifisso, per soddisfare alla mia giustizia la pena dall'uomo dovuta; bisogna che dia il sangue e la vita per liberare l'uomo dalla morte eterna. In somma sappi che non sei più tuo, ma sei dell'uomo. Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis (Is. IX, 6). Cosi, Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.
Sic... Deus - o amore infinito, degno solamente d'un Dio infinito - sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum

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daret
(Io. III, 16). A questa proposta Gesù bambino non già si attrista, ma se ne compiace, l'accetta con amore ed esulta. Exsultavit ut gigas ad currendam viam (Ps. XVIII, 6). E dal primo punto della sua Incarnazione egli ancora si dona tutto all'uomo ed abbraccia con piacere tutti i dolori e le ignominie che deve soffrire in terra per amore dell'uomo. Questi furono, dice S. Bernardo, i monti e le colline che dovè con tanti stenti passare Gesù Cristo, per salvare gli uomini: Ecce iste venit saliens in montibus, transiliens colles (Cant. II, 8).3 - Pondera qui che il divin Padre mandando il Figlio ad esser nostro Redentore e paciere tra esso e gli uomini, si è obbligato in certo modo a perdonarci ed amarci per ragion del patto di ricevere noi nella sua grazia, posto che 'l Figlio soddisfaccia per noi la sua divina giustizia. All'incontro il divin Verbo, avendo accettata la commissione del Padre, il quale, mandandolo a redimerci, a noi lo donava, egli anche si è obbligato ad amarci, non già per nostro merito, ma per eseguire la pietosa volontà del Padre.




1 “Totus siquidem mihi datus, et totus in meos usus expensus est.” S. BERNARDUS, In Circumcisione Domini, Sermo 3, n. 4. ML 183-138.

2 Scitis enim gratiam Domini nostri Iesu Christi, quoniam propter vos egenus factus est, cum esset dives, ut illius inopia vos divites essetis. II. Cor. VIII, 9.

3 S. BERNARDUS, In Cantica, Sermones 53 et 54, per totum: ML 183-1033 ad 1044. - Sermo 53, n. 7, col. 1036: “En quantum saltum dedit, a summo caelo ad terras.” - n. 8, col. 1037: “Ita ergo saliit in montibus et transiliit colles, cum non solum superioribus, sed et inferioribus spiritibus dignantissime se inferiorem exhibuit. Nec modo illis supernis spiritibus, sed et ipsis qui domos luteas inhabitant, subiectum se exhibuit, transiliens et vincens humilitate etiam hominum humilitatem.”


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Affetti e preghiere.
Caro mio Gesù, s'è vero - come dice la legge - che colla donazione si acquista il dominio; giacché il vostro Padre vi ha donato a me, voi siete mio; per me siete nato, a me siete stato dato: Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. Dunque ben posso dire: Iesus meus et omnia. Giacché voi siete mio, tutte le cose vostre ancora son mie. Me ne assicura il vostro Apostolo: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32). Mio è il vostro sangue, miei sono i vostri meriti, mia è la vostra grazia, mio è il vostro paradiso. E se voi siete mio, chi mai potrà togliervi da me? Deum a me tollere nemo potest, così diceva con giubilo S. Antonio abbate.4

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Così da oggi avanti voglio andar dicendo ancor io. Solamente per mia colpa io posso perdervi e separarmi da voi; ma io, o Gesù mio, se per lo passato vi ho lasciato e v'ho perduto, ora me ne pento con tutta l'anima, e sto risoluto di perdere la vita e tutto, prima che perdere voi, bene infinito ed unico amore dell'anima mia.
Vi ringrazio, o Eterno Padre, di avermi donato il vostro Figlio; e giacché voi l'avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi. Per amore di questo medesimo Figlio, voi accettatemi e stringetemi co' lacci d'amore a questo mio Redentore; ma stringetemi tanto ch'io possa ancora dire: Quis me separabit a caritate Christi?5 Qual bene mai del mondo avrà più da separarmi da Gesù Cristo mio? E voi mio Salvatore, se siete tutto mio, sappiate ch'io son tutto vostro. Disponete di me e di tutte le mie cose come vi piace. E come posso negar niente a un Dio che non mi ha negato il sangue e la vita?
Maria, madre mia, custoditemi voi colla vostra protezione. Io non voglio esser più mio, voglio essere tutto del mio Signore. Voi pensate a rendermi fedele; in voi confido.




4 “Post orationem, clara voce dicebat (daemonibus): Ecce hic sum ego Antonius, non fugio vestra certamina, etiamsi maiora faciatis, nullus me separabit a caritate Christi.” S. ATHANASIUS, Vita B. Antonii Abbatis, cap. 8. ML 73-131. - Cf. cap. 20, col. 144.

5 Quis ergo nos separabit a caritate Christi? Rom. VIII, 35.


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MEDITAZIONE II.

Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi.

(Hebr. X, 5).

Considera la grande amarezza da cui dovette sentirsi afflitto e oppresso il Cuore di Gesù bambino nell'utero di Maria, in quel primo istante nel quale gli fu proposta dal Padre tutta la serie de' disprezzi, dolori ed agonie che nella sua vita doveva patire, per liberare gli uomini dalle loro miserie. Mane erigit mihi Dominus aurem; ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus (Is. L, 4).1 Così parlò Gesù per



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bocca del profeta. Mane erigit mihi aurem, cioe dal primo punto di mia concezione il Padre mio mi fe' sentire la sua volontà ch'io menassi una vita di pene, per essere in fine sacrificato sulla croce. Ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus. Ed io tutto accettai per la vostra salute, o anime, e sin d'allora abbandonai il mio corpo ai flagelli, a' chiodi ed alla morte. - Pondera che quanto patì Gesù Cristo nella sua vita e nella sua Passione, tutto gli fu posto avanti stando nell'utero di sua Madre, ed egli tutto con amore accettò; ma in fare quest'accettazione e in vincere la natural ripugnanza del senso, oh Dio quale angoscia ed oppressione non patì l'innocente Cuore di Gesù! Ben egli intendeva quel che primieramente dovea soffrire in istarsene ristretto per nove mesi in quel carcere oscuro nell'utero di Maria: in patire l'obbrobrio ed i patimenti della nascita, nascendo in una grotta fredda che era stalla di bestie: in doversi poi trattenere trenta anni avvilito in una bottega d'un artigiano: in vedere che doveva essere dagli uomini trattato da ignorante, da schiavo, da seduttore e da reo di morte, e della morte più infame e dolorosa che si dava a' ribaldi. Tutto accettava l'amante nostro Redentore in ogni momento, ma in ogni momento che l'accettava veniva a patire unitamente insieme tutte le pene e gli avvilimenti che poi dovea soffrire sino alla morte. La stessa cognizione della sua dignità divina davagli più a sentire le ingiurie che era per ricevere dagli uomini. Tota die verecundia mea contra me est (Ps. XLIII, 16). Continuamente ebbe innanzi agli occhi il suo rossore, specialmente quella confusione che doveva apportargli un giorno il vedersi spogliato nudo, flagellato, ed appeso a tre uncini di ferro, e così finir la vita in mezzo ai vituperi, ed alle maledizioni di quegli stessi uomini per li quali egli moriva: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philipp. II, 8). E perché? per salvare noi miseri ed ingrati peccatori.






1 Dominus... mane erigit mihi aurem, ut audiam quasi magistrum. Dominus Deus aperuit mihi aurem, ego autem non contradico; retrorsum non abii. Corpus meum dedi percutientibus. Is. L, 4, 5, 6.

Affetti e preghiere.

Amato mio Redentore, e quanto vi costò dalla prima entrata che faceste nel mondo il sollevarmi dalla ruina ch'io m'ho cagionata co' peccati miei! Voi dunque per liberarmi dalla schiavitù del demonio, al quale io stesso peccando volontariamente



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mi son venduto, avete accettato di esser trattato come il peggiore di tutti gli schiavi. Ed io poi sapendo ciò, ho avuto l'animo di amareggiare tante volte il vostro amabilissimo Cuore che tanto mi ha amato! Ma giacché voi, che siete innocente e siete il mio Dio, avete per amor mio accettata una vita e una morte così penosa; io accetto per amor vostro, o Gesù mio, ogni pena che mi verrà dalle vostre mani. L'accetto e l'abbraccio, perché mi viene da quelle mani che sono state un giorno trafitte, affin di liberarmi dall'inferno tante volte da me meritato. L'amor vostro, o mio Redentore, in offerirvi a tanto patire per me, troppo mi obbliga ad accettare per voi ogni pena, ogni disprezzo.

Datemi, Signor mio, per li meriti vostri il vostro santo amore: l'amor vostro mi renderà dolci ed amabili tutti i dolori e tutte le ignominie. Io v'amo sopra ogni cosa, v'amo con tutto il cuore, v'amo più di me stesso. Ma voi in tutta la vostra vita mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto; io ingrato per lo passato son vivuto tanti anni nel mondo, e qual segno d'amore sinora vi ho dimostrato? Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio. Non mi fido di venirvi innanzi quando mi avrete da giudicare, cosi povero come ora sono. senz'aver fatto niente per amor vostro. Ma che posso far io senza la vostra grazia? Altro non posso che pregarvi che mi soccorriate, e questa mia preghiera pure è grazia vostra. Gesù mio, soccorretemi per li meriti delle vostre pene e del sangue che avete sparso per me.

Maria santissima, raccomandatemi al vostro Figlio, per l'amore che gli portate. Mirate ch'io sono una di quelle pecorelle per cui il vostro Figlio è morto.






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