- MEDITAZIONE I.
-
- MEDITAZIONE II.
- MEDITAZIONE III.
- MEDITAZIONE IV.
- MEDITAZIONE V.
- MEDITAZIONE VI.
- MEDITAZIONE VII.
- MEDITAZIONE VIII.
- MEDITAZIONE IX.
MEDITAZIONE I.
Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea
usque ad extremum terrae (Is. XLIX, 6).
Considera
come l'Eterno Padre disse a Gesù bambino nell'istante della sua concezione
queste parole: Dedi te in lucem gentium,
ut sis salus mea. Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti,
acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia.
Bisogna dunque che tutto t'impieghi in beneficio degli uomini. Totus illi datus, totus in suos usus
impenderis (S. Bernardo, serm. 3, in Circ.).1 Bisogna però che
nascendo tu patisca un'estrema povertà, acciocché l'uomo diventi ricco, ut tua inopia dites.2 Bisogna che sii
venduto come schiavo per acquistare all'uomo la libertà; e che come schiavo sii
flagellato e crocifisso, per soddisfare alla mia giustizia la pena dall'uomo
dovuta; bisogna che dia il sangue e la vita per liberare l'uomo dalla morte
eterna. In somma sappi che non sei più tuo, ma sei dell'uomo. Parvulus... natus est nobis, [et] Filius
datus est nobis (Is. IX, 6).
Cosi, Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo
ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.
Sic... Deus - o amore infinito, degno
solamente d'un Dio infinito - sic... Deus
dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum
daret
(Io. III, 16). A questa proposta Gesù bambino non già si attrista, ma se ne
compiace, l'accetta con amore ed esulta. Exsultavit ut gigas ad currendam viam (Ps.
XVIII, 6). E dal primo punto della sua Incarnazione egli ancora si dona
tutto all'uomo ed abbraccia con piacere tutti i dolori e le ignominie che deve
soffrire in terra per amore dell'uomo. Questi furono, dice S. Bernardo, i monti
e le colline che dovè con tanti stenti passare Gesù Cristo, per salvare gli
uomini: Ecce iste venit saliens in
montibus, transiliens colles (Cant. II, 8).3 - Pondera qui che il divin Padre
mandando il Figlio ad esser nostro Redentore e paciere tra esso e gli uomini, si
è obbligato in certo modo a perdonarci ed amarci per ragion del patto di
ricevere noi nella sua grazia, posto che 'l Figlio soddisfaccia per noi la sua
divina giustizia. All'incontro il divin Verbo, avendo accettata la commissione
del Padre, il quale, mandandolo a redimerci, a noi lo donava, egli anche si è
obbligato ad amarci, non già per nostro merito, ma per eseguire la pietosa
volontà del Padre.
1 “Totus siquidem mihi datus, et totus in meos usus expensus est.” S. BERNARDUS, In Circumcisione Domini, Sermo 3, n. 4. ML 183-138.
Affetti e preghiere.
Caro mio
Gesù, s'è vero - come dice la legge - che colla donazione si acquista il
dominio; giacché il vostro Padre vi ha donato a me, voi siete mio; per me siete
nato, a me siete stato dato: Parvulus...
natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. Dunque ben posso dire: Iesus meus et omnia. Giacché voi siete
mio, tutte le cose vostre ancora son mie. Me ne assicura il vostro Apostolo: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis
donavit? (Rom. VIII, 32). Mio è il vostro sangue, miei sono i vostri meriti,
mia è la vostra grazia, mio è il vostro paradiso. E se voi siete mio, chi mai
potrà togliervi da me? Deum a me tollere
nemo potest, così diceva con giubilo S. Antonio abbate.4
Così da
oggi avanti voglio andar dicendo ancor io. Solamente per mia colpa io posso
perdervi e separarmi da voi; ma io, o Gesù mio, se per lo passato vi ho lasciato
e v'ho perduto, ora me ne pento con tutta l'anima, e sto risoluto di perdere la
vita e tutto, prima che perdere voi, bene infinito ed unico amore dell'anima
mia.
Vi
ringrazio, o Eterno Padre, di avermi donato il vostro Figlio; e giacché voi
l'avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi. Per amore di
questo medesimo Figlio, voi accettatemi e stringetemi co' lacci d'amore a questo
mio Redentore; ma stringetemi tanto ch'io possa ancora dire: Quis me separabit a caritate
Christi?5 Qual bene mai del mondo avrà più da separarmi da
Gesù Cristo mio? E voi mio Salvatore, se siete tutto mio, sappiate ch'io son
tutto vostro. Disponete di me e di tutte le mie cose come vi piace. E come posso
negar niente a un Dio che non mi ha negato il sangue e la vita?
Maria,
madre mia, custoditemi voi colla vostra protezione. Io non voglio esser più mio,
voglio essere tutto del mio Signore. Voi pensate a rendermi fedele; in voi
confido.
4 “Post orationem, clara voce dicebat (daemonibus): Ecce hic sum ego Antonius, non fugio vestra certamina, etiamsi maiora faciatis, nullus me separabit a caritate Christi.” S. ATHANASIUS, Vita B. Antonii Abbatis, cap. 8. ML 73-131. - Cf. cap. 20, col. 144.
MEDITAZIONE II.
Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem
aptasti mihi.
(Hebr. X,
5).
Considera
la grande amarezza da cui dovette sentirsi afflitto e oppresso il Cuore di Gesù
bambino nell'utero di Maria, in quel primo istante nel quale gli fu proposta dal
Padre tutta la serie de' disprezzi, dolori ed agonie che nella sua vita doveva
patire, per liberare gli uomini dalle loro miserie. Mane erigit mihi Dominus aurem; ego autem
non contradico; corpus meum dedi percutientibus (Is. L, 4).1 Così parlò Gesù
per
bocca del
profeta. Mane erigit mihi aurem, cioe
dal primo punto di mia concezione il Padre mio mi fe' sentire la sua volontà
ch'io menassi una vita di pene, per essere in fine sacrificato sulla croce. Ego autem non contradico; corpus meum dedi
percutientibus. Ed io tutto accettai per la vostra salute, o anime, e sin
d'allora abbandonai il mio corpo ai flagelli, a' chiodi ed alla morte. - Pondera
che quanto patì Gesù Cristo nella sua vita e nella sua Passione, tutto gli fu
posto avanti stando nell'utero di sua Madre, ed egli tutto con amore accettò; ma
in fare quest'accettazione e in vincere la natural ripugnanza del senso, oh Dio
quale angoscia ed oppressione non patì l'innocente Cuore di Gesù! Ben egli
intendeva quel che primieramente dovea soffrire in istarsene ristretto per nove
mesi in quel carcere oscuro nell'utero di Maria: in patire l'obbrobrio ed i
patimenti della nascita, nascendo in una grotta fredda che era stalla di bestie:
in doversi poi trattenere trenta anni avvilito in una bottega d'un artigiano: in
vedere che doveva essere dagli uomini trattato da ignorante, da schiavo, da
seduttore e da reo di morte, e della morte più infame e dolorosa che si dava a'
ribaldi. Tutto accettava l'amante nostro Redentore in ogni momento, ma in ogni
momento che l'accettava veniva a patire unitamente insieme tutte le pene e gli
avvilimenti che poi dovea soffrire sino alla morte. La stessa cognizione della
sua dignità divina davagli più a sentire le ingiurie che era per ricevere dagli
uomini. Tota die verecundia mea contra me
est (Ps. XLIII, 16). Continuamente ebbe innanzi agli occhi il suo rossore,
specialmente quella confusione che doveva apportargli un giorno il vedersi
spogliato nudo, flagellato, ed appeso a tre uncini di ferro, e così finir la
vita in mezzo ai vituperi, ed alle maledizioni di quegli stessi uomini per li
quali egli moriva: Factus obediens usque
ad mortem, mortem autem crucis (Philipp. II, 8). E perché? per salvare noi
miseri ed ingrati peccatori.
1 Dominus... mane erigit mihi aurem, ut audiam quasi magistrum. Dominus Deus aperuit mihi aurem, ego autem non contradico; retrorsum non abii. Corpus meum dedi percutientibus. Is. L, 4, 5, 6.
Affetti e preghiere.
Amato mio
Redentore, e quanto vi costò dalla prima entrata che faceste nel mondo il
sollevarmi dalla ruina ch'io m'ho cagionata co' peccati miei! Voi dunque per
liberarmi dalla schiavitù del demonio, al quale io stesso peccando
volontariamente
mi son
venduto, avete accettato di esser trattato come il peggiore di tutti gli
schiavi. Ed io poi sapendo ciò, ho avuto l'animo di amareggiare tante volte il
vostro amabilissimo Cuore che tanto mi ha amato! Ma giacché voi, che siete
innocente e siete il mio Dio, avete per amor mio accettata una vita e una morte
così penosa; io accetto per amor vostro, o Gesù mio, ogni pena che mi verrà
dalle vostre mani. L'accetto e l'abbraccio, perché mi viene da quelle mani che
sono state un giorno trafitte, affin di liberarmi dall'inferno tante volte da me
meritato. L'amor vostro, o mio Redentore, in offerirvi a tanto patire per me,
troppo mi obbliga ad accettare per voi ogni pena, ogni disprezzo.
Datemi,
Signor mio, per li meriti vostri il vostro santo amore: l'amor vostro mi renderà
dolci ed amabili tutti i dolori e tutte le ignominie. Io v'amo sopra ogni cosa,
v'amo con tutto il cuore, v'amo più di me stesso. Ma voi in tutta la vostra vita
mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto; io ingrato per lo
passato son vivuto tanti anni nel mondo, e qual segno d'amore sinora vi ho
dimostrato? Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano
di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio. Non mi fido di venirvi
innanzi quando mi avrete da giudicare, cosi povero come ora sono. senz'aver
fatto niente per amor vostro. Ma che posso far io senza la vostra grazia? Altro
non posso che pregarvi che mi soccorriate, e questa mia preghiera pure è grazia
vostra. Gesù mio, soccorretemi per li meriti delle vostre pene e del sangue che
avete sparso per me.
Maria
santissima, raccomandatemi al vostro Figlio, per l'amore che gli portate. Mirate
ch'io sono una di quelle pecorelle per cui il vostro Figlio è morto.