terça-feira, 30 de abril de 2019

Parola e silenzio in Divo Barsotti


Nell’ambito del Festival nazionale della comunicazione, il 20 maggio del 2012, nella sala del Museo diocesano di Caltanissetta, si è tenuto un incontro sul tema “Annunciare il silenzio, vivere la Parola. Parolae silenzio in Divo Barsotti”. Alla presenza di mons. Giuseppe La Placa, Vicario Generale, nonché Direttore del Festival, e di un pubblico numeroso e attento, l’incontro è stato aperto dal dott. Giovanni Virone, responsabile della “Comunità dei figli di Dio”, fondata da Barsotti a Firenze nel 1947. Poi il maestro Raffaello Pilato, con il suo violino, ha eseguito un adagio di J.S. Bach. Di seguito la prof.ssa Grazia Tagliavia ha svolto la sua relazione, dopo una mia breve introduzione. L’incontro infine è stato concluso dalla corale della Cattedrale, diretta dal maestro Angelo Pio Leonardi, che ha eseguito in gregoriano l’Ave, maris stella e la Salve, Regina.
La relazione della Tagliavia, docente di Filosofia della storia pressola Facoltàdi Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, è stata la relazione di una studiosa non certo occasionale del pensiero di don Divo Barsotti (1914-2006), ma anche la relazione di una credente, che ha conosciuto Barsotti, lo ha frequentato a lungo, intessendo con lui una profonda amicizia, assorbendo le sue parole e la sua testimonianza, fino a farne alimento e luce per la propria vita.
La Tagliaviaha sviluppato il tema dell’incontro lungo il confine che unisce la filosofia, la teologia e la spiritualità. Infatti la questione sottesa al tema dell’incontro si colloca – già per lo stesso Barsotti – lungo questo confine. Si tratta della questione della dicibilità o indicibilità di Dio. La relatrice ha affrontato questa questione, che è anzitutto di natura filosofica e teologica, tenendo presente la storia del pensiero occidentale, nella quale si è giunti a porre una frattura tra le essenze eterne e il nostro linguaggio, che inevitabilmente tende a considerare queste essenze alla stregua degli altri “oggetti” compresi dal pensiero umano. Da qui l’opposizione tra la parola, che sembra non poter esprimere la realtà ultima delle cose, e il silenzio, che invece sembra meglio custodire il mistero dell’essere. Da qui ancora la risoluzione della suddetta questione a favore dell’indicibilità di Dio. Ma per Barsotti non possiamo fermarci alla teologia apofatica, cioè alla teologia che privilegia il silenzio su Dio. Se davvero Dio si è incarnato in Gesù Cristo, allora l’uomo nella questione della dicibilità o indicibilità di Dio può e deve superare l’opposizione tra la parola e il silenzio.
Come si vede, la posta in gioco è enorme, soprattutto ai fini della comunicazione della fede. Dinanzi al mistero di Dio, l’uomo deve solo tacere (si pensi all’agnosticismo e al buddhismo) o può parlare di Dio? Secondo Barsotti, se l’uomo vive il mistero del Cristo (ed ecco qui emergere la natura propriamente spirituale della questione), allora l’uomo in Cristo può conoscere realmente Dio, e quindi può in verità dire Dio.
Concludendo, nella comunità ecclesiale dobbiamo continuare ad opporre parola e silenzio? Dobbiamo cioè continuare a pensare, soprattutto noi fedeli laici, che la realizzazione di un fecondo rapporto tra parola e silenzio, anche ai fini della comunicazione della fede, riguarda solo alcuni cristiani (gli eremiti, le suore di clausura, i monaci …) e non riguarda invece tutti i cristiani? Per Barsotti riguarda tutti i cristiani. Ad una condizione: vivere davvero il mistero del Cristo, cioè affondare nel suo mistero di morte e resurrezione, e quindi lasciarsi assumere dall’Atto del Cristo, che è presente ed opera nella storia. Così vivere il mistero del Cristo, per chi s’incammina nelle profondità della fede, può essere ancora oggi la sorgente di una parola sempre nuova e di un sempre nuovo silenzio. Parola e silenzio dell’uomo che, per dire Dio, diventano parola e silenzio del Cristo, suoi segni ed anche suoi sacramenti.
                                                                                                                Salvatore Barone