BOA FESTA DE SÃO LUÍS GONZAGA
"São Luís Gonzaga dizia: "Se os homens conhecessem a alegria dos que se consagram ao Senhor, restaria apenas um no mundo? ».
Mas os homens não abandonam o mundo, porque os cristãos não sabem mostrar alegria. Talvez falemos de alegria, mas não a deixamos brilhar.
Vivemos ao serviço de Deus, na intimidade do Senhor, mas ainda nos deixamos perturbar por pequenos sentimentos, para que nossas pequenas preocupações devam, talvez por dias e dias, ocultar ou mesmo esconder a profunda alegria de uma alma que vive na graça de Deus. Não percebemos quem somos! Entristecemos-nos porque deixamos transparecer pelo facto de sermos o seu fardo, e a dor faz-nos esquecer que recebemos o Senhor e que todo o Paraíso está na nossa alma e que os Anjos nos servem como as esposas de Cristo. Tudo o que vemos é que alguém não nos cumprimenta, que passou por nós e nem sequer sorriu para nós! E sentimo-nos sozinhos e desesperados! Desesperado por quê? O Senhor não é suficiente para nós?
Sim, a nossa vida também conhecerá sofrimento, mas não é comparável à paz à alegria. O sofrimento em si mesmo não só não ataca a nossa alegria, mas é uma razão para senti-la mais profunda e inacessível ao mal.
É o sal que dá sabor às coisas. Talvez seja preciso um pouco de sofrimento para que ele também adquira sabor a nossa alegria.
Então talvez nos tornemos conscientes desta imensa alegria, tão profunda e secreta, que muitas vezes nos escapa. Então sentimos que a nossa alegria flui de outra fonte. São as nossas pequenas cruzes que nos avisam da origem desta alegria e do seu carácter sobrenatural e divino. As cruzes humanas não atacam esta alegria. Creio que a oração de Santa Teresa de Jesus ou de Santa Maria Madalena de' Pazzi, quando pediam sofrimento, era apenas para poder suportar a plenitude da sua alegria. Eram almas sedentas de alegria e só conheciam a alegria: por isso pediam dor, para que a alegria fosse tolerada, para que a impotência de toda dor para destruir sua alegria secreta pudesse certificar a origem daquela alegria que encheu sua alma na certeza de Deus: queriam experimentar quão profunda era sua alegria em relação a todos os sofrimentos humanos, terrestres que a alma ainda podia conhecer aqui embaixo.
Don Divo
BUONA FESTA DI SAN LUIGI GONZAGA
"Diceva san Luigi Gonzaga: «Se gli uomini conoscessero la gioia di chi si consacra al Signore, rimarrebbe uno solo nel mondo? ».
Ma gli uomini non abbandonano il mondo, perché i cristiani non sanno dimostrare la gioia. Forse si parla di gioia, ma non la si lascia trasparire.
Viviamo al servizio di Dio, nell'intimità del Signore, eppure ancora ci lasciamo turbare da sentimenti meschini, facciamo sì che i nostri piccoli crucci debbano, magari per giorni e giorni, velare o anche nascondere la gioia profonda di un'anima che vive in grazia di Dio. Non realizziamo quello che siamo! Ci contristiamo perché uno lascia trasparire che gli siamo di peso, e la pena ci fa dimenticare che abbiamo ricevuto il Signore e tutto il Paradiso è nell'anima nostra e gli Angeli ci servono come le spose di Cristo. Vediamo soltanto che uno non ci saluta, che uno ci è passato vicino e non ci ha nemmeno sorriso! E ci sentiamo soli e ci sentiamo disperati! Disperati di che? Non ci basta il Signore?
La nostra vita, sì, conoscerà anche la sofferenza, ma non è paragonabile alla pace, alla gioia. La sofferenza stessa non soltanto non attenta alla nostra gioia, ma è un motivo per sentirla più profonda e inaccessibile al male.
Ma gli uomini non abbandonano il mondo, perché i cristiani non sanno dimostrare la gioia. Forse si parla di gioia, ma non la si lascia trasparire.
Viviamo al servizio di Dio, nell'intimità del Signore, eppure ancora ci lasciamo turbare da sentimenti meschini, facciamo sì che i nostri piccoli crucci debbano, magari per giorni e giorni, velare o anche nascondere la gioia profonda di un'anima che vive in grazia di Dio. Non realizziamo quello che siamo! Ci contristiamo perché uno lascia trasparire che gli siamo di peso, e la pena ci fa dimenticare che abbiamo ricevuto il Signore e tutto il Paradiso è nell'anima nostra e gli Angeli ci servono come le spose di Cristo. Vediamo soltanto che uno non ci saluta, che uno ci è passato vicino e non ci ha nemmeno sorriso! E ci sentiamo soli e ci sentiamo disperati! Disperati di che? Non ci basta il Signore?
La nostra vita, sì, conoscerà anche la sofferenza, ma non è paragonabile alla pace, alla gioia. La sofferenza stessa non soltanto non attenta alla nostra gioia, ma è un motivo per sentirla più profonda e inaccessibile al male.
E’ il sale che dà sapore alle cose. Forse ci vuole un po di sofferenza perché acquisti sapore anche la nostra gioia.
Allora forse prendiamo coscienza di questa gioia immensa tanto profonda e segreta, che molto spesso ci sfugge. Allora sentiamo che la nostra gioia scaturisce da altra sorgente. Sono le nostre piccole croci che ci avvertono della origine di questa gioia e del suo carattere soprannaturale e divino. Le croci umane non attentano a questa gioia. Io credo che la preghiera di santa Teresa di Gesù o di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, quando chiedevano sofferenza, fosse soltanto per poter sopportare la pienezza della loro gioia. Erano anime assetate di gioia e non conoscevano che la gioia: per questo chiedevano pena, perché fosse tollerabile la gioia, perché l'impotenza di ogni pena a distruggere la loro gioia segreta certificasse l'origine di quella gioia che riempiva la loro anima nella certezza di Dio: volevano sperimentare come era profonda la loro gioia nei confronti di tutte le sofferenze umane, terrestri, che l'anima poteva ancora conoscere quaggiù."
Allora forse prendiamo coscienza di questa gioia immensa tanto profonda e segreta, che molto spesso ci sfugge. Allora sentiamo che la nostra gioia scaturisce da altra sorgente. Sono le nostre piccole croci che ci avvertono della origine di questa gioia e del suo carattere soprannaturale e divino. Le croci umane non attentano a questa gioia. Io credo che la preghiera di santa Teresa di Gesù o di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, quando chiedevano sofferenza, fosse soltanto per poter sopportare la pienezza della loro gioia. Erano anime assetate di gioia e non conoscevano che la gioia: per questo chiedevano pena, perché fosse tollerabile la gioia, perché l'impotenza di ogni pena a distruggere la loro gioia segreta certificasse l'origine di quella gioia che riempiva la loro anima nella certezza di Dio: volevano sperimentare come era profonda la loro gioia nei confronti di tutte le sofferenze umane, terrestri, che l'anima poteva ancora conoscere quaggiù."
Don Divo