quarta-feira, 8 de maio de 2019

don Divo, L'IMPORTANZA DEL RACCOGLIMENTO INTERIORE. FESTA DI SANTA CATERINA DA SIENA

È certo dunque che per vivere il primato delle virtù teologali si impone un certo raccoglimento. [..]La nostra vita è nell'intimo, in questo sentimento della divina presenza e in questo sentire che l'amore in Dio ci investe in ogni parte, trabocca da tutto; e ci sentiamo come perduti in questa luce, noi ci sentiamo come sommersi in questo abisso di Dio.”
“tu non devi usare di te che per rivelare Dio. Sono tante le virtù, ma senza il raccoglimento interiore e l’umiltà non mi piacciono. Ammesso anche che un’anima non avesse altre virtù del raccoglimento e dell’umiltà, Io scenderei in quell’anima e farei Io la sua santità”
(Padre Serafino Tognetti "Divo Barsotti" ediz. San Paolo)


FESTA DI SANTA CATERINA DA SIENA
Non basta camminare: il cammino è lungo perché deve portarci a Dio; se camminiamo soltanto, mai giungeremo alla meta; dobbiamo correre, dobbiamo volare. E correre e volare non si può se non ci abbandoniamo alla forza della Spirito Santo che vive in noi, perché lo Spirito Santo ci spinga continuamente in questo cammino e ci doni, giorno per giorno, la forza di riprendere questa corsa che a Dio ci avvicina. È questo, mi sembra, che noi dobbiamo cercare di vivere.
Ma è molto importante per noi anche l'insegnamento che ci viene dalla prima lettura.
È evidente che la lettura si ispira a quella che è stata l'esperienza mistica di Santa Caterina da Siena. Coloro che hanno studiato la sua vita e i suoi scritti, hanno detto che, a differenza di San Tommaso che è dominato soprattutto dal dono della sapienza, Caterina da Siena è dominata, è posseduta dal dono dell'intelletto.
Quello che distingue santa Caterina da Siena nei confronti di altre mistiche - nei confronti, per esempio, di Santa Teresa di Gesù o di Santa Teresa di Gesù Bambino o di tutte le altre sante o mistiche che ha avuto la Chiesa, Caterina di Genova, Angela da Foligno - quello che è proprio di Santa Caterina da Siena è che la sua mistica è una mistica oggettiva, così si dice; cioè a Santa Caterina non interessa di esprimere la sua esperienza interiore. Di che ce ne facciamo noi dell'esperienza che può aver avuto un santo, se la nostra esperienza è diversa? L'esperienza nostra non è determinata soltanto dalla grazia divina: è determinata anche dal nostro temperamento, dall'ambiente nel quale viviamo, dall'educazione che riceviamo. Tutto questo ci fa molto diversi nel cammino della vita e fa molto diversi anche i mistici che hanno avuto un'esperienza di Dio. In Teresa di Gesù è veramente straordinaria la sapienza dell'analisi delle sue esperienze psicologiche. Difficilmente anche oggi uno studioso, anche un professore di università di psicologia, potrebbe scrivere con tale chiarezza e con tale profondità, e darci un'analisi così vera della propria interiore esperienza, come ha fatto Teresa. Non è in questo piano che Caterina è grande; può essere grande Teresa, ma non Caterina.
Caterina invece è grande perché ci dà una somma teologica. Il libro del Dialogo è praticamente una somma di teologia. Quello che si fa presente in lei è l'oggetto della sua contemplazione, che è Dio: Dio nei suoi misteri, Dio soprattutto nel Cristo, in quanto il Cristo è colui che ci redime e ci salva. Ella vive un contatto reale con questo Dio; da lei possiamo conoscere chi è il Dio di Caterina ed è il Dio della Chiesa. Alcuni mistici cristiani potrebbero anche essere mistici per gli indù o per i buddisti; di fatto molti del buddismo e dell'induismo ritengono che San Giovanni della Croce sia anche per loro uno dei grandi guru, uno dei grandi maestri della spiritualità. Il cammino sembra quasi uguale. Ed è quasi uguale se noi leggiamo soltanto gli scritti, perché l'esperienza soltanto psicologica più o meno è vicina ad essere uguale in tutti, perché l'uomo è uguale. Non perché Dio non sia immensamente grande e perciò possa darsi alle anime in modo tanto diverso, ma perché, anche donandosi, il dono viene misurato dalla capacità che ha l'anima di accogliere Dio. Pertanto sul piano dell'esperienza psicologica ci sono pagine e pagine, anche al di fuori del Cristianesimo, che hanno lo stesso tono, la stessa profondità e la stessa bellezza di certe pagine di S.Giovanni e di S.Teresa.
Ma non c'è mai, in nessuna religione, un'esperienza che somigli a quella di Caterina, perché a Caterina non interessa la sua esperienza, interessa quel Dio che ella contempla, quel Gesù che ella ama. E perciò ci fa conoscere Gesù, e perciò ci fa conoscere Dio, e perciò ci mette in un rapporto con le verità del Vangelo, con le verità del catechismo cristiano. La grandezza di Santa Caterina è proprio la sua mistica oggettiva, per la quale mistica oggettiva, a differenza di Giovanni e di Teresa, Von Balthasar ha voluto tradurre in tedesco il libro del Dialogo di Santa Caterina. Perché? Precisamente per quello che vi dicevo prima: Santa Teresa ci dà una conoscenza della sua esperienza psicologica, ma Caterina ci dà invece la conoscenza diretta di quel Dio che, entrando nella sua anima, creò certamente anche per lei, reazioni psicologiche, simili magari a quelle di Teresa; ma mentre Teresa si ferma ad analizzare la sua esperienza interiore, al contrario, Caterina si ferma soprattutto a contemplare le verità rivelate: la funzione del Cristo, ponte fra il cielo e la terra, fra Dio e l'uomo, Dio che è salvatore di tutti. Ed è in questa conoscenza così oggettiva, che ella possiede, che ella è anche piena di misericordia.
Caterina, come dicevo all'inizio, ha il dono dell'intelletto: per il dono dell'intelletto ella conosce benissimo che cosa è il peccato che ci separa da Dio, ma pur conoscendo il peccato e fermandosi molto spesso nel considerare la nostra infedeltà, ella ci dona anche di Dio una visione stupenda di misericordia. Ella dice che saremmo bugiardi se dicessimo di non aver peccato; la conoscenza che ella ha del cuore umano, la conoscenza che ella ha dell'uomo, fa sì che ella possa far sue le parole di Giovanni l'apostolo, il quale dice che chiunque dice di non avere peccato è bugiardo e fa bugiardo Dio. Perciò la verità anche della nostra vita spirituale, anche della nostra santità, riposa sul fondamento che ha ogni anima cristiana: fondamento che è il conoscimento della nostra debolezza, che è il conoscimento della nostra peccaminosità, che è l'abbandono alla misericordia di Dio.
Mi ricordo in questo momento le parole che scrisse, nel suo testamento spirituale, Giovanni Dossetti, avanti di morire: 'Ecco che io vado incontro al giudizio di Dio e non mi affido ad altro che alla sua misericordia infinita'. È questo il cammino di cui si parlava poc'anzi: un cammino che deve portarci a Dio, ma un cammino che tanto più sarà vero, che tanto più ci avvicinerà al Signore, quanto più vera sarà in noi l'umiltà di chi riconosce che nulla può senza la grazia divina e che tutto quello che essa può presumere di aver compiuto, sono soltanto le sue infedeltà, quando ha resistito alla grazia, quando ha rifiutato di seguire Dio per quel cammino che gli aveva tracciato.
Che cosa, dunque, possiamo dire ora, per terminare questa omelia? L'unica cosa è un augurio per me e per voi tutti, che viviamo questa umiltà sincera nell'aprirci alla misericordia infinita di Dio. Siamo delle povere creature, sempre vacillanti, ma l'amore di Dio è infinito. Fidiamoci di questa misericordia e abbandoniamoci al Signore con sincerità, cercando di evitare tutto quello che può impedirci di dare una risposta generosa e fedele al Signore.
Che il Signore doni a tutti noi la grazia di essere fedeli e generosi con Lui.
Don Divo Barsotti, Santuario di Oropa, 29 aprile 1998