Don Divo Barsotti,
(tratto da un'omelia nella festa del Corpus Domini)
(tratto da un'omelia nella festa del Corpus Domini)
Qual è il contenuto della festa di oggi? L’Eucarestia non è forse la vita della Chiesa? Tutto l’anno liturgico non è forse una celebrazione continua di questo mistero? Che cosa aggiunge la festa del Corpus Domini a quello che la Chiesa celebra ed esalta ogni giorno nell’atto che compie il sacrificio divino e ammette a questo sacrificio tutto quanto il popolo perché vi partecipi e come sacerdote e come vittima insieme a Gesù?
Ci sembra che il contenuto della festa di oggi debba essere il riconoscimento della misura in cui la presenza di questo mistero trascende ogni partecipazione da parte del singolo e di tutta quanta la Chiesa. Gesù è nel mondo per essere il pane che alimenta la vita; ma pur essendo Egli nel mondo per donarsi a noi, tutto quanto il mondo non potrà mai, anche se lo vorrà, accoglierlo pienamente. Il dono sopravanza la capacità della creazione intera ad accoglierlo.
Ecco il contenuto della festa. Egli è per noi – «propter nos et propter nostram salutem descendit de caelis» – Egli è qui per essere il nostro sacrificio, Egli è qui per essere il nostro Sacramento, il nostro alimento divino; ma l’essere Egli per noi non toglie nulla al fatto che Egli ci sopravanzi.
La nostra partecipazione al suo sacrificio non potrà mai esser così piena che l’atto di Gesù che si offre non sia infinitamente più grande dell’atto di culto di qualunque creatura. Così anche il Papa, in cui s’incentra, si riunisce e si riassume il sacerdozio cristiano partecipato, anche il Papa deve piegar le sue ginocchia dinanzi al Santissimo Sacramento. L’atto di Gesù che si offre vince l’atto di qualunque sacerdote, così come la sua offerta vince l’offerta di qualunque uomo.
Come Sacerdote e come Vittima Egli si è dato a noi per essere il nostro culto, per essere il contenuto della nostra adorazione e della nostra lode al Padre; e tuttavia mai l’uomo potrà far così sua questa adorazione e questa lode, che egli non debba riconoscere la trascendenza del Cristo: il Cristo è presente realmente in mezzo alla Chiesa per essere totalmente della Chiesa, ma la Chiesa sarà sempre nell’incapacità di accogliere il dono divino.
Egli si dona, ma come potrà riceverlo la creazione se il dono che Egli ci fa è il dono stesso di Sé infinito? Mai gli abissi della creazione potranno contenere il dono divino. Egli è nel mondo e tuttavia vince il mondo, trascende il mondo, supera il mondo, trabocca dal mondo infinitamente. Egli è la realtà suprema in una creazione che solo da Lui in qualche modo ottiene una sua consistenza.
Noi dobbiamo (ecco la festa del Corpus Domini) riconoscere l’immensità del dono divino, dobbiamo riconoscere a grandezza di questa presenza reale. La festa del Corpus Domini più che celebrare il Mistero eucaristico in quanto sacrificio, in quanto sacramento, sembra celebrare la presenza reale del Cristo. Perché, vedete, Cristo si dona, ma rimane, si dona, ma è qui; mai noi possiamo così farlo nostro da totalmente assimilarlo a noi, da partecipare al suo mistero in modo tale che Egli indipendentemente da noi non debba essere, non debba rimanere, non debba vivere: al contrario Egli rimane.
L’adorazione del Santissimo Sacramento è l’atto preciso di culto che noi dobbiamo a Gesù Eucarestia in questo giorno; la Chiesa ci invita espressamente ad adorare Gesù in questa presenza reale che Egli ha voluto stabilire fra noi. Certo, più che adorare Lui, noi dovremmo, in Lui, attraverso di Lui, adorare il Padre: rimane vero questo; ma rimane anche vero che io posso partecipare quanto voglio al mistero eucaristico, il mistero eucaristico sarà sempre maggiore di me.
È questa la vocazione della Chiesa, ma anche la contraddizione della nostra vita ecclesiale, ma anche il nostro tormento di cristiani e di sacerdoti. Pensate un poco: io sarò sempre più grande di me stesso. Ho voglia di esser santo; la mia santità non potrà mai adeguare la dignità che io ho ricevuto, non potrà mai adeguare nel suo atto, nell’esercizio delle sue virtù, la pienezza del mio sacerdozio.
L’atto mio come sacerdote è l’atto stesso del Cristo e la mia santità sarà sempre una santità partecipata: oh, infinitamente lontana dalla santità di Gesù! Quello che è il mio tormento è il tormento di tutta la Chiesa, è in qualche modo la contraddizione di tutta la Chiesa: dobbiamo riconoscere la nostra impotenza ad accogliere, dobbiamo sentire quanto immensamente più grande è l’amore di Dio della capacità che ha l’uomo di essere amato.
Tante volte non riusciamo a credere che Dio ci ami,e tante volte noi vorremmo essere amati, mala verità è un’altra: la verità è che Dio ci ama in tal modo che noi non possiamo nemmeno essere amati, così come Egli ci ama, tanto è il suo amore. Questo amore divino trabocca da ogni parte e l’uomo non può riceverlo nella sua piena, non può accoglierlo in sé. Questo è l’amore di Dio presente nel Cristo. Sì, il Signore ha voluto nascondersi, umiliarsi sotto le apparenze del pane,ha voluto rendersi invisibile; ma il suo nascondimento, la sua invisibilità non toglie nulla alla grandezza del dono, alla trascendenza del dono, alla infinità del dono, alla immensità della lode che in questo Sacramento è presente per noi.
Così ne viene che tutta quanta la Chiesa, pur essendo in qualche modo il fine dell’Eucarestia, perché l’Eucarestia è per la Chiesa: Egli è qui per essere il nostro Sacrificio, il nostro Sacramento, l’alimento della nostra vita; la Chiesa però sarà sempre in adorazione dinanzi a Gesù. Tutta la sua grandezza, tutta la sua santità, di fronte a questa Presenza non sarà mai nulla, non sarà che povera cosa. La Chiesa getterà ai piedi dell’altare tutto quanto ella possiede perché misero sarà sempre quello che ha e quello che possiede nei confronti di questa Presenza del dono divino.
Ecco il contenuto della Festa del Corpus Domini. È vero, non possiamo dimenticarlo: «Omnia propter electos» [2 Tt 2, 10], «Sacramenta propter homines». Ma se è vero da parte di Dio che vuole donarsi, questo non può essere vero da parte nostra, perché siamo sempre delle povere creature; e non può essere vero nemmeno da parte di tutta quanta la creazione perché Dio per natura sua è di tutta quanta la creazione più grande.
Può nascondersi, può rendersi invisibile,può farsi piccolo più di quanto non fosse quando viveva fra noi come uomo, ma l’apparenza, il segno che lo nasconde, non toglie nulla a questa realtà di un immutabile amore, di un amore immenso realmente presente per te. Vivi dunque in un atto di adorazione continua di questo amore divino presente nella creazione, di questo dono di Dio; vivi costantemente in adorazione di un Dio che si è fatto realmente presente per te e, nell’impotenza di pienamente accoglierlo, loda Dio dell’infinito suo amore. Se non puoi totalmente riceverlo, sia per te questo un motivo di lodarlo di più, di adorarlo di più, di amarlo di più. Sia per te questo un motivo di ringraziarlo, ma soprattutto sia questo un motivo di adorarlo presente.
Che tutto il tuo valore, tutta la tua grandezza sia per te soltanto il contenuto della tua offerta. Quanto più grande ti sembra quello che sei, quello che possiedi, quanto più grande ti sembra tutta quanta la vita della Chiesa, la vita del mondo, i valori dell’umanità; quanto più grandi ti sembrano, tanto più sentiti impegnato a gettarli ai piedi dell’altare, e sentire tutta la loro povertà e il loro nulla dinanzi a questa presenza immutabile di un Dio che a te oggi si dona, di un Dio che per te oggi si fa presente nel mondo. Pensate! È una constatazione anche semplice: che cosa mai sono tutte le civiltà, tutti i frutti della vita del mondo? Egli è presente e tutte le cose sono cadute, sono come non fossero.
Quante civiltà son passate! Quanti popoli son nati, hanno raggiunto una grandezza umana che sembrava insuperabile e poi sono caduti, finiti! E Cristo rimane immutabilmente presente, Dio stesso. Quello che il tempo fa, lo faccia ogni cristiano. Non dobbiamo esser costretti a riconoscere come tutti i valori umani, tutta la grandezza umana non son nulla di fronte alla presenza di Dio: questo venir meno di tutte le cose di fronte alla presenza di Dio dobbiamo compierlo noi in un atto di adorazione vera che sia un riconoscimento della presenza di un Dio nel mondo. Presenza di un Dio che proprio per la sua immensa grandezza e infinita santità consuma tutte le cose, tutte quante le cose in qualche modo distrugge, eclissa, consuma.
Ecco, tu sei solo per riconoscere il tuo nulla dinanzi a Dio. Tutta la Chiesa è solo per adorare questa Presenza reale. Tutta quanta la creazione è solo per venir meno costantemente, eternamente, nella presenza del Cristo, nella presenza di Colui che è, e si è fatto tuo dono, di Colui che è e ha voluto esser presente per te.