sábado, 4 de maio de 2019

don Divo Barsotti, L’eternità non ha domani: la vita eterna è la Presenza


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L’eternità non ha domani: la vita eterna è la Presenza.

1 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, e poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche ad una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. (Matteo 13, 44-48) 1)Divo Barsotti: una vita come contributo per tornare ai fondamenti della fede: Don Divo Barsotti (Palaia 1914 – Firenze 2006) viene da molti presentato come una personalità dal grande carisma e dalla grande fede. È stato, infatti, definito uno dei più grandi uomini spirituali del nostro tempo.

 2 Esegeta intuitivo anche se non inquadrabile in nessun modello. Scrittore mistico, ha fondato la comunità contemplativa dei Figli di Dio, che tende alla santità possibile per tutti gli uomini impegnati in un chiostro, al lavoro o in famiglia. 
La peculiarità di Barsotti è quella di dare alla riflessione teologica contemporanea un esempio di quanto l’uomo possa coniugare la ricerca scientifica con la mistica. Per mons. Cataldo Naro: “La sua opera ha avuto un’influenza lungo tutta la seconda metà del Novecento che apparirà sempre più chiaramente negli anni prossimi, man mano che diventeremo più capaci di distacco critico”.

3 Prima del Concilio Vaticano II Divo Barsotti rivela al mondo cattolico la propria “pigrizia” mentale e spirituale, la propria “stanchezza” storica come se i cattolici non si accorgessero delle inquietudini della società e che sarebbero poi emerse totalmente nel 1968. oggi appare profetico il suo invito a ritornare ai fondamentali della fede, ai Sacramenti e alla Messa, alla Scrittura e alla preghiera liturgica, a mettere Dio al centro e al di sopra di tutto.

4 Dopo il Vaticano II la sua opera s’imbatterà in contrarietà e disattenzioni. Barsotti iniziò, così, a ricordare che la missione della Chiesa non consiste nel risolvere le crisi mondiali o locali e riportare la pace, ma nell’annunciare la salvezza di Gesù Cristo e nel conquistarla tramite il rapporto con Lui.La produzione letteraria di Divo Barsotti è vastissima

5 e comprende meditazioni spirituali sui libri dell’Antico e Nuovo Testamento; ritratti di santi; diari; riflessioni realizzate in occasione di esercizi spirituali, ecc. Nei diari l’autore non si presenta come un professionista del culto o del sapere teologico, ma come il messaggero di una missione che è per lui testimonianza; egli insegna come il testimone non sia colui che parla di Dio ma colui tramite il quale Dio stesso parla. In “Parola e silenzio” scrive: «In questa crisi terribile che sembra minacciare la sopravvivenza della Chiesa e del cristianesimo, una sola è la parola che si impone: il testimone deve, con la sua medesima vita, dimostrare la verità. Certo, questo impegna l’uomo a esser più che uomo, lo impegna all’eroismo più alto, alla santità più luminosa. La santità del testimone è la prova che Dio veramente vive ed è presente nel cuore del mondo. Questa è la missione che ho ricevuto e alla quale io debbo rispondere anche a rischio che gli uomini ridano di me».

 Il mistico è l’uomo del silenzio che però non può tacere, poiché già la sua stessa vita è impegno di pura trasparenza del donarsi/dirsi di Dio all’uomo. Von Balthasar afferra quella che è la singolarità dei diari di Barsotti, perché questi manifestano una profonda esperienza mistica. Barsotti si chiede: «Che cos’è dunque la mistica? L’unione mistica è la pura Presenza. Finché tu resisti Dio non vive in te. Egli deve vivere in te e vive in te, in questo atto di morte che è l’amore puro e perfetto. Così Egli ti possiede».

6 Per Barsotti la mistica è la conoscenza del mysterium secondo l’accezione patristica (ripresa da Odo Casel), poiché la mistica è frutto della vita sacramentale, è la partecipazione viva, intima e totale al mistero eucaristico che la Chiesa celebra nel tempo e che si riattualizza nell’oggi della liturgia. Da qui la sua ammirazione per i mistici russi con i quali cerca di condividere l’esperienza d’amore annullando lo spazio e il tempo che li separa. Dalla spiritualità orientale riprende la dottrina tradizionale dei Padri per i quali la vita credente è in dipendenza assoluta dai sacramenti dell’iniziazione cristiana superando, così, certa spiritualità occidentale che per lunghi secoli si è mostrata indifferente verso i sacramenti, scadendo in una mistica puramente teologica. 

Per Barsotti la caratteristica principale dei santi, che sono “sacramento di Dio”, è quella di essere testimoni e rivelatori del Verbo incarnato, il quale permette l’unione sia con la vita di eterno amore della Trinità sia con il suo corpo mistico. Barsotti valorizza, anche, il concreto storico cristiano, poiché Dio parla e agisce nelle singole persone. La condizione del cristiano non deve essere rivolta al futuro, ma al sacramento eucaristico dove Cristo è realmente presente per noi.

 Divo Barsotti fu ordinato sacerdote nel 1937. Nei suoi scritti risalenti agli anni ’40 si coglie il desiderio di ricerca dell’assoluto che lo spinge a pensare di andare in India per vivere la missione nella contemplazione, poiché non si sente “realizzato” nel suo essere uomo e prete. Ma il suo cammino di spogliamento lo porta a comprendere la sua vocazione: «Il Signore vuole che sia tutto per Lui e vuole che rimanga fra gli uomini, viva con loro, fra loro. La mia vita contemplativa l’ho pensata una volta al centro di una grande città»

7 Attraverso le opere di apostolato, di azione sociale e politica Barsotti non pensa di agire, ma di essere solo in Dio, nel mondo: qui è presente alla radice quella che è la spiritualità barsottiana del “monachesimo nel mondo”. 

8 Essere monaci nel mondo è, allora, camminare nella visione di Dio. Questa profonda convinzione che ha determinato la vita di Barsotti era alimentata dal grande amore per la Parola di Dio. Accostandosi ad essa, Barsotti si è sempre preoccupato non di acquistare conoscenze ma di maturare un rapporto con Dio. Da ciò l’attenzione ad un tipo di esegesi biblica in grado di alimentare la vita del credente. La sua esegesi, infatti, nasce da un bisogno profondo di tenere insieme la teologia con il vissuto. Per Barsotti la crisi del cristianesimo e la crisi della teologia sono conseguenze del loro reciproco scollamento . Si è, infatti, consumata in epoca moderna la separazione tra teologia e santità.

9 Per lui un’esegesi solamente scientifica risulta dannosa. Essa allontana la Parola di Dio dal vissuto cristiano e la devitalizza rendendola astorica. L’esegesi spirituale è qualcosa di qualitativamente altro rispetto all’esegesi letterale, poiché interviene il fattore fede: «L’azione dello Spirito Santo come ha guidato gli agiografi, deve guidare gli interpreti della divina Parola. Lo Spirito, per mezzo del quale sono stati scritti i libri sacri, è anche quello Spirito per mezzo del quale possono e debbono essere interpretati».

10 Il Mistero dell’Incarnazione “contiene” tutta la storia: Barsotti afferma che non vi può essere una divisione tra la mistica e la teologia: «Non vi può essere una mistica vera senza una teologia più o meno elaborata, l’uomo come uomo non può prendere coscienza di quanto opera in lui l’azione di Dio senza la ragione che interpreta quanto l’anima ha sperimentato; così non vi può essere una teologia cristiana che sia veramente viva e non abbia un suo certo rapporto con l’esperienza interiore. Dio non si fa conoscere attraverso i sillogismi della scuola, ma attraverso la preghiera. 

È presunzione folle che l’uomo voglia tentare di forzare le porte di Dio con la sola ragione». La fede è quindi per Barsotti principio della riflessione teologica: è la fede stessa che, nella teologia, realizza ed esprime la propria auto-intelligenza critica. Per questo il teologo non può prescindere da essa se non vuole ridurre la propria riflessione ad ideologia. La fede, dunque, non è la conclusione di un ragionamento teologico, ma il principio che dona validità alle riflessioni. La teologia interessa Barsotti sin da giovane avvicinandosi alla riflessione dei Padri della Chiesa ripresi anche da grandi teologi del XX sec. Egli è riuscito ad elaborare un’originale architettura teologica, spaziando dalla teologia liturgica a quella biblica alimentate da un’esegesi spirituale che pone al centro l’esistenza cristiana come tale. 

Nelle sue opere il mistero viene presentato come realtà viva, nutrita dalla fede e delineato da tre tipi di radicalismo: dell’attività; dell’unità; della vita. La sua riflessione è essenzialmente cristologica, nella quale l’incarnazione è il centro di tutto il pensare: «Cristo ha ucciso l’odio ed ha diffuso l’amore! Ha ucciso l’odio nella sua carne: ecco il venerdì santo. Ha diffuso l’amore nel cuore degli uomini: ecco la Pasqua».