di Daniele Di Sorco
Il blog The Barque of Peter ha pubblicato un'importante risposta della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, datata 15 ottobre 2009 ma resa nota soltanto ora, sulla possibilità di celebrare secondo i riti propri di alcuni Ordini religiosi. Eccone il testo:
Per capire la portata di questo provvedimento non sarà inutile fare un riassunto dello status quaestionis e fornire qualche informazione in più sui riti che fino alla riforma liturgica venivano usati da alcuni Ordini religiosi al posto del rito romano.
Due interpretazioni circa l'estensione del motu proprio.
Dopo la promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum, si diffusero, circa l'estensione del documento, due diverse interpretazioni. La prima, che potremmo definire larga, sosteneva che le norme contenute nella lettera pontificia riguardavano tutti i riti latini: non soltanto il romano, quindi, ma anche il mozarabico, il lionese, il bracarense, l'ambrosiano e i riti degli Ordini religiosi. Il Papa avrebbe fatto esplicito riferimento solo al rito romano per ragioni di opportunità nei confronti degli altri capo-rito e per non affrontare quelle difficoltà di ordine pratico che sarebbero scaturite da una menzione degli altri riti: non bisogna dimenticare, infatti, che alcuni di essi furono completamente abbandonati dopo la riforma liturgica. La seconda interpretazione, più stretta, era a favore di un'esegesi letterale del documento: poiché esso parla unicamente del rito romano, non è lecito, in mancanza di ulteriori provvedimenti, estenderne l'effetto agli altri riti latini.
Sembra che ora l'Ecclesia Dei abbia voluto chiarire, almeno parzialmente, il problema, esprimendosi a favore della seconda ipotesi. La risposta sopra riportata, infatti, subordina la possibilità di celebrare la forma antica dei riti religiosi all'autorizzazione dei Superiori dell'Ordine. Di ciò, a dire il vero, non dobbiamo stupirci più di tanto. I riti diversi dal romano sono sempre stati retti da un diritto particolare, sul quale la Santa Sede esercitava un'autorità più di controllo che di comando. In ogni caso, le decisioni venivano sempre prese di comune accordo col capo del rito, cioè con l'Ordinario del luogo per quanto riguarda i riti delle sedi primaziali (ambrosiano, lionese, bracarense e mozarabico) e col Superiore religioso per quanto riguarda i riti propri degli Ordini. Sarebbe quindi impensabile che il Papa procedesse di propria sola iniziativa. D'altra parte, considerata la situazione odierna, che vede ancora una grande ostilità nei confronti dell'antica liturgica, è lecito auspicare che la Santa Sede trovi, prima o poi, il modo di liberalizzare anche questi antichi e venerandi riti, che costituiscono, insieme al rito romano, il grande patrimonio della liturgia latina.
I riti propri degli Ordini religiosi.
Ma che cosa sono i riti degli Ordini religiosi? E soprattutto, quali Ordini avevano un rito proprio?
Non tutti i riti usati dai membri degli Istituti regolari possono essere definiti religiosi, e non tutti i religiosi hanno un rito proprio. Per "rito religioso" si intende propriamente un rito latino, in uso presso un particolare Ordine, che ha cerimonie e testi dell'Ordinario propri, diversi, cioè, dal rito romano. Se le variazioni riguardano solo il calendario e il Proprio non si può parlare di rito religioso. Com'è noto, infatti, le rubriche del rito romano prevedono esplicitamente l'integrazione delle feste universali con le feste locali delle diocesi, dei luoghi, degli Istituti. Perché un rito possa essere definito proprio, è indispensabile, dunque, che abbia un Ordinario (della Messa o dell'Ufficio) diverso da tutti gli altri riti.
Fatte queste debite precisazioni, vediamo ora quali Ordini seguivano, prima della riforma liturgica, un rito diverso dal romano.
I Domenicani, i Carmelitani dell'Antica Osservanza (calzati), i Certosini e i Premostratensi avevano un rito proprio sia nella Messa che nell'Ufficio. Della Messa carmelitana ci siamo occupati qualche tempo fa in questo intervento.
I Benedettini, i Cistercensi e i Trappisti, nonché le Monache di Santa Brigida, avevano un rito proprio solo nell'Ufficio, mentre nella Messa si attenevano al rito romano (dopo le riforme del XVII secolo, le differenze tra il Messale cistercense e il Messale romano non sono più significative).
Tutti gli altri Ordini, compresi i Carmelitani riformati o scalzi, seguivano il rito romano, salvo l'aggiunta, nel Confiteor, del nome del proprio Santo fondatore.
Alcuni siti internet hanno parlato di rito proprio anche per i Francescani e i Serviti. In realtà entrambi gli Istituti, fin dalla loro fondazione, si sono attenuti alla liturgia della Chiesa romana. L'equivoco può essere stato ingenerato dalla consuetudine dei Francescani (seguita, in passato, da molti altri Ordini) di stampare un'edizione particolare dei libri liturgici romani, che comprendeva il loro abbondante santorale. Tali libri sono definiti romano-serafici. Ma, come abbiamo visto, l'aggiunta delle feste proprie dell'Istituto non implica l'utilizzo di un rito diverso.
Qualche indicazione pratica.
Da queste considerazioni, si possono trarre alcune importanti conseguenze per quanto riguarda l'uso della forma antica da parte dei membri degli Ordini religiosi.
1) Tutti i religiosi possono, a norma del motu proprio Summorum Pontificum, recitare il Breviario e celebrare la Messa secondo il rito romano antico, seguendo, come le rubriche prescrivono, il calendario e le feste proprie del relativo Istituto.
2) I Domenicani, i Carmelitani calzati, i Certosini e i Premostratensi che intendono recitare l'Ufficio o celebrare la Messa secondo il rito proprio dell'Ordine, devono chiederne l'autorizzazione al proprio Superiore maggiore, che, in genere, è il Superiore generale per tutto l'Ordine e il Superiore provinciale per la singola provincia. Per quanto riguarda il rito domenicano, si consulti il dettagliato contributo di P. Agostino Thompson O.P., che pubblicammo qualche tempo fa.
3) La stessa cosa devono fare i Benedettini, i Cistercensi e i Trappisti che intendono recitare l'Ufficio secondo il Breviario monastico. Per quanto riguarda la Messa, invece, non necessitano di alcuna autorizzazione, perché si tratta, come abbiamo visto, di rito romano.
4) Le edizioni speciali dei libri liturgici romani, come il Breviario o il Messale romano-serafico, possono essere utilizzate dai membri del relativo Ordine (e dai sacerdoti secolari che, in alcune circostanze, ne hanno il privilegio, come i terziari) senza bisogno di alcuna autorizzazione.
fonte:rinascimento sacro
Per capire la portata di questo provvedimento non sarà inutile fare un riassunto dello status quaestionis e fornire qualche informazione in più sui riti che fino alla riforma liturgica venivano usati da alcuni Ordini religiosi al posto del rito romano.
Due interpretazioni circa l'estensione del motu proprio.
Dopo la promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum, si diffusero, circa l'estensione del documento, due diverse interpretazioni. La prima, che potremmo definire larga, sosteneva che le norme contenute nella lettera pontificia riguardavano tutti i riti latini: non soltanto il romano, quindi, ma anche il mozarabico, il lionese, il bracarense, l'ambrosiano e i riti degli Ordini religiosi. Il Papa avrebbe fatto esplicito riferimento solo al rito romano per ragioni di opportunità nei confronti degli altri capo-rito e per non affrontare quelle difficoltà di ordine pratico che sarebbero scaturite da una menzione degli altri riti: non bisogna dimenticare, infatti, che alcuni di essi furono completamente abbandonati dopo la riforma liturgica. La seconda interpretazione, più stretta, era a favore di un'esegesi letterale del documento: poiché esso parla unicamente del rito romano, non è lecito, in mancanza di ulteriori provvedimenti, estenderne l'effetto agli altri riti latini.
Sembra che ora l'Ecclesia Dei abbia voluto chiarire, almeno parzialmente, il problema, esprimendosi a favore della seconda ipotesi. La risposta sopra riportata, infatti, subordina la possibilità di celebrare la forma antica dei riti religiosi all'autorizzazione dei Superiori dell'Ordine. Di ciò, a dire il vero, non dobbiamo stupirci più di tanto. I riti diversi dal romano sono sempre stati retti da un diritto particolare, sul quale la Santa Sede esercitava un'autorità più di controllo che di comando. In ogni caso, le decisioni venivano sempre prese di comune accordo col capo del rito, cioè con l'Ordinario del luogo per quanto riguarda i riti delle sedi primaziali (ambrosiano, lionese, bracarense e mozarabico) e col Superiore religioso per quanto riguarda i riti propri degli Ordini. Sarebbe quindi impensabile che il Papa procedesse di propria sola iniziativa. D'altra parte, considerata la situazione odierna, che vede ancora una grande ostilità nei confronti dell'antica liturgica, è lecito auspicare che la Santa Sede trovi, prima o poi, il modo di liberalizzare anche questi antichi e venerandi riti, che costituiscono, insieme al rito romano, il grande patrimonio della liturgia latina.
I riti propri degli Ordini religiosi.
Ma che cosa sono i riti degli Ordini religiosi? E soprattutto, quali Ordini avevano un rito proprio?
Non tutti i riti usati dai membri degli Istituti regolari possono essere definiti religiosi, e non tutti i religiosi hanno un rito proprio. Per "rito religioso" si intende propriamente un rito latino, in uso presso un particolare Ordine, che ha cerimonie e testi dell'Ordinario propri, diversi, cioè, dal rito romano. Se le variazioni riguardano solo il calendario e il Proprio non si può parlare di rito religioso. Com'è noto, infatti, le rubriche del rito romano prevedono esplicitamente l'integrazione delle feste universali con le feste locali delle diocesi, dei luoghi, degli Istituti. Perché un rito possa essere definito proprio, è indispensabile, dunque, che abbia un Ordinario (della Messa o dell'Ufficio) diverso da tutti gli altri riti.
Fatte queste debite precisazioni, vediamo ora quali Ordini seguivano, prima della riforma liturgica, un rito diverso dal romano.
I Domenicani, i Carmelitani dell'Antica Osservanza (calzati), i Certosini e i Premostratensi avevano un rito proprio sia nella Messa che nell'Ufficio. Della Messa carmelitana ci siamo occupati qualche tempo fa in questo intervento.
I Benedettini, i Cistercensi e i Trappisti, nonché le Monache di Santa Brigida, avevano un rito proprio solo nell'Ufficio, mentre nella Messa si attenevano al rito romano (dopo le riforme del XVII secolo, le differenze tra il Messale cistercense e il Messale romano non sono più significative).
Tutti gli altri Ordini, compresi i Carmelitani riformati o scalzi, seguivano il rito romano, salvo l'aggiunta, nel Confiteor, del nome del proprio Santo fondatore.
Alcuni siti internet hanno parlato di rito proprio anche per i Francescani e i Serviti. In realtà entrambi gli Istituti, fin dalla loro fondazione, si sono attenuti alla liturgia della Chiesa romana. L'equivoco può essere stato ingenerato dalla consuetudine dei Francescani (seguita, in passato, da molti altri Ordini) di stampare un'edizione particolare dei libri liturgici romani, che comprendeva il loro abbondante santorale. Tali libri sono definiti romano-serafici. Ma, come abbiamo visto, l'aggiunta delle feste proprie dell'Istituto non implica l'utilizzo di un rito diverso.
Qualche indicazione pratica.
Da queste considerazioni, si possono trarre alcune importanti conseguenze per quanto riguarda l'uso della forma antica da parte dei membri degli Ordini religiosi.
1) Tutti i religiosi possono, a norma del motu proprio Summorum Pontificum, recitare il Breviario e celebrare la Messa secondo il rito romano antico, seguendo, come le rubriche prescrivono, il calendario e le feste proprie del relativo Istituto.
2) I Domenicani, i Carmelitani calzati, i Certosini e i Premostratensi che intendono recitare l'Ufficio o celebrare la Messa secondo il rito proprio dell'Ordine, devono chiederne l'autorizzazione al proprio Superiore maggiore, che, in genere, è il Superiore generale per tutto l'Ordine e il Superiore provinciale per la singola provincia. Per quanto riguarda il rito domenicano, si consulti il dettagliato contributo di P. Agostino Thompson O.P., che pubblicammo qualche tempo fa.
3) La stessa cosa devono fare i Benedettini, i Cistercensi e i Trappisti che intendono recitare l'Ufficio secondo il Breviario monastico. Per quanto riguarda la Messa, invece, non necessitano di alcuna autorizzazione, perché si tratta, come abbiamo visto, di rito romano.
4) Le edizioni speciali dei libri liturgici romani, come il Breviario o il Messale romano-serafico, possono essere utilizzate dai membri del relativo Ordine (e dai sacerdoti secolari che, in alcune circostanze, ne hanno il privilegio, come i terziari) senza bisogno di alcuna autorizzazione.
fonte:rinascimento sacro