Il sacrificio della messa di don Claudio Crescimanno articolo pubblicato su Il Timone n.38 (dicembre 2004) Dopo le stupende parole dell'enciclica “Ecclesia de Eucharistia”, Giovanni Paolo II ci ha fatto un nuovo dono: l'Anno dell'Eucaristia. Quasi espansione nel tempo e nell'esperienza delle densissime pagine di quel documento, quest'anno deve costituire per la comunità cristiana la riscoperta e la valorizzazione della Eucaristia, nella quale «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa» (Presbyterorum Ordinis, 5). |
In realtà, la Presenza per eccellenza del nostro Salvatore in mezzo ai suoi discepoli, pellegrini sulla terra, è di per sé, costitutivamente, il centro e il cuore della vita della Chiesa e di ogni suo membro, ma il magistero del Pontefice, in continuità con quello dei suoi predecessori, non ha cessato di ribadirlo: «Da quando ho iniziato il mio ministero di successore di Pietro, ho sempre riservato al Giovedì Santo, giorno dell'Eucaristia e del Sacerdozio, un segno di particolare attenzione... Quest'anno desidero coinvolgere più pienamente l'intera Chiesa..: additando con nuova forza alla Chiesa la centralità dell'Eucaristia. Di essa la Chiesa vive. Di questo Pane vivo si nutre. Come non sentire il bisogno di esortare tutti a farne sempre rinnovata esperienza?» (Ecclesia de Eucharistia, 7). Dunque non è superfluo ribadire ciò che parrebbe scontato: l'Eucaristia non è mai pienamente compresa, mai adeguatamente celebrata, mai sufficientemente accolta, poiché tutto il nostro studio, la nostra devozione, il nostro impegno, non possono colmare l'abisso che separa la creatura dal suo Signore, il finito dall'infinito. Gesù Cristo è l'irruzione del soprannaturale nel mondo; l'Eucaristia è il perpetuarsi di questa irruzione e il suo espandersi nello spazio e nel tempo: è la realtà per noi contemporaneamente più necessaria e più irraggiungibile. Ripartiamo da qui, poiché «dando all'Eucaristia tutto il rilievo che essa merita... ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo tesoro. Sospinta dall'amore, la Chiesa si preoccupa di trasmettere alle successive generazioni cristiane, senza perderne alcun frammento, la fede e la dottrina sul Mistero eucaristico» (Ecclesia de Eucharistia, 61). Sant'Agata Feltria (PU): celebrazione della messa della domenica laetare, in rito tradizionale. La nozione di sacrificio Fin dai primordi della storia, nel cuore di ogni uomo sorge naturale il sentimento religioso: egli si riconosce creatura e sente che tutto ciò che è, e tutto ciò che ha, non viene da lui, ma lo ha ricevuto in dono dal suo Creatore. Questo senso della propria piccolezza, il desiderio di esprimere a Dio la propria gratitudine e la necessità di ottenerne ancora i favori, vengono espressi mediante l'atto supremo della religione: il sacrificio. Il sacrificio è l'offerta che si fa a Dio solo, per mezzo dell'apposito ministro, di una cosa sensibile, distruggendola o trasformandola, per riconoscere e testimoniare la suprema signoria di Dio su tutte le cose, ed esprimere così la nostra sottomissione a lui. Proviamo ora a comprendere dettagliatamente questa definizione:
Il sacrificio, in una qualche sua forma, è stato praticato da sempre presso tutti i popoli, come atto supremo della religione. Dio stesso comandò al popolo d'Israele di offrire sacrifici in suo onore. Ma i sacrifici del tempio d'Israele erano un'immagine e una prefigurazione: Gesù Cristo, Figlio di Dio divenuto uomo, con la sua vita, ma soprattutto con la sua passione e morte, porta a compimento e supera infinitamente il naturale istinto religioso dell'uomo, abolisce il valore di tutti i sacrifici antichi e ne istituisce uno nuovo e perfetto nella sua stessa Persona, in quanto egli è:
La messa è il memoriale del sacrificio Affinché la potenza e l'efficacia del sacrificio della Croce si estendesse a tutti i tempi e luoghi, e potesse raggiungere tutti gli uomini che lo accolgono, il nostro Salvatore, la vigilia della sua passione, ha anticipato nell'ultima Cena, nei segni del pane e del vino, ciò che l'indomani avrebbe vissuto nella sua carne e ha consegnato ai suoi discepoli il rito della nuova Alleanza: il pane e il vino sono invisibilmente, ma sostanzialmente convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue, e così egli è reso presente quale vittima immolata per la gloria di Dio e per la nostra salvezza. Questa conversione sostanziale del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Verbo incarnato si chiama “transustanziazione”. Quest'unico sacrificio, anticipato nel Cenacolo e realizzato cruentemente sul Calvario, viene misticamente ripresentato sull'altare nella messa, quando, al culmine della celebrazione, mediante il ministero del sacerdote, Cristo crocifisso e risorto, vivente glorioso in Cielo, si rende presente nelle apparenze del pane e del vino. Perciò ogni messa è il medesimo sacrificio della Croce, non moltiplicato, ma attualizzato, cioè reso presente con la sua potenza latreutica e salvifica in un determinato tempo e luogo: l'infinito amore di Gesù Cristo per il Padre, manifestato sul Calvario, e i meriti della sua passione, grazie ai quali noi siamo redenti, sono racchiusi in questo sacramento, e perciò da esso si irradia sull'intera umanità la potenza redentrice di Dio. Il Sacrificio dell'Eucaristia è azione di Cristo sacerdote e pontefice, ma in essa il Salvatore si degna di associare a sé la sua Sposa immacolata, la Chiesa, così che questa oblazione divenga l'offerta dell'intero Corpo mistico, di Cristo Capo e di noi sue membra, per mezzo dell'apposito ministro: il Signore condivide con noi e mette nelle nostre mani l'immenso tesoro dei suoi meriti. Per questo nella celebrazione della messa anche noi, insieme al nostro Redentore:
Festa della Divina Misericordia - 30 marzo 2008 Il sacrificio diviene mensaNell'ultima Cena con i suoi discepoli, Gesù Cristo ha istituito questo sacramento in forma di cibo e di bevanda, cosi che il sacrificio fosse insieme anche un banchetto: il Signore immolato sull'altare nei segni del Pane e del Vino si offre come nutrimento spirituale per i suoi discepoli che degnamente lo ricevono, affinché essi siano trasformati in lui, e così si edifichi la Chiesa nell'unità e nell'amore. Il nostro Salvatore non poteva farci un dono più grande di questo: infatti con la santa Comunione:
Nella celebrazione della messa si compie la parola di Gesù: quando sarò innalzato sulla croce attirerò tutti a me. fonte:http://fraternitadm.altervista.org/fotocelebrazioni.html |