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Nostro Signore risponde alla donna che gli dice «dammi da bere» trasportando la donna su un altro piano, non sul piano del bisogno che ha l'anima sua, non sul piano del dialogo che finora si era svolto, non sul piano di un rapporto fra loro: «Va', chiama tuo marito».
Perché tutto questo? Mie care figliuole, mi sembra che sia evidente il perché. Noi non vogliamo eludere i problemi quando ci avviciniamo a Dio, quando in pura sincerità ci abbandoniamo al suo cuore. Eppure il nostro abbandono non è che non sia sincero, ma è ancora troppo ingenuo e perciò, non sul piano della sincerità ma sul piano della verità, non si può dire ancora perfetto. C'è differenza fra sincerità e verità? Certo. La sincerità riguarda la coscienza di chi parla, la verità riguarda l'essere in sé.
Io posso non vivere un vero abbandono anche se nel mio abbandono sono sincero, quando ci sono delle riserve che io non conosco ancora, di cui non sono consapevole, di cui non sono cosciente. La donna credeva di essersi abbandonata al Cristo, ma non aveva pensato ancora che questo abbandono a Gesù voleva dire per lei un rinnovamento della sua vita nel suo rapporto con gli altri, voleva dire per lei un abbandonare certe cose che in quel momento ella non ricordava ma c'erano nella sua vita e impedivano il vero abbandono. L'abbandono era sincero, ma non era vero. Poteva non ricordarsi di quell'uomo che l'aspettava a casa, ma c'era. E il Signore lo sapeva. Così fa il Signore anche con noi. Tu ti abbandoni tranquillamente a Lui e Lui sembra rifiutarti. Quante volte nella nostra vita spirituale ci sembra che il Signore non ci ascolti! Noi siamo sinceri, gli apriamo - almeno a noi sembra - tutto il cuore. Eppure Egli rimane in silenzio, Egli non si dona, non ci dona quest'acqua che gli chiediamo. Quante volte tu hai fatto questo atto di abbandono a Dio, aspettandoti da un momento all'altro, non so, l'estasi, la contemplazione infusa... macché, come prima, vuoto, silenzio, aridità. Dio non risponde, ma non mi ha portato qui per donarmi questa contemplazione? per mettermi in questa intimità con Lui? per stabilire fra me e Lui questa unità dell'amore? Ebbene, io sono sincera nel donarmi a Dio! Nostro Signore non mette in dubbio la tua sincerità, ma dice: «Guarda bene; c'è ancora nel fondo della tua anima dell'amor proprio, c'è ancora una suscettibilità, c'è ancora un attaccamento a te stessa. Certo quando tu nella preghiera ti doni a me, non sei cosciente di tutte le riserve che ci sono a questo abbandono e credi di abbandonarti sinceramente al mio amore. Ma il tuo abbandono è vero? Altra cosa è la sincerità, altra cosa è la verità. È vero questo abbandono? Tu metti tra parentesi tante cose che io non posso mettere tra parentesi - dice il Signore -, io ti vedo nel profondo. Guardati anche tu nel profondo prima di dirmi: "Dammi da bere". Te la darò, io non ti nego l'acqua che tu mi chiedi, ma voglio che l'anima tua si apra a questa sorgente, a questa fonte che è il mio cuore si sottoponga, aprendosi totalmente per ricevere tutto».
Noi potremmo amare di più e per stanchezza, per svogliatezza, per attaccamento ai nostri modi rifiutiamo di guardare attentamente, rifiutiamo anche di essere coscienti di quella che è l’imperfezione del nostro amore, per non essere sollecitati ad agire. Perché quando a me appare chiaramente che una cosa va male, bisogna che vi ripari; cercherò di non vedere per non essere costretto. Certo che questa vita ascetica, tutta purificazione, viene a noia! Meglio piuttosto dormire un pochino così allora non commettiamo peccato – chi dorme non fa mica peccato. Si cerca di vivere non proprio nel sonno ma nel dormiveglia riguardo alle nostre disposizioni, riguardo ai nostri pensieri, riguardo ai nostri sentimenti, per non essere colpevoli. Ma questo dormiveglia nel quale viviamo, se ci impedisce di fare dei veri peccati, ci impedisce anche di rispondere generosamente alla grazia, ci mette anche nella condizione di non aprirci totalmente a Dio che viene.
Nostro Signore risponde alla donna che gli dice «dammi da bere» trasportando la donna su un altro piano, non sul piano del bisogno che ha l'anima sua, non sul piano del dialogo che finora si era svolto, non sul piano di un rapporto fra loro: «Va', chiama tuo marito».
Perché tutto questo? Mie care figliuole, mi sembra che sia evidente il perché. Noi non vogliamo eludere i problemi quando ci avviciniamo a Dio, quando in pura sincerità ci abbandoniamo al suo cuore. Eppure il nostro abbandono non è che non sia sincero, ma è ancora troppo ingenuo e perciò, non sul piano della sincerità ma sul piano della verità, non si può dire ancora perfetto. C'è differenza fra sincerità e verità? Certo. La sincerità riguarda la coscienza di chi parla, la verità riguarda l'essere in sé.
Io posso non vivere un vero abbandono anche se nel mio abbandono sono sincero, quando ci sono delle riserve che io non conosco ancora, di cui non sono consapevole, di cui non sono cosciente. La donna credeva di essersi abbandonata al Cristo, ma non aveva pensato ancora che questo abbandono a Gesù voleva dire per lei un rinnovamento della sua vita nel suo rapporto con gli altri, voleva dire per lei un abbandonare certe cose che in quel momento ella non ricordava ma c'erano nella sua vita e impedivano il vero abbandono. L'abbandono era sincero, ma non era vero. Poteva non ricordarsi di quell'uomo che l'aspettava a casa, ma c'era. E il Signore lo sapeva. Così fa il Signore anche con noi. Tu ti abbandoni tranquillamente a Lui e Lui sembra rifiutarti. Quante volte nella nostra vita spirituale ci sembra che il Signore non ci ascolti! Noi siamo sinceri, gli apriamo - almeno a noi sembra - tutto il cuore. Eppure Egli rimane in silenzio, Egli non si dona, non ci dona quest'acqua che gli chiediamo. Quante volte tu hai fatto questo atto di abbandono a Dio, aspettandoti da un momento all'altro, non so, l'estasi, la contemplazione infusa... macché, come prima, vuoto, silenzio, aridità. Dio non risponde, ma non mi ha portato qui per donarmi questa contemplazione? per mettermi in questa intimità con Lui? per stabilire fra me e Lui questa unità dell'amore? Ebbene, io sono sincera nel donarmi a Dio! Nostro Signore non mette in dubbio la tua sincerità, ma dice: «Guarda bene; c'è ancora nel fondo della tua anima dell'amor proprio, c'è ancora una suscettibilità, c'è ancora un attaccamento a te stessa. Certo quando tu nella preghiera ti doni a me, non sei cosciente di tutte le riserve che ci sono a questo abbandono e credi di abbandonarti sinceramente al mio amore. Ma il tuo abbandono è vero? Altra cosa è la sincerità, altra cosa è la verità. È vero questo abbandono? Tu metti tra parentesi tante cose che io non posso mettere tra parentesi - dice il Signore -, io ti vedo nel profondo. Guardati anche tu nel profondo prima di dirmi: "Dammi da bere". Te la darò, io non ti nego l'acqua che tu mi chiedi, ma voglio che l'anima tua si apra a questa sorgente, a questa fonte che è il mio cuore si sottoponga, aprendosi totalmente per ricevere tutto».
Noi potremmo amare di più e per stanchezza, per svogliatezza, per attaccamento ai nostri modi rifiutiamo di guardare attentamente, rifiutiamo anche di essere coscienti di quella che è l’imperfezione del nostro amore, per non essere sollecitati ad agire. Perché quando a me appare chiaramente che una cosa va male, bisogna che vi ripari; cercherò di non vedere per non essere costretto. Certo che questa vita ascetica, tutta purificazione, viene a noia! Meglio piuttosto dormire un pochino così allora non commettiamo peccato – chi dorme non fa mica peccato. Si cerca di vivere non proprio nel sonno ma nel dormiveglia riguardo alle nostre disposizioni, riguardo ai nostri pensieri, riguardo ai nostri sentimenti, per non essere colpevoli. Ma questo dormiveglia nel quale viviamo, se ci impedisce di fare dei veri peccati, ci impedisce anche di rispondere generosamente alla grazia, ci mette anche nella condizione di non aprirci totalmente a Dio che viene.