ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 25.11.2012
Al termine della Concelebrazione eucaristica con i nuovi Cardinali creati nel Concistoro di ieri, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale. ++
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
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PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
Oggi la Chiesa celebra Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo.
Questa solennità è posta al termine dell’anno liturgico e riassume il mistero di Gesù «primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra» (Orazione Colletta Anno B), allargando il nostro sguardo verso la piena realizzazione del Regno di Dio, quando Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
San Cirillo di Gerusalemme afferma: «Noi annunciamo non solo la prima venuta di Cristo, ma anche una seconda molto più bella della prima. La prima, infatti, fu una manifestazione di patimento, la seconda porta il diadema della regalità divina; … nella prima fu sottoposto all’umiliazione della croce, nella seconda è attorniato e glorificato da una schiera di angeli» (Catechesis XV,1 Illuminandorum, De secundo Christi adventu: PG 33, 869 A). Tutta la missione di Gesù e il contenuto del suo messaggio consistono nell’annunciare il Regno di Dio e attuarlo in mezzo agli uomini con segni e prodigi. «Ma – come ricorda il Concilio Vaticano II – innanzitutto il Regno si manifesta nella stessa persona di Cristo» (Cost. dogm. Lumen gentium, 5), che lo ha instaurato mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione, con cui si è manifestato quale Signore e Messia e Sacerdote in eterno.
Questo Regno di Cristo è stato affidato alla Chiesa, che ne è «germe» ed «inizio» e ha il compito di annunciarlo e diffonderlo tra tutte le genti, con la forza dello Spirito Santo (cfr ibid.). Al termine del tempo stabilito, il Signore consegnerà a Dio Padre il Regno e gli presenterà tutti coloro che hanno vissuto secondo il comandamento dell’amore.
Cari amici, tutti noi siamo chiamati a prolungare l’opera salvifica di Dio convertendoci al Vangelo, ponendoci con decisione al seguito di quel Re che non è venuto per essere servito ma per servire e per dare testimonianza alla verità (cfr Mc 10,45; Gv 18,37).
In questa prospettiva invito tutti a pregare per i sei nuovi Cardinali che ieri ho creato, affinché lo Spirito Santo li rafforzi nella fede e nella carità e li ricolmi dei suoi doni, così che vivano la loro nuova responsabilità come un’ulteriore dedizione a Cristo e al suo Regno. Questi nuovi membri del Collegio Cardinalizio ben rappresentano la dimensione universale della Chiesa: sono Pastori di Chiese nel Libano, in India, in Nigeria, in Colombia, nelle Filippine, e uno di essi è da lungo tempo al servizio della Santa Sede.
Invochiamo la protezione di Maria Santissima su ciascuno di essi e sui fedeli affidati al loro servizio. La Vergine ci aiuti tutti a vivere il tempo presente in attesa del ritorno del Signore, chiedendo con forza a Dio: «Venga il tuo Regno», e compiendo quelle opere di luce che ci avvicinano sempre più al Cielo, consapevoli che, nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore.
DOPO L’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
Ieri, a Macas, in Eucador, è stata proclamata Beata Maria Troncatti, Suora delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nata in Val Camonica. Infermiera durante la prima Guerra Mondiale, partì poi per l’Ecuador, dove si spese interamente al servizio delle popolazioni della selva, nell’evangelizzazione e nella promozione umana. Rendiamo grazie a Dio per questa sua generosa testimone!
Sabato prossimo, 1° dicembre, avrà luogo il pellegrinaggio degli universitari di Roma alla Tomba di San Pietro, in occasione dell’Anno della fede. Per loro presiederò la celebrazione dei Primi Vespri della Prima Domenica di Avvento.
Je salue cordialement les pèlerins francophones, particulièrement les Libanais venus nombreux accompagner leur nouveau Cardinal. Nous célébrons aujourd’hui la Solennité du Christ Roi de l’univers. Sa royauté ne réside pas dans le pouvoir, l’honneur, la richesse, mais dans la faiblesse et l’anéantissement de la croix par amour pour nous sauver. Laissons le Christ convertir nos cœurs et nos mentalités, pour reconnaître que la véritable grandeur de l’homme et sa plénitude sont uniquement dans l’être avec Dieu, et dans l’amour reçu et donné. Puisse sa bénédiction descendre sur toute l’humanité et la conduire vers la paix ! Bonne fête à tous !
I offer a warm welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors gathered for this Angelus prayer, especially those who have accompanied the new Cardinals created in yesterday’s Consistory. Today, on the Solemnity of Christ the King, the Church invites us to contemplate the Lordship of the Risen Saviour and to pray for the coming of his Kingdom. May Christ’s peace always reign in your hearts!
Mit Freude heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Der heutige Christkönigssonntag bildet den Abschluß des Kirchenjahres. Wir schauen auf Christus, dessen Königtum nicht irdische Macht oder Herrschaft bedeutet; es besteht darin, für die Wahrheit Zeugnis abzulegen und sein Leben hinzugeben für die Rettung der Welt. Beten wir heute auch für die neuen Kardinäle, die dem Nachfolger des heiligen Petrus in seinem Dienst für die ganze Kirche in besonderer Weise zur Seite stehen. Der Herr lasse sie stets auf seine Stimme hören und mache sie zu Zeugen für seine Wahrheit und Liebe. Der Heilige Geist führe und leite uns alle auf allen unseren Wegen.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias de Granada, Málaga, Torremolinos y Baza, así como a los Obispos, sacerdotes, religiosos y laicos de Colombia, que han venido acompañando al Arzobispo de Bogotá, que ha sido agregado al Colegio cardenalicio. Por intercesión de la Virgen María, Madre de la Iglesia, y de la nueva beata Maria Troncatti, que ayer en Ecuador fue elevada a la gloria de los altares, pidamos a Jesucristo, Rey del Universo, que ilumine y fortalezca con su gracia al nuevo Purpurado, y que a todos nosotros nos aumente la fe y nos conceda perseverar en su amor hasta el final de nuestra vida. Que Dios os bendiga.
Witam serdecznie Polaków, uczestników dzisiejszej Mszy świętej ku czci Chrystusa Króla i modlitwy Anioł Pański. Módlmy się za nowych kardynałów. Prośmy, by Kościół był królestwem prawdy, sprawiedliwości, miłości i pokoju. Niech Chrystus króluje w naszych sercach i nam wszystkim błogosławi.
[Saluto cordialmente i Polacchi partecipanti alla santa Messa di oggi in onore di Cristo Re e alla preghiera dell’Angelus. Preghiamo per i nuovi Cardinali. Chiediamo che la Chiesa cresca come regno di verità, di giustizia, di amore e di pace. Che Cristo regni nei nostri cuori e ci benedica tutti.]
E, infine, rivolgo un saluto molto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo della Polizia Municipale di Agropoli e ai ragazzi dell’Unità di Pastorale Giovanile «San Filippo Neri» della Diocesi di Milano. Saluto i fedeli di Genzano di Lucania, accompagnati dall’Arcivescovo di Acerenza, come pure quelli di Tivoli Terme. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Buona festa. Auguri!
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Il Papa: A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate
CONCISTORI PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI: LO SPECIALE DEL BLOG
SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE
SANTA MESSA CON I NUOVI CARDINALI NELLA SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO , 25.11.2012
Alle ore 9.30 di oggi, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione eucaristica con i 6 nuovi Cardinali creati nel Concistoro di ieri.
All’inizio della Santa Messa l’Em.mo Card. James Michael Harvey, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, primo tra i nuovi Cardinali, rivolge al Papa un indirizzo di saluto e gratitudine, a nome di tutti i Porporati.
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, si arricchisce dell’accoglienza nel Collegio Cardinalizio di sei nuovi Membri che, secondo la tradizione, ho invitato questa mattina a concelebrare con me l’Eucaristia. A ciascuno di essi rivolgo il mio più cordiale saluto, ringraziando il Cardinale James Michael Harvey per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti. Saluto gli altri Porporati e tutti i Presuli presenti, come pure le distinte Autorità, i Signori Ambasciatori, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli, specialmente quelli provenienti dalle Diocesi affidate alla guida pastorale dei nuovi Cardinali.
In quest’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo.
Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo. Egli era all’inizio con il Padre quando è stato creato il mondo, e manifesterà pienamente la sua signoria alla fine dei tempi, quando giudicherà tutti gli uomini. Le tre Letture di oggi ci parlano di questo regno. Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, tratto dal racconto di San Giovanni, Gesù si trova in una situazione umiliante - quella di accusato -, davanti al potere romano. E’ stato arrestato, insultato, schernito, e ora i suoi nemici sperano di ottenerne la condanna al supplizio della croce. L’hanno presentato a Pilato come uno che aspira al potere politico, come il sedicente re dei Giudei. Il procuratore romano compie la sua indagine e interroga Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» (Gv 18,33). Rispondendo a questa domanda, Gesù chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità, che non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico: «Il mio regno non è di questo mondo … non è di quaggiù» (v. 36).
E’ chiaro che Gesù non ha nessuna ambizione politica. Dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasmata dal miracolo, lo voleva prendere per farlo re, per rovesciare il potere romano e stabilire così un nuovo regno politico, che sarebbe stato considerato come il regno di Dio tanto atteso. Ma Gesù sa che il regno di Dio è di tutt’altro genere, non si basa sulle armi e sulla violenza.
Ed è proprio la moltiplicazione dei pani che diventa, da un lato, segno della sua messianicità, ma, dall’altro, uno spartiacque nella sua attività: da quel momento il cammino verso la Croce si fa sempre più chiaro; lì, nel supremo atto di amore, risplenderà il regno promesso, il regno di Dio. Ma la folla non comprende, è delusa, e Gesù si ritira sul monte da solo a pregare (cfr Gv 6,1-15). A parlare col Padre. Nel racconto della Passione vediamo come anche i discepoli, pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza. Nel Getsemani, Pietro aveva sfoderato la sua spada e iniziato a combattere, ma Gesù lo aveva fermato (cfr Gv 18,10-11). Egli non vuole essere difeso con le armi, ma vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita. Il regno di Dio è un regno completamente diverso da quelli terreni.
Ed è per questo che davanti ad un uomo indifeso, fragile, umiliato, come è Gesù, un uomo di potere come Pilato rimane sorpreso; sorpreso perché sente parlare di un regno, di servitori. E pone una domanda che gli sarà sembrata paradossale: «Dunque tu sei re?». Che tipo di re può essere un uomo in quelle condizioni? Ma Gesù risponde in modo affermativo: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (18,37). Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità. Pilato non comprende: ci può essere un potere che non si ottiene con mezzi umani? Un potere che non risponda alla logica del dominio e della forza? Gesù è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore (cfr 1 Gv 4,8.16) e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace (cfr Prefazio). Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio.
Questa prospettiva la ritroviamo nella prima Lettura che abbiamo ascoltato. Il profeta Daniele predice il potere di un misterioso personaggio collocato tra cielo e terra: «Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno: tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto» (7,13-14). Sono parole che prospettano un re che domina da mare a mare fino ai confini della terra, con un potere assoluto che non sarà mai distrutto. Questa visione del Profeta, una visione messianica, viene illuminata e trova la sua realizzazione in Cristo: il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore. Con ciò comprendiamo come la regalità annunciata da Gesù nelle parabole e rivelata in modo aperto ed esplicito davanti al Procuratore romano, è la regalità della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza. Nella seconda Lettura l’autore dell’Apocalisse afferma che anche noi partecipiamo alla regalità di Cristo. Nell’acclamazione rivolta a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» dichiara che Cristo «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (1,5-6).
Anche qui è chiaro che si tratta di un regno fondato sulla relazione con Dio, con la verità, e non di un regno politico. Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo.
Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio. L’autore dell’Apocalisse allarga poi lo sguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, e ci ricorda che la conversione, come risposta alla grazia divina, è la condizione per l’instaurazione di questo regno (cfr 1,7).
E’ un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita. Lo invochiamo quotidianamente nella preghiera del “Padre nostro” con le parole “Venga il tuo regno”, che è dire a Gesù: Signore facci essere tuoi, vivi in noi, raccogli l’umanità dispersa e sofferente, perché in Te tutto sia sottomesso al Padre della misericordia e dell’amore.
A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate.
Questa è la rivelazione del regno di Gesù. E per questo, con un cuore solo ed un’anima sola, preghiamo: «Adveniat regnum tuum». Amen.
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SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE
SANTA MESSA CON I NUOVI CARDINALI NELLA SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO , 25.11.2012
All’inizio della Santa Messa l’Em.mo Card. James Michael Harvey, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, primo tra i nuovi Cardinali, rivolge al Papa un indirizzo di saluto e gratitudine, a nome di tutti i Porporati.
OMELIA DEL SANTO PADRE
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, si arricchisce dell’accoglienza nel Collegio Cardinalizio di sei nuovi Membri che, secondo la tradizione, ho invitato questa mattina a concelebrare con me l’Eucaristia. A ciascuno di essi rivolgo il mio più cordiale saluto, ringraziando il Cardinale James Michael Harvey per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti. Saluto gli altri Porporati e tutti i Presuli presenti, come pure le distinte Autorità, i Signori Ambasciatori, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli, specialmente quelli provenienti dalle Diocesi affidate alla guida pastorale dei nuovi Cardinali.
In quest’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo.
Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo. Egli era all’inizio con il Padre quando è stato creato il mondo, e manifesterà pienamente la sua signoria alla fine dei tempi, quando giudicherà tutti gli uomini. Le tre Letture di oggi ci parlano di questo regno. Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, tratto dal racconto di San Giovanni, Gesù si trova in una situazione umiliante - quella di accusato -, davanti al potere romano. E’ stato arrestato, insultato, schernito, e ora i suoi nemici sperano di ottenerne la condanna al supplizio della croce. L’hanno presentato a Pilato come uno che aspira al potere politico, come il sedicente re dei Giudei. Il procuratore romano compie la sua indagine e interroga Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» (Gv 18,33). Rispondendo a questa domanda, Gesù chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità, che non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico: «Il mio regno non è di questo mondo … non è di quaggiù» (v. 36).
E’ chiaro che Gesù non ha nessuna ambizione politica. Dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasmata dal miracolo, lo voleva prendere per farlo re, per rovesciare il potere romano e stabilire così un nuovo regno politico, che sarebbe stato considerato come il regno di Dio tanto atteso. Ma Gesù sa che il regno di Dio è di tutt’altro genere, non si basa sulle armi e sulla violenza.
Ed è proprio la moltiplicazione dei pani che diventa, da un lato, segno della sua messianicità, ma, dall’altro, uno spartiacque nella sua attività: da quel momento il cammino verso la Croce si fa sempre più chiaro; lì, nel supremo atto di amore, risplenderà il regno promesso, il regno di Dio. Ma la folla non comprende, è delusa, e Gesù si ritira sul monte da solo a pregare (cfr Gv 6,1-15). A parlare col Padre. Nel racconto della Passione vediamo come anche i discepoli, pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza. Nel Getsemani, Pietro aveva sfoderato la sua spada e iniziato a combattere, ma Gesù lo aveva fermato (cfr Gv 18,10-11). Egli non vuole essere difeso con le armi, ma vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita. Il regno di Dio è un regno completamente diverso da quelli terreni.
Ed è per questo che davanti ad un uomo indifeso, fragile, umiliato, come è Gesù, un uomo di potere come Pilato rimane sorpreso; sorpreso perché sente parlare di un regno, di servitori. E pone una domanda che gli sarà sembrata paradossale: «Dunque tu sei re?». Che tipo di re può essere un uomo in quelle condizioni? Ma Gesù risponde in modo affermativo: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (18,37). Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità. Pilato non comprende: ci può essere un potere che non si ottiene con mezzi umani? Un potere che non risponda alla logica del dominio e della forza? Gesù è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore (cfr 1 Gv 4,8.16) e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace (cfr Prefazio). Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio.
Questa prospettiva la ritroviamo nella prima Lettura che abbiamo ascoltato. Il profeta Daniele predice il potere di un misterioso personaggio collocato tra cielo e terra: «Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno: tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto» (7,13-14). Sono parole che prospettano un re che domina da mare a mare fino ai confini della terra, con un potere assoluto che non sarà mai distrutto. Questa visione del Profeta, una visione messianica, viene illuminata e trova la sua realizzazione in Cristo: il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore. Con ciò comprendiamo come la regalità annunciata da Gesù nelle parabole e rivelata in modo aperto ed esplicito davanti al Procuratore romano, è la regalità della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza. Nella seconda Lettura l’autore dell’Apocalisse afferma che anche noi partecipiamo alla regalità di Cristo. Nell’acclamazione rivolta a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» dichiara che Cristo «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (1,5-6).
Anche qui è chiaro che si tratta di un regno fondato sulla relazione con Dio, con la verità, e non di un regno politico. Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo.
Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio. L’autore dell’Apocalisse allarga poi lo sguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, e ci ricorda che la conversione, come risposta alla grazia divina, è la condizione per l’instaurazione di questo regno (cfr 1,7).
E’ un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita. Lo invochiamo quotidianamente nella preghiera del “Padre nostro” con le parole “Venga il tuo regno”, che è dire a Gesù: Signore facci essere tuoi, vivi in noi, raccogli l’umanità dispersa e sofferente, perché in Te tutto sia sottomesso al Padre della misericordia e dell’amore.
A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate.
Questa è la rivelazione del regno di Gesù. E per questo, con un cuore solo ed un’anima sola, preghiamo: «Adveniat regnum tuum». Amen.
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