Quantunque
fu bestemmia quel, che dissero Lutero, e Calvino,
cioè, che
l'osservanza della divina legge sia renduta impossibile agli uomini dopo il
peccato di Adamo; e fu errore anche condannato dalla Chiesa quel, che disse
Giansenio, che alcuni precetti erano impossibili ancora a' giusti secondo le
presenti forze, che hanno, e mancava anche l'aiuto divino per adempirli; avendo
dichiarato1 il sagro Concilio di Trento (Sess. VI, cap. 11), che Dio non comanda
cose impossibili ma ci ammonisce a fare ciò che possiamo colle forze della
Grazia presente o almeno2 a chiedere la Grazia più abbondante, che si ricerca
per adempire ciò, che non possiamo, ed allora egli già dà l'aiuto acciocché
possiamo: Deus impossibilia non iubet
(son parole del Tridentino), sed iubendo
monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adiuvat ut
possis
(L. c.);
dal che insegnano molti gravi Teologi3 (Haberto, Theol. Graecor.
P P. l. 2, c. 6. n. 1 et c. 15, n. 2 et
3, il quale cita Gammacheo, Duvallio Isamberto, Perezio, Limonio ed altri:
ed insieme asserisce esser questa sentenza comune delle scuole, e precisamente
della Sorbona, Tommasino, Theol. Dogm., tr. 2 de Gratia, c. 14, Du Plessis,
in Diss. de mult. gen. div. Gratiae.
Tournely, Praelect. Theol. p. 2. q.
9, a. 4 concl. 5) che Dio dona, o almeno offerisce a tutti o la grazia
prossima per osservare i precetti, o pure la grazia rimota dell'orazione, colla
quale poi ciascuno ottiene la prossima ad osservare in effetto i precetti
divini;4 è certo, che
l'osservanza della legge nello stato presente della natura
corrotta è molto difficile, anzi è moralmente impossibile senza un aiuto di Dio
(oltre il comune) speciale, e maggiore di quello, che bisognava nello stato
dell'innocenza. Or questo aiuto speciale Dio non lo concede, ordinariamente
parlando, se non a coloro, che lo dimandano. Insegna Gennadio, Autore antico
(che va fra l'opere di S. Agostino) che, eccettuate le prime grazie eccitanti,
le quali vengono a noi senza di noi come la chiamata alla fede, o alla
penitenza, tutte l'altre, e specialmente la grazia della perseveranza, non si
donano se non a coloro, che pregano:5 Nullum credimus ad salutem, nisi Deo
invitante, venire: nullum invitatum salutem suam nisi Deo adiuvante, operari:
nullum nisi orantem auxilium promereri. Lib. de Eccl. Dogm. c. 56.6 Ed in altro luogo
lo stesso S. Agostino suppone per certo: Deum nobis dare aliqua etiam non orantibus,
ut initium fidei: alias nonnisi orantibus praeparasse. Lib. de Persev. c. 5.7
Da ciò
concludono i Teologi8 (Suarez, Habert, Layman, il P. Segneri, ed altri
con S. Clemente Alessandrino, S. Basilio, S. Agostino, e S. Giovan Grisostomo)
che la petizione agli adulti è necessaria di necessità di mezzo; viene a dire,
che di provvidenza ordinaria un fede e senza raccomandarsi a Dio, e cercargli le
grazie necessarie alla sua salute, non può salvarsi. Dice S. Giovanni
Grisostomo, che conforme e necessaria l'anima al corpo per vivere, così è
necessaria all'anima l'orazione per conservarsi nella divina grazia. Ciò vuol
dire quella sentenza di Gesù Cristo: Oportet semper orare, et nunquam deficere.
Luc. 18. 1. Oportet, è di necessità il sempre pregare. Ciò vuol dire
quell'altra di S. Giacomo: Non habetis,
propter quod non postulatis Iac. 4. 2. Ciò vuol dire, quel che in due parole
il nostro Salvatore disse: Petite et
accipietis. Luc. 11. 9.9 Se dunque (dice S. Teresa) chi cerca ottiene: chi
non cerca, non ottiene.10 Dio vuol salvi tutti: Deus vult omnes homines salvos fieri, 1 Tim.
2. 4, ma vuole che gli cerchiamo le grazie, che ci son necessarie per
salvarci. Neppure questo vogliamo fare? Terminiamo questo primo punto,
conchiudendo da ciò, che si è detto, che chi prega, certamente
si salva; chi non prega, certamente si danna. Tutti i Santi si sono salvati, e
fatti santi col pregare. Tutti i dannati si son dannati, per non pregare; se
pregavano certamente non si sarebbero perduti. E questa sarà la maggior loro
disperazione nell'inferno l'aversi potuto salvare con tanta facilità, con
chiedere a Dio il di lui aiuto, ed ora non esser più a tempo di cercarlo
1 [12.] avendo dichiarato) sì perché ha dichiarato NM BR.
2 [14-15.] presente o almeno a chiedere la grazia) NM BR om.
3 [19-24.] Cfr. Gran mezzo della preghiera, P. II, c. IV, p. 145-149.
4 [27.] divini; è certo che) divini. Con tutto ciò non ha dubbio che NM BR.
5 [10-14.] Testi comuni: SEGNERI, Cristiano istruito, P. III, Rag. II, 20; HABERT, De orat., ed. cit., 443-444; SCARAMELLI, Dirett. ascet., ed. cit., tr. I, art. VI, c. I, n. 216; SARNELLI, Mondo santif., ed. cit., 263, 264.
6 [10-12.] De eccles. dogm. (attribuito a GENNADIO DI MARSIGLIA, sec. V; GLORIEUX, n. 42), c. XXVI; PL 42, 1218.
7 [13-14.] S. AGOST., De dono persev., c. XVI; PL 45, 1017.
8 [15-17; 20-22.] Cfr. Del gran mezzo della preghiera, P. I, c. I, p. 11 (16-17); 14 (4-10; 15 (20-21).
9 [26.] Corr.: Io, 16, 24.
10 [27.] S. TERESA, Lettere, I, Lett. VIII, ann. 10, p. 35.