Nuovo ValaamIncontro con
Padre Michele Le tappe principali della vita
spirituale e la Preghiera di Gesù
Il mio ultimo colloquio con Padre
Michele, al Nuovo Valaam, è stato il più intenso e istruttivo. Il Padre aveva
allora più di ottant'anni, ma era sempre giovane di cuore. Da molti anni già era
megaloschema. Questa professione solenne, detta «angelica», è
propria della Chiesa d'Oriente. Nella Chiesa Latina, i Reclusi degli Eremiti
Camaldolesi corrispondono più o meno ai megaloschemi. Solo alcuni pochi
professi solenni sono ammessi a questa professione angelica, soprattutto in
Russia: per ottenerlo, bisogna essere un vero "spirituale".
Stavo
seduto nella sua cella. Era una tiepida sera d'agosto: il sole calava dall'altra
parte del lago, dietro le interminabili foreste. Il silenzio profondo mi
ricordava il quadro di Levitan Riposo eterno.
- Ditemi, Padre
Michele, quali sono le tappe principali della vita spirituale?
- Il
Padre Arcadio ve le ha già spiegate nel monastero di Pecerskij. Nessuno può
salvarsi senza l'umiltà. Ricorda che, fino alla fine della vita, commetterai
peccati, gravi o leggeri: sarai collerico, vano, bugiardo. Come potresti
inorgoglire, quando sai bene che tutti i giorni pecchi e offendi il tuo
prossimo? Quando cadi in peccato, pentiti: e così ogni volta; fino alla fine. Se
farai questo, non cadrai mai nella disperazione, ma gradualmente giungerai alla
pace profonda dell'anima.
Per
questo, dobbiamo sorvegliare sempre i nostri pensieri: essi sono ora buoni, ora
malvagi. Non seguire mai questi ultimi. Appena compare una tentazione,
colpiscila subito con la Preghiera di Gesù, come con una
spada. Se invece tu cominciassi a considerarla, essa si attaccherebbe a te, e vi
prenderesti interesse o ne saresti dominato. A poco a poco l'accetteresti, per
metterla in atto, e, alla fine, sarebbe il peccato.
Ci sono
pensieri che sulle prime appaiono innocenti, ma possono condurre alle grandi
tentazioni e ai peccati più gravi. Un giorno ho sentito riferire che in un
convento di Ufa, nell'Ural, viveva una monaca molto spirituale. Cappellano del
convento era un sacerdote vedovo, di una sessantina d'anni: un ottimo prete.
Una sera questo cappellano, mentre si concava, ricordò improvvisamente una
scena di trent'anni prima, del tempo in cui era sposato, e aiutava la moglie a
mettere a letto i bambini. Questo ricordo lo intenerì. Ma poi ricordò sua moglie
e la vita con lei, e i suoi pensieri si rivolsero verso soggetti poco
convenienti per un sacerdote vedovo. Terrificato, egli passò tutta la notte in
preghiere e in metanie. L'indomani, l'anziana monaca chiese di vederlo e
gli disse: «Ditemi, Padre, quale tentazione terribile vi ha assalito ieri? Ho
visto dei demoni attorno a voi». Il cappellano le svelò sinceramente quel che
gli era accaduto. Ecco dove possono condurci pensieri che sembrano innocenti.
Gli psichiatri parlano di psicanalisi, ma noi, senza la loro scienza, possiamo
distinguere il bene dal male; e per questo, invocare Dio incessantemente:
«Signore Gesù Cristo.
Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore».
L'apostolo Paolo dice che chi
confessa che Gesù Cristo è Figlio di Dio, e lo invoca incessantemente, sarà
salvato. Pratica dunque, amico mio, la Preghiera di Gesù come meglio puoi,
e sarai gradualmente pacificato: il segno di questo stato sarà per te la pace
profonda dello spirito, una tranquillità quasi inalterabile.
- E che
cosa accade, poi, Padre Michele? chiesi allora allo starec.
- Allora,
ascolta. Ci sono due specie di tranquillità.
La prima è il
silenzio ordinario, esteriore; ed è già buonissima cosa: se non altro, un
silenzioso non scandalizza e non offende il prossimo. Ma questo non basta: i
Padri del deserto dicevano che un eremita, confinato nella sua caverna e che
non vede nessuno, è simile a un serpente velenoso nel suo nido, se ricorda,
pieno di collera, le offese che gli sono state fatte in passato.
La seconda forma
di tranquillità è il silenzio interiore. I Padri stessi dicevano che gli
Anziani, che pure parlavano da mattina a sera, custodivano sempre il silenzio
interiore, poiché dicevano solo cose edificanti per gli altri e utili per se
stessi. E’ questo il silenzio interiore. Fa' ogni sforzo, Serezenka, per
arrivare a questo silenzio. Quando avrai raggiunto questo stato, e cesserai di
giudicare il tuo prossimo, allora alzati e ringrazia Dio per questo dono. Sarai
vicinissimo alla purezza del cuore: e tu sai che i puri di cuore possono vedere
Dio.
C'è anche
un'altra via: quella delle lacrime di
grazia. Queste lacrime non sono come quelle che piangiamo dopo la
perdita di qualche nostro parente o amico, o leggendo un buon libro, o dopo
aver ascoltato una predica. Le lacrime di grazia
scorrono come un ruscello, inarrestabili, per due anni e più; esse bruciano in
noi ogni impurità, e portano nell'anima una grande gioia, e la visione di
Dio.
- Che
cosa vuoi dire «vedere Dio», Padre Michele? E’ una metafora, o è qualche cosa
di più?
Il Padre Michele
mi osservò come un esaminatore, e si fece pensoso.
-
Certo, nessuno ha mai visto Dio. Il Figlio che riposa nel Padre ce l'ha
rivelato. Ma noi possiamo almeno contemplare la
gloria di Dio, l'inaccessibile e increata luce del Tabor, che i tre
apostoli prescelti hanno contemplato sulla Montagna. La stessa luce è stata
vista da Motovilov mentre
discorreva con san Serafino di Sarov.
E’ la discesa dello Spirito Santo. Si dice anche: «I Cherubini e i Serafini
stanno alla presenza di Dio e si coprono la faccia». Dio in se stesso,
l'Essenza divina, noi non possiamo né vederlo né comprenderlo. Possiamo però
contemplare il Regno di Dio venuto nella sua forza, la discesa dello Spirito
Santo. E’ il caso di Motovilov, e di san
Tichon prima della sua consacrazione episcopale. Anche il Padre
Antonio Putilov, di Malojaroslavic, ha contemplato, ancora adolescente, la
discesa dello Spirito Santo. Non parlo delle visioni di san Simeone il Nuovo Teologo e degli altri
mistici. Tuttavia questa luce taborica ben pochi possono vederla; bisogna essere
prescelti da Dio per questo.
-
Ditemi, Padre mio, ci sono oggi asceti che vedono questa luce del
Tabor?
- E
perché no? Devo ritenere che di questi giusti ne esistano anche oggi. Ma a che
scopo ci poniamo troppe domande? E’ curiosità. Se credi che questa luce qualche
volta si manifesta, questo basta. Beati quelli che credono senza vedere.
Motovilov vedeva questa luce come l'uverenie, il segno.
- E
che cosa vuoi dire uverenie, Padre?
- Ecco
un episodio della vita dello starec Daniele di Atcinsk, eremita
siberiano, assai stimato da san Serafino. Una ricca giovane siberiana, diretta dallo starec
Daniele, aveva deciso dì farsi monaca. Visitò diversi monasteri, nella
Russia europea e in Siberia, senza giungere a una decisione: in quale avrebbe
dovuto entrare? Allora andò a trovare lo starec Daniele per chiedergli di
indicarle un convento. Lo starec rispose: «Se io ti indico un convento
che non ti piacerà, più tardi penserai: Io non sarei mai entrata qui senza
l'ordine dello starec; e sarai irritata contro di me e insoddisfatta di
te stessa. Continua a cercare, e quando avrai trovato il monastero predestinato,
il tuo cuore si allieterà, e questo sarà
per te l'uverenie». Questo accadde in effetti quando la giovane visitò il
monastero delle Vergini di Irkutsk: il suo cuore trovò la gioia, ed ella rimase
là. Più tardi divenne l'Abbadessa Susanna.
Io penso,
Serezenka, che la tua vera vocazione sia la stessa che san Serafino indicò al
Padre Timon, Abate di Nadeev, dicendogli: «Semina la buona novella dovunque,
lungo le strade, tra le piante nocive, sulle pietre e nella buona terra. Qualche
cosa crescerà pure, e porterà dei frutti, fino al centuplo». Bisogna
continuamente sforzarsi di raggiungere la pace dell'anima, poiché in un'anima
lacerata dalle passioni e dal peccato non c'è nulla di buono. Quando saprai
dominare te stesso e sarai divenuto saggio, allora riuscirai a fare molte cose.
Ti ho parlato del silenzio interiore: è una vera reclusione, una autentica vita
eremitica, mentre la Preghiera di
Gesù è il servizio divino compiuto incessantemente nel tempio
del tuo cuore: là dove è anche il Regno di Dio.
Tratto da: Sergio Bolsakov,
Incontri con la preghiera del cuore, ed. Ancora - Milano, a cui si
rimanda per l'approfondimento.